Omicidio a Easttown | la recensione

Fabrizio Guerrieri 09 Luglio 2021 Cinema, Movie e Serie TV

Miniserie | Un’altra pregevole interpretazione di Kate Winslet viene affiancata da una sceneggiatura che riesce a toccare, anche se già visti, temi complessi come la ricerca della verità, il perdono e l’uso delle armi che negli Stati Uniti viene ancora visto come un diritto inalienabile piuttosto che come un’anacronistica legge da film western


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Nella cittadina di Easttown in Pennsylvania la detective della polizia locale Marianne Sheehan, chiamata da tutti Mare, è alle prese con piccoli casi quotidiani di importanza marginale mentre cerca, malamente, di curare la sua complicata vita privata. Ritenuta una piccola eroina per aver segnato il canestro decisivo in una partita di tanti anni prima, pesa su di lei il caso ancora irrisolto di una ragazza scomparsa da un anno la cui madre, sua ex compagna di liceo, è impegnata attivamente a sollevare l’attenzione pubblica andando più volte in televisione per riaccendere le luci sulla faccenda. La cosa ha come conseguenza che Mare venga affiancata nelle indagini da un collega di un’altra città che ha risolto un caso quasi impossibile. Ma quando la detective sembra poter gestire tutto da sola contro il volere del proprio capo, arriva la notizia di una ragazza trovata morta tra le pietre di un torrente.


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Era dal successo del 2011 di Mildred Pierce che Kate Winslet non prendeva parte a uno show televisivo. Per quella serie ottenne l’Emmy – assieme al collega Guy Pearce, presente anche qui – per un’interpretazione drammatica notevole. In Omicidio a Easttown (in originale Mare of Easttown) l’attrice si trova a misurarsi anche col genere thriller, misto ancora una volta al carattere intimista, di cui è sempre stata una potente interprete, intorno al quale ruota la storia. Che si dipana in una comunità in cui ognuno sembra nascondere qualcosa, una piccola comunità della provincia americana in cui Mare conosce tutti, quando non è addirittura imparentata con le persone su cui è costretta ad indagare.


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Impulsiva, arrogante, ostinata, sbagliata, ma spesso efficace nel suo lavoro, Mare è preda di un passato con cui è difficile confrontarsi, persino di fronte al marito, per questo diventato ex, e sua figlia che anche se ha un profondo rispetto per la madre porta con sé sofferenze inevitabili e terribili. Anche lo spettatore più tollerante fa fatica a non disprezzare la protagonista in alcuni passaggi. Perché pur di raggiungere lo scopo utilizza metodi rozzi, poco convenzionali, a volte addirittura sporchi. D’altronde i sospettati si mostrano tutt’altro che puliti e nei tanti contrasti sollevati durante gli episodi, i più spietati e pericolosi sembrano essere i più giovani e non si distingue se il loro comportamento derivi dai muri che hanno eretto a propria difesa in un mondo complesso oppure se la loro natura va nella direzione conformista dell’egoismo più cieco portato a un eccesso che porterà a epiloghi tragici.


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Oltre all’ennesima interpretazione magistrale della Winslet che guida tutti gli altri interpreti a raccontare la storia nella maniera più efficace possibile, la forza della serie sta in una sceneggiatura che riesce a scorrere fluidamente nonostante il continuo alternarsi di leggerezza e pesi massimi, tra il pubblico e il privato che la protagonista dovrebbe tenere separati ma per ovvie ragioni si mescolano creando corto circuiti profondi. Per complicare ulteriormente le cose, gli scrittori affrontano una serie di temi scomodi, particolarmente per la società a stelle e strisce, specialmente dei piccoli centri cittadini. E lo fanno in modo talmente sapiente da non portare mai lentezza, noia o inutilità nonostante un plot già visto in decine di altri prodotti.


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Al centro si pone chiaramente la ricerca della verità, contro tutto e tutti, senza sconti a nessuno, neanche a chi sta cercando di portarla a galla. Quasi tutti i personaggi vengono posti di fronte a uno o più bivi, scegliendo se affidarsi al destino e al caso, lasciando che le cose vadano come devono, oppure se mettere in campo tutta la propria volontà con fermezza (la maggior parte di loro), esercitando il libero arbitrio. Il problema è solo la direzione che prenderanno le loro decisioni, se li porteranno a fare le giuste scelte nonostante azioni discutibili oppure se si riveleranno sbagliate nonostante le buone intenzioni di cui sono proverbialmente lastricate le vie per l’inferno. Il modo in cui si intersecano le vite degli abitanti di Easttown è inestricabile, tutto appare come una ragnatela in cui chiunque è in qualche modo utile per mantenere l’equilibrio, perfino chi ha rapito o ucciso delle giovanissime ragazze, alcune delle quali già madri, è paradossalmente importante perché tutto abbia un senso.


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Perché l’altro tema centrale è quello del perdono. Non c’è nessuno libero da responsabilità, nessuno che non abbia fatto soffrire qualcun altro, tutti a loro modo sono colpevoli di qualcosa ma solo alcuni si impegnano affinché si trovino dei sentieri per rimettere le cose al loro posto. L’accettazione dell’imperfezione altrui mette di fronte allo specchio sé stessi, facendo in modo che solo dopo aver imparato a comprendere i propri limiti si riesca a perdonare gli altri. E le scelte che vengono compiute per raggiungere lo scopo sono dolorose ma lasciano infine il cuor leggero, finalmente liberato dall’insostenibile senso di colpa.


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Ultimo in questo elenco, non in ordine di importanza, è l’annoso e pressoché irrisolvibile controllo delle armi, tema che negli Stati Uniti si affronta per qualche giorno dopo ogni assurdo delitto, dalla strada alle scuole, per poi finire in qualche dimenticatoio mediatico, sempre pronto a riaffiorare solo quando qualche innocente ne resti vittima. Come se uccidere non fosse in ogni caso un atto deplorevole e da stigmatizzare, quasi come se fosse un verbo che diventa oltraggioso solo perché compreso tra i peccati capitali che la religione ha elencato e non perché togliere la vita sia sempre abominevole e rappresenti il fallimento dell’essere umano. Qui il concetto viene reso molto chiaramente dagli atti compiuti da più di un personaggio, messi in scena con la naturalezza dello sbucciare una mela. Fino al drammatico epilogo che dimostra quanto sia dannosa la libertà garantita da quel secondo emendamento, che nel terzo millennio viene ancora rivendicata come un diritto civile piuttosto che come una legge da film western. Perché ogni libertà individuale termina laddove mini quella degli altri, e non dovrebbe essere una miniserie come questa a ricordarlo. Il fatto che lo faccia ricorda ancora una volta quanto sia fondamentale che l’argomento venga trattato seriamente, perché non è solo in un prodotto di finzione, seppur pregevole, come Omicidio a Easttown che certe cose accadono e le conseguenze restano nella memoria collettiva in maniera indelebile.


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VALUTAZIONI

dal trailer all’intera serie
Aspettativa 7,5 Potenziale 9

soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO

visione
Intrattenimento 7,5 Senso 9 Qualità 8
Giudizio Complessivo 8,3

Omicidio a Easttown | miniserie (Mare of Easttown)
drammatico, thriller | USA | 9-30 giu 2021 | 7 ep / 57 min | Sky Atlantic, Now

ideatore Brad Ingelsby regia Craig Zobel scritta da Brad Ingelsby

personaggi interpreti
Marianne “Mare” Sheehan Kate Winslet
Lori Ross Julianne Nicholson
Helen Fahey Jean Smart
Siobhan Sheehan Angourie Rice
Frank Sheehan David Denman
padre Dan Hastings Neal Huff
Richard Ryan Guy Pearce
Erin McMenamin Cailee Spaeny
Carter John Douglas Thompson
John Ross Joe Tippett
Colin Zabel Evan Peters
Carrie Layden Sosie Bacon
Mark Burton James McArdle

critica IMDB 8,5 /10 | Rotten Tomatoes critica 8 /10 utenti 4,5 /5 | Metacritic critica 82 /100 utenti 8,2 /10

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