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Bowers and Wilkins 702 Signature Series
Bowers and Wilkins 702 Signature Series
Fabio Angeloni, Marco Cicogna - 07 Ottobre 2020
“La serie '700' si arricchisce della versione 'Signature' con il modello 705 da supporto e con il 702 da pavimento: in questo articolo, una golosa anteprima d'ascolto di un diffusore che, nella affollata fascia media del mercato, offre una concretezza sonora di alto profilo”
Pagina 1 - Introduzione e storia del marchio


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Nello sterminato mondo dell'audiovideo sono pochi gli acronimi di tre lettere il cui significato esploso viene immediatamente compreso dagli appassionati di ogni età e di tutte le latitudini: JBL, per via di quel genio indiscusso di James Bullough Lansing (che dopo la fine dell'avventura in Altec Lansing decise di creare un marchio tutto suo, personalizzandolo con le sue iniziali), e - per l'appunto - B&W, che da qualche anno troviamo espresso sempre nella sua forma estesa di Bowers and Wilkins. Se chiedessi ai nostri lettori di alzare la mano se, almeno per una volta nella loro vita, abbiano udito o posseduto degli speaker Bowers and Wilkins, credo che all'improvviso in quest'area virtuale prenderebbe vita dal nulla una folta foresta spontanea. Quindi, prima di tutto, approfondiamo la mission del marchio, per comprendere meglio la filosofia che viene posta alla base dei suoi prodotti.


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La storia di un brand tra ricerca, innovazione e design

L'ultracinquantennale storia della Bowers and Wilkins appare piuttosto semplice e lineare. Il marchio nasce nel Regno Unito e più precisamente a Worthing, in Inghilterra, nel West Sussex. Nel 1966, all'interno del laboratorio del suo negozio di elettronica, John Bowers (1922–1987) assembla i primi diffusori da cui trae i profitti che investirà in strumenti di misura e calibrazione. La storia del brand è sempre stata caratterizzata dall'attenzione a tre fattori fondanti: la ricerca sulla resa acustica dei prodotti, l'innovazione nei materiali utilizzati e il design. Nel 1981 viene aperto il centro di ricerca Steyning Research Establishment (SRE), in cui lavoravano una ventina di addetti: SRE ospitava anche alcune sale di ascolto, che andavano dal semi-anecoico ai tipici salotti di piccole dimensioni.


Bower & Wilkins - Nautilus
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L'importanza degli investimenti nella ricerca si confermerà anche nel 2018, nel pieno della gestione EVA Automation, con la costruzione del nuovo Southwater Research & Engineering (ancora SRE), nella città di Southwater del West Sussex, per il quale fu aumentato il personale e raddoppiata l'estensione della superficie complessiva (2.750 mq complessivi). Il nuovo SRE è stato dotato di più camere anecoiche e sale di ascolto, laboratori di test e di ingegneria dei prodotti, oltre a laboratori audio per il settore automotive e per le cuffie.


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Nel 1974 Bowers and Wilkins iniziò ad utilizzare il kevlar nelle membrane di alcuni dei suoi altoparlanti più prestigiosi, scegliendo con intelligenza un colore giallo che diventò ben presto un'icona del marchio. Nel 1977 ebbe l'intuizione di "separare" meccanicamente ed acusticamente la struttura del tweeter dal resto del cabinet. Fece seguito la struttura del mobile Matrix, per abbattere le vibrazioni e ridurre gli effetti collaterali sul suono. Nel 1993 produsse le meravigliose Nautilus a forma di conchiglia, dal notevolissimo coefficiente innovativo in termini tecnici e di design. 


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Nel 2006 introdusse per prima il tweeter in 'diamante' (in realtà si tratta di carbonio portato ad altissime temperature e altissime pressioni). Dal 2007 fece comparire gli Zeppelin, speaker "portatili" dalla inconfondibile sagoma di un dirigibile, che via via saranno aggiornati fino all'ultimo wireless. Tra le innovazioni degli ultimi anni, ricordo l'evoluzione nei materiali per le membrane dei coni dei woofer (RohacellContinuum e Aerofoil), la struttura flow-port del condotto di accordo e infine, lo scorso anno, il nuovo riferimento nella riproduzione wireless dei sistemi Formation, che ci è particolarmente piaciuta.


Bower & Wilkins - Zeppelin, speaker portatile
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Nell'ambito di una sterminata gamma di prodotti, molti dei quali sarebbero senz'altro degni di maggiore approfondimento, una menzione d'onore va senz'altro attribuita al modello 801, prodotto dal 1979, poi alle Matrix 801 commercializzate dal 1987, ancora alle Nautilus 801 comparse nel 1998, infine alle 801D del 2005. Si tratta di un modello che per tre decenni ha turbato i sonni di migliaia di appassionati in tutto il mondo, prima di essere soprresso dal catalogo (dalla serie Diamond/D2 in poi), mantenendo però in produzione le più compatte 802 e le flagship 800, entrambe dotate di struttura a doppio woofer, ritenuta più reattiva e performante oltreché dimensionalmente meno impattante.


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Ed ecco che veniamo all'ultimo, ma non meno importante, fattore soprattutto nella fase critica della formazione della decisione di acquisto (spesso temperata dal WAF, come ben sappiamo): mi riferisco all'ottimizzazione di un aspetto che può facilitare l'inserimento in ambiente dei prodotti. Fondamentale, in questo senso, è stato infatti il contributo costantemente offerto ai prodotti dall'inimitabile design che dal 1975 è stato opera del designer industriale Kenneth Grange, e che dalla fine degli anni '90 cura Morten Villiers Warren, che ha progettato la nuova serie 800.


Bower & Wilkins - Dalle Matrix 801 alle 802D3
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Il contesto del comparto in cui si iscrivono i passaggi di proprietà del marchio

Per comprendere meglio da dove venga e dove vada un brand si rivela spesso utile approfondire l'humus economico in cui ogni singolo epifenomeno affonda le sue radici. Di solito questo passaggio aiuta a comprendere certe operazioni più di quanto riesca a fare la narrazione della cronaca di attualità. La materia è complessa, ma per renderla scorrevole ricorrerò senz'altro ad un'epitome. Anche in questo comparto, infatti, da tempo assistiamo a sempre più evidenti meccanismi di aggregazione e fusione delle società in entità più grandi, secondo i più classici canoni dei fenomeni di globalizzazione. (So che si tratta di argomento che non sempre appassiona gli audiofili, quindi premetto che questa sezione è perfettamente saltabile a pie' pari, senza sonori effetti collaterali.)


Bower & Wilkins - Formation Duo
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Il 3 maggio del 2016, un po' a sorpresa ed anche un po' incredibilmente, una piccola startup americana della Silicon Valley nata nel 2014 con focus sull'automazione domestica, che fino a quel momento non aveva presentato alcun prodotto ed aveva un personale complessivo di 40 unità, Eva Automation, comunica al mondo di aver acquisito Bowers and Wilkins, un marchio con 50 anni di storia alle spalle e circa 1.100 dipendenti. Facevano parte dell'acquisizione anche i brand Classé (subito chiuso, poi acquisito e rilanciato nel 2019 da Sound United, che ritroveremo più avanti) e Rotel, dal 1 giugno 2020 distribuito in USA e America latina/LATAM - da Sumiko, di McIntosh Group (che lo aggiungerà a Pro-Ject Audio e a Sonus Faber).


Bower & Wilkins - Cuffie wireless PX
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Subito dopo l'acquisizione, Eva Automation ha iniziato a lavorare sulle pluripremiate cuffie wireless a cancellazione di rumore PX, che presenterà ufficialmente da lì a poco, e sulla serie wireless multiroom Formation, che vedrà la luce 3 anni dopo, mostrando una attenzione particolare sulle tecnologie wireless più genericamente spendibili in ambiti complementari a quello dell'alta fedeltà "dura e pura". L'acquisizione prevedeva il mantenimento del nome del brand e del CEO Joe Atkins, il cui incarico però dopo non molto passò ad interim al miliardario Gideon Yu, artefice dell'intera operazione. Ricordo che Yu, tra l'altro, era stato il capo del comparto finanziario di Facebook ed era proprietario di parte dei San Francisco 49ers della NFL. Il 1° novembre 2018 a Yu succederà Gregory Lee (ex Procter & Gamble, Johnson & Johnson e Samsung Electronics), con il fondatore di Eva Automation e nuovo proprietario Yu passato a ricoprire il ruolo di Direttore Esecutivo.


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Ancora una volta un po' a sorpresa (rumors insistiti parlavano di un possibile ritorno della proprietà del brand nel Regno Unito) il 28 febbraio 2020 Gideon Yu e Gregory Lee comunicavano l'avvenuto completo riassetto del board di Bowers and Wilkins, essendosi stata nel frattempo realizzata la completa indipendenza del marchio da Eva Automation e la remissione delle loro cariche con l'attribuzione a David Duggins dell'incarico di "sole Independent Director" in unione con Geoff Edwards, Executive Vice President Operations alla B&W per più di 17 anni.


Bower & Wilkins - 802D3
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Facciamo un passo indietro. Sound United LLC, una divisione della DEI Holdings, società che ha sede in California (in portafoglio alla società di private equity Charlesbank Capital Partners), dal 2011 il più grande fornitore di altoparlanti nel Nord America e leader nelle soundbar e nei sistemi musicali wireless, nel marzo del 2017 aveva acquisito il D+M Group nipponico, a sua volta il più grande fornitore mondiale di receivers audio/video e leader nel comparto del wireless multiroom audio.

Per i casi del destino, il 12 giugno 2020 proprio Sound United LLC (Boston Acoustics, Classé, Definitive Technology, Denon, Marantz, Polk BOOM e HEOS), annunciava l'intenzione di acquistare Bowers and Wilkins, operazione complessa che si è conclusa proprio in questi giorni. Anche se il fatto aveva del clamoroso, la singola mossa poteva sembrare un po' una second choice (peraltro perfettamente iscritta nella mission aziendale originaria di Sound United, che aveva una particolare vocazione per i produttori di speaker) rispetto al tentativo, operato poco più di un anno prima e mai andato a buon fine malgrado fosse stato sancito da un accordo, teso ad acquisire la divisione home audio della Onkyo Corporation (che ricomprendeva Onkyo, Pioneer, Pioneer Elite e Integra).

 

Pagina 2 - B&W 702 e 705 Signature Series


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Delineato il quadro societario, ricordo che queste Signature derivano, rispettivamente, dai modelli 702 S2 e 705 S2, rispettivamente top di gamma da pavimento e bookshelf della serie precedente. Per tempo immemore, le tre serie principali della produzione Bowers and Wilkins erano facilmente riconoscibili in quanto composte da un terzetto di numeri, il cui primo era fondamentale per comprendere il pubblico cui era destinato: la 6 per coloro che ambivano ad avvicinarsi al marchio, la 7 per coloro che preferivano un suono più rigoroso, la 8 per chi mirava a raggiungere il nirvana. Per un breve periodo e per motivi per me (anche commercialmente) imperscrutabili, la serie 7 fu sostituita con una definita più anonimamente "CM". Dal 2017 Bowers and Wilkins è opportunamente tornata sui propri passi con la produzione di una nuova serie 700.

Approfittando dell'occasione ha fatto compiere alla Serie 700 un ulteriore salto di qualità a livello di componentistica in quanto - ad esempio - già nelle 702S2 il tweeter con doppia cupola in alluminio delle CM2 era stato sostituito da un tweeter con cupola in carbonio inserito all'interno di un singolo blocco di alluminio, il classico midrange giallo in kevlar FST era stato avvicendato con un Continuum FST disaccoppiato dal cabinet (che comunque era stato anch'esso irrigidito con l'alluminio) e i 3 woofer godevano ora del profilo Aerofoil: una strategia diretta a farle accreditare come delle Serie 800 in editio minor.


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Le edizioni Signature hanno sempre rappresentato la summa tecnologica della produzione di Bowers and Wilkins contenuta in un cabinet dai colori/decori esclusivi. Dei modelli prodotti negli anni rammentiamo le apripista, le già citate Silver Signature 25 del 1991, create per il XXV dalla fondazione dell'azienda, poi nel 1996 le Silver Signature 30, realizzate per celebrare il XXX anniversario, nel 2001 per il XXXV le 800 e 805 Signature, poi ancora nel 2006, per il XL dell'azienda, le Signature Diamond, sempre disegnate da Kenneth Grange, ma al contempo ultimo progetto di John Dibb (responsabile del primo SRE di cui sopra), prodotte in 600 esemplari, 25 dei quali destinati al nostro Paese. Queste Signature Serie 700 vengono quindi presentate al pubblico dopo una insolita pausa durata circa 15 anni, che ha spezzato la cadenza regolare di un lustro che dal 1991 separava la nascita di un modello Signature dal precedente.


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Gli speaker, prodotti nei modelli unici 705, bookshelf, e 702, da pavimento, si presentano con una elegantissima livrea lignea scura 'Datuk Gloss' di colore ebano, proveniente da approvvigionamenti sostenibili, e realizzata da un’azienda italiana specializzata nel settore del legno pregiato". La finitura, dovuta alle "nove mani di finitura, tra comprendenti primer, fondo e lacca" fa rilucere le preziose e piuttosto marcate venature di quello che più che in qualsiasi altro caso può essere definito "mobile". Lo speaker adotta una componentistica del crossover dedicata, selezionata e di alta qualità, che comprende condensatori Mundorf, marchio tedesco di componentistica elettronica di eccellenza da anni entrato nell'orbita del gruppo. L'unicità di ogni altoparlante, che rende ogni esemplare a suo modo speciale, viene sottolineata anche dalla targhetta identificativa posteriore.

Vediamole da più vicino


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I dati di targa ci informano che le bookshelf in bass reflex a due vie 705 Signature hanno un tweeter con cupola in carbonio da 25mm completamente disaccoppiato, un bass-midrange da 165mm in Continuum con tubo di accordo reflex posteriore, una sensibilità di 88dB, una impedenza nominale di 8 Ohm (con minimo di 3,7 Ohm) e una tenuta in potenza fino a 120 Watt. Misurano 34 x 40,7  x 28,5 cm per un peso di 9,3 chilogrammi e hanno un costo di listino di 3.000 € la coppia.


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Le torri 702 Signature sono delle 3 vie in bass reflex con un tweeter con cupola in carbonio da 25mm completamente disaccoppiato, un midrange da 150mm FST in Continuum disaccoppiato e 3 woofer da 165mm con profilo Aerofoil con flowport posteriore con una sensibilità di 90dB, una impedenza di 8 Ohm (con minimo di 3,1 Ohm) e una tenuta in potenza fino a 300 Watt. Misurano 108,7 x  36,6 x 41,4 cm per un peso di 29,53 chilogrammi e un costo di listino di 5.000 €.

 

Pagina 3 - L'ascolto di Fabio Angeloni


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Partiamo dal dato di fatto che la fascia di prezzo in cui si iscrivono questi due speaker è particolarmente densa di agguerriti concorrenti. Si tratta di un importo che sono disposti a pagare appassionati che già coltivano questa passione e che si attendono senz'altro un comportamento sonicamente corretto.  L'occasione per provare questi speaker è stata la visita da Hifi Roma Store di Igor Fiorini, di cui vi abbiamo parlato qualche giorno fa in questo articolo. Spendo solo poche parole sul set, la cui fonte era un ServerSystem24. La conversione digi/ana era curata da una coppia stellare di Merging: un Merging+NADAC (Network Attached DAC, convertitore digitale/analogico di rete) accoppiato con un Merging+Power (alimentazione separata). Ricordo che nel corso dell'evento abbiamo cambiato più volte amplificazione, ma per pilotare queste Bowers and Wilkins Igor giustamente ha scelto l'integrato più dotato in termini di erogazione di potenza (200 Watt), un suadente ma fermo Boulder a valvole modello 866.


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Anche se il design dovrebbe costituire un elemento del tutto secondario ai fini della scelta, non posso non notare che la finitura estetica di questi speaker è assolutamente originale ed anzi unica.

Malgrado la serie 7 abbia sempre avuto un timbro più rigoroso della 6, l'incipit con cui parte l'ascolto de Lo Gnomo dai Quadri di una esposizione di Modest Petrovič Musorgskij (Hansjorg Albrecht per Hoehms Classics) spara in gamma bassa compatte bordate che riempiono la sala. Rispetto ad un ascolto precedente il suono appare senz'altro più pieno, ma in questi casi è difficile appurare se questa maggiore ricchezza in basso sia merito dei 3 woofer da 165mm con profilo Aerofoil e derivi da una maggiore aderenza agli intenti di chi ha effettuato l'incisione o no, senza dimenticare di verificare se questo carattere sonico possa poi generare problemi in ambiente: la risposta alla seconda perplessità arriva subito ed è negativa, in quanto l'ottimo trattamento acustico della sala, che pure possiede un vago sentore live, mantiene il perfetto governo della situazione. La scena appare inoltre ampia, meravigliosa. La gamma alta viene resa dal tweeter in modo cristallino, ma mai sibilante. Il medio concorre a donare caratteri di densa maestosità alla musica. Gli ottoni sono folti e tirati a lucido. In tutta onestà, un gran bel sentire, che potrebbe senz'altro provenire da speaker di livello e costo ben superiori.


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Si passa ad una incisione premiata con due Grammy Award e alla quale Stereophile ha attribuito il titolo di "migliore sinfonia no. 5 di Shostakovich del secolo". L'esecuzione è della Pittsburgh Symphony Orchestra diretta da Manfred Honeck. So che è del tutto inutile sottolineare agli appassionati la grande qualità con cui solitamente incide la Reference Recordings. Anche qui il suono, originariamente su SACD ibrido, fluisce naturale ma spesso. Ascoltiamo una esecuzione di una disarmante naturalezza, ma che al contempo garantisce presenza al suono, come se fossimo seduti in prima fila o - magari - nei posti che tanto ama Marco Cicogna, subito sopra all'orchestra, dove gli strumenti vicini suonano quasi come fossero accanto a te. La gamma bassa è presente ma non slabbrata e non si notano mancanze di articolazione. Il medio alto non appare tagliente. Tutto sembra rimanere al posto giusto. Il set dona alla scena una gradevole matericità.


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Gli ascolti, invero piuttosto piacevoli, continuano con brani anche di musica jazz e di vocalist. Gli speaker non si scompongono mai (forse merito anche del Boulder), macinano molti minuti di musica piacevole senza mai prestare il fianco a forzature o esaltazioni, donando ai presenti una interpretazione equilibrata ma espressa con carattere. Qualcuno si avvicina ad Igor per conoscerne il costo e conosciuto il quantum se ne sorprende.

Correggo la mia asserzione iniziale: la fascia di prezzo di riferimento è in effetti particolarmente agguerrita, ma non credo che questi speaker avranno difficoltà ad affermarsi in ragione del contenuto tecnico che portano con sé, del loro timbro e di un valore estetico in cui ebanisteria di pregio ed esclusività si fondono perfettamente quasi a voler confermare la gloriosa tradizione ultracinquantennale del marchio.

 

Pagina 4 - L'ascolto di Marco Cicogna


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B&W è un marchio che ho conosciuto e seguito in 40 anni di ascolti musicali. Anche le visite negli studi di registrazione durante la realizzazione di importanti produzioni discografiche (Decca, ad esempio) facevano trovare nella “control room” una coppia di “801”. Quella ammiraglia, nelle sue diverse versioni, ha rappresentato per anni un riferimento per la produzione e riproduzione discografica. Non molti altri possono dire altrettanto. Anche i detrattori del marchio non possono negare che quella ammiraglia abbia in qualche modo “lasciato il segno” nella registrazione di un disco e (perchè no) nella sua riproduzione domestica. Un'impronta sonora attendibile per i musicofili che si è tramandata con successo nei modelli successivi e persino nelle serie più economiche.


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La serie “700” si arricchisce della versione “Signature” con il modello 705 da supporto e con il 702 da pavimento. Durante l'estate ho avuto nella mia sala d'ascolto una coppia di 705, un prodotto raffinato ed elegante il cui suono ha dimostrato di avere il buon DNA della casa. Come ben sapete l'aspetto principale da prendere in considerazione da prendere in considerazione nella valutazione di un sistema di altoparlanti è il timbro, l'insieme di quelle caratteristiche sonore che configurano il giusto colore e l'attendibilità di ciascun strumento. E' interessante notare che spesso gli audiofili preferiscono parlare di “articolazione”, di “scena” di “velocità”; sono tutti aspetti che comunemente ritroviamo nella riproduzione del suono di un disco attraverso un impianto, ma nulla ha senso di fronte ad una resa che fosse timbricamente non corretta. Vi chiederete come mai proprio l'aspetto più importante sia quello più trascurato dal mercato HiFi? Ho una mia teoria, ma non voglio fare l'antipatico e preferisco tenerla per me. Per ora. 


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Breve premessa dunque per dire che il 'B&W sound' ha una sua valenza timbrica ed una coerenza strumentale che si conserva pur nella evoluzione dimostrata negli anni e che rappresenta un elemento comune tra i vari modelli nelle diverse classi di prezzo. Si coglie uno smalto musicalmente valido che deriva da precise scelte progettuali: un buon suono non nasce per caso. Del resto nelle aziende più evolute, dove esiste una vera sezione di ricerca e sviluppo, le tecnologie sviluppate per la serie ammiraglia ricadono “a pioggia” anche sulla produzione più economica. In tal senso persino la linea budget “600” dimostra una buona vocazione musicale, come leggeremo a breve in un test condotto da Gian Piero Matarazzo.

La serie “700” si colloca nel segmento medio del mercato, con la versione 'Signature' a rappresentarne una evoluzione significativa, dalla rifinitura “Datuk Gloss” (una verniciatura a nove strati che mette in elegante risalto il disegno naturale del legno) alla rivisitazione del cross-over che impiega componenti di alta qualità tra i quali spicca la produzione alto di gamma della tedesca Mundorf. L'impronta sonora delle compatte 705 Signature da me ascoltate in estate la ritrovo nel modello 702 da pavimento, dotato non soltanto di una maggiore capacità di sonorizzazione e risposta più estesa in gamma bassa, ma soprattutto in grado di restituire alla musica maggiore concretezza complessiva. 


Intervista al patron di VDM Hifi Roma Igor Fiorini

L'occasione di questo ascolto è stata offerta dalla visita effettuata dalla redazione di AV Magazine al negozio HiFi Roma Store (by VDM) nella esclusiva cornice del Borgo dei Massimi a Roma. Il titolare è Igor Fiorini, un musicista professionista con il quale ho avuto modo di condividere esperienze di ascolto sia al Parco della Musica di Roma che in altre circostanze. Da un lato c'è il vantaggio di trovare una catena perfettamente messa a punto inserita in un ambiente in grado di cogliere, con piacevole senso musicale, il carattere più intimo del prodotto. Dall'altro abbiamo avuto la possibilità di utilizzare diverse amplificazioni, a tubi come a stato solido, per offrire al diffusore la possibilità di esprimersi in diverse configurazioni. Punto fermo il riferimento della sorgente digitale che ha il cuore nell'eccellente macchina Merging che trae ogni sfumatura anche dalle più moderne incisioni in DSD.


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Nelle dimostrazioni audio ci fanno ascoltare facile spesso jazz con pochi strumenti dal suono caldo ed avvolgente, del genere che potrebbe suonare bene persino con i peggiori sistemi che abbiamo mai incontrato. Per una valutazione preferisco musica concreta, acustica, dai toni realistici, timbricamente variegata, dinamicamente articolata e soprattutto “fotografata” da etichette diverse per non restare ancorati ad un solo “tipo sonoro”. Un buffet sonoro diversificato e impegnativo, in quegli assaggi che a suo tempo ho voluto chiamare “degustazioni musicali”; una ricetta vincente e persino scopiazzata da altri commentatori di cose audio. E non servono neppure dischi speciali, se possiamo permetterci di utilizzare un classico della mia discografia come i concerti per corno di Mozart nell’edizione Oiseau-Lyre (Decca) con strumenti originali.

Sono trascorsi molti anni da quell’estate (1993) in cui a Londra avevo seguito l’incisione diretta da Hogwood al fianco di un ingegnere del suono del calibro di John Dunkerley. Tutto per il meglio anche qui con gli archi antichi, espressivi e mai graffianti, tutto sommato gradevoli anche in una registrazione “early digital”. Il timbro avvolgente del corno naturale è reso con convinzione. Si ridimensiona la sensazione di trasparenza abbinata alla solidità nella gamma centrale che è propria dei sistemi più esclusivi (ben più costosi peraltro), ma le frasi dei violoncelli e la delicata ma definita linea del basso offre una raffigurazione di raffinata musicalità.


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Ai bassi livelli di segnale l'emissione è concreta ed attendibile; è il caso dell'intima musicalità del “Largo” dal concerto 1056 di Bach (Perahia in un DSD di prima generazione di casa Sony) che indica nella delicata solidità del pianoforte e nel pronto pizzicato degli archi un senso di naturalezza ed ariosità, confermata dalla discreta ma evidente percezione della linea del basso continuo della tiorba. Il fagotto rotondo ed espressivo del concerto di Vivaldi ripreso dalla etichetta Alpha si staglia con decisione al centro della scena virtuale, con archi dalla grana raffinata, piacevolmente godibili anche nella struttura dell'ottava bassa dotata di buona presenza.

La pedaliera d’organo incisa dalla piccola label Lawo (in DSD nativo) non raggiunge la granitica modulazione della prima ottava, ma ci si avvicina molto e più ancora appare omogenea nella transizione tra gamma bassa, medio-bassa e media, un fluire ininterrotto che qui definiamo in modo distinto soltanto per chiarezza di esposizione. Il complesso respiro dinamico di questo grande strumento non sembra mettere in affanno la catena, che esprime un suono caldo e rassicurante sino a livelli d'ascolto decisamente esuberanti.


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Si apprezza la generosità di emissione ovviamente con le buone incisioni di pianoforte, che sollecitino l’intervento di tutta la tastiera. Alcuni album significativi a questo riguardo li conoscete già, come la potente versione originale dei Quadri di un’Esposizione di Mussorgsky. Corretto lo scorrere delle note da una parte all’altra della tastiera, fluidi ed omogenei i passaggi più veloci, distinte le note anche all’interno degli accordi più ampi ed armonicamente “insoliti”. Nel delicato passaggio de “Il Vecchio Castello” (dai “Quadri”), il tocco si fa evanescente, quasi etereo, ma si coglie la presenza autorevole di un medio-basso che offre sostanza ed un senso di naturale calore alla musica. La gamma acuta è ben rifinita e il tweeter (lo stesso del modello da supporto), si conferma un componente determinato ma non graffiante.

Nel repertorio più tranquillo (ancora Mozart, nei concerti per pianoforte) segue con coerenza la morbida ma espressiva eloquenza del gruppo degli archi, il colore ligneo e rotondo dei fiati al centro della scena sonora, con il solista garbatamente collocato in primo piano così come la registrazione propone. La tastiera è luminosa, articolata, resa con il giusto “peso” anche nell’intorno della gamma medio-bassa. Il nitore della porzione media e alta dello spettro non va a discapito delle necessaria corposità delle prime ottave, anche e soprattutto con questo repertorio, in cui la musicalità si conferma dote essenziale. Con pagine più intense questo componente segue le esplosioni dei piatti orchestrali, punteggiando a dovere l'episodio del duello nella fantasia”Romeo e Gulietta” di Tchaikovsky. Provateci anche voi per condividere questa esperienza, mi riferisco alla lettura di Pletnev registrata da Pentatone e disponibile sulla piattaforma di Native DSD.


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Una prova di grande energia è apparsa nell'ascolto dell'arrangiamento per settetto di ottoni del tema di “Jaws”, che utilizzo come riferimento in ragione della spettacolare registrazione del basso tuba che qui espone il tema principale in uno straordinario assolo.  Il grande strumento in ottone è anche la vera voce profonda dell'orchestra, ma qui, in campo vicino, emerge dalla scena sonora con insospettabile vigore. Interessante il supporto del gruppo di ottoni, dagli attacchi immediati e con pochi limiti dinamici, timbricamente omogenei e ben rappresentati anche in questa registrazione dai contorni solidi e presa del suono ravvicinata.

Anche il repertorio “vintage” (da ascoltare con le opportune cautele ma per molti un riferimento) risulta piacevolmente inquadrato. Gli strumenti ad arco sono piacevolmente rifiniti, con buona presenza della componente medio-bassa e una luminosa percezione dei passaggi più veloci, leggibili senza eccessiva confusione. Lo conferma il remastering a cura della Esoteric con un classico come la Terza di Schubert diretta da Kleiber, una lettura energica che tira fuori lo smalto brunito della Filarmonica di Vienna. Nessun colpo di genio, ma ancora una volta una concezione sana e priva di artificiosità nella restituzione di un'immagine orchestrale che non dispiacerà ai musicofili più intransigenti. Qualche punta di durezza ad alto volume ci ricorda la classe di prezzo delle nostre ma anche che la registrazione accusa i suoi anni. Il nuovo corso di Bowers & Wilkins offre un prodotto dal suono autorevole ma aggiornato, che farà godere con le incisioni ben riuscite e non offre agio o effetti accomodanti a chi non è all'altezza.


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Chi pensa che si possa ascoltare musica (qualunque sia il genere considerato) con anemici sistemi minimalisti dovrebbe liberarsi dai pregiudizi e prendere atto che la realtà sonora contiene ben altri ingredienti e richiede un riproduttore completo e appagante. Lontano da certi gusti audiofili la realtà musicale è fatta di suoni concreti, intensi, capaci di far vibrare le più intime corde. In 40 anni di ascolti audio temo che gli audiofili si stanno isolando sempre di più dal resto del mondo, che da parte sua pearltro ignora gli appassionati di hifi e tutto il loro mondo. Anche nelle mostre audio più accreditate ho sentito salette “esclusive” suonare praticamente in sottofondo, mentre gli appassionati sembrano sempre gli stessi, ogni anno un po' più anziani, indaffarati a far girare vinili scricchiolanti e le solite registrazioni pop rock dai toni improbabili. Non sempre è così tuttavia e a noi piacerebbe che le nuove generazioni potessero ascoltare un sistema generoso come questi Bowers & Wilkins, ovviamente curando una catena di sana impostazione musicale.