Bowers and Wilkins 702 Signature Series

Fabio Angeloni, Marco Cicogna 07 Ottobre 2020 Audio

La serie '700' si arricchisce della versione 'Signature' con il modello 705 da supporto e con il 702 da pavimento: in questo articolo, una golosa anteprima d'ascolto di un diffusore che, nella affollata fascia media del mercato, offre una concretezza sonora di alto profilo

L'ascolto di Marco Cicogna


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B&W è un marchio che ho conosciuto e seguito in 40 anni di ascolti musicali. Anche le visite negli studi di registrazione durante la realizzazione di importanti produzioni discografiche (Decca, ad esempio) facevano trovare nella “control room” una coppia di “801”. Quella ammiraglia, nelle sue diverse versioni, ha rappresentato per anni un riferimento per la produzione e riproduzione discografica. Non molti altri possono dire altrettanto. Anche i detrattori del marchio non possono negare che quella ammiraglia abbia in qualche modo “lasciato il segno” nella registrazione di un disco e (perchè no) nella sua riproduzione domestica. Un'impronta sonora attendibile per i musicofili che si è tramandata con successo nei modelli successivi e persino nelle serie più economiche.


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La serie “700” si arricchisce della versione “Signature” con il modello 705 da supporto e con il 702 da pavimento. Durante l'estate ho avuto nella mia sala d'ascolto una coppia di 705, un prodotto raffinato ed elegante il cui suono ha dimostrato di avere il buon DNA della casa. Come ben sapete l'aspetto principale da prendere in considerazione da prendere in considerazione nella valutazione di un sistema di altoparlanti è il timbro, l'insieme di quelle caratteristiche sonore che configurano il giusto colore e l'attendibilità di ciascun strumento. E' interessante notare che spesso gli audiofili preferiscono parlare di “articolazione”, di “scena” di “velocità”; sono tutti aspetti che comunemente ritroviamo nella riproduzione del suono di un disco attraverso un impianto, ma nulla ha senso di fronte ad una resa che fosse timbricamente non corretta. Vi chiederete come mai proprio l'aspetto più importante sia quello più trascurato dal mercato HiFi? Ho una mia teoria, ma non voglio fare l'antipatico e preferisco tenerla per me. Per ora. 


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Breve premessa dunque per dire che il 'B&W sound' ha una sua valenza timbrica ed una coerenza strumentale che si conserva pur nella evoluzione dimostrata negli anni e che rappresenta un elemento comune tra i vari modelli nelle diverse classi di prezzo. Si coglie uno smalto musicalmente valido che deriva da precise scelte progettuali: un buon suono non nasce per caso. Del resto nelle aziende più evolute, dove esiste una vera sezione di ricerca e sviluppo, le tecnologie sviluppate per la serie ammiraglia ricadono “a pioggia” anche sulla produzione più economica. In tal senso persino la linea budget “600” dimostra una buona vocazione musicale, come leggeremo a breve in un test condotto da Gian Piero Matarazzo.

La serie “700” si colloca nel segmento medio del mercato, con la versione 'Signature' a rappresentarne una evoluzione significativa, dalla rifinitura “Datuk Gloss” (una verniciatura a nove strati che mette in elegante risalto il disegno naturale del legno) alla rivisitazione del cross-over che impiega componenti di alta qualità tra i quali spicca la produzione alto di gamma della tedesca Mundorf. L'impronta sonora delle compatte 705 Signature da me ascoltate in estate la ritrovo nel modello 702 da pavimento, dotato non soltanto di una maggiore capacità di sonorizzazione e risposta più estesa in gamma bassa, ma soprattutto in grado di restituire alla musica maggiore concretezza complessiva. 


Intervista al patron di VDM Hifi Roma Igor Fiorini

L'occasione di questo ascolto è stata offerta dalla visita effettuata dalla redazione di AV Magazine al negozio HiFi Roma Store (by VDM) nella esclusiva cornice del Borgo dei Massimi a Roma. Il titolare è Igor Fiorini, un musicista professionista con il quale ho avuto modo di condividere esperienze di ascolto sia al Parco della Musica di Roma che in altre circostanze. Da un lato c'è il vantaggio di trovare una catena perfettamente messa a punto inserita in un ambiente in grado di cogliere, con piacevole senso musicale, il carattere più intimo del prodotto. Dall'altro abbiamo avuto la possibilità di utilizzare diverse amplificazioni, a tubi come a stato solido, per offrire al diffusore la possibilità di esprimersi in diverse configurazioni. Punto fermo il riferimento della sorgente digitale che ha il cuore nell'eccellente macchina Merging che trae ogni sfumatura anche dalle più moderne incisioni in DSD.


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Nelle dimostrazioni audio ci fanno ascoltare facile spesso jazz con pochi strumenti dal suono caldo ed avvolgente, del genere che potrebbe suonare bene persino con i peggiori sistemi che abbiamo mai incontrato. Per una valutazione preferisco musica concreta, acustica, dai toni realistici, timbricamente variegata, dinamicamente articolata e soprattutto “fotografata” da etichette diverse per non restare ancorati ad un solo “tipo sonoro”. Un buffet sonoro diversificato e impegnativo, in quegli assaggi che a suo tempo ho voluto chiamare “degustazioni musicali”; una ricetta vincente e persino scopiazzata da altri commentatori di cose audio. E non servono neppure dischi speciali, se possiamo permetterci di utilizzare un classico della mia discografia come i concerti per corno di Mozart nell’edizione Oiseau-Lyre (Decca) con strumenti originali.

Sono trascorsi molti anni da quell’estate (1993) in cui a Londra avevo seguito l’incisione diretta da Hogwood al fianco di un ingegnere del suono del calibro di John Dunkerley. Tutto per il meglio anche qui con gli archi antichi, espressivi e mai graffianti, tutto sommato gradevoli anche in una registrazione “early digital”. Il timbro avvolgente del corno naturale è reso con convinzione. Si ridimensiona la sensazione di trasparenza abbinata alla solidità nella gamma centrale che è propria dei sistemi più esclusivi (ben più costosi peraltro), ma le frasi dei violoncelli e la delicata ma definita linea del basso offre una raffigurazione di raffinata musicalità.


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Ai bassi livelli di segnale l'emissione è concreta ed attendibile; è il caso dell'intima musicalità del “Largo” dal concerto 1056 di Bach (Perahia in un DSD di prima generazione di casa Sony) che indica nella delicata solidità del pianoforte e nel pronto pizzicato degli archi un senso di naturalezza ed ariosità, confermata dalla discreta ma evidente percezione della linea del basso continuo della tiorba. Il fagotto rotondo ed espressivo del concerto di Vivaldi ripreso dalla etichetta Alpha si staglia con decisione al centro della scena virtuale, con archi dalla grana raffinata, piacevolmente godibili anche nella struttura dell'ottava bassa dotata di buona presenza.

La pedaliera d’organo incisa dalla piccola label Lawo (in DSD nativo) non raggiunge la granitica modulazione della prima ottava, ma ci si avvicina molto e più ancora appare omogenea nella transizione tra gamma bassa, medio-bassa e media, un fluire ininterrotto che qui definiamo in modo distinto soltanto per chiarezza di esposizione. Il complesso respiro dinamico di questo grande strumento non sembra mettere in affanno la catena, che esprime un suono caldo e rassicurante sino a livelli d'ascolto decisamente esuberanti.


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Si apprezza la generosità di emissione ovviamente con le buone incisioni di pianoforte, che sollecitino l’intervento di tutta la tastiera. Alcuni album significativi a questo riguardo li conoscete già, come la potente versione originale dei Quadri di un’Esposizione di Mussorgsky. Corretto lo scorrere delle note da una parte all’altra della tastiera, fluidi ed omogenei i passaggi più veloci, distinte le note anche all’interno degli accordi più ampi ed armonicamente “insoliti”. Nel delicato passaggio de “Il Vecchio Castello” (dai “Quadri”), il tocco si fa evanescente, quasi etereo, ma si coglie la presenza autorevole di un medio-basso che offre sostanza ed un senso di naturale calore alla musica. La gamma acuta è ben rifinita e il tweeter (lo stesso del modello da supporto), si conferma un componente determinato ma non graffiante.

Nel repertorio più tranquillo (ancora Mozart, nei concerti per pianoforte) segue con coerenza la morbida ma espressiva eloquenza del gruppo degli archi, il colore ligneo e rotondo dei fiati al centro della scena sonora, con il solista garbatamente collocato in primo piano così come la registrazione propone. La tastiera è luminosa, articolata, resa con il giusto “peso” anche nell’intorno della gamma medio-bassa. Il nitore della porzione media e alta dello spettro non va a discapito delle necessaria corposità delle prime ottave, anche e soprattutto con questo repertorio, in cui la musicalità si conferma dote essenziale. Con pagine più intense questo componente segue le esplosioni dei piatti orchestrali, punteggiando a dovere l'episodio del duello nella fantasia”Romeo e Gulietta” di Tchaikovsky. Provateci anche voi per condividere questa esperienza, mi riferisco alla lettura di Pletnev registrata da Pentatone e disponibile sulla piattaforma di Native DSD.


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Una prova di grande energia è apparsa nell'ascolto dell'arrangiamento per settetto di ottoni del tema di “Jaws”, che utilizzo come riferimento in ragione della spettacolare registrazione del basso tuba che qui espone il tema principale in uno straordinario assolo.  Il grande strumento in ottone è anche la vera voce profonda dell'orchestra, ma qui, in campo vicino, emerge dalla scena sonora con insospettabile vigore. Interessante il supporto del gruppo di ottoni, dagli attacchi immediati e con pochi limiti dinamici, timbricamente omogenei e ben rappresentati anche in questa registrazione dai contorni solidi e presa del suono ravvicinata.

Anche il repertorio “vintage” (da ascoltare con le opportune cautele ma per molti un riferimento) risulta piacevolmente inquadrato. Gli strumenti ad arco sono piacevolmente rifiniti, con buona presenza della componente medio-bassa e una luminosa percezione dei passaggi più veloci, leggibili senza eccessiva confusione. Lo conferma il remastering a cura della Esoteric con un classico come la Terza di Schubert diretta da Kleiber, una lettura energica che tira fuori lo smalto brunito della Filarmonica di Vienna. Nessun colpo di genio, ma ancora una volta una concezione sana e priva di artificiosità nella restituzione di un'immagine orchestrale che non dispiacerà ai musicofili più intransigenti. Qualche punta di durezza ad alto volume ci ricorda la classe di prezzo delle nostre ma anche che la registrazione accusa i suoi anni. Il nuovo corso di Bowers & Wilkins offre un prodotto dal suono autorevole ma aggiornato, che farà godere con le incisioni ben riuscite e non offre agio o effetti accomodanti a chi non è all'altezza.


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Chi pensa che si possa ascoltare musica (qualunque sia il genere considerato) con anemici sistemi minimalisti dovrebbe liberarsi dai pregiudizi e prendere atto che la realtà sonora contiene ben altri ingredienti e richiede un riproduttore completo e appagante. Lontano da certi gusti audiofili la realtà musicale è fatta di suoni concreti, intensi, capaci di far vibrare le più intime corde. In 40 anni di ascolti audio temo che gli audiofili si stanno isolando sempre di più dal resto del mondo, che da parte sua pearltro ignora gli appassionati di hifi e tutto il loro mondo. Anche nelle mostre audio più accreditate ho sentito salette “esclusive” suonare praticamente in sottofondo, mentre gli appassionati sembrano sempre gli stessi, ogni anno un po' più anziani, indaffarati a far girare vinili scricchiolanti e le solite registrazioni pop rock dai toni improbabili. Non sempre è così tuttavia e a noi piacerebbe che le nuove generazioni potessero ascoltare un sistema generoso come questi Bowers & Wilkins, ovviamente curando una catena di sana impostazione musicale.

 

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Commenti (1)

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  • davide.taibi

    16 Ottobre 2020, 09:01

    Interessante presentazione. Qualcuno ha confrontato la serie signature con la serie classica?
    A parte l'aspetto estetico, che per quanto magnifico non si abbinerebbe mai al mio arredo, ci sono differenze di prestazioni con delle 702 standard?

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