Il multicanale di AM Audio
Un sistema 5.0 (o 5.1) è in grado di soddisfare non soltanto l’audiofilo, ma stimolare il piacere della famiglia intera nell'entertainment domestico. Impiegando un sistema multicanale si apprezza una maggiore definizione e "sostanza" della gamma bassa e medio-bassa oltre ad un inedito senso di presenza e partecipazione all'evento sonoro.
E dunque il multicanale come suona? parte 2
Non può mancare un assaggio di grande orchestra.
Tra gli oltre 200 titoli in SACD pubblicati dalla olandese Pentatone spicca una bella integrale delle sinfonie di Tchaikovsky. L'esecuzione è quella di Pletnev alla testa della Russian National Orchestra. In queste settimane ho riascoltato le versioni in PCM 24/96 e in DSD Nativo. La più “spumeggiante” è la Quarta, pagina di facile ascolto qui eseguita da un'orchestra autorevole. La registrazione è curata da quegli ingegneri che in casa Philips svilupparono il SACD e poi fondarono la prestigiosa Polyhymnia. Pletnev coglie anche i toni più esteriori, offrendo uno smalto sonoro scuro e a tratti pastoso che trova pochi riscontri in discografia. La sezione corni, il tono vellutato dei violoncelli, la lunga frase dell’oboe, questi e altri dettagli sono davvero ben resi. Proprio nel finale da fondo a tutti i registri, confezionando una lettura che non manca di emozionare, con grande slancio dinamico, punteggiata da piatti e grancassa in un finale rutilante i cui tre minuti conclusivi rappresentano un sipario di grande effetto per le vostre (e le mie) dimostrazioni audio. Fuori dall’ordinario la resa dei piatti orchestrali, perfettamente resi nel senso di “metallo”, mai “frizzanti” e dinamicamente corretti. Un ascolto di musica in multicanale ancora oggi di riferimento come per tutti gli album di questa serie delle sinfonie con Pletnev. Attenzione, non mancate anche il Manfred di Tchaikovsky, con il finale del primo tempo che rappresenta un must a conclusione delle mie demo, sia in stereo che in multicanale. La catena AM Audio mantiene anche ad alto volume la morbidezza espressiva degli archi, ma sa anche offrire tutto il respiro dinamico per ascolti a livelli effettivamente realistici.
Tchaikovsky, ancora sulla “1812”!
Siccome ne abbiamo parlato qualche mese fa su AV Magazine, a questo punto non farà male citare l'ascolto di un celebre album di Tchaikovky registrato dalla Telarc. Ancora si trova in SACD (e dunque la segnalazione non ha un valore soltanto “storico”) ad esempio su Amazon. Io lo ascolto in SACD, in file DSD e persino in un rarissimo DVD-Audio. S'intende, sempre in multicanale!
Nell’ormai lontano 1978 gli audiofili di tutto il mondo si cimentarono con il mitico LP Telarc con l’ouverture “1812” di Tchaikovsky. I solchi visibili a occhio nudo e la grande dinamica nel passaggio con i cannoni mettevano a dura prova i sistemi di lettura. Quel disco ha contribuito più di ogni altro al lancio internazionale dell’etichetta di Cleveland. In seguito Telarc ha affrontato ben altro repertorio con interpreti e orchestre di alto profilo, ma il successo di quel titolo convinse Jack Renner e Michael Bishop ad incidere una nuova “1812” all’arrivo del SACD (nel 1998/1999). Alla luce delle successive registrazioni SACD curate da Telarc, questa nuova edizione della “1812” viene presto superata. L’esecuzione è buona, non strepitosa e Kunzel è un interprete ben più interessante nelle sfavillanti partiture cinematografiche e nei “light classics”. Tuttavia questa incisione non può mancare nella discoteca di chi ha un impianto multicanale “di sostanza”.
Notevole lo sforzo alla base di questo progetto, che ha visto mettere assieme forze diverse registrate in luoghi e tempi differenti per la “1812”. Gli altri brani, “Mazeppa”, “Capriccio Italiano”, “Marcia Slava” e la “Polacca” dall’Eugene Onegin sono invece affidati alla sola Cincinnati Pops Orchestra e senza tanti effetti speciali, convincono anche di più. Nella “1812” il livello medio dell’incisione è piuttosto basso, ma è necessario per assicurare la giusta dinamica quando arrivano i colpi di cannone. Nell’ascolto stereo l’immagine dell’orchestra è un po’ limitata, il timbro asciutto, manca quell’aria attorno agli esecutori che offre un maggiore realismo “ambientale” (forse per non eccedere con il riverbero nella versione multicanale, un problema comune a molte altrimenti valide incisioni). Il mix di tutte le diverse sorgenti sonore non potrebbe tuttavia essere migliore; è impossibile comparare un’incisione così “speciale” ad un’altra in cui protagonista è una “semplice” orchestra, per quanto grande. Le cose cambiano infatti attraverso un sistema multicanale, che è il solo parametro attraverso il quale rendere giustizia a questa coraggiosa edizione. Il fronte sonoro si dilata, la scena orchestrale assume un respiro “grande” che non dipende dalle dimensioni dell’ambiente d’ascolto. Con questo disco ho messo alla prova il pre e finale multicanale di AM Audio nella mia sala da musica sin dal primo momento. Il coro, che da solo apre l’Ouverture, ha contorni tridimensionali e una presenza realisticamente avvolgente. Notevole l’entrata dell’orchestra, che nel giro di un paio di minuti alza i toni regalando un primo assaggio della nerboruta sezione ottoni e una grancassa che sembra provenire dall’intero pavimento. E’ presente un canale “LF” per il subwoofer, ma preferisco utilizzare solo i cinque canali a larga banda, che ricevono tutti il segnale completo a bassa frequenza. Notevole presenza strumentale, fronte sonoro vastissimo, fatica d’ascolto assente (è questo un tratto comune delle buone incisioni 5.1) anche a volume tale da far cantare l’inno russo all’intero condominio. I cannoni (che non sono musica) circondano l’ascoltatore con effetto dirompente; non vi aspettate un “boom” ma un “crack”, come ben sa chi ha ascoltato l’artiglieria a distanza ravvicinata. Da paura, anche se inutile, molto meglio mettere il finale di Capriccio Italiano a tutto volume, una cosa pazzesca (grancassa protagonista) da far ascoltare agli amanti dei monotriodi da 3 + 3 watt e attendersi il suicidio.
E per ben concludere...ancora “Quadri”?
Tesa ed energica la lettura di Gergiev in uno dei dischi orchestrali più dinamici e coinvolgenti ascoltati negli ultimi tempi. La pubblicazione per la label Mariinsky di una dinamica registrazione dei “Quadri di un'esposizione” non può passare inosservata
I celebri “Quadri” rappresentano una pagina immancabile nell'immaginario audiofilo. Una sterminata discografia la vede protagonista assoluta e non manca l'opportunità di ascoltarla di frequente nelle sale da concerto, cavallo di battaglia delle migliori orchestre. L'orchestrazione di Ravel coglie in pieno gli aspetti descrittivi della scrittura pianistica, con una scansione ritmica particolarmente incisiva sorretta da timpani e grancassa. Lettura originale ed intelligente quella di Gergiev che per la qualità della registrazione meriterebbe la prima di copertina I due ultimi episodi, “Baba Yaga” e ancor più la trionfale conclusione della “Grande porta di Kiev”, disegnano architetture sonore tra le più estroverse del repertorio. Importante tuttavia anche il dettaglio e la raffinatezza timbrica e qui Ravel dimostra uno straordinario senso del colore. E' il caso ad esempio dello struggente assolo sulla tuba tenore (Bydlo), con il suo carattere cupo e nobile, il brillante scherzare del “Balletto dei pulcini nei loro gusci” o il “Mercato di Limoges”; tutto contribuisce ad un tour de force di cui è protagonista la tavolozza cromatica di una grande orchestra. Parti più “difficili”, come “i due ebrei” o “Catacombae” richiedono una penetrazione musicale profonda e non possono limitarsi ad una funzione sonora puramente descrittiva. Ascoltate l'energico “Baba Yaga” proposto qui da Gergiev, con timpani e grancassa di inedito realismo, ma ogni sezione offre una introspezione decisa su ogni sezione strumentale. Attenzione al volume, perché l’attacco timpani-grancassa può creare dei problemi ai meno dotati. Trasparenza e presenza sono ai massimi livelli, soprattutto nella resa ampia e profonda offerta nell'ascolto in multicanale. Si apprezzano le percussioni dello “Gnomo”, la malinconia del “Vecchio Castello” con il lungo assolo sul saxofono, la vivacità sugli strumentini che ricorda il gaio vocio dei bimbi nei giardini parigini nelle “Tuileries”, ogni dettaglio è riproposto a tutto tondo. In “Bydlo” il pesante carro che si trascina nella fangosa campagna polacca è disegnato a colori scuri e densi di tensione; gli archi bassi scandiscono un ritmo pesante sul quale si alza il cupo assolo della tuba, un crescendo sorretto dalle percussioni, un climax e poi un diminuendo, sul rullare del tamburo militare e il pizzicato lontano ma distinto dei contrabbassi, a sfidare la risoluzione in gamma bassa dei più grandi sistemi. Si apprezza la pienezza e l’intonazione del gruppo di ottoni nelle “Catacombae” e nella luminosa conclusione della trionfale “Grande Porta di Kiev”, il respiro lungo degli ottoni è sorretto anche delle campane che riempiono l’ambiente d’ascolto. Anche nei due pezzi conclusivi non si avverte compressione, mentre resta un riferimento la percezione dei microdettagli anche nelle parti più delicate della partitura.
La registrazione (originale DSD del giugno 2014) mette in piena luce la brillantezza dell'orchestrazione, senza celarne i tratti più drammatici. Il suono è presente e concreto, senza “ammorbidimenti” eufonici, mentre la dinamica naturale è resa senza mezzi termini. Un repertorio sfidante per gli appassionati, che merita un grande impianto multicanale, dotato sotto ogni profilo.
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