Squid Game | stagione 1 | la recensione
Il nuovo death game di Netflix che sta scalando la Top 10 della piattaforma, va oltre l'ottima Alice in Borderland, grazie a una sceneggiatura cruda e spietata ma anche dai risvolti umani profondi, oltre a una cura stilistica rara, specialmente per un prodotto a carattere ludico qual è
Gi-hun è un uomo dipendente dal gioco d’azzardo i cui guai finanziari hanno messo in ginocchio la sua vita. Sostenuto dalla madre, continua a sperare nella sua buona stella al fine di riscattarsi economicamente, sia per pagare gli strozzini che ha alle calcagna, sia per recuperare dignità agli occhi di sua figlia che vive con la madre e il suo nuovo compagno. In una stazione ferroviaria, Gi-hun incontra un uomo che gli propone di fare un gioco per il quale a ogni sua vittoria otterrà del denaro mentre per ogni sconfitta riceverà uno schiaffo. Al termine del gioco l’uomo gli porge un biglietto da visita con un numero da contattare in caso voglia partecipare a un gioco con premi molto più alti. Gi-hun accetta e viene portato privo di sensi in un luogo segreto con altre 455 persone. Al risveglio tutti hanno addosso un’uniforme numerata, controllati da uomini in tuta fucsia e maschera sul volto, e vengono condotti in un’area in cui ha luogo il primo dei giochi: Un, due, tre stella!
Quando si accorgono che le eliminazioni dei giocatori sconfitti corrispondono alla morte è ormai troppo tardi. Gi-hun riesce miracolosamente a superare la prova ma data la posta in gioco troppo alta, propone di seguire la terza clausola del contratto di gioco che prevede che se la maggioranza dei giocatori è d’accordo i giochi possono essere interrotti. Ma prima di votare viene mostrato a tutti un enorme salvadanaio con quello che sarà il premio in caso di superamento delle sei prove previste: 45 miliardi e 600 milioni di won (circa 33 milioni di euro). Il gruppo si spacca a metà, fin quando l’ultimo anziano giocatore, il numero 001, decide per l’interruzione e tutti vengono riportati a casa con l’invito a tornare in caso di ripensamento. Gi-hun va alla polizia per denunciare l’accaduto ma non viene creduto. Date le condizioni della madre che ha bisogno di un intervento che non può permettersi, decide così di riprendere a giocare. Una volta tornato nel luogo segreto, stringe amicizia con alcune persone e assieme a loro proverà ad affrontare le prove mortali come una squadra. Ma l’organizzazione del gioco ha regole crudeli e presto si accorgeranno che niente è prevedibile e per vincere bisognerà arrivare a compiere atti abominevoli.
Dopo l’ottima Alice in Borderland (qui trovate la nostra recensione) uscita sempre su Netflix lo scorso dicembre e già rinnovata per una seconda stagione, arriva questo nuovo death game asiatico (dopo il Giappone tocca alla Corea del Sud) che sorprende da subito per la cura stilistica, anche dei più piccoli dettagli, e la grande potenza evocativa messa in scena da una sceneggiatura sontuosa all’interno di una storia che avrebbe comunque avuto successo se fosse stata semplicemente “ludica”. Con la serie giapponese ha moltissimo in comune, ma qui il racconto è più realistico e se possibile più crudo e spietato. I “giocatori” di Squid Game vengono infatti scelti tra i veri disperati, soprattutto a livello economico e non vengono costretti a partecipare. Ci sono quindi immediatamente due piani di gioco: quello diretto in cui i personaggi devono affrontare delle prove in cui il denaro si contrappone alla vita e quello psicologico per cui una volta lasciati liberi di scegliere saranno costretti a decidere non secondo libertà ma secondo bisogno. Più in avanti nella visione si capirà cosa si cela dietro le quinte in cui è presente anche un terzo piano.
Lo spettatore si trova di fronte a un’opera ben più composita di quanto si evince dalle premesse espresse nel trailer. Quello che viene rivelato come una gara di morte ha al suo interno sfaccettature più profonde, che vengono sviscerate a dovere nel secondo episodio, in cui le vite dei protagonisti vengono raccontate senza alcun filtro, con le medesime modalità di Parasite (sempre sudcoreano, trionfatore agli Oscar 2020) in cui la disperazione e il degrado sono i veri protagonisti invisibili. A rendere il tutto più evidente nel corso della serie, ci sono alcuni elementi pregnanti che grondano di senso. La scelta delle musiche (una su tutte, la delicata e celeberrima Sul bel Danubio blu di Strauss, che tanto riporta alla mente 2001: Odissea nello Spazio) è in netto contrasto col senso del racconto e ne sottolinea il carattere chiaro, deciso e privo di fronzoli. Le scale variopinte che collegano i vari ambienti del luogo in cui vengono tenuti i giocatori, citano espressamente le due opere Concavo e Convesso e Relatività di Escher in cui lo sguardo dello spettatore è ingannato dall’architettura impossibile del genio olandese, quanto i partecipanti al gioco di Squid Game risultano prede confuse. Inoltre, i toni pastello di cui sono colorate accentuano il fatto che i giochi da svolgere sono tutti per bambini, come a rievocare il tempo in cui si era spensierati a fronte di un presente del tutto opposto. Non è un caso neanche la forma di porcellino dell’enorme salvadanaio che sovrasta le teste dei partecipanti, come a ricordare perennemente che senza quel denaro la loro vita è completamente inutile, mentre ottenendolo potranno essere grassi e sazi. Non prima di aver vissuto pericolosamente un’esperienza in cui potrebbero finire (metaforicamente) per essere carne da macello.
Nonostante alcuni passaggi potrebbero apparire prevedibili (e in alcuni casi effettivamente lo sono), non è facile mettere a fuoco a sufficienza per scorgere cosa accadrà di lì a breve. Perché il coinvolgimento è talmente alto che riuscire a razionalizzare nei momenti chiave diviene, non tanto difficile, quanto da porre in secondo piano. Non è importante cosa accade ma come e perché. Un pregio non scontato in un prodotto simile. In cui viene rappresentato un gigantesco snuff movie che solleva non pochi interrogativi sociali ed esistenziali. Cosa sarei disposto a fare pur di sopravvivere? Quanto vale la verità? E quanto costa mentire? Meglio la giustizia o legge della giungla?
Il protagonista principale, Gi-hun, numero 456, si confronta con altri personaggi che hanno motivazioni diverse per costringersi a stare lì dentro. C’è Sang-woo, numero 218, conosciuto nel quartiere di Gi-hun per essere stato uno studente dotato, divenuto un pezzo grosso come broker finanziario, ma che in seguito a investimenti sbagliati è finito in disgrazia all’insaputa della sua stessa famiglia. Il-nam, numero 001, un uomo anziano malato di cancro al cervello che preferisce passare i suoi ultimi giorni a rischiare la vita piuttosto che in un letto. Sae-byeok, numero 067, una giovane disertrice nordcoreana che vuole riscattare la vita del fratellino a cui ha promesso che sarebbe tornata a prenderlo. Ali, numero 199, un ragazzo pakistano privo di due dita che non riceve lo stipendio dal padrone da mesi e ha bisogno di sostenere la moglie e il figlio. E poi ci sono Deok-su (101), un gangster che deve saldare i suoi enormi debiti di gioco, Mi-nyeo (212), una donna esaltata, falsa e manipolatrice che afferma di essere una povera madre single e Byeong-gi (111), un medico che lavora segretamente con un gruppo di guardie corrotte (dedite al traffico degli organi dei partecipanti morti) in cambio di informazioni sui giochi imminenti. Ognuno ha una storia differente, ognuno ha una motivazione, ognuno una diversa soglia del dolore interiore che potrà portare la sua volontà a continuare o meno il gioco.
Qualche piccola incongruenza (come quella che vede un personaggio chiamare la polizia chiedendo di essere localizzato mentre sta usando un iPhone che quindi ha il gps) non intacca minimamente il valore di una serie ad altissimo grado sia di adrenalina che di umanità, che avvicina lo spettatore perfino verso i personaggi più riprovevoli e disturbanti stabilendo rapporti di rispetto e compassione profondi. Oltre a un livello artistico decisamente sopra la media dei prodotti seriali in circolazione. Appena pubblicata, Squid Game non è entrata, come altre serie attese, nella Top 10 di Netflix. Ma dopo alcuni giorni ha scalato la classifica arrivando (al momento in cui scriviamo) al secondo posto italiano, dietro soltanto alla notevole Sex Education, sicuramente grazie a un passaparola che aumenterà ulteriormente il successo di un’opera che merita ampliamente di essere seguita e che speriamo non abbia problemi ad essere confermata per una seconda stagione, visto il finale che conduce verso un interessantissimo seguito.
VALUTAZIONI
dal trailer all’intera serie
Aspettativa 7 Potenziale 8,5
soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO
visione
Intrattenimento 7,5 Senso 8,5 Qualità 9
Giudizio Complessivo 8,5
Squid Game | stagione 1 (Ojing-eo Geim)
drammatico, thriller | Corea del Sud | 17 set 2021 | 9 ep / 54 min | Netflix
scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk
personaggi interpreti
Seong Gi-hun (n. 456) Lee Jung-jae
Cho Sang-woo (n. 218) Park Hae-soo
Oh Il-nam (n. 001) Oh Yeong-su
Kang Sae-byeok (n. 067) HoYeon Jung
Abdul Ali (n. 199) Anupam Tripathi
Jang Deok-su (n. 101) Heo Sung-tae
Han Mi-nyeo (n. 212) Kim Joo-ryoung
Byeong-gi (n. 111) Yoo Sung-joo
Ji-yeong (n. 240) Lee Yoo-mi
critica IMDB 8,3 /10 | Rotten Tomatoes critica 8,5 /10 utenti 4,5 /5 | Metacritic nd
camera Red Ranger Monstro, Zeiss Master Prime and Angenieux Optimo Ultra Lenses
aspect ratio 1,78 : 1
Similar Post You May Like
-
Kate | la recensione
Il film Netflix con Mary Elizabeth Winstead e Woody Harrelson racconta di una killer professionista... »
-
Clickbait | la recensione della miniserie
La serie Netflix che racconta di un uomo che appare in un video che lo porterà alla morte se... »
-
La casa di carta | Parte 5.1 | la recensione
Parte 5 Volume 1 | Giunta quasi alla fine, la serie spagnola più vista di sempre non perde... »
-
Cruel Summer | stagione 1 | la recensione
La storia della bella Kate che torna da un rapimento e la nerd Jeanette accusata di complicità... »
-
Sky Rojo | stagione 2 | la recensione
Dopo un folgorante esordio, la serie spagnola ideata dal creatore di La Casa di Carta, non... »
-
I Luminari | la recensione della miniserie
La serie con Eva Green ambientata nella Nuova Zelanda della corsa all'oro è un western che... »
Commenti (5)
-
Visto di un fiato nell’uggioso WE , giudizio not bad… La storia è abbastanza intrigante tutta incentrata sul denaro: chi non ce l’ha non riesce più a vivere soprattutto nelle grandi metropoli capitaliste chi ne ha troppo si annoia e deve trovare un qualcosa di diverso. Da questo presupposto parte la storia che mostra quando sono disposti a fare alcuni individui per guadagnare denaro ed altri per non annoiarsi. Vengono evidenziati oltre a questo anche alcuni aspetti come la solidarietà e l’amicizia e la voglia di riscatto sociale. Colorimetria ottima e buon HDR accompagnano la visione di questa serie coreana ben realizzata imho
-
Ho avuto modo di vedere i primi due episodi ieri e mi è abbastanza piaciuto. Mi ha ricordato una serie tv brasiliana intitolata 3% in cui c’erano dei giovani sottoposti al “processo” in cui dovevano superare delle prove per poter accedere al mondo offshore e riuscire a lasciare la favela.
In Squid Game, si comprendono molto bene le ragioni di chi ci partecipa, molto meno chiaro è il movente degli organizzatori, probabilmente è una sorta di grande fratello per un pubblico pagante di cui non si sa fin’ora nulla. -
Scusate ma la recensione presuppone che il lettore abbia già visto la serie?
Perchè è piena zeppa di spoiler soprattutto dell'inizio della serie.
Forse bisognerebbe avvertire dove si può iniziare a leggere se ancora non si è visto. -
Avete notato il mega polverone che questa serie ha alzato in Italia? C’è chi sta dando consigli agli educatori su cosa dire ai bambini per prevenire eventuali emulazioni e casi di violenza.. davvero una barzelletta.. Considerato che la serie è VM14. Semmai bisognerebbe fare il **** a strisce ai genitori che posteggiano i bambini davanti alla tele, senza benchè minimo controllo parentale sul tv.. non è gran che differente dal lasciare i propri figli a vedere porno VM18, ma proprio non ci arrivano a capirlo?
-
La ricetta è semplice: una forte carica sentimentale (=le tristi storie dei partecipanti al gioco mortale) ed una moderata denuncia sociale (=la condizione di emarginazione in cui ci si può venire a trovare in una società apparentemente opulenta ma senza qualcosa che somigli al welfare europeo né tanto meno di analoghe forme di protezione dei lavoratori.
Se ci pensate in termini di tematiche (non certo in termini di forma espressiva, storia narrata ecc) l' universo del povero disoccupato abbrutito dalla miseria disposto a rischiare la vita pur di riuscire a tornare a far parte della vita della tenera figliola somiglia vagamente all' universo narrativo creato da De Sica in Ladri di biciclette o Umberto D.
Del resto (citazione del Disneyano Ratatuille) il cuoco più bravo è quello che riesce a tupire pubblico e critica con la ricetta più semplice.