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Il multicanale di AM Audio
Il multicanale di AM Audio
Marco Cicogna - 05 Giugno 2020
“Un sistema 5.0 (o 5.1) č in grado di soddisfare non soltanto l’audiofilo, ma stimolare il piacere della famiglia intera nell'entertainment domestico. Impiegando un sistema multicanale si apprezza una maggiore definizione e "sostanza" della gamma bassa e medio-bassa oltre ad un inedito senso di presenza e partecipazione all'evento sonoro.”
Pagina 1 - Introduzione e musica multicanale

Raccontando di una macchina da musica firmata AM Audio, il pensiero va alla presenza e corposità   dell'ascolto dal vivo. E' proprio il tema della “concretezza sonora” a venire in mente quando ci prepariamo a descrivere il prodotto di un’azienda che si è sempre dimostrata in grado di suonare con correttezza ma anche generosità. Qui però siamo di fronte ad un progetto davvero particolare, di fatto un unicum nel suo genere, che offre il maggiore coinvolgimento proprio dell'ascolto musicale in multicanale. 


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C'è una linea di pensiero in quel di Vigevano che nel rendere con timbro sano e generosa corrente la sezione amplificazione di una catena, offre alla riproduzione quel respiro dinamico e quell'autorevolezza di impostazione di cui non si può fare a meno. Lo abbiamo documentato in tanti anni di utilizzo pratico in situazioni di notevole impegno con numerosi diffusori e nelle misure effettuate nell'arco di tre decenni dallo staff tecnico della rivista Audio Review. Personalmente non potrei fare a meno del pre e finale multicanale AM Audio nella mia catena musicale, anzi questa è la seconda generazione che dopo dieci anni di “servizio” è giunta a sostituire la precedente versione. Questo resoconto giunge allora dopo due anni di continua sperimentazione nella mia sala da musica, nella costante ricerca di materiale discografico di alta qualità, in stereo e in multicanale, nella gestione di file audio in alta risoluzione (due e cinque canali, PCM e DSD) e poi ancora Blu Ray Audio e più ancora Blu Ray Video attraverso una sorgente multistandard come l'Oppo 103, 105  e 205.  La mia intesa con AM Audio, inutile nascondersi dietro un dito, deriva dunque da una conoscenza trentennale del marchio, che ho potuto apprezzare per il sound coinvolgente e per l'affidabilità nel tempo delle proprie realizzazioni anche utilizzandone diversi apparecchi nelle mie due sale da musica e in quelle di alcuni colleghi giornalisti musicali che hanno scelto proprio questo marchio per il loro lavoro di recensori. 


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A che serve ascoltare la musica in multicanale?

Se mi chiedete quale sia il “suono” che l’impianto “semplicemente” stereo non è in grado di riprodurre la risposta potrebbe sorprendervi. E’ il “non suono”, ovvero la mera sensazione di spazio che si ha, ad esempio, trovandosi all’interno di una sala da concerto prima ancora che ci sia qualcuno a suonare. I minuti prima del concerto non parlano di timbro, di dinamica o di risposta in frequenza. Semplicemente vi raccontano dello spazio acustico, della sensazione di aria attorno a voi. E’ il semplice rumore di fondo della sala che vi offre la sensazione dello spazio acustico, collocando l’ascoltatore in un ambiente reale e non virtuale. Qui lo stereo trova il suo limite inevitabile. Qui la riproduzione in multicanale offre (può offrire, se ben realizzata) una marcia in più. Del resto se l’esigenza di offrire al pubblico del cinema un maggior senso di coinvolgimento ha portato al multicanale, vuol dire che almeno in quell’ambito (quello del cinema intendo) si è capito bene già 20 anni fa che la realtà sonora non si riproduce con due soli altoparlanti, per quanto di buona qualità. Ho avuto la fortuna di essere invitato alla conferenza stampa per il lancio del SACD nei Galaxy Studios in Belgio. Ebbene la dimostrazione più significativa per noi giornalisti raccolti nella sala regia era stata quella di cogliere il respiro della sala da concerto dietro il vetro, quel senso di spazio ed ambienza naturale che veniva ricostruito dalla ripresa (e dalla riproduzione) in cinque canali. 


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In base alla mia esperienza nella maggior parte dei casi l’audiofilo se ne frega della realtà sonora. Del resto anche molti sistemi multicanale che ha avuto modo di ascoltare erano quasi sempre affidati ad amplificazioni asfittiche e diffusori trapananti. Potevano andare per gli effetti speciali del cinema, ma la musica richiedeva una maggiore qualità.  Poi sono arrivati i SACD, la maggior parte dei quali in multicanale. L’audiofilo più avveduto ha colto quanto c’era di buono da cogliere, ma il gioco dei componenti, degli abbinamenti, dei cavi e degli orpelli, il tweaking, il fine tuning si effettuano con prodotti audio esclusivamente due canali. In fondo quanti sono gli audiofili che davvero vogliono ricreare in casa le emozioni di un concerto alla Philharmonie di Berlino (o all’auditorium di Roma con la nostra eccellente orchestra di Santa Cecilia)? Quasi sempre sono gli album rock degli anni Settanta a girare nell'impianto, dove timbrica e ambiente naturale c'entrano poco o nulla.


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Se mi chiedono quale sia la situazione musicale più coinvolgente, al primo posto ci metto il sound di una orchestra in una sala da concerto o un organo nel giusto contesto; subito dopo il campo acustico di un gruppo jazz in un club. La mia posizione a favore dell'ascolto di musica in multicanale è minoritaria e troppe volte mi è sembrato di combattere contro i mulini al vento quando tentavo di incoraggiare espositori ed operatori nelle diverse mostre a mettere assieme un sistema multicanale che non fosse il solito complemento audio a qualche proiettore. Ad effettuare delle dimostrazioni con impianti dotati di sofisticati proiettori in grado di mettere in evidenza colori, dettagli visivi e neri profondi allo stato dell'arte. Ma il suono faceva cagare. “Abbasso il multicanale”, dicono gli audiofili. E non hanno tutti i torti visto che gli stessi operatori sono apparsi incapaci di mettere assieme una catena multicanale musicalmente attendibile.

Quante volte possiamo dire di aver ascoltato un impianto multicanale audio davvero di qualità eccellente? Mi piace ricordare svariate occasioni nelle quali Emidio Frattaroli ed io siamo stati invitati ad effettuare delle dimostrazioni. Anche con impianti piuttosto importanti. Ma la parte audio del sistema risultava sottodimensionata, cosa addirittura risibile soprattutto se paragonata alla parte video del sistema.


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Due orecchie, dunque due canali?

C'è ancora chi crede che la musica si ascolta con due diffusori perchè le orecchie sono, appunto, due. Se stanno così le cose, inutile parlare di coinvolgimento, di percezione dell'ambiente, di senso di profondità e realistica compartecipazione all'evento musicale. Anzi, inutile parlare di musica. Tempo fa un operatore di cui non ricordo il nome aveva detto una frase che mi aveva molto colpito: “l'ascolto in due canali è come assistere all'evento musicale da una più o meno ampia e più o meno trasparente finestra. In multicanale è come essere all'interno della stessa sala in cui si svolge l'evento sonoro”. Parole azzeccate per descrivere il senso di naturale musicalità di fronte ad un impianto 5.0 ben realizzato. Oggi siamo arrivati al Dolby Atmos (un ulteriore passo nella cura nella restituzione delle sorgenti sonore attorno all'ascoltatore che contempla anche la dimensione verticale), ma si tratta di applicazioni che traggono forza e sostegno dal mondo del cinema, non certo (salvo la preziosa eccezione della splendida etichetta norvegese 2L) da quello audio.  


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Il “coinvolgimento” in questo senso va visto come attitudine ad avvicinarsi alla sensazione della realtà sonora. Se dal vivo è ben chiaro che il suono è “tutto attorno a te”, meno chiaro è catapultare tale banale concetto nella riproduzione audio. Eppure gli appassionati del cinema da decenni apprezzano il senso di realismo offerto dal multicanale. Anzi, tramontata l'artificiosa emozione del video “3D”, ancora una volta la sensazione di realismo, di presenza scenica e di coinvolgimento all'azione è offerta dal suono prima ancora che dalle immagini. Per concludere senza annoiarvi mio permetto di ricordare come il senso responsabile dell'equilibrio è l'udito, non la vista. Non c'è bisogno di andare alla Filarmonica di Berlino o crogiolarsi nello smalto dorato del Muikverein di Vienna per farsi un'idea della realtà musicale. Basta ascoltare una banda di paese, oppure il pianoforte a casa di un amico. Ci avete fatto caso come la musica vera sia in ogni circostanza piena, corposa ed avvolgente? Possibile che il colpevole di una riproduzione sonora anemica e poco coinvolgente sia sempre la qualità della registrazione? Mi viene da pensare che non sia cosi. 


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Del resto nel mondo dell'alta fedeltà, soprattutto con la complicità del WEB, si può dire tutto e il contrario di tutto, si raccontano le esperienze d’ascolto più bislacche perché la realtà musicale dalla quale si parte, la sorgente, non è l’evento effettivo ma una sua riproduzione discografica frutto essa stessa di manipolazione. La stessa realtà sonora è di fatto sconosciuta ai più. Quanti audiofili incontriamo a Santa Cecilia a Roma? L’ignoranza in molti casi del suono effettivo degli strumenti fa dunque il resto, conducendo ad affermazioni che talvolta fanno sorridere. La passione per l'hifi è spesso portata avanti in modo esasperato, asociale quasi, facendo si che nel concetto del grande pubblico il vero audiofilo appaia come uno sfigato, più che un appassionato, un  personaggio da non imitare.

Pagina 2 - Descrizione tecnica e ascolto


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Il PX-6R è un preamplificatore multicanale a sei canali in doppio chassis costruito con la solidità che caratterizza tutta la linea di elettroniche di AM Audio. All’interno della sezione di alimentazione trova posto un grosso trasformatore toroidale a più secondari, 6 secondari alimentano altrettanti circuiti di alimentazione tutti completamente indipendenti. Altri 2 secondari sono dedicati ai circuiti del controllo di volume telecomandato e ai relè della selezione degli ingressi e delle uscite. Una apposita sezione provvede ad alimentare due prese ausiliarie dedicate alle unità phono AM Audio.


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Il pre dispone di 2 ingressi a 6canali e 4 ingressi a 2 canali. Nel secondo telaio come nell’alimentatore i rispettivi sei amplificatori sono completamente indipendenti. Il controllo di volume generale è un ALPS motorizzato, altri sei potenziometri mono ALPS permettono il singolo controllo di livello di ciascuno dei sei canali. Vi è anche una seconda uscita sub asservita da un crossover passa basso con pendenza di 24dB per ottava, sono selezionabili sei tagli di frequenza da 40 a 100Hz.


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Il finale di potenza a 6 canali MT-6R, mantiene un impostazione costruttiva simile al suo predecessore ma con alcune importanti implementazioni. Il telaio è stato riprogettato al fine di permettere un più agevole assemblaggio e le successive manutenzioni. Ciascuno dei due dissipatori che occupano interamente le fiancate sono in questa versione in un unico blocco, per migliorare la dispersione del calore. Le due schede dei canali frontali sono nuove con dispositivi d’ingresso a Fet e Mos-Fet di potenza, le stesse che utilizza l'amplificatore integrato M-70R . Qui però avendo a disposizione una migliore dissipazione la potenza in classe A sale da 5 a 10W, mente la potenza massima sale da 120 a 150W. Le restanti quattro schede relative ai canali posteriori, centrale e sub differiscono dalle precedenti in quanto lo stadio d’amplificazione in ingresso riprogettato, è a Fet e non più a bipolari, rendendo superfluo anche il condensatore d’isolamento.


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Ascolto

Pre e finale AM Audio anche nella loro “speciale edizione” a sei canali debbono essere valutati innanzitutto nella più tradizionale configurazione stereofonica. Un sistema del genere sostituisce a pieno titolo una catena high-end due canali per offrire ANCHE l'ascolto in multicanale. Altrimenti ricadremmo nell'antico errore di separare il mondo della riproduzione musicale.

 
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L’impostazione timbrica è quella che ricordiamo per la casa di Vigevano. Un senso di potenza e concretezza nella gamma bassa e medio-bassa, una trasparente porzione in gamma media e medio-alta, sezione acuta di ottima rifinitura ma non invadente o affaticante. Percussioni “difficili” come i timpani orchestrali si offrono sempre tangibili, emergono dalla materia sonora, con una solidità  del medio-basso decisamente realistica.


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Ci assicuriamo una buona resa in gamma bassa con la versione organistica dei “Quadri di un’esposizione” (MDG), che offre una pedaliera profonda ed autorevole, insolita per queste dimensioni complessive. Anche le percussioni orchestrali (timpani e grancassa) nella “Sagra della Primavera” (Telarc, Maazel con la Cleveland Orchestra) hanno un buon risalto, un’impostazione efficace ma mai sopra le righe che si conferma anche con la base ritmica di incisioni pop, sempre coinvolgenti e piacevoli. Ma la massima musicalità è richiesta proprio con le pagine più “classiche”. E’ il caso della Quinta di Beethoven in quest'anno di celebrazioni per il 250° anniversario, con timbrica degli archi attendibile, eccellente rifinitura in acuto, mancanza di asprezze anche sui fiati nei momenti più accesi. Notevoli gli intervalli dinamici, seguiti con agilità e disinvoltura anche nelle piccole escursioni. Si conferma una sanissima musicalità con pagine come i concerti per pianoforte di Mozart (Schiff, Decca oppure il SACD della MDG con Zacharias che trovate a prezzo speciale). Indubbiamente possiamo contare su una erogazione di corrente davvero importante. Del resto lo aveva a suo tempo messo in evidenza anche il risultato delle misure effettuate da Fabrizio Montanucci su Audio Review. Si diceva di Mozart, l'autore che più di ogni altro non cerca l'effetto ma la musicalità dell'espressione.


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C'è con AM Audio una emissione corretta nel timbro e controllata nel rendere le effettive dimensioni del campo sonoro originale che mette a proprio agio anche con le piccole formazioni strumentali, siano esse jazz o classiche, senza mancare di offrire trasparenza e le sottili sfumature espressive e dinamiche. E’ il caso ad esempio dei concerti per diversi strumenti a fiato di Vivaldi, che espongono i singoli strumenti nel giusto quadro cromatico. Ancora pagine del Settecento con le mie due esecuzioni preferite dei Concerti Brandeburghesi di Bach, quella storica incisa dalla Astrèe con Savall e le più recenti e anche dinamicamente brillanti letture che la più recente discografia in file audio  DSD (Channel Classics, ad esempio) ci mette a disposizione diverse come interpretazione ed anche nel quadro sonoro offerto, pur trattandosi in entrambi i casi di esecuzioni filologiche.

 
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Ci interessa cogliere le diversità nell'espressione degli interpreti, nella sonorità complessiva e nella ricostruzione musicale che l'incisione (vera e propria fotografia che “fissa” un determinato evento sonoro) ci offre. Pur trattandosi di un'elettronica priva di quella graffiante puntigliosità che piace a qualche audiofilo, AM Audio contribuisce a ricostruire le opportune differenziazioni nei tempi, nel fraseggio, nel peso delle sezioni strumentali, nel risalto prestato a ciascun esecutore, nella presentazione della scena sonora a testimoniare la tipicità di ciascuna incisione anche nei segnali di ambienza e nella microfonazione.

 

Pagina 3 - E dunque il multicanale come suona? parte 1

Il bello è che grazie al SACD, ai Blu Ray (audio e video) e soprattutto ai quasi duemila album presenti sulla piattaforma di Native DSD è possibile fare un facile confronto tra lo stesso brano in stereo e in multicanale. L'occasione di questa breve cronaca di ascolto è preziosa anche per segnalare alcune incisioni in multicanale che potrete utilizzare nel vostro impianto. Oggi la tendenza per la fruizione di musica è soprattutto verso l'ascolto di file audio, gestibili da server ma anche da numerosi lettori Blu Ray di qualità. Questi file sono quasi tutti in semplice stereo. Bene fa allora Native DSD a raccogliere tra i suoi oltre 1.500 titoli molte registrazioni in multicanale. Stiamo parlando di incisioni concepite sin dall'origine in multicanale e in questo ambito etichette come la norvegese 2L, le olandesi Channel Classics e Pentatone e altre etichette “minori” sono ben rappresentate. Ovviamente la musica in file (a me piace poco il termine “liquida”, ma ci siamo capiti), consente anche di acquistare e scaricare magari una sola traccia da un album, per realizzare ad esempio un proprio sampler personale di musica di qualità a basso prezzo. Alcune delle più recenti (quelle della californiana Yarlung Records, ad esempio), non sono mai state pubblicate su supporto fisico; le trovate esclusivamente in DSD.


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Se pensate che l'ascolto in multicanale rende il pieno coinvolgimento con l'organo e la grande orchestra...avete ragione. Ma si rischia di perdere di vista il senso di concretezza e realismo anche con la musica per piccoli gruppi strumentali, una sonata per pianoforte, un trio jazz, una sonata per violoncello e pianoforte, una pagina barocca come le Quattro Stagioni di Vivaldi. Proprio con Vivaldi vi segnalo la prima traccia dei concerti dell'Opus 9 (La Cetra). Scaricate questa traccia in 2 e in 5 canali. Se nel semplice stereo si coglie il timbro degli archi barocchi, la pienezza del medio basso, il ruolo di supporto al basso continuo della grande tiorba, passando al multicanale la scena sonora si dilata e noi entriamo a farne parte. Maggiore concretezza e solidità del medio basso, perfetto controllo dell'immagine, maggior coinvolgimento. Se prima eravamo alla fimestra ora siamo dentro la sala.


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In questo ambito di sorgente musicale voglio segnalare l'album “Quiet Winter Night”. La 2L è stata l'etichetta a portare per prima le gioie del High Resolution Audio sul formato Blu Ray. Prevalentemente jazz acustico con un repertorio influenzato dal folk norvegese, l’ampio catalogo di Morten Lindberg non si fa mancare pezzi classici, oltre a repertorio pianistico d'avanguardia, musica corale (anche con organo), gruppi di fiati e ottoni.  Registrazioni effettuate in spazi acustici che esaltano il senso del timbro e la ricostruzione spaziale dell'evento. Nella riproduzione in multicanale il suono è volutamente avvolgente e tuttavia presenta una seducente focalizzazione dell'immagine centrale. Assente ogni limitazione dinamica, le incisioni 2L sono un riferimento anche in DSD, disponibile nei formati 64, 128 e persino 256 (ovviamente in 2 e 5 canali). Ci sono ovviamente i SACD, ma il DSD nella maggiore risoluzione è ancora più performante. E poi quante buone macchine di lettura SACD sono ormai rimaste? Jazz-fusion disimpegnata, con tratti espressivi che si lasciano tuttavia apprezzare ad un ascolto attento. Si apprezza il gioco tra le parti, l’interazione tra i membri di questo gruppo che senza perdere la propria individualità, disegnano tratti musicali ed acustici omogenei. La struttura musicale è fotografata in un’incisione trasparente, con contorni ampi e senso di profondità che rende giustizia alla migliore catena di riproduzione. I contrasti dinamici, il senso palpabile degli strumenti e la resa timbrica sono elementi che vengono messi a fuoco con naturale dettaglio.


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Se vogliamo ascoltare un classico trio jazz (piano, basso e batteria), restando ancora su questa label la mia raccomandazione va al disco “Polarity”. L'album è disponibile in formato “solido” e “liquido”. Un trio jazz così forse non l'abbiamo mai ascoltato. Mi piacerebbe comunque confrontarmi con le vostre impressioni. Potete scaricare almeno la prima traccia del disco e avere un'idea del potenziale acustico di questa incisione quale che sia la vostra catena audio. Fa venire i brividi anche nel più semplice dei formati (il due canali) per naturalezza del timbro, microcontrasto dinamico e captazione di un ambiente acustico che l'etichetta norvegese conosce a perfezione.

Musicalmente si tratta di un jazz acustico dai tratti fluidi e accattivanti tipici della scuola nordica. Ne sono interpreti: l'Hoff Ensemble (lo stesso del “Quiet Winter Nights”) con Jan Gunnar Hoff (pianoforte), Anders Jormin (basso) e Audun Kleive (batteria). Il box fisico contiene due dischi: il primo un SACD ibrido stereo e multicanale. L'altro è un Blu Ray, che ospita i seguenti formati: 2.0 LPCM 192/24, 5.1 DTS HDMA 192/24, 7.1.4 Auro-3D 96kHz, 7.1.4 Dolby Atmos 48kHz, mShuttle: MQA + MP3. Com Emidio abbiamo fatto una demo di musica in Dolby Atmos e questo disco è stato un accattivante protagonista. I puristi lo ascolteranno nella massima risoluzione possibile in stereofonia e qui il sito Native DSD ne offre le diverse possibilità. Ricordo che il master originale di queste incisioni è in DXD.


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Copland: “Fanfare for the Common Man”. Chandos

Trionfale apertura di molte nostre demo, la “Fanfare for the Common Man” costituisce tre minuti di fuoco per ottoni e percussioni. “Fanfare”, dunque niente archi, niente legni, ma un piccolo ed energico gruppo di ottoni (trombe, tromboni, corni e tuba) sorretti da timpani, grancassa e gong.

Composta durante la seconda guerra mondiale è dedicata a quell’uomo “comune” incolpevole vittima di ogni conflitto. Alcune salve su gong, grancassa e timpani all'unisono introducono il nobile tema sulle trombe, poi entra il resto del gruppo di ottoni. Il brano è noto anche al vasto pubblico anche per alcuni arrangiamenti in versione rock. Le pagine di Copland (nel disco anche “Billy the Kid” e “El salòn Mexico”) sono tra le partiture del Novecento di più facile ascolto e questa lettura di sa esaltarne il lato esteriore e descrittivo. L’incisione è naturalmente dinamica, mentre l’estensione in frequenza (gamma bassa realmente devastante) è praticamente allo stato dell’arte, con toni brillanti ma anche una bella profondità della scena sonora. Ne è interprete John Wilson che molti conoscono dalle sue frequentazioni ai Proms di Londra. Qui è alla testa della BBC Philharmonic su label Chandos, autentica etichetta inglese molto attiva nella realizzazione di SACD. In file si trova la versione stereo, ma il SACD offre uno splendido multicanale.

Pagina 4 - E dunque il multicanale come suona? parte 2


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Non può mancare un assaggio di grande orchestra.

Tra gli oltre 200 titoli in SACD pubblicati dalla olandese Pentatone spicca una bella integrale delle sinfonie di Tchaikovsky. L'esecuzione è quella di Pletnev alla testa della Russian National Orchestra. In queste settimane  ho riascoltato le versioni in PCM 24/96 e in DSD Nativo. La più “spumeggiante” è la Quarta, pagina di facile ascolto qui eseguita da un'orchestra autorevole. La registrazione è curata da quegli ingegneri che in casa Philips svilupparono il SACD e poi fondarono la prestigiosa Polyhymnia. Pletnev coglie anche i toni più esteriori, offrendo uno smalto sonoro scuro e a tratti pastoso che trova pochi riscontri in discografia. La sezione corni, il tono vellutato dei violoncelli, la lunga frase dell’oboe, questi e altri dettagli sono davvero ben resi. Proprio nel finale da fondo a tutti i registri, confezionando una lettura che non manca di emozionare, con grande slancio dinamico, punteggiata da piatti e grancassa in un finale rutilante i cui tre minuti conclusivi rappresentano un sipario di grande effetto per le vostre (e le mie) dimostrazioni audio. Fuori dall’ordinario la resa dei piatti orchestrali, perfettamente resi nel senso di “metallo”, mai “frizzanti” e dinamicamente corretti. Un ascolto di musica in multicanale ancora oggi di riferimento come per tutti gli album di questa serie delle sinfonie con Pletnev. Attenzione, non mancate anche il Manfred di Tchaikovsky, con il finale del primo tempo che rappresenta un must a conclusione delle mie demo, sia in stereo che in multicanale. La catena AM Audio mantiene anche ad alto volume la morbidezza espressiva degli archi, ma sa anche offrire tutto il respiro dinamico per ascolti a livelli effettivamente realistici.


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Tchaikovsky, ancora sulla “1812”!

Siccome ne abbiamo parlato qualche mese fa su AV Magazine, a questo punto non farà male citare l'ascolto di un celebre album di Tchaikovky registrato dalla Telarc. Ancora si trova in SACD (e dunque la segnalazione non ha un valore soltanto “storico”) ad esempio su Amazon. Io lo ascolto in SACD, in file DSD e persino in un rarissimo DVD-Audio. S'intende, sempre in multicanale! 

Nell’ormai lontano 1978 gli audiofili di tutto il mondo si cimentarono con il mitico LP Telarc con l’ouverture “1812” di Tchaikovsky. I solchi visibili a occhio nudo e la grande dinamica nel passaggio con i cannoni mettevano a dura prova i sistemi di lettura. Quel disco ha contribuito più di ogni altro al lancio internazionale dell’etichetta di Cleveland. In seguito Telarc ha affrontato ben altro repertorio con interpreti e orchestre di alto profilo, ma il successo di quel titolo convinse Jack Renner e Michael Bishop ad incidere una nuova “1812” all’arrivo del SACD (nel 1998/1999). Alla luce delle successive registrazioni SACD curate da Telarc, questa nuova edizione della “1812” viene presto superata. L’esecuzione è buona, non strepitosa e Kunzel è un interprete ben più interessante nelle sfavillanti partiture cinematografiche e nei “light classics”. Tuttavia questa incisione non può mancare nella discoteca di chi ha un impianto multicanale “di sostanza”.


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Notevole lo sforzo alla base di questo progetto, che ha visto mettere assieme forze diverse registrate in luoghi e tempi differenti per la “1812”. Gli altri brani, “Mazeppa”, “Capriccio Italiano”, “Marcia Slava” e la “Polacca” dall’Eugene Onegin sono invece affidati alla sola Cincinnati Pops Orchestra e senza tanti effetti speciali, convincono anche di più. Nella “1812” il livello medio dell’incisione è piuttosto basso, ma è necessario per assicurare la giusta dinamica quando arrivano i colpi di cannone. Nell’ascolto stereo l’immagine dell’orchestra è un po’ limitata, il timbro asciutto, manca quell’aria attorno agli esecutori che offre un maggiore realismo “ambientale” (forse per non eccedere con il riverbero nella versione multicanale, un problema comune a molte altrimenti valide incisioni). Il mix di tutte le diverse sorgenti sonore non potrebbe tuttavia essere migliore; è impossibile comparare un’incisione così “speciale” ad un’altra in cui protagonista è una “semplice” orchestra, per quanto grande. Le cose cambiano infatti attraverso un sistema multicanale, che è il solo parametro attraverso il quale rendere giustizia a questa coraggiosa edizione. Il fronte sonoro si dilata, la scena orchestrale assume un respiro “grande” che non dipende dalle dimensioni dell’ambiente d’ascolto. Con questo disco ho messo alla prova il pre e finale multicanale di AM Audio nella mia sala da musica sin dal primo momento. Il coro, che da solo apre l’Ouverture, ha contorni tridimensionali e una presenza realisticamente avvolgente. Notevole l’entrata dell’orchestra, che nel giro di un paio di minuti alza i toni regalando un primo assaggio della nerboruta sezione ottoni e una grancassa che sembra provenire dall’intero pavimento. E’ presente un canale “LF” per il subwoofer, ma preferisco utilizzare solo i cinque canali a larga banda, che ricevono tutti il segnale completo a bassa frequenza.  Notevole presenza strumentale, fronte sonoro vastissimo, fatica d’ascolto assente (è questo un tratto comune delle buone incisioni 5.1) anche a volume tale da far cantare l’inno russo all’intero condominio. I cannoni (che non sono musica) circondano l’ascoltatore con effetto dirompente; non vi aspettate un “boom” ma un “crack”, come ben sa chi ha ascoltato l’artiglieria a distanza ravvicinata. Da paura, anche se inutile, molto meglio mettere il finale di Capriccio Italiano a tutto volume, una cosa pazzesca (grancassa protagonista) da far ascoltare agli amanti dei monotriodi da 3 + 3 watt e attendersi il suicidio. 


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E per ben concludere...ancora “Quadri”?

Tesa ed energica la lettura di Gergiev in uno dei dischi orchestrali più dinamici e coinvolgenti ascoltati negli ultimi tempi. La pubblicazione per la label Mariinsky di una dinamica registrazione dei “Quadri di un'esposizione” non può passare inosservata

I celebri “Quadri” rappresentano una pagina immancabile nell'immaginario audiofilo. Una sterminata discografia la vede protagonista assoluta e non manca l'opportunità di ascoltarla di frequente nelle sale da concerto, cavallo di battaglia delle migliori orchestre. L'orchestrazione di Ravel coglie in pieno gli aspetti descrittivi della scrittura pianistica, con una scansione ritmica particolarmente incisiva sorretta da timpani e grancassa. Lettura originale ed intelligente quella di Gergiev che per la qualità della registrazione meriterebbe la prima di copertina  I due ultimi episodi, “Baba Yaga” e ancor più la trionfale conclusione della “Grande porta di Kiev”, disegnano architetture sonore tra le più estroverse del repertorio. Importante tuttavia anche il dettaglio e la raffinatezza timbrica e qui Ravel dimostra uno straordinario senso del colore. E' il caso ad esempio dello struggente assolo sulla tuba tenore (Bydlo), con il suo carattere cupo e nobile, il brillante scherzare del “Balletto dei pulcini nei loro gusci” o il “Mercato di Limoges”; tutto contribuisce ad un tour de force di cui è protagonista la tavolozza cromatica di una grande orchestra. Parti più “difficili”, come “i due ebrei” o “Catacombae” richiedono una penetrazione musicale profonda e non possono limitarsi ad una funzione sonora puramente descrittiva. Ascoltate l'energico “Baba Yaga” proposto qui da Gergiev, con timpani e grancassa di inedito realismo, ma ogni sezione offre una introspezione decisa su ogni sezione strumentale. Attenzione al volume, perché l’attacco timpani-grancassa può creare dei problemi ai meno dotati. Trasparenza e presenza sono ai massimi livelli, soprattutto nella resa ampia e profonda offerta nell'ascolto in multicanale. Si apprezzano le percussioni dello “Gnomo”, la malinconia del “Vecchio Castello” con il lungo assolo sul saxofono, la vivacità sugli strumentini che ricorda il gaio vocio dei bimbi nei giardini parigini nelle “Tuileries”, ogni dettaglio è riproposto a tutto tondo. In “Bydlo” il pesante carro che si trascina nella fangosa campagna polacca è disegnato a colori scuri e densi di tensione; gli archi bassi scandiscono un ritmo pesante sul quale si alza il cupo assolo della tuba, un crescendo sorretto dalle percussioni, un climax e poi un diminuendo, sul rullare del tamburo militare e il pizzicato lontano ma distinto dei contrabbassi, a sfidare la risoluzione in gamma bassa dei più grandi sistemi. Si apprezza la pienezza e l’intonazione del gruppo di ottoni nelle “Catacombae” e nella luminosa conclusione della trionfale “Grande Porta di Kiev”, il respiro lungo degli ottoni è sorretto anche delle campane che riempiono l’ambiente d’ascolto. Anche nei due pezzi conclusivi non si avverte compressione, mentre resta un riferimento la percezione dei microdettagli anche nelle parti più delicate della partitura.

La registrazione (originale DSD del giugno 2014) mette in piena luce la brillantezza dell'orchestrazione, senza celarne i tratti più drammatici. Il suono è presente e concreto, senza “ammorbidimenti” eufonici, mentre la dinamica naturale è resa senza mezzi termini. Un repertorio sfidante per gli appassionati, che merita un grande impianto multicanale, dotato sotto ogni profilo.