The Guilty | la recensione
Il film del regista di Training Day con Jake Gyllenhaal parte con ottime intenzioni in un'unica location, senza mai annoiare grazie a una tensione palpabile e interpretazioni degne di nota. Peccato che a un certo punto perda di ritmo e accusi qualche ingenuità di sceneggiatura.
Mentre sulle colline di Los Angeles divampa un enorme incendio, l’ex detective Joe Baylor ora operatore del 911 è impegnato al telefono con diversi casi più o meno trascurabili. Una donna in lacrime di nome Emily chiama come se parlasse con una bambina e Joe pensa a uno scherzo e sta per riappendere. Ma quando capisce che al contrario la donna è vittima di rapimento, le cose precipitano improvvisamente e inizia una corsa contro il tempo, mentre la maggior parte degli agenti delle forze dell’ordine è impossibilitata a intervenire perché impegnata a gestire le fiamme e le sue vaste conseguenze.
La nuova pellicola di Antoine Fuqua, veterano del genere thriller intimista, già regista dello strepitoso Training Day vede alla sceneggiatura Nic Pizzolatto, noto ai più per essere (stato?) lo showrunner di True Detective e aver scritto la sorprendente prima stagione con Woody Harrelson e Matthew McConaughey, delle tre certamente la migliore. I due avevano già collaborato per I magnifici 7, remake del film del 1960. Così come Fuqua aveva già lavorato con Jake Gyllenhaal per Southpaw - L'ultima sfida del 2015. Una squadra quindi che si cimenta in una storia decisamente complessa perché ambientata in un’unica location.
Undici anni dopo Buried - Sepolto, arriva un film del tutto simile nelle intenzioni: tenere lo spettatore incollato alla poltrona mentre sullo schermo si consuma un dramma al telefono, unico mezzo per comunicare con l’esterno. Nel caso del film con Ryan Reynolds il protagonista Paul si trovava dentro una bara sottoterra senza sapere come e perché e tutto il racconto avviene all’interno di quell’unica strettissima location. Qui Joe riceve telefonate in quanto operatore del 911, il pronto intervento americano. Ha in testa una cuffia con microfono con cui aiutare le persone in difficoltà e sulla scrivania uno smartphone per contattare la moglie da cui è separato e un collega di quando era in servizio attivo per le strade. La location è solo visibilmente più ampia di quella di Buried, ma la claustrofobia che vi si agita è molto simile.
Joe è sempre molto nervoso perché relegato a una postazione telefonica piuttosto che poter stare sul campo, al punto da chiedere ad altri di intervenire anche con la forza, rischiando di fargli violare tutta una serie di leggi. Ma non è solo per questo che, nei novanta minuti in cui si svolge il film senza interruzioni temporali, come in un piano sequenza, Joe è visibilmente alterato. Via via che si dipana il racconto, conosciamo sempre più a fondo il personaggio interpretato da Gyllenhaal, sempre concentrato, stavolta con un uomo a un bivio, che senza mezze misure tenta di sistemare un’emergenza inconsueta. Una donna prigioniera di un uomo contatta il 911 fingendo di parlare con la propria figlia per ingannare il rapitore che la sta conducendo non si sa dove. Ciò che appare da vari indizi non è tutto quello che il protagonista deve sapere per comprendere pienamente quanto stia accadendo. Gli occhi e le orecchie sono concentrati ma la sua testa a volte va in tilt e fa fatica a comporre il puzzle nella maniera più completa. Qualcosa è a fuoco ma qualcos’altro gli sfugge. E mentre la trama si dipana, qualcosa inizia a suonare stonato, a scricchiolare. Ma cosa?
Il film si sviluppa su due trame parallele: da una parte Joe è alle prese con un caso di rapimento, dall’altra il giorno dopo ha un appuntamento in tribunale, ma non sappiamo ancora perché. Lo stato di tensione attraversa lo schermo e investe lo spettatore che cerca di capire perché quello che va delineandosi sempre di più come un eroe abbia una vita privata tanto complicata e un’udienza legale che lo fa apparire come un animale sulla graticola. Il rapporto con gli interlocutori al telefono si svolge principalmente a voce ma contemporaneamente sui cinque schermi che Joe ha davanti a sé, da cui può verificare l’identità e la posizione approssimativa dei soggetti che chiedono aiuto. Il suo lavoro viene svolto brillantemente ma senza la giusta pazienza nel seguire gli stringenti ma necessari protocolli. Abituato a stare a contatto con colleghi, vittime e delinquenti si sente limitato e frustrato. Ma la sua enorme preoccupazione, a tratti esagerata, nei confronti di Emily nasconde qualcosa di ben più cupo e irrisolto.
Oltre agli attori visibili, ce ne sono diversi di cui sentiamo solo la voce che formano un gruppo di comprimari d’eccezione. La voce di Emily è quella di Riley Keough (nipote di Elvis Presley), già protagonista della prima stagione di The girlfriend experience, la serie prodotta da Steven Soderbergh dal cui film del 2009 era tratta. Il marito Henry è invece Peter Sarsgaard (sposato con Maggie Gyllenhaal, sorella di Jake) che sarà Gil Colson nel prossimo The Batman di Matt Reeves. Poi c’è Paul Dano (conosciuto per lo strepitoso Little Miss Sunshine) che sempre in The Batman sarà l’Enigmista, mentre qui interpreta un uomo d’affari rapinato da una prostituta. E infine troviamo anche la voce di Ethan Hawke nei panni dello sboccato sergente Bill Miller, ex superiore di Joe con cui ha degli scambi di vedute piuttosto pittoreschi.
Qualche debolezza nello scandire il ritmo della pellicola indebolisce un impianto non perfetto ma decisamente efficace, che sa come tenere viva l’attenzione di chi guarda. C’è anche qualche ingenuità di scrittura a sottrarre qualità al film. Perché portare la storia in una direzione e poi deviare senza la giusta misura nel giustificare le motivazioni che hanno portato a quella scelta, spostano il centro delle intenzioni iniziali, tradendo lo spirito deciso e intraprendente del protagonista, oltre a quello molto trasparente che il regista è solito restituire. Un personaggio, Joe, che in alcuni momenti ricorda il Denzel Washington di Training day, ma se ne distacca al momento giusto, con sofferenza ma anche liberazione. Così come riporta alla mente il Colin Farrell di In linea con l'assassino, coi giusti distinguo. Un film che poteva essere migliore di così, ma che comunque incuriosisce ed emoziona, anche per la capacità non comune di raccontare una storia di un’ora e mezza in uno stesso luogo senza mai annoiare e riuscendo a trasportare gli spettatori dall’altra parte della linea telefonica, dove si trovano le persone in pericolo. Fino a capire chi è il colpevole del titolo.
VALUTAZIONI
Regia 7 Sceneggiatura 6,5 Recitazione 8
Fotografia 7,5 Musiche 6
Film 7
The Guilty
drammatico, thriller | USA | 1 ott 2021 | 91 min | Netflix
regia Antoine Fuqua sceneggiatura Nic Pizzolatto fotografia Maz Makhani musiche Marcelo Zarvos
personaggi interpreti
Joe Baylor Jake Gyllenhaal
sergente Denise Wade Christina Vidal
Manny Adrian Martinez
sergente Bill Miller Ethan Hawke (voce)
Emily Lighton Riley Keough (voce)
Rick Eli Goree (voce)
Matthew Fontenot Paul Dano (voce)
Henry Fisher Peter Sarsgaard (voce)
critica IMDB 6,3 /10 | Cinematografo nd | Rotten Tomatoes critica 6,5 /10 utenti 3,2 /5 | Metacritic critica 63 /100 utenti 6,8 /10
camera Arri Alexa Mini LF, Hawk65 Lenses
formato D-Cinema | Video (UHD)
aspect ratio 2,39 : 1
formato audio Dolby Digital
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Commenti (6)
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[U]Sinceramente e serenamente potete tranquillamente farne a meno[/U], ottima solo e esclusivamente l'interpretazione è solo x quello che sono arrivato a vederlo tutto !
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Fortunatamente i gusti sono personali, cio' che non piace a te puo' piacere tantissimo ad altri.
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Anche secondo me, niente di che, e poi troppo lento
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Per caso ho visto recentemente la versione originale (Danimarca 2018) su Prime.
Visto in lingua originale con sub ita... UN FILMONE.
Incredibile come vola quasi 1.30 h girato in unica location e con singolo personaggio.
Un film assurdo simile, fantastico... è LOCKE con Tom Hardy. Da vedere anche quello! -
La noia più totale , gia dopo una mezzoretta avevo raggiunto il limite della sopportazione
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ma io non capisco perchè hanno fatto una copia identica dell'altro film del 2018...