Supertest: B&W 606 vs. B&W 606 S2
B&W 606 contro B&W 606 S2: un test serrato con misure e ascolti dei due diffusori per una prova comparativa senza precedenti, giusto per rispondere alla domanda: “Ma vale effettivamente la pena passare dalla 606 alla 606 S2?”
L'ascolto di Marco Cicogna
La lunga storia di B&W ha esibito percorsi sonori ben riconoscibili. Progressivamente abbiamo documentato una versatilità sempre maggiore, conseguenza della maggiore efficienza e gestibilità da parte delle elettroniche. Accanto a questo gli appassionati di più vecchia data hanno colto l'evoluzione nel senso di una superiore trasparenza nella gamma media e alta del diffusore, trasparenza che ha anche indicato una maggiore luminosità (o “presenza” se preferite) del registro acuto. Qualcuno resta innamorato delle vecchie serie, ma la maggior parte degli appassionati trova il suono dei modelli recenti più “moderno”, nel senso di agile e brillante nel seguire l’andamento vitale della musica. Che ci siano pareri discordanti non deve stupire. Il fatto è che in ambito audio le cose non sono semplici come, ad esempio, nel mondo delle immagini, dove poche misure ben fatte decidono il giudizio sulle prestazione. Nella riproduzione dei suoni entrano in gioco elementi fortemente soggettivi che (per quanto rispettabili) non sempre hanno riscontro in una musicalità effettiva, nel senso di reale. Tuttavia per chi considera essenziale anche nella ricostruzione sonora domestica il rifarsi in modo attendibile alla concreta musicalità degli strumenti, le B&W continuano a rappresentare un riferimento importante. Lo abbiamo visto ad esempio nella recente prova della nuova versione “Signature” di modelli di “medio raggio” come la 702 e la 705. Suonano davvero bene e nel rispettivo prezzo offrono prestazioni davvero significative.
Visti i lusinghieri risultati delle verifiche di laboratorio non ci facciamo mancare le valutazioni sul campo. Si tratta di ascoltare con programmi musicali diversificati, le cui risultanze tendono a coincidere con quanto evidenziato dalle misure. Questo è particolarmente vero con i sistemi di altoparlanti, nei quali non si può barare. Attenzione a quei commentatori che utilizzano sempre una o poche incisioni, magari datate, come riferimento. Si rischia di adattare il suono del proprio impianto alle caratteristiche sonore di poche registrazioni; il dramma di quegli audiofili che non hanno idea del suono reale della musica. In effetti ho avuto modo di notare come per i prodotti Bowers & Wilkins aspetti come come la risposta lato basse frequenze e la capacità di emettere alti livelli sonori senza distorsione, consentono di affrontare ogni genere di materiale sonoro anche in ambienti impegnativi. Non meno importante una risposta in frequenza efficace e realistica. Che non vuol dire semplicemente lineare, semmai potrei dire, adatta ad una riproduzione musicale che sappia essere allo stesso tempo attendibile ma anche gradevole, corretta ma anche piacevole. Mi direte che entro i confini delle corrette prestazioni elettroacustiche esiste un ampio terreno di manovra all'interno del quale il progettista si può sbizzarrire nel configurare una “impronta sonora” di proprio gradimento. Vero, ma sino ad un certo punto. Il limite è quello della corrispondenza con una concretezza sonora effettiva, un minimo di aderenza alla realtà musicale che esiste a prescindere dalle suggestive alchimie dell'alta fedeltà.
Questa premessa, scontata forse per i più, è utile quando ci troviamo a parlare del suono B&W. Come ricordavamo qualche mese fa il sistema '801' per anni è stato utilizzato nella produzione di musica incisa, lasciando il segno su gran parte della produzione discografica. Non sorprendetevi allora se un buon disco di pianoforte, di orchestra e di opera esibisca un suono “naturale” proprio con questi diffusori. Rispetto alla serie “700” incontrata di recente siamo ovviamente su altro ambito, ma la linea '600' non nasconde una buona vocazione musicale ed una predisposizione anche per un valido impiego in ambito Home-Theater. Lavorazione essenziale, ma la qualità si mette in luce nei parametri che sono importanti in termini di ascolto, driver e realizzazione meccanica del sistema driver-cabinet. Non è un segreto che questo marchio mi abbia accompagnato in tanti anni di ascolti. L'ho incontrato anche nelle sale di regia durante le sessioni di registrazione a Londra (Abbey Road) o a Milano (Filarmonica della Scala). Lo ricorda bene anche Emidio Frattaroli, quando seguimmo la realizzazione di un disco di Overtures italiane con la nostra Orchestra di Santa Cecilia a Roma. Di questa tradizione molto resta nell'impostazione sonora attuale della casa e ricade anche sui modelli più economici, ascoltabili con piacere anche con il repertorio più impegnativo. Nella mia sala da musica ho inserito le piccole 606 in una catena dotata di sorgente Oppo 205, giradischi EAT C-Sharp con testina Ortofon Quintet Black e pre Phono EAT a tubi. Come preamplificatore c'è l'AM Audio PX-6 Reference con alimentazione separata, il finale è il possente AM Audio MT-6, ovviamente in configurazione puramente stereofonica. Maggiori informazioni sulla coppia AM Audio sono in questo articolo.
Interessante la tenuta in potenza. Si apprezza subito che questi economici diffusori sanno come tenere testa al mio finale che a volte, con la giusta musica, sa essere persino brutale. Non sono neppure poco sensibili, ottienendo facilmente un suono capace di farsi sentire, per nulla minimalista. La verifica immediata va al pianoforte, lo strumento universale per eccellenza, protagonista nel jazz come nel repertorio colto. Discografia vastissima dalle quale mi piace attingere da un lato ai tradizionali riferimenti che utilizzo nelle mostre audio, dall'altro alle più nuove e performanti incisioni in PCM 24/96 e poi ancora in DSD nativo. Se vi interessa mi piacerà raccontare sulle pagine di AV Magazine delle migliori incisioni pianistiche con le quali far godere il vostro impianto. Intanto ho trovato un timbro sano, un'impostazione solida del basso, fraseggio ben articolato in gamma media, puntuale e anche incisivo in quella alta con un senso di puntigliosità che si coglie nelle registrazioni qualità CD. Decisamente più accomodante il timbro con le più elevate risoluzioni. Ecco allora che i miei pezzi da battaglia dal catalogo Eudora e Channel Classics (dalla mitica piattaforma di Native DSD) propongono un pianoforte dotato di un respiro autorevole che tutti dovreste ascoltare. Sapete meglio di me che l'immagine virtuale riprodotta dall'impianto deve molto a quanto presente nella “fotografia” discografica, con differenze sostanziali tra le diverse registrazioni. Il pianoforte si colloca solido tra i diffusori, peraltro ben distanziati, con una presenza centrale rilevante e contorni ampi. Il senso di ambienza è ricostruito con una cura ammirevole per un prodotto di questa gamma, ma più ancora voglio mettere in evidenza la capacità di offrire il giusto risalto alle sfumature espressive dell'interprete nelle parti più intime di Chopin o Debussy, autori per i quali l'essenza raffinata dei momenti più delicati è al centro del linguaggio musicale.
Chi vorrà sperimentare le possenti ottave percussive del Baba Yaga nei celebri “Quadri” di Mussorgsky, non resterà deluso; almeno sino a livelli ragionevoli di volume il coinvolgimento è assicurato, senza sbavature evidenti e fatica d'ascolto sempre lontana. Diamo un po' di brio al nostro gioco musicale ascoltando il recente album 'John Williams in Vienna', che offre (ne abbiamo parlato qui) il facile gusto musicale delle celebri colonne sonore affidate alo smalto della Filarmonica di Vienna. Siccome mi piace giocare, ho giocato sino in fondo gustando sia il Blu-ray Disc, che il file PCM in 24/96 senza mancare il (più che discreto) vinile. Quale che sia la sorgente (e non starò qui a dire quale sia la più convincente), il timbro degli archi viennesi viene reso con gusto ed una non inopportuna rotondità che fa da contraltare alla incisività della sezione ottoni, piuttosto in avanti in alcuni episodi ma quasi sempre sotto controllo. Per chi preferisce Beethoven a John Williams (e spero che siate molti) va detto ancora una volta che B&W si dimostra all'altezza dei grandi classici. Pochi sistemi di altoparlanti dal costo pari o inferiore ai mille Euro possono permettersi di esibirsi con i grandi classici senza darmi l'orticaria. Da Vienna a Berlino, da Lipsia a Monaco, le buone orchestre vengono gestite con uno smalto sincero, un medio-basso che offre la giusta corposità a violoncelli e contrabbassi ed una gamma centrale che non compromette la virilità delle fondamentali degli strumenti. In altri termini: colore sano, ma presentazione decisa.
Il gioco (continuiamo a divertirci con la musica) è ancora più facile con il jazz dei piccoli gruppi strumentali. Persino l'inossidabile 'Take Five' con la sua dinamica da vinile ed inevitabile colorazione (che però tanto piace), suona come deve suonare, con un sofisticato quanto celebre assolo di batteria che diventa protagonista. Ben altre sferzate dinamiche propone l'amplificazione italiana utilizzando un conciso florilegio di incisioni Telarc di cui abbiamo parlato proprio su AV Magazine come 'Disco del Mese'. Ebbene correte ad ascoltare 'My America', di Monty Alexander, lo trovate anche in SACD, una fusion che unisce tratti acustici ed elettrici in un (sano?) equilibrio ma anche con modulazioni di basso-batteria che mettono la gamma bassa a dura prova. Il volume si alza senza imbarazzi, l'effetto è interessante nel proporre il gruppo strumentale in un palcoscenico virtuale ampio e bene articolato nelle tre dimensioni. Gamma centrale ancora una volta e (per quanto possibile in questo repertorio) naturale. Grazie al DSD ho riscoperto il sound della mitica label DMP, che con Manfredo Fest propone sonorità latino-americane con strumenti acustici ed elettronici. Notevole il rilievo strumentale, il suono dal timbro caldo non manca tuttavia di evidenziare la notevole dinamica e il senso del ritmo. Il jazz per piccoli gruppi ha sapore e consistenza, con qualche personalizzazione ad alto volume che distingue questa raffigurazione dalla maggior parte dei diffusori esangui per audiofili dal polso debole.
B&W si conferma dunque come un approdo sicuro anche in questo modello 606, che giunto alla sua rinnovata versione, conferma il valore assoluto della linea budget della casa.