The Midnight Sky | la recensione

Fabrizio Guerrieri 28 Dicembre 2020 Cinema, Movie e Serie TV

Il settimo lavoro da regista per George Clooney è un film che ha alcune ingenuità ma nonostante queste risulta essenziale, soprattutto in un periodo come questo in cui a volte rallentare dovrebbe essere una scelta oltre che una necessità


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Febbraio 2049, Circolo Polare Artico. L’astronomo Augustine Lofthouse è rimasto l’unico abitante nell’osservatorio Barbeau. Gli altri componenti della squadra hanno deciso di tornare dalle proprie famiglie nonostante le radiazioni stiano devastando tutto il pianeta. Augustine, malato terminale, vuole avvertire un ultimo equipaggio spaziale sulla navicella Æther - di ritorno dall’esplorazione di K-23, un satellite abitabile di Giove - ancora ignaro della situazione apocalittica sulla Terra in modo da impedirgli di tornare andando incontro a morte certa. Quando si accorge che nell’osservatorio è stata lasciata una bambina di nome Iris, stringerà con lei un forte legame che lo motiverà ulteriormente ad attraversare l’Artide per raggiungere un’altra stazione da cui poter comunicare con la Æther.


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Ispirato al libro La distanza tra le stelle (Good Morning, Midnight) di Lily Brooks-Dalton del 2016 e sceneggiato da Mark L. Smith autore tra gli altri di Revenant - Redivivo di Iñárritu, The Midnight Sky è il settimo film per George Clooney nella sua carriera da regista, iniziata nel 2002 con Confessioni di una mente pericolosa. È la prima volta che si cimenta in una storia ambientata nel futuro, mentre da interprete è stato il protagonista di Solaris di Steven Soderbergh nel 2002 e soprattutto di Gravity di Alfonso Cuarón nel 2013 vincitore di 7 premi Oscar su 10 nomination. E proprio da quest’ultimo sembra partire l’idea di quest’opera.


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Lo sviluppo del film avviene su due piani/location. Il primo, che è anche il punto di vista principale perché muove tutto l’intreccio, è quello sulla Terra con Augustine che, ormai prossimo alla fine, si prefigge di svolgere un ultimo compito: quello di impedire il rientro all’unica missione spaziale ancora non informata del fatto che la vita sulla Terra sta per terminare. Ma mentre si aggira per l’osservatorio trova la piccola Iris che è stata dimenticata dal resto di quelli che hanno lasciato la stazione scientifica. Il secondo è sulla nave spaziale Æther in cui l’equipaggio cerca da tempo di mettersi in contatto con la NASA senza mai riuscirci. A bordo ci sono cinque membri capitanati dal comandante Adewole con accanto la compagna incinta Sully perennemente davanti alla radio muta. La missione della Æther era quella di verificare le possibili condizioni per la vita umana sul satellite di Giove K-23.


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Attraverso alcuni flashback ci ritroviamo nel 2019, quando Augustine era il brillante astronomo che scopre che la luna di Giove ha le caratteristiche per essere abitata. Augustine conosce Jean e inizia con lei una relazione che però si interrompe a causa della totale dedizione dell’uomo per il proprio lavoro, cosa che lo rende incapace di gestire i rapporti umani perfino dopo aver saputo di avere una figlia.


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Il film scorre molto bene nonostante diversi difetti che ne abbassano di molto le potenzialità. Scritto bene e realizzato con la stessa cura ha una narrazione che non si sofferma a sottolineare didascalicamente ciò che avviene ma procede naturalmente verso il finale, rendendo notevolmente fluida la percezione da parte dello spettatore. Finale lasciato invece con alcune domande circa il futuro di chi andrà a vivere sulla luna che si affaccia sul pianeta più grande del sistema solare.


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Il ritmo lento e cadenzato della pellicola - alternato ai pochi momenti drammaticamente adrenalinici - sostenuto dalla delicata colonna sonora di Alexandre Desplat, ci rende una densità rara di questi tempi in cui correre appare come il miglior antidoto per dimenticare la pandemia. Augustine resta solo con Iris nell’osservatorio, così come soli sono gli astronauti sulla navicella circondati dal buio cosmico, e tutto scorre lasciando andare il tempo come se non esistesse più. Il centro dell’attenzione diventa lo spazio inteso sia come distanza fisica tra i protagonisti della storia sia come distanza morale e affettiva che in qualche modo vorrebbe essere azzerata.


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The Midnight Sky non è un film per tutti, così come non verrà apprezzato da tutti. E questo è fisiologico oltre che soggettivo. Ma soprattutto si farà fatica ad accettarlo. Certo, ci sono errori che potevano essere evitati, particolarmente durante la passeggiata spaziale il cui epilogo è chiaro da prima che gli astronauti escano dalla nave. Il fatto è che racconta di qualcosa che, in altra forma e con esiti ben distanti, stiamo comunque vivendo. E la cosa spaventa, soprattutto in un periodo, quello del Natale, in cui già normalmente si è abituati ad alleggerire lo stress accumulato durante l’autunno e ancor di più in quest’anno tanto anomalo.


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Se lo si prende dal giusto verso però, ci si pone di fronte a qualcosa che fa soffrire ma al contempo riflettere. Su chi siamo e chi potrem(m)o essere, su ciò che conta davvero, su ciò che è fondamentale e a come non lasciarselo sfuggire. Non vi sono giudizi su come abbiamo trattato il pianeta, ma vi si racconta un’apocalisse. Le scelte che i vari personaggi fanno non sono dettate da ideali o, peggio, da ordini che vengono da qualcun altro, sono dettate da loro stessi, perché ormai non c’è più nulla da fare e in questo modo paradossalmente tutti diventano liberi. Come accade in Gravity l’unico scopo è quello di sopravvivere a tutto e nonostante tutto. Nonostante una malattia terminale, nonostante la perdita di persone care, addirittura nonostante la vita sulla Terra stia scomparendo. Il messaggio è forte e proprio per questo il film avrebbe potuto e dovuto esserlo di più, evitando di ricorrere ad alcune “citazioni” che lo fanno risultare prevedibile e poco incisivo. Ma anche con questi problemi la visione è davvero interessante e scorrevole perché rallenta i pensieri esaltando l’essenziale, rimettendo le cose in una prospettiva che guarda al “dove stiamo andando” e soprattutto al perché lo stiamo facendo.


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Nota tecnica a cura di Emidio Frattaroli
Il sole di mezzanotte potrebbe diventare un contenuto di riferimento. Il profilo tecnico delle immagini, girate con alcune delle migliori camere digitali a disposizione (Alexa 65, Alexa mini LF), è molto alto, soprattutto per risoluzione e gamma dinamica. Anche il mix audio è molto interessante, soprattutto quello in lingua originale: anche se la dinamica audio e il bitrate sono piuttosto bassi, l'ambienza e lo sfruttamento dei canali surround sono molto buoni e meriterebbero sicuramente un'edizione su disco fisico per un datarate decisamente superiore. Tornando alle immagini, ho trovato un po' meno 'conformismo' rispetto alle altre produzioni targate Netflix e un equilibrio più personale tra dominanti e saturazioni di certi ambienti rispetto ad altri. Nella stragrande maggioranza delle inquadrature, soprattutto nei primi piani, dettaglio e risoluzione sono eccellenti, nonostante il bitrate sia comunque molto basso. Quando i movimenti (non succede poi così spesso) si fanno un po' più concitati, si rimpiange un bitrate superiore ma la qualità generale rimane comunque elevata. Quello che non mi ha convinto sono alcuni aspetti della fotografia che ricerca - talvolta anche un po' ossessivamente - di 'estendere' in alto la gamma dinamica con alcuni elementi scenografici che alla fine sono sempre gli stessi, ovvero i LED per l'illuminazione - quasi abbacinanti - messi quasi dappertutto, anche nei pioli della scala che collega le due opposte unità dell'astronave, oppure addirittura nella dashboard, quasi a voler accecare chi è ai comandi. Per i feticisti del 'picco di luminanza' e del nero assoluto sarà comunque una goduria. L'altro aspetto poco convincente è il lavoro che è stato fatto - probabilmente in post-produzione - per ridurre la profondità di campo di alcune inquadrature, come quella all'inizio, al tempo 2:00 che potete osservare subito qui in basso. 


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VALUTAZIONI

Regia 7.5 Sceneggiatura 6 Recitazione 7
Fotografia 7.5 Musiche 8.5
Film 7

The Midnight Sky
drammatico, fantascienza | USA | 2020 | 118 min | Netflix

regia George Clooney sceneggiatura Mark L. Smith (dal romanzo di Lily Brooks-Dalton) fotografia Martin Ruhe musiche Alexandre Desplat

personaggi interpreti
Augustine Lofthouse George Clooney
Sully Felicity Jones
Mitchell Kyle Chandler
Sanchez Demián Bichir
Tom Adewole David Oyelowo
Maya Tiffany Boone
Iris Caoilinn Springall
Jean Sophie Rundle
Augustine da giovane Ethan Peck
Moseley Tim Russ
moglie di Mitchell Miriam Shor

critica IMDB 5.6 /10 | Cinematografo 3 /5 | Rotten Tomatoes 5.8 /10 | Metacritic 59 /100

camera Arri Alexa 65, Hasselblad Prime DNA Lenses
Arri Alexa Mini LF, Hasselblad Prime DNA and DNA LF Lenses

formato UHD
aspect ratio 2.11:1

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Commenti (7)

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  • 1pixel

    29 Dicembre 2020, 14:39

    il problema è nel genere

    Concordo col Guerrieri, il film non è per tutti. Personalmente l'ho gradito, ma storcendo più volte il naso.

    Il problema di tutti i film del genere science fiction è la credibilità. Con il termine italiano fantascienza tutto può funzionare: la fantasia è al comando per definizione. Ma il resto del mondo non ha tradotto così male il genere. La radice scienza dovrebbe reggere l'impianto nel terreno scientifico per sviluppare la storia sostenuta dall'immaginazione. È fiction, non fantasy (anche se poi spesso nei cataloghi accorpano a capocchia i due generi, come se fossero destinati al medesimo pubblico).

    Certo non esiste solo l'hard scifi, ne' possiamo aspettarci sempre il rigore di Kubrick alla regia, ma un consulente scientifico e una ricerca filologica seria e coerente sì, anche per prenderne le distanze con scelte consapevoli e coerenti, non ingenue.

    L'esempio dei pioli luminosi delle scale è scelto bene. A cosa potrebbero mai servire se non ad accecare pericolosamente chi le usa? Giusto come scenografia, anzi scemografia.
    E pensare che questo è uno dei rari film in cui sono riusciti intelligentemente a non mettere le luci nei caschi puntate all'interno sui volti degli astronauti, accecandoli in favore della macchina da presa come fanno praticamente tutti.

    In ogni caso il mio giudizio resta complessivamente positivo. Bello il ritmo, bello il finale cui però si giunge senza eccessiva sorpresa, forse intenzionalmente.
  • marklevi

    29 Dicembre 2020, 18:55

    immagini carine,
    scelte di sceneggiatura e realtà scientifica da denuncia per riavere il tempo perso a vederlo.
    pre-finale (il colpo di scena" interessante e per 3 secondi mi ha lasciato un dubbio
    scena finale totalmente senza un minimo di logica riguardo il futuro...
  • ovimax

    01 Gennaio 2021, 20:50

    veramente un pò insulso come film, dopo un quarto d'ora si capisce subito il finale(finale poi). Dargli 4 è già tanto.
  • Lanfi

    02 Gennaio 2021, 11:15

    Visto ieri sera, non mi è dispiaciuto ma presenta alcuni buchi narrativi che lasciano un po' a desiderare.

    Ovviamente allerta spoiler.

    Per prima cosa il disastro che rende (sembrerebbe nel giro di poco tempo) inabitabile la terra. Guerrieri nella recensione parla di radiazioni, io guardando il film non sono mica riuscito a capirlo. Quando l'equipaggio della Æther si avvicina alla terra ricevono delle immagini da un telescopio orbitale (l'hubble nel 2049 rivolto verso la terra?) di un paesaggio sconvolto. Boh. Una piccola spiegazioncina, almeno trasversale, secondo me andava data.

    Per quanto riguarda la nave spaziale Æther a me la ricostruzione non è dispiaciuta, l'idea di quelle tensostrutture invece di uno scafo solido mi è sembrata originale. Poi ovviamente tutta la navicella è un po' assurda...basta pensare alla grandezza degli ambienti e confrontarla con tutti i veicoli spaziali mai esistiti (che sono tra l'angusto e il claustrofobico). La passeggiata spaziale forse si poteva risparmiare, tra l'altro lì la cgi non mi ha convinto tantissimo.

    Veniamo però ai punti che mi hanno più infastidito:
    1) La durata del viaggio spaziale. La distanza tra la terra e giove è di circa 600 milioni di km, attualmente ci vogliono circa 5 anni per coprirla. Il tema di come sopravvivere per così tanto tempo nello spazio è assolutamente ignorato, ma dirò di più dubito che venga preso in considerazione un tempo così lungo visto che ad es. Maya al momento della partenza avrebbe dovuto essere una ragazzina.
    2) Punto (direi) essenziale, la sopravvivenza del genere umano. Il comandante della nave e la sua compagna (incinta) su indicazione del dr. Augustine decidono di sfruttare l'effetto fionda della terra per ritornare sulla luna di giove e salvare così il genere umano dall'estinzione. Tutti a pensare alla famiglia felice in questa bella luna da colonizzare ma, se ci si sofferma a pensare giusto un attimo....ecco direi che la generazione successiva si troverebbe ad affrontare delle sgradevoli situazioni per potersi riprodurre.

    Ecco, tirando le somme, si parla di fantascienza quindi ovviamente non si può pretendere che tutto sia perfettamente spiegabile (altrimenti non ci sarebbe il suffisso fanta!) però almeno una soluzione buttata lì ai problemi che si pongono nel film a mio avviso andrebbe data.

    Kubrick in 2001 Odissea nello spazio lanciò l'idea della rotazione degli ambienti della navicella per ricreare la gravità e consentire ad un equipaggio umano di affrontare un viaggio di anni nello spazio e da allora quasi tutti l'hanno ripresa (anche nel film in esame). Ad oggi (più di 50 anni dopo) si è visto qualcosa del genere realizzato? No. Può realmente funzionare? Chissà....ma è una bella idea fantascientifica per risolvere un problema e quindi funziona. Per me sono queste le cose che fanno la differenza in un film del genere.
  • marklevi

    02 Gennaio 2021, 18:57

    Purtroppo il film non vale una seconda visione, quindi le impressioni si stanno diradando.

    si le immagini della nave sono carine. ma: Ho solo io l'impressione che quando camminano, sentono il peso ma i piedi non sono rivolti verso la parte estrerna della nave. che è ovviamente l'unica posizione in cui si potrebbe stare in piedi in quella situazione.

    Un'altra assurdità è quando dicono finalmente abbiamo il contatto radio con la Terra. Ma come, noi oggi siamo in contatto ancora con le sonde Voyager... basta aspettare ma il messaggio comunque arriva!

    Ma l'umanità si è rifugiata sottoterra? e quanti DECENNI sono serviti a costruire milioni/miliardi di alloggi e strutture abitative?

    Ma come, un satellite di Giove mai notato? e con possibilità di vita, così vicino al gigante gassoso? Avrebbe il suolo quasi liquido causa forze mareali immense e radiazioni letali (si, ho visto il video di Adrian Fartade ma sono concetti a cui ci si potrebbe arrivare)

    per il tuo quesito, ti consiglio di leggere:
    https://attivissimo.blogspot.com/20...li-ruotano.html
  • ovimax

    04 Gennaio 2021, 13:04

    Originariamente inviato da: Lanfi;5110634
    Kubrick in 2001 Odissea nello spazio lanciò l'idea della rotazione degli ambienti della navicella per ricreare la gravità e consentire ad un equipaggio umano di affrontare un viaggio di anni nello spazio e da allora quasi tutti l'hanno ripresa (anche nel film in esame). Ad oggi (più di 50 anni dopo) si è visto qualcosa del genere realizzato? No. Può realmente funzionare? Chissà....ma è una bella idea fantascientifica per risolvere un problema e quindi funziona. Per me sono queste le cose che fanno la differenza in un film del genere...........[CUT]


    no , avresti grossi problemi di circolazione sanguigna. Dovrebbe essere larga 60km.
    [video=youtube;im-JM0f_J7s]https://www.youtube.com/watch?v=im-JM0f_J7s[/video]

    quindi ala fine meglio la gratià artificiale di startrek, o gli stivali magnetici di exspanse.
  • marklevi

    04 Gennaio 2021, 19:19

    il problema degli stivali magnetici è che non aiuta le ossa/scheletro/muscolatura. ri-invito a dare un occhio al blog di Attivissimo.

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