Il grande silenzio

Alessio Tambone 17 Aprile 2006 Cinema, Movie e Serie TV

Dopo il successo tedesco arriva anche in Italia il documentario-evento sulla vita dei monaci nella Grande Chartreuse, il complesso più antico costruito dall'Ordine dei Certosini sulle Alpi francei. 164 minuti si silenzio, preghiera ed introspezione. Ecco il nostro giudizio

La regia


La passeggiata domenicale e la possibilità di dialogo tra i monaci

Il regista Philip Gröning ha vissuto per quasi sei mesi all'interno della certosa, abbandonando completamente ogni contatto con il mondo esterno. Ha vissuto come un monaco, prendendo parte ad ogni rituale della vita monastica: la vita in cella, le preghiere notturne, i pasti solitari, le passeggiate domenicali. Sempre nel monastero ha registrato il sonoro del documentario e nella sua cella ha montato il documentario. Alla fine delle riprese aveva a disposizione ben 120 ore di girato, con una media di registrazione di circa una cassetta al giorno.

"Poiché seguivo lo stile di vita dei monaci - facevo le pulizie e lavoravo nel giardino - avevo solo due o tre ore al giorno per il mio lavoro come regista." ha dichiarato Gröning. "Inoltre, ho cercato fortemente di non ripetere ogni sequenza. Se una scena era buona, ho praticamente forzato me stesso a non ripetere la stessa scena di nuovo. Il mio sforzo primario è stato quello di evitare cliché e di non girare il tipo di scene che ci aspettiamo in base al nostro modo di vedere la vita monastica."


La macchina da presa si sofferma sul pasto dei monaci

La vita di un monaco è molto ripetitiva. Gröning ha cercato di portare la stessa ciclicità all'interno del documentario, ripetendo come se fossero strofe di salmi anche inquadrature e didascalie. La macchina da presa è entrata nella certosa silenziosamente, osservando e registrando tutto quello che avveniva davanti all'obiettivo. L'uso di carrellate a seguire e la relativa maneggevolezza delle macchine da presa utilizzate ha facilitato gli spostamenti durante le riprese. Situazione favorita anche dalla mancanza di illuminazione artificiale a vantaggio della luce naturale.

Ottima la scelta delle inquadrature. La macchina da presa spia attraverso porte aperte e corridoi, soffermandosi spesso su particolari tanto semplici quanto carichi di significato: l'acquasantiera, un piatto lasciato ad asciugare, una mela tagliata a metà, un campo danneggiato, il cibo passato attraverso le celle. Le inquadrature rimangono impresse nella memoria grazie ad un montaggio lento, che permette di gustare il video e di immergersi completamente nelle atmosfere. In alcune situazioni il montaggio però è fin troppo lento e lo spettatore rischia la distrazione dovuta alla ripetitività. Ci riferiamo in particolare alle diverse riprese in primo piano dei vari monaci, che a turno guardano direttamente lo spettatore per più di una decina di secondi per volta.

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