Come misurare i parametri degli altoparlanti - Parte 2
Nella prima parte abbiamo visto come preparare il woofer sotto test e come misurare correttamente il modulo dell’impedenza, con le attenzioni da porre soprattutto al fissaggio, alla corrente circolante ed alla simmetria, giusto per ottenere parametri credibili. Ora viene tutto il resto…
Ci eravamo lasciati lo scorso ottobre con le operazioni preliminari, la preparazione dell'altoparlante, l'analisi dei metodi di misura per ricavare un modulo dell’impedenza, "a corrente costante" e "a tensione costante", con l'analisi critica della misura. La prima parte è a questo indirizzo.
Abbiamo misurato, con tutte le cure del caso, l’impedenza del woofer in aria libera. Giunti alla fine di questa misura facciamo l’elenco delle grandezze in nostro possesso. Conosciamo la Fs, la frequenza di risonanza, la Re, la resistenza in continua della bobina mobile, D, il diametro, misurato con una riga abbastanza precisa, i tre fattori di merito Qms, Qes e Qts oltre alla Res, che in pratica è l’impedenza massima decurtata della Re (Res =Zmax – Re).
SOMMARIO
- Calcolo dell'impedenza elettrica
- La massa aggiunta
- Il volume aggiunto
- Calcolare Vas, RMS, B x L
- Il circuito a corrente costante
- Analisi del circuito
- La corrente costante
- L’alimentatore
- La taratura
- Cenni teorici sul circuito differenziale
Calcolo dell'impedenza elettrica
Sappiamo, per aver verificato la simmetria ed aver bloccato ben bene l’altoparlante sotto misura, che queste rilevazioni sono valide, almeno per le particolari condizioni di temperatura e rodaggio della misura in quel momento. Si, ho detto "in quel momento", perché nonostante si disponga di strumenti estremamente precisi e si ponga molta attenzione nella misura, non possiamo mettere la mano sul fuoco che tra due ore ad una successiva verifica non siano cambiate alcune grandezze. Certamente alcune variazioni sono contenute ed altre si compensano tra di loro, tanto che il risultato finale, pur con delle grandezze leggermente diverse, sarà praticamente identico. Però è così, e mi dispiace per i maniaci della quinta cifra decimale.
Con i dati acquisiti possiamo utilmente calcolare altre due grandezze, ovvero l’equivalente elettrico della massa mobile Cmes e l’equivalente elettrico della cedevolezza ovvero Lces, giusto per chiudere il cerchio delle misure derivanti
dall’impedenza in aria libera. Ricordando che W0 = 2 x Pg x Fs le due formule sono:
Cmes = QMS/(Res x W0)
Lces = 1/(W02 x Cmes)
In particolare possiamo notare che anche nel circuito elettrico equivalente la formula della risonanza è valida secondo:
Fs = 1/(2 x Pg x SQR(Cmes x Lces))
Un calcolo sempre utile per verificare l’aderenza dei calcoli alle misure.
- Figura 1: click per ingrandire -
Giunti a questo punto abbiamo la possibilità di calcolare l’andamento dell’impedenza elettrica in bassa frequenza sia in modulo che in fase, risolvendo il circuito della figura qui in alto
Vi ricordo che secondo le leggi dell’elettrotecnica:
Qpar = R x SQR (C/L)
Che nel nostro caso diventa:
Qms = Res x SQR (Cmes/Lces)
Alcuni software abbastanza sofisticati, come CLIO, LEAP e Klippel dal modulo misurato possono calcolare direttamente le grandezze viste finora, con una routine che calcola un modello simulato e riduce, variando i parametri con approssimazioni successive, al minimo l’errore esistente tra la misura e la simulazione. Comunque sia il nostro lavoro non è affatto finito perché occorre in qualche modo calcolare quanto vale il Fattore di forza (prodotto B x L), la massa mobile Mms e la cedevolezza delle sospensioni Cms, visto che non possiamo, per ovvii motivi, aprire l’altoparlante e misurare fisicamente queste grandezze, posto che ciò sia possibile. Possiamo agire in due modi: alteriamo la Mms e ne verifichiamo i cambiamenti oppure alteriamo la Cms e vediamo che succede.
La massa aggiunta
Come nel circuito elettrico anche nel circuito meccanico le regole di base dell’elettrotecnica non cambiano. Avremo quindi:
F = 1/ [2 x Pg x SQR (C x L)] [1]
Che nel nostro caso diventa:
Fs = 1/[2 x Pg x SQR(Cms x Mms)]
La massa aggiunta serve a “starare” in qualche modo il sistema e calcolare quanto pesa effettivamente la massa della membrana, misurando la variazione della frequenza di risonanza Fs. La frequenza di risonanza si abbassa perché nella [1] se aumenta la massa, posta al denominatore, diminuisce ovviamente Fs. Il problema è quello di non far variare altro che la massa. Se usiamo una massa aggiunta Mag sensibilmente vicina al valore della Mms effettiva del woofer da misurare otterremo immancabilmente anche una variazione discreta della cedevolezza e la misura sarà affetta da un errore.
Da misure effettuate con molta attenzione e comparate con quelle effettuate col laser, che non prevede masse aggiunte, ho avuto la certezza che usando una Mag che vale circa un quarto della massa che ci aspettiamo di misurare non perturbiamo più di tanto la cedevolezza. Se proprio non sapete come agire misurando per la prima volta un woofer partite con una Mag proporzionale al diametro del woofer: 3-4 grammi per un 12-15 cm, 5-7 grammi per un 18 cm, 8-10 grammi per un 20 cm e….via a salire.
Se dopo la prima misura la frequenza di risonanza è diminuita più del 15-20% allora vuol dire che avete usato una massa aggiunta eccessiva e dovete riprovare con una massa più leggera. Sicuramente noterete un leggero aumento della cedevolezza a dimostrazione del peso eccessivo aggiunto. Una volta sistemata la massa aggiunta, pesata con una certa precisione almeno nel primo decimale, tramite una nuova misura di impedenza, rileviamo la nuova frequenza di risonanza, più bassa della Fs ed applichiamo l’equazione che regola questa misura:
Mms = Mag/[(Fs/Fmag)2-1]
dove Fmag rappresenta la nuova risonanza misurata con la massa aggiunta. Ovviamente la nuova misura dell’impedenza impone le stesse attenzioni di quella vista prima, sia in termini di fissaggio che, non dimenticatelo, di simmetria ottenuta. Insistere un po’ col segnale di prova prima di effettuare la misura consente alla membrana di riassestarsi dopo aver sistemato la massa aggiunta, almeno per i woofer dalla cedevolezza elevata, superiore ad 1 millimetro per Newton. Se il segnale è elevato la massa potrebbe muoversi sulla membrana rovinando così la misura. Se succede provate ad abbassare il segnale di prova.
Il volume aggiunto
La misura col volume aggiunto, alternativa a quella della massa aggiunta, altera la cedevolezza totale, e come per la massa aggiunta questa alterazione ci consente di calcolare Cms. La cedevolezza, inverso della rigidità, rappresenta lo spostamento della membrana mobile sotto l’azione di una forza. Se il woofer è appoggiato su un piano ed aggiungiamo alla sua massa mobile una seconda massa, questa, agendo come una forza-peso, tenderà a spostare la membrana verso il basso. Più la cedevolezza è elevata più la membrana si sposterà. Il test per alterare la cedevolezza consiste nell’affacciare il woofer su un volume totalmente chiuso e vuoto ma conosciuto con precisione, misurare la nuova frequenza di risonanza, che chiameremo Fvc che in questo caso risulterà più alta della Fs e calcolare Cms con la formula:
Cms = [(Fvc/Fs)2-1] x Vb/(SD2 x ro x c2)
Dove Vb è il volume del box chiuso a cui va sommato il volume compreso tra la flangia e la cupola del woofer, in pratica un tronco di cono facilmente calcolabile. SD rappresenta l’area della membrana, ro la densità dell’aria (1,2 kg/m3) e c, come sempre, rappresenta la velocità del suono che a 20° di temperatura vale 343,4 m/s secondo la formula c = 331,4 + (0,61 x T) dove T è la temperatura in gradi Celsius. Questa formula ci dice, tra l’altro, che la velocità del suono aumenta di 0,6 m/s ad ogni aumento di un grado di temperatura. Quando leggerete che la velocità del suono vale 340 m/s potrete rendervi conto che la temperatura ambiente dovrebbe essere 14,33 gradi centigradi!
Occhio alle grandezze che vanno scalate in metri, metri quadrati e metri cubi, così che la cedevolezza sarà espressa in m/N e non nei più comodi mm/N. I software più evoluti opereranno le giuste conversioni, permettendoci di usare grandezze più comode ed intuitive. Anche in questo caso occorre una certa logica nello scegliere il volume aggiunto, evitando volumi enormi per altoparlanti fino a 18-20 cm ed evitando, allo stesso modo, volumi troppo piccoli per altoparlanti di grosse dimensioni. Nel mio laboratorio ho realizzato negli anni tre volumi chiusi da 15, 25 e 55 litri e devo dire di non aver mai avuto l’esigenza di doverne costruire altri.
Questa misura, diversamente da quanto affermato da molti, ha lo stesso grado di “precisione approssimata” della misura con la massa aggiunta. Vi ricordo che con le sospensioni di tela a più corrugazioni, quelle dei woofer professionali per intenderci, il rodaggio ha poco effetto sulla cedevolezza. Anche un’ora di rodaggio intenso secondo le procedure viste la volta scorsa, abbassa di pochissimo la risonanza, scaldando anche poco la bobina mobile.
Calcolare Vas, RMS, B x L
Sia con la misura di impedenza con la massa aggiunta che quella alternativa col volume aggiunto, si può calcolare la massa dalla cedevolezza o viceversa semplicemente ribaltando la [1] a seconda della grandezza che ci interessa conoscere. Una volta calcolata Mms e Cms abbiamo, per fortuna, finito di fare misure. Abbiamo infatti tutti i dati per sviluppare queste equazioni:
Vas = Cms x SD2 x ro x c2 (espresso un metri cubi)
Rms = 1/Qms x SQR (Mms/Cms) (espresso in ohm “meccanici”)
B x L = SQR (Rms x Res)
Dove SQR rappresenta come sempre l’operazione di radice quadrata. Il fattore di forza B x L si esprime in Tesla per metro oppure in Newton/Ampere. L’ultima formula ci suggerisce anche il comportamento del fattore di forza con i collegamenti serie e parallelo. Con i due woofer in parallelo Rms raddoppia e Res dimezza, per cui il fattore B x L rimane inalterato, mentre con le connessioni in serie Rms raddoppia ed Res anche, così che il fattore B x L raddoppia. Il fattore di forza ci indica il prodotto fra il campo magnetico generato tra le terminazioni polari e la lunghezza del filo di rame della bobina mobile che è immerso in quello spazio ed esprime la forza dell’equipaggio mobile secondo la formula F = BL x i, dove F rappresenta la forza ed i la corrente circolante nella bobina mobile.
La quasi totalità dei woofer in commercio ha delle bobine mobili molto più alte della dimensione della piastra polare (overhung), motivo per il quale la parte di L che costituisce il fattore di forza riguarda soltanto la lunghezza di filo effettivamente immersa nel campo compreso tra le terminazioni polari e non tutta la lunghezza dell’avvolgimento. Comunque ricordate che come verifica del lavoro fatto possiamo usare la formula di controllo:
W0 x Re x Mms/(Qes x BL2) = 1
dove W0 = 2 x Pg x Fs. A questo punto abbiamo tutti i parametri da inserire nei nostri software di simulazione, certi che a parametri corretti corrisponderanno simulazioni veritiere.
Il circuito a corrente costante
Ricordiamo che comunque siamo partiti dalla corretta misura del modulo dell’impedenza e dalle raccomandazioni su come eseguire correttamente questa misura. Pensandoci bene, all’ennesima richiesta di aiuto da parte di un lettore in difficoltà mi sono deciso a scrivere queste due puntate chiarificatrici ed a progettare un circuito che eliminasse completamente l’amplificatore di misura e che ci consentisse di evitare errori. Avevo pensato a questo tipo di circuito almeno una decina di anni fa ma francamente devo dire che non è tutta farina del mio sacco, almeno nel principio di funzionamento, che credo di aver letto su Elektor una trentina di anni fa.
Avevo giudicato eccellente il principio di funzionamento ma la cosa era finita lì, riposta in quel capiente cassetto immaginario ove spesso accantoniamo le “intenzioni di prova” che ha ogni sperimentatore che si rispetti. Ho ricevuto negli ultimi tempi molte richieste in merito alla misura dei parametri di un woofer, oltre ad averne visti di platealmente sbagliati, ed ho pensato a come costruire un sistema di misura per i woofer che funzionasse a vera corrente costante senza utilizzare nemmeno un amplificatore di potenza esterno. Probabilmente è in quel momento che mi è venuto in mente il circuito di 30 anni fa letto, credo, sulle pagine di una eccellente rivista di elettronica. Il principio di base è quello di regolare il guadagno di un operazionale in modo che ad una impedenza del woofer molto bassa corrisponda un livello di segnale altrettanto basso mentre quando abbiamo una impedenza molto elevata il livello del segnale aumenti in proporzione.
In questo modo la corrente che attraversa sia la resistenza in serie da 200 ohm sia il woofer sotto misura rimane costante. Detto fatto ho preso un operazionale doppio e con quattro resistenze di precisione ho realizzato il circuito su una millefori. Dopo una prima stesura del progetto, vista la corrente che l’amplificatore doveva erogare, ho previsto per precauzione uno stadio finale a transistor, che nella pratica diventano a malapena tiepidi dopo qualche giorno di funzionamento continuo. Ho provveduto, tra l’altro, a far realizzare una decina di circuiti stampati per favorire sia me che, magari, qualche sperimentatore un po’ pigro.
Analisi del circuito
- Figura 2: click per ingrandire -
Il circuito qui in alto, in verità, appare abbastanza semplice, come possiamo vedere dallo schema elettrico qui a lato. L’alimentazione è duale a +/- 15 volt e può essere ottenuta con la solita coppia di integrati stabilizzatori 7815 e 7915. Non merita in verità grossi commenti perché credo sia presente nel laboratorio di qualunque smanettone. Comunque sia ho disegnato anche uno stadio di alimentazione che può essere realizzato per questo progetto. La corrente da erogare in tutta sicurezza non supera comunque i 300-400 mA. Sullo stampato o sulla piastra mille fori che realizzerete, è conveniente sistemare i due condensatori da 100 nF (100.000 picofarad) quanto più vicini possibile all’operazionale. Ho scelto, anche perché lo avevo nel cassetto, un NE 5532, operazionale doppio a basso rumore, facilmente reperibile ed abbastanza economico.
Ovviamente non servono operazionali eccessivamente costosi a basso rumore: quello dell’integrato usato risulta ampiamente migliore di quanto ci serve. Vediamo ora il circuito. Il segnale disponibile (MLS o sinusoide che sia) di ampiezza contenuta ad 1 volt rms viene applicato sul connettore di ingresso, avendo cura che quest’ultimo abbia la massa isolata dal contenitore che sarebbe ideale essere metallico e posto a massa soltanto in un punto, all’uscita dell’alimentazione. Se disponete di un segnale di ampiezza maggiore potete sempre anteporre all’ingresso un trimmer multigiri da 47 kiloohm che agisce come controllo di precisione del volume.
Il segnale in ingresso incontra un passa alto a bassissima frequenza, inferiore ai 2 Hz, ed un passa basso a circa 200 kHz, giusto per tenerci lontano da emissioni esterne pericolose e/o da radio “benedette”. Dopo essere stato filtrato adeguatamente il segnale giunge sul piedino non invertente dell’operazionale (+) e da questo va allo stadio di uscita che ha guadagno variabile a seconda del carico da misurare e provvede anche ad un moderato boost in corrente. L’uscita di questo stadio, tramite la resistenza in serie, pilota direttamente l’altoparlante sotto misura. Il guadagno dello stadio amplificatore, e quindi la tensione di uscita, viene definito dal secondo operazionale presente nel NE 5532, stadio che è configurato in modo differenziale.
Per una analisi appena appena più approfondita vi rimando all’incorniciato apposito dell’amplificatore operazionale in configurazione differenziale posto alla fine dell’articolo. La differenza tra i due segnali presi prima e dopo la resistenza in serie all’altoparlante sotto misura regola il guadagno del segnale del primo operazionale. Maggiore è la differenza tra l’uscita del primo amplificatore e la tensione a valle della resistenza, ovvero ai capi dell’’altoparlante sotto misura (basso modulo del woofer), e maggiore è la tensione che dal differenziale va all’ingresso invertente (-) del primo operazionale che così abbassa il suo guadagno. Maggiore infatti è la tensione ai capi dell’ingresso invertente (-) e minore è il guadagno dell’operazionale e dello stadio finale. Si, direte voi, ma come fa l’uscita questo circuito ad essere a corrente costante?
La corrente costante
Poniamo, per ipotesi, che l’impedenza del woofer da misurare sia di qualche ohm. Sul partitore tra la resistenza in serie presente sul circuito e l’impedenza dell’altoparlante nel loro punto di giunzione, avrà una tensione molto piccola rispetto all’uscita dello stadio finale. La differenza tra i due segnali, rilevati prima e dopo la resistenza in serie al woofer ed inviati al differenziale, disegnato più in basso, sarà allora molto elevata, come se la resistenza di controreazione dell’amplificatore fosse molto bassa, così da abbassare decisamente il guadagno dello stadio superiore. Se invece l’impedenza dell’altoparlante è molto elevata al nodo tra la resistenza-serie e l’altoparlante troveremo una tensione molto elevata, tanto che la differenza tra quella erogata dallo stadio finale e quella ai capi del partitore resistenza-serie/altoparlante sarà molto piccola, cosa che innalzerà in tempo reale il guadagno dello stadio finale.
In buona sostanza possiamo affermare allora che più alta è l’impedenza dell’altoparlante e maggiore sarà l’ampiezza del segnale all’uscita dello stadio amplificatore, mentre minore è l’impedenza del woofer e minore sarà il segnale generato dall’amplificatore. Il limite della misura è dato dunque dalla massima tensione che l’operazionale di potenza potrà erogare. Calcolando con un minimo di attenzione i componenti del differenziale e delle resistenze poste alla sua uscita possiamo dire che la caduta di tensione ai capi della resistenza-serie è praticamente indipendente dal modulo dell’altoparlante sotto test.
Ad una caduta di tensione costante ai capi di una resistenza che ha un valore resistivo costante, corrisponderà allora una corrente costante, corrente che attraversa anche il woofer sotto test, visto che l’amplificatore differenziale non assorbe praticamente nulla. Il funzionamento al variare del modulo dell’impedenza è automatico, mentre la corrente che attraversa il woofer è tipicamente maggiore di 10 mA e può essere variata aumentando o diminuendo il livello del segnale di ingresso, fino a circa 40 mA. Per ottenere un differenziale che operi soltanto la differenza tra i due segnali è necessario che i resistori al suo ingresso ed alla sua uscita siano assolutamente uguali tra loro, facendo funzionare lo stadio secondo le equazioni presenti nell’incorniciato, a guadagno unitario.
Ho contrassegnato col colore rosso i resistori che sarebbe preferibile avere con una tolleranza dell’uno per cento, facilmente reperibili su Amazon o sui circuiti di vendita on-line, magari assieme alla componentistica che occorre, circuito integrato compreso, integrato che vi suggerisco di usare con uno zoccolo 4+4 per poter intervenire in caso di…test che per una qualsiasi distrazione potrebbero essere distruttivi. Sull’ingresso non invertente (+) del circuito differenziale possiamo notare un trimmer da 20 giri che serve ad eguagliare il valore della resistenza verso massa alle altre da 10 k in modo che se i segnali sui due ingressi sono uguali dobbiamo rilevare all’uscita una tensione praticamente nulla. Notate infatti che la resistenza totale verso massa è la somma della 9,1 k e della porzione di trimmer, somma che deve essere uguale a 10 kiloohm. Migliore è la taratura e meglio funziona il differenziale.
Ovvio che pur rimanendo costante il valore-somma di 10 Kohm tra la 9,1 k e metà trimmer a 20 giri è consigliabile avere questa il più vicino possibile ai 10 kohm. Quindi un trimmer di valore molto contenuto può effettuare, con i suoi 20 giri a disposizione, una taratura estremamente precisa. Va notato che grazie a questo tipo di principio di funzionamento è possibile tarare il sistema e la sua tensione di uscita su diverse resistenze di valore noto. Personalmente ho usato un resistore da 10,05 ohm 1% ed uno per verifica da 270 ohm dello stesso grado di precisione, posti ovviamente al posto del woofer sotto test.
All’uscita del differenziale ho rimosso la necessaria resistenza da 10 kohm che va all’ingresso (-) dell’operazionale superiore ed ho sistemato al suo posto una resistenza da 5,1 kohm in serie ad un secondo trimmer a 20 giri dal valore di 10 kohm, per tarare con attenzione il valore della tensione di uscita fino ad ottenere l’esatto valore della resistenza test che abbiamo misurato con precisione. Una volta regolato questo trimmer non c’è più nulla da tarare, ed il circuito può essere rinchiuso in un piccolo contenitore metallico, magari con un led che ne segnali l’accensione. Dico questo perché io … non l’ho fatto, col risultato che il circuito è rimasto sotto tensione per poco meno di una settimana, 24 ore su 24. Ed è ancora funzionante, con i transistor finali che non erano nemmeno tiepidi.
L’alimentatore
- Figura 3: click per ingrandire -
Il circuito di alimentazione, ancora per quelli più pigri, si preoccupa di fornire la doppia tensione di alimentazione al circuito vero e proprio [Fig. 3]. Come si vede dallo schema elettrico il trasformatore di alimentazione da una quindicina di watt si preoccupa di abbassare la tensione alternata da 230 a +/- 15 volt, sempre, ovviamente, alternati. Il ponte raddrizzatore da 50 volt ed un ampere di corrente, consegna una tensione pulsante ad una frequenza doppia dei 50 Hz ai due condensatori da 2200 uF con una tensione di lavoro che sia almeno di 25 volt, che livellano le ondulazioni.
Questa tensione, che da un lato è positiva e dal lato opposto è negativa, vale circa 1,414 x Vac ed entra direttamente nei due integrati stabilizzatori, rispettivamente il 7815 per la tensione positiva, ed il 7915 per la tensione negativa. Il piedino che vediamo al centro in entrambi gli integrati costituisce il riferimento a massa. Sul terzo piedino infine troviamo la tensione ben stabilizzata che presenta prima dell’uscita vera e propria un condensatore di piccola capacità, un elettrolitico, da 10 uF verso massa. Vi consiglio di non eccedere con l’elettrolitico sull’uscita tanto è inutile. Occhio che i due integrati, come indicato nello schema, hanno piedinature differenti.
La taratura
Dovendo disegnare il circuito stampato ho provveduto a sistemare in maniera stabile anche il trimmer a 20 giri per la taratura dell’ampiezza in modo da non avere componenti volanti ed ho anche aggiunto un deviatore da circuito stampato in modo da poter effettuare una taratura corretta. Una volta montato il tutto con una certa attenzione, prestando una certa cura nell’inserire il circuito integrato nello zoccolo con la giusta polarità avendo preventivamente controllato la correttezza delle due alimentazioni (+ e – 15 v) possiamo dare tensione al circuito. Se non è esploso nulla siamo già ad un buon punto. Ora dobbiamo effettuare le due tarature, quella del differenziale e quella della tensione di uscita.
Spostiamo il deviatore su “taratura” senza alcun carico sull’uscita ed immettiamo un volt rms all’ingresso della scheda per tarare il trimmer a 20 giri posto sullo stampato a desta. All’uscita del differenziale (piedino 7 del circuito integrato) dobbiamo poter leggere una tensione bassissima. Regoleremo allora il trimmer fino a minimizzare questa tensione con una certa precisione. Sul mio prototipo ho regolato il trimmer fino ad avere una tensione all’uscita del differenziale molto inferiore ad un millivolt. Vi ricordo che in questa configurazione i due ingressi del differenziale vedono praticamente la stessa tensione e quindi con una regolazione fine del trimmer propongono una differenza all’uscita che dovrebbe valere zero.
Ora siamo certi che il differenziale funziona perfettamente e non ci rimane che regolare l’ampiezza della tensione di uscita con la massima precisione. Spostiamo allora il deviatore su “misura” e colleghiamo la resistenza di taratura da 10 ohm al posto dell’altoparlante. Con i valori scelti per il trimmer di sinistra possiamo regolare finemente il valore di tensione in uscita. Sul mio circuito stampato ho ottenuto una taratura estremamente precisa a 10,05 ohm, come la mia resistenza campione. Dovremmo leggere in uscita un valore di tensione rms di 100 mV. Regoliamo il trimmer sulla sinistra fino a leggere il valore esatto della resistenza diviso 100, valore che deve essere conosciuto con precisione. Con la resistenza campione di 10 ohm la tensione di uscita tra gli emettitori dello stadio amplificatore vale 2,28 volt rms.
Cenni teorici sul circuito differenziale
- Figura 4: click per ingrandire -
L’amplificatore differenziale o delle differenze, lo dice la parola stessa, fornisce alla sua uscita una tensione uguale alla differenza tra le tensioni presenti ai due ingressi. Come possiamo vedere nello schema semplificato qui di fianco [Fig. 4] abbiamo due ingressi in tensione alternata e quattro resistenze che definiscono il guadagno dello stadio. Nel nostro caso è inutile che ci sia un guadagno maggiore di quello unitario, visto che in uscita siamo anche limitati dalle due tensioni di alimentazione.
Quindi rimane stabilito che maggiore è la differenza di tensione tra i due ingressi e maggiore è la tensione di uscita mentre se, al limite, le due tensioni sono uguali otteniamo una tensione di uscita praticamente nulla. In uno stadio non invertente come quello disegnato in alto nel nostro circuito possiamo semplificare (di molto) dicendo che maggiore è la tensione riportata dall’uscita del differenziale all’ingresso invertente e minore è il guadagno, mentre se è minore il segnale che arriva all’ingresso invertente (-) maggiore è il guadagno di uscita. Esattamente quello che volevamo ottenere.
Link alla prima parte: Come misurare i parametri degli altoparlanti - Parte 1
SOMMARIO
- Calcolo dell'impedenza elettrica
- La massa aggiunta
- Il volume aggiunto
- Calcolare Vas, RMS, B x L
- Il circuito a corrente costante
- Analisi del circuito
- La corrente costante
- L’alimentatore
- La taratura
- Cenni teorici sul circuito differenziale
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