Cabinet of Curiosities | stagione 1 | recensione

Fabrizio Guerrieri 18 Novembre 2022 Cinema, Movie e Serie TV

Otto diversi racconti compongono questa raccolta di mediometraggi curata da Guillermo Del Toro, che si concentra sulla sua sconfinata passione per il genere horror mettendo al centro del progetto un mobile pieno di cassetti da cui vengono fuori vari oggetti che diventano storie


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Cabinet of Curiosities (titolo tradotto in italiano come La stanza delle meraviglie) è una raccolta di mediometraggi curata da Guillermo Del Toro, più volte candidato agli Oscar, con due statuette al suo attivo come produttore e regista del magnifico La forma dell’acqua. Qui il regista si concentra sulla sua sconfinata passione per il genere horror mettendo al centro del progetto un mobile pieno di cassetti da cui vengono fuori vari oggetti che diventano storie. Le sue deliziose introduzioni ad ogni episodio ricordano molto lo stile sornione dell’Hitchcock di Alfred Hitchcock presenta (Alfred Hitchcock Presents), e quello affabulatorio del protagonista di La fiera delle illusioni - Nightmare Alley, il suo ultimo lungometraggio interpretato da Bradley Cooper. La lunghezza degli episodi fa in modo che ogni storia possa respirare a fondo, con esiti a volte efficaci, altre un po’ meno. In quasi tutti i racconti appaiono creature mostruose, tutte tecnicamente ben realizzate e in grado di suscitare spavento e repulsione. Le sceneggiature e le relative messe in scena disegnano stili tutti diversi tra loro, con una larga varietà di effetti finali su chi guarda.


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episodio 1 | Lotto 36 | voto 6,8

Nick è un reduce di guerra con idee antisociali e xenofobe, che ha contratto un grosso debito con la malavita locale. Dedito all’acquisto di depositi all’asta, si imbatte in un antico tavolino al cui interno sono riposti tre volumi satanici. Un antiquario gli comunica di essere pronto ad acquistare il tutto, una volta trovato anche il quarto volume, per 300 mila dollari. Ma le ricerche porteranno a scoprire qualcosa di demoniaco e incontrollabile.

L’idea di mettere al centro della storia un razzista arrabbiato risulta centrata e lascia immaginare un epilogo drammatico e quanto più mostruoso possibile. L’approfondimento circa i tomi cari ai devoti del Diavolo ammanta la storia di un alone di grande mistero, un mistero da risolvere con la giusta dose di curiosità e arguzia. Peccato per il finale che se da un lato è più che corretto, dall’altro non porta a compimento le promesse iniziali restando un po’ in superficie.

Avido, spiritico, vendicativo.


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episodio 2 | I ratti del cimitero | voto 6,5

Il custode del cimitero Masson ha l’abitudine di profanare le tombe per appropriarsi dei beni lasciati sul corpo dei defunti per rimettere a posto la sua disastrosa situazione finanziaria. Ma le sue azioni vengono spesso intralciate dalla presenza di ratti che vivono nel sottosuolo, che oltre a infestare i suoi incubi gli impediscono di portare a segno i suoi colpi. Quando viene a sapere di un ricco aristocratico che sta per essere seppellito con una sciabola di enorme valore, inizia una lotta che lo porterà a sfidare le sue paure più profonde e terribili.

Una versione miserabile e mostruosa di Indiana Jones, che si srotola attraverso cunicoli reali e mentali. Un viaggio disturbante che si muove nelle pulsioni e nelle paure del protagonista alla ricerca di un tesoro nascosto per ottenere il quale deve sconfiggere qualcosa di più forte di lui. Le buone premesse che hanno un tono irriverente e macabro non si concretizzano come avrebbero potuto, lasciando un po’ di amaro in bocca.

Claustrofobico, sporco, sotterraneo.


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episodio 3 | L'autopsia | voto 7/8

In seguito a un’esplosione dolosa che ha condotto alla morte diversi minatori, lo sceriffo della città chiede al suo amico, il dottor Winters, di dissezionarne i corpi in cerca della verità. Le cose si complicano quando dopo i primi cadaveri, si concentra su quello del responsabile dell’esplosione che nasconde al suo interno qualcosa di inaspettato e potente.

La struttura narrativa è quella classica del noir che sfocia ovviamente nell’orrore. F. Murray Abraham non mostra affatto i segni del tempo, mettendo in campo un carisma che guida chi guarda con equilibrio e attrattiva. Diversi approfondimenti specifici appesantiscono la narrazione che ne risente nella sua buona costruzione di base, bloccando in parte un ritmo che avrebbe donato all’episodio una buona dose di efficacia mista a fascino e imperturbabilità.

Costretto, invadente, coraggioso.


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episodio 4 | L'apparenza | voto 7

Stacey è un’impiegata con l’hobby della tassidermia che fa fatica a farsi accettare dalle colleghe impegnate in pettegolezzi vari e pittoreschi. Finalmente invitata a una serata a casa di una di loro, finisce per mettersi in ridicolo ma riceve in regalo una crema di bellezza. I cui effetti su di lei sono però alquanto irritanti. Ma le promesse che vengono dal televisore, assicurandole che continuando il trattamento diverrà bellissima e sicura di sé, la portano a insistere nonostante la preoccupazione del marito. Quando l’ossessione prende il sopravvento, gli esiti saranno sempre più sconvolgenti e anche sovrannaturali.

Sia le inquadrature che il tema musicale possiedono qualcosa del miglior Tim Burton. Con queste premesse il racconto procede in maniera straniante con rilanci continui in direzione opposta al buon senso. Un meccanismo che crea nello spettatore il doppio fastidio legato anche alla condizione di una donna che vorrebbe migliorarsi non per stare bene con sé stessa ma per farsi accettare da esseri volgari, finti e squallidi. Un buon finale chiude un episodio che nonostante qualche incertezza viene condotto dignitosamente.

Grottesco, urticante, conformista.


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episodio 5 | Il modello di Pickman | voto 6,7

1909, Arkam, Massachusetts. Will Thurber, uno studente modello di una scuola d’arte resta affascinato e incuriosito dai lavori di un nuovo collega con cui stringe amicizia, Richard Pickman, che predica la verità in ciò che appare brutto. Ma i dipinti di Richard turbano Will che ne resta ipnotizzato e causandogli orribili incubi. Anni dopo, Will ha una moglie e un figlio quando Richard torna nella sua vita e porta anche il piccolo James a turbamenti e insonnia. Nonostante gli sforzi di Will per allontanarlo e bloccarne una mostra, i temi contenuti nei quadri di Richard sconfinano nella realtà con conseguenze inquietanti.

Tratto da Lovecraft, l’episodio ha come protagonisti il Ben Barnes del Dorian Gray del 2009 e del Tenebre e Ossa dello scorso anno, accanto al Crispin Glover che interpretava il padre di Marty Mc Fly in Ritorno al Futuro. Quest’ultimo appare in grande spolvero e fa da guastatore e seduttore in una storia che tra sindrome di Stendhal e inquietudine generale approda alla follia assoluta e all’oscurità più profonda. In maniera però non del tutto efficace perché concentrata più sul finale che durante il resto dello svolgimento.

Abbacinante, istintivo, suggestivo.


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episodio 6 | I sogni nella casa stregata | voto 6,3

Walter Gilman ha perso la sua gemella Epperley quando era un ragazzino assistendo al passaggio dello spirito della piccola verso la Foresta delle Anime Perdute. Diventato adulto si impegna nel costante tentativo di ritrovarla, purtroppo senza risultati. Fino a quando grazie a una sostanza stupefacente riesce a arrivare nel luogo in cui si trova Epperley ma i suoi intenti vengono vanificati da Keziah Mason, una strega giustiziata tanto tempo prima.

Il ruolo principale dell’episodio è affidato a Rupert Grint, che passa dalla magia di Harry Potter a quella più tetra e nera di H. P. Lovecraft. L’inizio sulle note della Suite per orchestra jazz n. 2 di Shostakovich (resa celebre da Kubrick in Eyes Wide Shut) ha un che di solenne e anticipa qualcosa che però non arriva mai. Il tono del brano risalta a dismisura in una storia che ha come base di partenza gli echi del mito di Orfeo ed Euridice ma senza sfruttarne le fascinazioni e le miserie derivanti dalle umane debolezze.

Sovrannaturale, simbolico, favolistico.


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episodio 7 | La visita | voto 7,2

1979. Lionel Lassiter invita nella sua sontuosa villa un noto scrittore, un musicista, una fisica che studia la vita extraterrestre e un medium. Gli ospiti non hanno idea del motivo per cui si trovino lì ma il loro ospite spiega loro che ognuno ha uno scopo preciso. Dopo averli sedotti con le loro bevande preferite e avergli fatto assumere una droga particolare, li conduce in una stanza in cui faranno una scoperta incredibile, eccitante ed enigmatica.

Con una fotografia in perfetto stile anni 70, così come quello dell’architettura del salone che visto dall’alto appare come l’occhio rosso di HAL in 2001: odissea nello spazio, l’episodio vede come mattatore Peter Weller (protagonista di Robocop) che sembra la reincarnazione del Bill di Keith Carradine in Kill Bill. Istrionico e grandguignolesco costringe chiunque coi suoi modi melliflui e persuasivi a seguirlo in ogni possibile elucubrazione, aiutato da una magnifica Sofia Boutella. Anche il resto del cast è più che efficace nel tentare di resistere, chi più, chi meno, alle proposte di quello che si mostra quasi come un mecenate ma nasconde qualcosa di più grande di tutti loro. Non sarebbe stato male se la chiusura avesse avuto uno spessore maggiore, visto un inizio e uno svolgimento decisamente positivi.

Ammaliante, allucinante, distruttivo.


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episodio 8 | Il brusio | voto 7,8

Una coppia di ornitologi, marito e moglie, si reca in una baia a studiare e documentare il comportamento del piovanello. Ma la villa in cui vengono ospitati di notte genera strani rumori al suo interno. Fino a quando non iniziano strane visioni che portano a galla un evento drammatico che ha coinvolto la coppia che si incrocia col destino di chi occupava la casa anni prima.

L’ultimo episodio inizia con armonia anche se vi s’intuisce un dramma vissuto non senza conseguenze dai due protagonisti. Una storia intima e delicata che sfocia nell’orrore solo come pretesto per raccontare qualcosa di irrisolto, che in un modo o nell’altro deve giungere da qualche parte, in modo terribile o pacificatore. Passando comunque per il tormento di una comunicazione che arriva solo quando i due si confrontano professionalmente, mentre il loro sentimento rischia di essere fagocitato dal passato.

Inquietante, doloroso, significativo


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L’idea alla base, quella di stili diversi al servizio dello stesso genere, è decisamente azzeccata. La scelta dei registi altrettanto, ma il coraggio nell’osare qualcosa di più netto e affascinante viene fuori solo a tratti e mai per l’intera durata degli episodi. Un peccato per il potenziale di un prodotto simile, ben confezionato, pensato e costruito. Cui comunque dovrebbe far seguito una seconda stagione che ci auguriamo riesca ad essere più intima nel raccontare i personaggi e più sferzante e originale nel farli muovere all’interno delle singole storie.


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VALUTAZIONI

prima della visione
Aspettativa 7,5 Potenziale 8,5

dopo la visione
Intrattenimento 7 Senso 6 Qualità 7,5
Giudizio Complessivo 6,8

soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO

Cabinet of Curiosities | stagione 1 (Guillermo del Toro's Cabinet of Curiosities)
horror | USA | 25 - 28 ott 2022 | 8 ep / 37 - 63 min | Netflix

ideatore Guillermo del Toro regia Guillermo Navarro, Vincenzo Natali, David Prior, Ana Lily Amirpour, Keith Thomas, Catherine Hardwicke, Panos Cosmatos, Jennifer Kent

critica IMDb stagione 7,2 /10 singoli episodi 6,6 /10 | Rotten Tomatoes critica 7,8 /10 utenti 3,8 /5 | Metacritic critica 73 /100 utenti 6,6 /10

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Commenti (1)

Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - Info
  • AlbertoPN

    18 Novembre 2022, 14:16

    Questa volta sono completamente d'accordo con l'analisi e la recensione, mi sono rivisto nei giudizi dei singoli episodi.
    Alla fine è un buon prodotto, ed anche gli episodi più leggeri sono comunque di buona fattura.
    Per chi ha qualche anno alle spalle come il sottoscritto, mi è sembrata una riedizione in chiave moderna dei Racconti della Cripta o dello show dello Zio Tibia che andava in onda in seconda serata d'estate su Italia1 se non ricordo male.

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