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Il codice da un miliardo di dollari

Recensione di Fabrizio Guerrieri , pubblicato il 18 Ottobre 2021 nel canale CINEMA

“Recensione | Tratto dall’incredibile storia vera di due ragazzi che avevano creato un software identico a quello che si sarebbe poi chiamato Google Earth, la serie tedesca analizza i meccanismi che hanno condotto al processo con meticolosità, andando a scavare nella passione che può sfociare in un sogno realizzato, salvo clamorosi plagi”


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Nella Germania post caduta del muro di Berlino, il programmatore ungherese Juri e l’artista visuale tedesco Carsten iniziano a lavorare su un software che permetta di vedere dall’alto ogni parte del globo. I due creano la Art+Com e si affidano alla Deutsche Telekom che può fornirgli attrezzature di un livello ben più alto rispetto a quello a loro disposizione. Nasce così TerraVision che dopo un anno di lavoro approda a Kyoto dove cattura l’interesse generale. Tra i vari viaggi conseguenti, approdano negli Stati Uniti dove conoscono Brian Anderson, un progettista della Silicon Valley che li motiva ad andare avanti e a non farsi rubare l’idea. Ma qualche anno più tardi arriva sugli schermi del mondo intero Google Earth, che è incredibilmente simile a TerraVision. Il caso finirà in tribunale per stabilire se ci sia stato un plagio dei codici del software tedesco da parte di Anderson oppure Google abbia semplicemente sviluppato un sistema vicino a TerraVision ma più sofisticato, fruibile per tutti e soprattutto legalmente valido.


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Composta da quattro densissimi episodi, Il codice da un miliardo di dollari è tratta dalla storia realmente accaduta a due ragazzi che volevano poter attraversare tutta la Terra in volo come Superman. La serie si compone di due momenti differenti. Il primo è la preparazione del processo, il secondo è il processo. Nella prima parte si racconta tutta la storia sulle due linee temporali parallele di presente e passato, e vengono evidenziati i problemi che potrebbero presentarsi una volta a giudizio. Nella seconda si affronta la giuria che dovrà decidere chi ha ragione. Tutto si concentra sulle possibili differenze tra TerraVision sviluppato nel 1994 e Google Earth presentato nel 2004, la cui prima versione (la 3.0) è arrivata il 28 giugno 2005 (fonte: Wikipedia). Uno dei nodi principali che la Art+Com non è riuscita a sciogliere è stata la difficoltà nel rendere fruibile il programma a tutti, cosa che invece Google è riuscita a fare. Ma il problema del plagio resta forte.


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La serie (che ricorda molto la stupenda Halt and catch fire, andata in onda tra il 2014 e il 2017, arrivata in Italia nel 2019) indaga sulla rete globale e chi la gestisce (e in che modo), in quello che di fatto è ancora oggi paragonabile al selvaggio west, sia in quanto a regole che a tasse da pagare. Le domande che sorgono durante la visione sono diverse: “Alla fine hanno vinto o perso?” “E se hanno vinto come mai non si è saputo?” “Forse serviva una serie tv per raccontarlo come ha fatto The social network?” E in effetti se si prova a cercare la storia sul più noto motore di ricerca, non è facile reperire informazioni.


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Non per caso, per chi voglia andare oltre la finzione, c’è anche il documentario Terravision – Come abbiamo fatto causa a Google per un miliardo di dollari (che su Netflix Italia è intitolato Il codice da un miliardo di dollari: dietro le quinte) in cui si spiega che se non ci sono molti risultati alla ricerca “Art+Com contro Google”, è proprio perché lo si sta “googlando”. Risate, amare. Nel documentario vengono approfonditi alcuni passaggi importanti della storia narrata nella serie, mentre altri vengono aggiunti, come il fatto che inizialmente il software si chiamava Keyhole e venne utilizzato a scopi militari attraverso una società, la Keyhole Inc., che faceva capo alla CIA. Fino a quando l’azienda statunitense non acquistò la suddetta società, cambiando il nome del software in Google Earth.


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Tornando alla serie, tutto ciò che è in bilico nei primi tre episodi trova una forma nell’ultimo. Anche la sceneggiatura che a tratti può sembrare non completamente solida, giunge invece a totale compimento alla fine. Inizialmente i ragazzi della Art+Com appaiono come dei perfetti ingenui di fronte a chi si è mostrato amico, sottacendo intenzioni poco nobili. Tutti gli interpreti fanno bene il loro lavoro, dando all’intreccio uno spessore maggiore. In particolare, mostrano una grande efficacia l’avvocato Lea Hauswirth, interpretata da Lavinia Wilson e Brian Anderson (Lukas Loughran), quello che da amico diventa l’antagonista. Ma chi brilla più di tutti sono i giovani Carsten e Juri, superati a loro volta dai due che li interpretano da adulti, rispettivamente Mark Waschke e Mišel Matičević. Il loro rapporto anche se spesso conflittuale, è ricco, pieno di sfumature e soprattutto complementare. Da una parte c’è l’artista brillante e sempre positivo, dall’altra il programmatore (giustamente) dubbioso e concentratissimo.


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Gli sguardi silenziosi di Juri sono più eloquenti delle parole, soprattutto per Carsten. Juri è la vera chiave della storia, è lui ad aver scritto il codice del titolo della serie. È su di lui che si concentra l’attenzione nel momento in cui bisogna attraversare ciò che è realmente successo, specialmente nel confronto con Brian che adorava. Ma Carsten è paradossalmente l’unico ingranaggio per far “funzionare” l’ex amico e collega. Che non è particolarmente affabile perché si basa sulla verità assoluta fatta di uno e zeri. Il loro rapporto resta simbiotico anche a distanza di anni, quando arrivati al processo saranno costretti ad incrociare di nuovo le loro strade e il loro destino, non lasciando da parte una certa dose di notevole ironia.


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Il risultato finale è una miniserie che ha poco da invidiare a prodotti con budget decisamente più alti di questo. Un po’ come nella battaglia condotta nella storia che la serie racconta. La ricostruzione degli accadimenti, oltre ad essere molto fedele e concentrata nei pochi episodi, è minuziosa ed essenziale, conducendo lo spettatore in un mondo che conosce molto bene dall’esterno grazie alle continue ricerche che fa in rete. Un mondo che all’interno cela meandri inesplorati come questo, meandri nei quali è facile perdersi se non guidati bene, meandri spietati in cui il potere economico e mediatico regnano praticamente incontrastati. E non è un caso se il motto aziendale di Google che era “Don’t be evil” (Non essere malvagio), negli anni ha cominciato ad essere accantonato sempre di più, fino alla sua quasi totale scomparsa.


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VALUTAZIONI

dal trailer all’intera serie
Aspettativa 7,5 Potenziale 9

soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO

visione
Intrattenimento 7 Senso 9 Qualità 8
Giudizio Complessivo 8

Il codice da un miliardo di dollari | miniserie (The billion dollar code)
drammatico | Germania | 7 ott 2021 | 4 ep / 66 min | Netflix

regia Robert Thalheim sceneggiatura Oliver Ziegenbalg

personaggi interpreti
Carsten Schlüter adulto Mark Waschke
Juri Müller adulto Mišel Matičević
Carsten Schlüter giovane Leonard Scheicher
Juri Müller giovane Marius Ahrendt
Lea Hauswirth Lavinia Wilson
Eric Spears Seumas F. Sargent
Brian Anderson Lukas Loughran

critica IMDB 8,2 /10 | Rotten Tomatoes critica nd utenti 4,4 /5 | Metacritic nd

aspect ratio 2 : 1

 

 

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