Sintonie 2019: terza parte

Fabio Angeloni 21 Novembre 2019 Audio

Sintonie High End e Audio Video Show s'incontrano a Rimini per mettere l'ipoteca sulla più importante manifestazione audio e video in Italia: dopo le prime due parti, concludiamo il viaggio tra le sale audio più interessanti e proponendo le nostre conclusioni

VDM Sound Group: Audys, Master Sound, Merging e Stenheim


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Igor Fiorini è un personaggio molto noto nell'ambiente non solo per via della sua formazione musicale (ha un diploma di conservatorio in flauto e composizione), ma anche perché dirige la VDMusic School e per le apprezzate produzioni della sua casa discografica indipendente VDM Records, alcune delle quali sono entrate nella short list per la LIX edizione dei Grammy Awards, Schonberg Cajkovkij del Sestetto Stradivari dell'Accademia di Santa Cecilia e Sideways del gruppo Sonic Rade. Igor veste qui la casacca del distributore di VDM Sound Group, che tra i vari marchi cura anche, per l'appunto, Audys, Merging e Stenheim.


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Nella sala Audys e MastersounD (Italia), Merging e Stenheim (Svizzera) il set - con l'innesto dei Merging - ricalcava quello presente nella scorsa edizione e l'organizzazione elvetica la faceva da padrone: tutto era perfettamente ordinato, non solo esteticamente, e la sala presentava 3 (naturalmente) "ordinate" file di sedie da 5 posti.

Ai lati del set di ascolto campeggiavano 2 pannelli (apparentemente lignei) di Audys per un primo trattamento del suono. Come in altre sale, il trattamento originario della sala era assorbente sulle pareti sinistra, di fondo e posteriore, e riflettente su quella di destra: veniva dunque pienamente rispettato il Sacro Graal dell'asimmetria, anche se sorgeva in me un dubbio amletico dovuto al fatto che il posizionamento del set prevedeva l'emissione sonora frontale dentro ad uno spazio che aveva due lati diversamente trattati e ciò poteva forse comportare lievi differenze in termini di riflessioni.


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Accantono l'idea balzana e inizio ad analizzare l'impianto. Il piatto presente nel set è un Bergmann Magne TT con braccio tangenziale Magne ST, su rack Solidsteel, con cablaggio Kimber Kable PK10-Palladian e distributore di alimentazione Nordost Quantum Qbase QB8. Merging è un marchio svizzero ormai al giro di boa dei trent'anni di attività, prima scelta incontrastata degli studi di registrazione più blasonati per via delle prestazioni tecniche di livello assoluto universalmente riconosciutegli nel campo del processamento del segnale digitale.

Al centro del rack era alloggiato proprio un "Merging Data Trio", macchine immediatamente identificabili dagli appassionati per via del bel logo triangolare con "angolo acuto" nella parte a destra in basso (o con la punta di una piramide adagiata sul fianco, per gli appassionati di simbologia), composto da Merging+Clock (master clock), Merging+Nadac (convertitore digitale/analogico), Merging+Power (alimentazione separata).


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MastersounD è invece un marchio nato dalla esperienza cinquantennale di Cesare Sanavio, che ha inteso mettere a frutto l'esperienza maturata nel campo coinvolgendo i figli Luciano e Lorenzo i quali, compreso il potenziale dei prodotti, hanno affinato la produzione con nuovi alimentatori di uscita progettati e costruiti in house nel nuovo stabilimento situato in provincia di Vicenza, mirando anche ad una più capillare distribuzione dei prodotti. Il premplificatore linea/phono MM a tubi era un MastersounD Spettro (10.990€), "class A dual drive system". I due finali mono erano dei MastersounD PF100 (37.990€): si tratta di single-ended-triode (SET) con Psvane audio tubes 845 da 117 Watt con entrata bilanciata (non true balanced).


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Infine, come sempre (ma non certo ultimi in ordine di importanza, anzi!), esaminiamo gli speaker, che erano degli "Alumine Five" di Stenheim, nella esclusiva finitura "Signature" by JCGaberel con crossover esterno, cablaggio dedicato e tuning speciale e personalizzato: "esemplare n. 1": si tratta di massicci "tre vie" da pavimento (molto solidi, "alluminiosi") con tweeter dal magnete in neodimio da 1", di un midrange al neodimio da 6.5" e di due woofer da 10" caricati in bass reflex, tutti e quattro ospitati in camere separate. Il crossover è stato realizzato con la migliore componentistica audiophile e gli altoparlanti hanno una sensibilità di 94 dB, una tenuta in potenza continua di 200 Watt ad 8 Ohm (con un modulo di impedenza che rasenta i 3 Ohm, quindi attenzione con il tipo di amplificazione da abbinare!), per 100 chilogrammi di peso.


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La fase di ascolto era iniziata con un brano proposto a volume troppo basso, quindi poco avvincente per gli ascoltatori e d'altro canto poco in grado di far esprimere il set al meglio per magnificarne le qualità intrinseche. Veniva quindi aumentato il volume per ascoltare il brano successivo, il bel jazz di Sara Vaughan che esegue "Everithing must change": la voce non appariva caldissima, ma era riprodotta in modo rigorosamente neutro, forse con una punta di chiarezza e nitidezza in più rispetto all'atteso. Appariva chiaro a molti che l'impianto dava il meglio di sé proprio sui toni medi.


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Nel frattempo notavo con piacere che, in presenza di una ulteriore elettronica nel rack, venivamo aiutati a comprendere cosa stava suonando grazie ad un civilissimo cartello riportante la dicitura "in ascolto". Per l'inizio del brano successivo, resisi conto che il set avrebbe potuto esprimersi meglio, il mediatore tecnologico veniva avvicendato con un altro che diminuiva il volume, avendo notato qualche asprezza di troppo e forse temendo danni agli speaker, riportandolo però purtroppo "nell'area della semioscurità". La scena rimaneva comunque ampia e dimensionalmente diffusa. In definitiva si trattava sicuramente di un buon set, che giurerei di aver sentito però all'High End di Monaco configurato e/o presentato in modo più convincente.

 

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