L'uomo delle castagne | la recensione

Fabrizio Guerrieri 13 Ottobre 2021 Cinema, Movie e Serie TV

Miniserie | Quello che appare inizialmente come un semplice poliziesco, diventa un thriller affascinante e complesso. La serie danese evidenzia il contrasto tra la mimesi di persone e paesaggi nordici e la passione di chi vuole giungere alla verità su un caso di difficile risoluzione.


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Una serie di brutali omicidi di donne con strane mutilazioni annesse, mette sulle tracce dell’assassino l’investigatrice Naia Thulin, madre di una bambina che non riesce a seguire come vorrebbe, motivo per il quale vorrebbe essere trasferita ad una mansione da ufficio presso l’NC3, il Centro di Polizia Nazionale contro i Crimini Informatici. Le viene affiancato l’ufficiale di collegamento Mark Hess, finito nella sezione omicidi di Copenaghen in attesa che l’Europol decida del suo futuro dopo un qualche imprecisato problema. Quando sui luoghi dei ritrovamenti delle vittime vengono rinvenuti dei piccoli pupazzi fatti dai bambini con castagne e fiammiferi, il caso viene collegato a quello della scomparsa, un anno prima, di Kristine, la figlia dodicenne del ministro degli affari sociali Rosa Hartung, di cui è già stato incolpato uno psicopatico reo confesso con vari altri precedenti penali. Il corpo della bambina non è mai stato ritrovato perché l’assassino non ricorda il luogo in cui l’ha seppellita, ma quando su tutti gli omini delle castagne vengono trovate le impronte di Kristine, Rosa e suo marito Steen sono costretti a sperare riaprendo quella ferita che erano quasi arrivati ad accettare. Mentre per Naia e Mark inizia una caccia all’uomo difficile e complessa, in cui verranno coinvolti non solo professionalmente ma anche a un livello intimo ben più profondo.


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L'uomo delle castagne è tratta dal romanzo omonimo del 2018 di Søren Sveistrup, suo esordio letterario, già sceneggiatore della buona serie tv The Killing (in originale Forbrydelsen, che ha avuto anche un remake americano), che qui figura in veste di co-sceneggiatore e showrunner. Gli interpreti principali sono anch’essi conosciuti, non solo in Danimarca. Danica Curcic che interpreta l’investigatrice Naia Thulin, l’abbiamo già vista in un’altra serie danese Netflix, Equinox, mentre Mikkel Boe Følsgaard nei panni dell’ufficiale di collegamento Mark Hess, è noto per aver fatto parte del cast del magnifico Land of Mine - Sotto la sabbia del 2015 e per aver ricevuto l’Orso d’Argento a Berlino per il suo debutto cinematografico nel film Royal Affair del 2012.


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La serie si presenta inizialmente come un poliziesco canonico, per rivelarsi capitolo dopo capitolo come un thriller di quelli che non si vedevano da tempo. Fino al punto di generare un vero e proprio bisogno di binge watching a ogni finale d’episodio. Ogni elemento utile alla ricostruzione degli eventi che hanno portato al caso in questione, cioè quello delle donne uccise e amputate, viene svelato in maniera naturale, quasi neutra, come se ci trovassimo nella vita reale, un metodo molto tipico nei prodotti di fattura nord europea. In questo modo si avverte a fatica il filtro che separa il realistico dalla finzione e l’immersione nella storia, la fusione tra attori e spettatori, avviene quasi senza che ci se ne accorga. L’empatia scatta inesorabilmente, e la sofferenza umana (non percepita come debolezza, nonostante quasi tutti i personaggi tentino inutilmente di restare sempre distaccati) unita all’appassionata sete di verità muovono i sensi verso la soluzione finale, tutt’altro che semplice da raggiungere.


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I due protagonisti sono tra le cose migliori della serie. Mark si dimostra indolente verso la nuova situazione e specialmente nei confronti di Naia. Il loro rapporto dapprima freddo quanto un iceberg, inizia a sciogliersi quando l’uomo si dimostra molto sensibile verso un bambino appena rimasto orfano (qui trovate la sequenza priva di spoiler), meravigliando la collega che fino allora lo aveva giustamente percepito come un essere freddo se non addirittura del tutto disinteressato a risolvere il caso. Una scena importantissima che rompe quello che sembrava essere un disequilibrio mostrandolo al contrario come l’essere complementari dei due poliziotti. Il passato dell’uomo lo ha reso ruvido verso chi non lo conosce, il presente della donna la porta a comportarsi nella maniera più razionale possibile. Ma entrambi si alterneranno nel placare la passione dell’altro mossa dal desiderio di arrivare a trovare l’assassino, quasi come per liberarsi dai fantasmi personali.


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Al centro del racconto sembrano esserci le donne, dato che è sui loro corpi che si concentrano il carnefice e le brutali immagini. Ma pian piano appaiono i veri protagonisti: i bambini. Figli spensierati che giocano a costruire pupazzetti con le castagne, vittime inconsapevoli di qualcuno che al contrario vorrebbe salvarli con l’arroganza di chi pensa di sapere cosa sia meglio per loro. Ed è tramite i piccoli innocenti che, direttamente o indirettamente, vengono inflitte le pene, senza sconti e con lucida follia. Uno di quei casi impossibili cui la letteratura nordica ci ha abituati negli ultimi anni, gialli ben scritti e ben costruiti che mostrano l’orrore che si cela dietro ai climi rigidi cui appartengono quei paesaggi e quelle persone. Lo stile prevalentemente asciutto che li contraddistingue segna confini precisi entro i quali si muovo accadimenti e personaggi. La mimesi tra territorio e umanità entra in contrasto con la capacità di pochi di resistere alla tentazione di adeguarsi e adagiarsi, tirando fuori una passione indomita che spezza quella continuità. Come un fuoco che tenti di vincere il ghiaccio nonostante quest’ultimo sia aiutato dal gelo circostante.


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Proprio così funziona anche L’uomo delle castagne. Tra i due investigatori inizia a stabilirsi un rapporto che lentamente li porta a tirar fuori e condividere gli stessi ideali. Parallelamente, tra il ministro Rosa Hartung e suo marito Steen è sempre presente il viso della piccola Kristine, che non si sa con precisione che fine abbia fatto. Lei deve tornare al suo incarico istituzionale con autorevolezza e per questo mette da parte ogni speranza ormai vana di ritrovare la figlia. Lui la sostiene completamente fino a quando un minimo spiraglio non si fa largo come un ariete in quello che appariva come definitivo. A quel punto, come accade spesso in storie di questo tipo, le conseguenze sembrano scontate. Invece i due comunicano e cercano di trovare il coraggio necessario per restare uniti. Proprio come fanno, in altra maniera, perché legati da un altro tipo di rapporto, comunque efficacemente, Mark e Naia. Per salvare davvero quei bambini bisogna tenere in piedi l’universo che li circonda, ed entrambi lo sanno molto bene.


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Peccato che proprio nel finale qualcosa si interrompa, vengono inseriti elementi che stridono con le ottime premesse di totale imprevedibilità e la qualità fin lì seminata perde un po’ di smalto. Non così tanto da rovinare l’impianto. Che oltre che sulla recitazione e sulla ben calibrata sceneggiatura, si regge grazie a una fotografia ficcante e stilisticamente impeccabile, specialmente nelle scene notturne in cui sottolinea le sensazioni dei personaggi e rende sempre più invisibile e irraggiungibile la figura dell’assassino. Che diventa parte di quella oscurità fin quasi a far pensare che non verrà mai scoperto come accadeva, ad esempio, in Zodiac, un enigma troppo difficile da ricostruire. Ma qui il colpevole ha bisogno di venire allo scoperto come quello di Se7en, per restare su Fincher. Le sue motivazioni non sono dettate da un banale sadismo, affondano le radici dentro un dolore lungo anni e il suo desiderio di vendetta prende il sopravvento su tutto e tutti. Il costo per tornare alla normalità potrebbe essere più caro del previsto. E la serie diventa per questo sempre più pregna di contenuti per questa capacità di non cedere agli stereotipi, motivando le scelte di ognuno con carattere e onestà, rinunciando ai compromessi in favore di una complessità costruttiva interessante e intelligente. Oltre che profonda e intima, risultando così davvero meritevole di essere vista e apprezzata fino in fondo.


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VALUTAZIONI

dal trailer all’intera serie
Aspettativa 6,5 Potenziale 8,5

soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO/ALTO

visione
Intrattenimento 7,5 Senso 8 Qualità 8,5
Giudizio Complessivo 8

L'uomo delle castagne (Kastanjemanden)
thriller, drammatico | Danimarca | 29 set 2021 | 6 ep / 55 min | Netflix

ideatore Søren Sveistrup

personaggi interpreti
Naia Thulin Danica Curcic
Mark Hess Mikkel Boe Følsgaard
Rosa Hartung Iben Dorner
Steen Hartung Esben Dalsgaard
Nylander Lars Ranthe
Simon Genz David Dencik
Le Thulin Liva Forsberg
Gustav Hartung Louis Næss-Schmidt
Aksel Anders Hove
Nehru Ali Kazim
Kristine Hartung Celine Mortensen

critica IMDB 8,0 /10 | Rotten Tomatoes critica nd utenti 4,1 /5 | Metacritic nd

camera Sony VENICE
aspect ratio 2 : 1

 

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