1917
Candidato a 10 premi Oscar, arriva nelle sale italiane il nuovo film di Sam Mendes, ambientato nella Francia settentrionale durante la Prima Guerra Mondiale. Un film girato come unico piano sequenza, per un'esperienza visiva da non perdere
Oltre il piano sequenza
L’idea di 1917 è nata dai racconti del nonno del regista, il caporale Alfred H. Mendes a cui è dedicato il film, che ha vissuto in prima persona le battaglie della Prima Guerra Mondiale. Arruolato nell’Esercito Britannico a 19 anni, per via della sua statura (solo 1 metro e 60) era stato scelto come messaggero del Fronte Occidentale. Le sue esperienze dirette e quelle raccontate dai suoi incontri sul fronte, sono state raccolte nelle sue memorie, scritte quando tornò a Trinidad, ferito e contaminato da gas letale ed insignito della medaglia al merito per il coraggio dimostrato.
Sam Mendes ha raccolto questi avvenimenti e ha ideato uno script – nella sua carriera è la prima volta che viene accreditato ufficialmente come sceneggiatore – aggiungendo testimonianze, personaggi e fatti anche con ricerche personali, soprattutto presso l’Imperial War Museum di Londra.
Se regia e fotografia sono completamente consacrate all’idea dell’unico piano sequenza e del respirare con i due protagonisti, dall’altra parte è la sceneggiatura a essere prosciugata. Letteralmente.
Il film racconta la storia di due soldati (protagonisti) che nel 1917 attraverso la Terra di Nessuno (contesto) cercano di raggiungere il punto B partendo dal punto A (missione). Come script c’è questo e poco altro.
Disseminati lungo il percorso, piccole parentesi – pause, non deviazioni – che spezzano la monotonia del ‘montaggio’ e cercano di dare cadenza e sequenzialità. Sono però la parte più debole dell’intero progetto, non all’altezza del resto, con personaggi secondari mai approfonditi e sottotrame quasi inesistenti e tratteggiate spesso in pochi dialoghi.
Il giudizio di 1917 dipende secondo me dal peso che si vuol dare a questo aspetto: tralasciarlo, facendo predominare l’incredibile scelta tecnica, l’ottimo apporto visivo e le scenografie ricostruite per chilometri senza l’ausilio di effetti speciali, vuol dire accreditare la pellicola di un voto molto, molto alto; viceversa, 1917 diventa un film pretenzioso, arrogante e furbo, che dietro la scelta del piano sequenza cela una scaltra trovata commerciale.
Il cast attori, e il suo utilizzo, non facilitano la scelta. I due protagonisti, Dean-Charles Chapman (il Re Tommen Baratheon de Il Trono di spade) e George MacKay (Captain Fantastic), sono semisconosciuti ai più.
Questo è un bene perché arrivano diretti allo spettatore, senza bisogno di alienarsi dal viso conosciuto, prendendo immediatamente le sembianze dei due giovani caporali. A deludere sono i nomi di peso inclusi nel progetto, per parti piccole, insignificanti, tranquillamente tratteggiabili con un abile script senza il bisogno di scomodare nome illustri dai quali – questo sì che è un problema – non fai in tempo a togliere l’ultima maschera indossata in un film precedente che il personaggio è già sparito.
Da questo punto di vista possono passare Colin Firth, tra l’altro abbastanza irriconoscibile nei panni del generale Erinmore che affida la missione ai due soldati, e Andrew Scott in quelli del tenente Leslie, mentre è assolutamente inutile l’utilizzo di Benedict Cumberbatch.
Ultimo tassello, non avendo riprese aeree con le quali giocare con gli inserti di VFX, per alcune scene la produzione ha utilizzato ben 500 comparse, selezionate su un gruppo di 1500 persone, per creare soldati di background.