The Undoing | la recensione

Fabrizio Guerrieri 12 Gennaio 2021 Cinema, Movie e Serie TV

Serie TV | Quanto è difficile riconoscere la verità quando si è coinvolti in prima persona? La controversa serie con Nicole Kidman, Hugh Grant e Matilda De Angelis solleva questo e altri interrogativi, destabilizzando anche lo spettatore più consumato.


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Upper East Side di New York. L’appagante vita della psicologa Grace scorre tra lavoro, famiglia e amicizie. Suo marito Jonathan è un oncologo pediatrico dallo spiccato humour inglese con cui allieta le giornate della moglie e del figlio Henry oltre ad alleviare le pene dei piccoli pazienti. Durante una riunione con le sue amiche per una raccolta fondi, Grace conosce Elena, una giovane mamma appena entrata nel gruppo malvista dalle altre per il suo carattere spavaldo e provocatore. Mentre è al lavoro, la scuola di Henry comunica a Grace una notizia sconvolgente per l’intera comunità. Pian piano si delineano i contorni di un omicidio in cui le persone coinvolte appaiono tutte colpevoli e nessuno di loro è più quello che sembrava essere.


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Dalle bugie alle verità non dette il passo è breve. Lo showrunner della serie David E. Kelley è lo stesso di Big Little Lies - Piccole grandi bugie la cui prima stagione doveva essere autoconclusiva ma dato il successo è approdata a una seconda stagione. Lì si intrecciavano le vite di quattro donne, tre delle quali ricche ma pressoché infelici. In The Undoing - Le verità non dette alcuni personaggi sono molto simili ma diversi aspetti di quelle personalità confluiscono nella protagonista Grace interpretata da Nicole Kidman, qui anche in veste di produttrice. Il tono si fa più incandescente, profondo e se possibile doloroso. La regista danese Susanne Bier oltre al film In un mondo migliore candidato agli Oscar come miglior film straniero nel 2010, ha diretto un’altra miniserie, l’ottima The night manager del 2016 tratta da John le Carré, in cui Hugh Laurie - il dottor House - interpretava un magnate, molto simile al personaggio di Kenneth Branagh, Andrei Sator, in Tenet, mentre in entrambi figura nello stesso ruolo, quello della compagna maltrattata, Elizabeth Debicki. Quasi come se fosse un omaggio-citazione di Nolan alla pluripremiata serie della Bier.


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Il termine undoing sta per “annullamento”, una sorta di CTRL+Z, cioè andare indietro di un passaggio per tornare alla norma. Ma quando vi si accosta l’articolo the il significato diventa “la rovina”, qualcosa di definitivo da cui indietro non si torna. Quella che sembra essere solo una storia drammatica si trasforma presto in un thriller in cui i pezzi del puzzle vengono messi, tolti e sostituiti per gradi. L'evento luttuoso inizia ad avvolgersi di mistero assumendo i toni di un intrico claustrofobico. Come in un incubo hitchcockiano, la verità, una volta a galla ha tutt'altri colori rispetto a ciò che erano le premesse raccontate attraverso la descrizione dei singoli personaggi.


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Nicole Kidman si cala brillantemente nei panni di Grace una donna soddisfatta della sua vita. Psicoterapeuta di successo, un marito oncologo pediatrico amorevole, un figlio diligente, un padre saggio e un’amica brillante. Eppure da un certo punto in poi scopre che tutte queste persone le nascondono qualcosa e il castello da fiaba inizia ad andare in rovina. Dopo aver interpretato l’ambiguo Fletcher nel recente The Gentlemen, Hugh Grant continua la sua evoluzione artistica mostrando sempre maggiore maturità e presa di coscienza. Qui è Jonathan, il marito di Grace, che gioca coi piccoli pazienti come farebbe Patch Adams. Svolge un lavoro complesso in maniera egregia, occupandosi non solo della loro salute fisica ma anche di quella emotiva. Il figlio Henry adora il padre, lo ascolta e condivide con lui i piccoli e grandi problemi della sua adolescenza.


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Un impeccabile Donald Sutherland interpreta Franklin, il padre di Grace, un uomo ricco e forte, tanto duro con chi pensa di potergliela fare quanto dolce con la figlia. Non ama particolarmente il genero ma apprezza il fatto che faccia star bene sua figlia e suo nipote. L’amica di Grace, Sylvia (Lily Rabe) è un avvocato, madre molto presente nella vita della figlia che stimola in continuazione, a volte in maniera un po’ ossessiva. Il legame con Grace è molto forte rispetto a quello con le altre e le porta a confidarsi l’un l’altra a ogni novità che gravita attorno alle loro vite e quelle dei loro figli.


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Il cortocircuito arriva quando nella vita di Grace arriva la pittrice Elena, una mamma molto più giovane e avvenente delle altre componenti del suo gruppo. Appassionata, dai modi privi di mezze misure, Matilda De Angelis si muove ottimamente da outsider, sia come attrice in mezzo a mostri sacri che col suo personaggio di estrazione sociale inferiore. Elena trova in Grace l’unica in grado di capirla e accettarla e lei di rimando cerca ogni modo per non farla sentire inadeguata e sostenerla quando si accorge dei cedimenti della ragazza, fino al punto di restarne in qualche modo affascinata al di là di una semplice amicizia. Ma qualcosa sta per cambiare drasticamente, ribaltando completamente qualsiasi certezza.


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In The Undoing, più si procede nel racconto e più si sommano i punti di vista rispetto a quello inizialmente principale e unico di Grace. E quando si arriva verso il finale si resta completamente privi di riferimenti. Chiunque può essere l'assassino, chiunque potrebbe aver mentito. Non è una semplice storia di tradimento e omicidio. C'è anche un chiaro attacco al sistema giudiziario americano. Quando per esempio Grace si rivolge all’affermato avvocato Haley Fitzgerald (Noma Dumezweni), questa le dichiara che l'unica cosa che può fare in un caso simile è gettare fango sull'accusa. Così come accade nella miniserie The night of del 2016 in cui John Turturro difendeva un ragazzo su cui si concentravano tutte le prove quando questo era invece innocente, ciò che interessa principalmente alla difesa non è se l’imputato sia colpevole o meno, ma come uscire da un’accusa tanto, troppo evidente. Con ogni mezzo possibile.


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Ci sono due piani su cui leggere questa serie, il cui principale obiettivo è mirare al finale cospargendo il procedere della storia di dubbi su chiunque, creando continuamente nuovi carnefici veri o falsi da dare comunque in pasto agli affamati media.

Il primo piano di lettura è quello dell’intrattenimento. Alto, potente, da binge watching. Ogni episodio termina lasciando meravigliati e a volte quasi tramortiti. La tensione che penetra lo schermo ha un potere emotivo ed evocativo di rara grandezza. Il lato drammatico della serie emoziona e non lascia indifferenti. Nessuno può restare impassibile davanti alle immagini che passano continuamente nella testa di Grace, immagini insopportabili, devastanti, di fronte alle quali molti crollerebbero.


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Il secondo piano è quello del senso morale che la storia vuol dare. Provocatorio, discriminante, ma in alcuni passaggi confuso. Nicole Kidman ha dichiarato: “Mentre The undoing veniva scritta non sapevamo come sarebbe finita. David (Kelley) e Susanne (Bier) hanno escogitato questo straordinario crescendo in cui la rovina arriva colpendo i personaggi come un fulmine.” Susanne Bier aggiunge: “Proprio perché si fa il tifo affinché le cose vadano in una determinata direzione, bisognava fare in modo che tutto terminasse in una grande follia.”


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Quando Michael Haneke, maestro nell’esasperare la drammaticità, girò il film La pianista aveva in mente uno scopo chiaro ed esplicito: torturare lo spettatore fin quasi a farlo sentire disprezzato (cosa che aveva già fatto col precedente aranciameccanico Funny Games). La sua protagonista era una severa insegnante dotata di un intelletto raro, apparentemente equilibrata, che in realtà celava dentro di sè un mostro di perversione che arrivava a compiere un abominio senza pari. In The Undoing invece, lo spettatore viene in un certo senso preso in giro. Oltre ai cliffhanger che chiudono ogni episodio rivelandosi spesso altro da sé - e questo non è per forza un difetto perché viene aggiunto un ulteriore significato a ciò che ci si aspetta accada - viene messo in piedi ad arte un sistema secondo il quale tutto confluisce in un’unica direzione. Alla fine però immotivatamente delusa. Questo pone di fronte a varie questioni etiche e morali non indifferenti, perché chi guarda rischia di restare sedotto e invischiato per ritrovarsi nel finale senza la terra sotto i piedi mentre chi ha scritto la serie quasi se ne compiace e si bea.


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La soggettività di ognuno gioca qui un ruolo chiave. Alcuni resteranno affascinati dal “come” le cose sono state raccontate, altri storceranno il naso per il “perché”, in parte a ragione. Perché la tortura che si subisce non è sufficientemente onesta, è profondamente ingannevole e rischia di far deviare il senso dei messaggi che la serie vorrebbe far passare su diversi temi molto importanti, distorcendo quello che con meticolosità sembrava essere stato costruito nel corso dei sei episodi. Il tradimento non è solo dentro la storia, ma anche verso chi guarda.


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Per quello che riguarda l’intrattenimento, come già detto, è di sicuro una delle serie più avvincenti mai realizzate, tiene col fiato sospeso lungo tutto l’arco narrativo e genera quasi il desiderio incontrollabile di continuare con la visione, fin quasi ad arrivare a non voler sapere chi sia ad aver commesso il delitto sperando in un seguito. Speranza vana. Non perché The Undoing si conclude al sesto episodio, ma perché sarebbe stato meglio se quel finale avesse seguito una costruzione sia di messa in scena che morale all’altezza del resto della serie che ne resta così non poco indebolita. Sollevando comunque delle reazioni forti e provocando riflessioni profonde. Su quanto valga davvero la verità e quanto si sia in grado di riconoscerla fino in fondo. Oltre che sulla distinzione tra l’amore verso qualcuno e l’amare ossessivamente il fatto di sentirsi amati.

 

VALUTAZIONI

dal trailer all’intera serie
Aspettativa 7,5 Potenziale 8,5 Risultato 7

soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO

visione
Intrattenimento 8 Qualità 6,5

The Undoing - Le verità non dette (The Undoing)
drammatico, giallo | USA | 8 gen 2021 | 6 ep / 58 min | Sky Atlantic, Now TV

ideatore David E. Kelley regia Susanne Bier sceneggiatura David E. Kelley tratta da Una famiglia felice di Jean Hanff Korelitz

personaggi interpreti
Grace Reinhardt Fraser Nicole Kidman
Jonathan Fraser Hugh Grant
Elena Alves Matilda De Angelis
Franklin Reinhardt Donald Sutherland
Henry Fraser Noah Jupe
Haley Fitzgerald Noma Dumezweni
Fernando Alves Ismael Cruz Córdova
Miguel Alves Edan Alexander
Joe Mendoza Édgar Ramírez
Sylvia Steinetz Lily Rabe

critica IMDB 7,5 /10 | Rotten Tomatoes 7,1 /10 | Metacritic 64 /100

camera Arri Alexa LF, Leitz THALIA Lenses
aspect ratio 16:9 HD

 

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Commenti (4)

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  • pace830sky

    12 Gennaio 2021, 20:44

    Un ottimo prodotto, paragonabile ai grandi film americani degli anni '90 (in parte è un dramma giudiziario, ma non è di quelli che si svolgono per la maggior parte in aula) con uno Hugh Grant che si scopre attore drammatico di un certo spessore ed una storia drammatica molto consistente.

    Dovrebbero inventare un diverso nome per queste produzioni che delle serie propriamente dette non anno nulla, sono film per i quali finalmente è stato sfondato il limite dei 100 minuti di proiezione, salvo incontrare altri limiti (inutile negare che 6 episodi da 50 minuti è un taglio standard né più né meno che i 100 minuti per un film) che però lasciano gli autori liberi di raccontare qualcosa di importante con i tempi giusti, se ne hanno voglia.
  • TheRaptus

    13 Gennaio 2021, 11:24

    Mah, sicuro che 300 minuti siano necessari, che non si poteva tagliare qualcosa e farlo rientrare in un 180 (che è comunque meno di Ben Hur...).
    Probabilmente no, questa serie (hai ragione: è necessario trovare un nome per questo tipo di produzioni) va bene così. Ma per molte altretrovo troppo spesso dei filler per allungare il brodo.
    Ad esempio Defending Jacob, oppure True must be told. Per non parlare di alcune altre produzioni, nell'ormai troppo affollato scenario.
  • pace830sky

    13 Gennaio 2021, 11:29

    Quello che è stupefacente è che in un film di 90 minuti (80 effettivi tolti i titoli iniziali e finali) i registi riescono ad infilare assurde perdite di tempo tipo primi piani con lui o lei che pensa, oggetti di scena inquadrati in primo piano ecc ecc Scimmiottano i maestri del cinema ma l'intento di aumentare il minutaggio del girato a costo zero è troppo spesso così evidente!
  • -Diablo-

    14 Gennaio 2021, 00:19

    Miniserie nel complesso valida e stimolante.
    Anche se purtroppo va detto che scade più del necessario proprio nella conclusione dell'ultima puntata. E qui sta il senso di tradimento dello spettatore di cui parla anche la recensione. I temi erano buoni, interessanti e i personaggi anche, il modo in cui è raccontata la vicenda è magistrale eppure finisce con scene banali e frettolose che stonano abbastanza con tutto il resto.

    Sul discorso lunghezza non sono d'accordo nel senso che ci può stare perchè la tensione, il dramma e il tormento (anche dello spettatore) si costruiscono solo col tempo e convivendo coi personaggi.

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