Gli irregolari di Baker Street | recensione
Stagione 1 | La serie ispirata all'immaginario di Sherlock Holmes mescola horror e fantasy perdendo di vista gli elementi basilari da cui parte, tradendo il potenziale di cui disponeva. Il famoso investigatore e il suo aiutante vengono retrocessi a mera cornice senza il supporto di una costruzione degna delle opere di Arthur Conan Doyle.
Bea, Jessie, Billy e Spike formano un gruppo di adolescenti abbandonati che vivono nella Londra vittoriana in cerca di espedienti per sopravvivere. Bea, la più responsabile del gruppo, viene contattata da un uomo misterioso, il dottor John Watson, che certo delle loro capacità la incarica di risolvere uno strano caso di sparizione di neonati. Nonostante la diffidenza, la ragazza inizia le indagini con gli altri tre, cui si aggiunge Leopold, un ragazzo colto e per questo molto utile, che scopriranno essere un principe in fuga dalla sua vita iperprotetta. Insieme si avventurano in un mondo sovrannaturale in cui diverse persone hanno ricevuto poteri straordinari che usano per vendicare i torti subìti. Un po’ per volta, Jessie capisce di essere anche lei dotata di capacità speciali che le creano però incubi continui. Intanto Watson nasconde la presenza di un uomo con cui abita fino a quando la sua identità si rivela essere quella di Sherlock Holmes.
Basata sull’opera di Sir Arthur Conan Doyle dedicata al detective più famoso del mondo, Gli irregolari di Baker Street si sposta sulla tangente del fantasy e di un’eredità da (con)cedere a nuovi e più giovani investigatori. Le fascinazioni e le atmosfere sembrano prendere le mosse da prodotti precedenti, più o meno di qualità. Ci sono l’oscurità e l’orrore dell’ultima trasposizione cinematografica di It (non proprio un gioiello, soprattutto nel secondo capitolo, nonostante gli incassi), l’aura mitologica di Penny Dreadful e i superpoteri di Misfits (questi ultimi, al contrario, capolavori della serialità). Ma l’esito di questa serie, ben fotografata e con ottime scenografie e costumi d’epoca, non si dimostra all’altezza della situazione.
Partiamo dai personaggi. La banda che dà il titolo alla serie è, di base, alquanto interessante nelle premesse. La brava (e irascibilissima) Bea è sempre sul piede di guerra contro chiunque abbia anche solo l’idea di colpire lei o gli altri. La sensibile (e sensitiva) Jessie scherza ma soffre, cerca la leggerezza ma si imbatte in inganni e mostri. Billy sa come menar le mani perché dentro è un uragano in cerca della verità circa le proprie origini (come d’altronde tutti gli altri) e per questo vive contrasti e autosabotaggi che lo rendono fragile. Spike è la parte divertente, quello che viene preso in giro perché a volte un po’ bonariamente spaccone, al quale fare però riferimento nei momenti più pesanti da affrontare. Affascinato dalla loro libertà nonostante la precarietà, si unisce al gruppo Leopold (personaggio basato sul vero principe Leopold, duca di Albany), giovane rampollo della casa reale sempre tenuto sotto una campana di vetro a causa dei problemi di salute di cui soffre. Dotato ovviamente di grande cultura e conoscenze è il plus che può avvantaggiare gli Irregolari, ricevendo in cambio il senso di purezza e unione che mancano a palazzo.
Accanto ai protagonisti (e non viceversa) si collocano il dottor Watson e Sherlock Holmes. Il primo, meschino e supponente (e spesso quasi più importante del secondo) piuttosto che salvifico ed equilibrato, completamente snaturato rispetto all’originale. Il secondo, totalmente preda degli stupefacenti, come per sparire dal mondo in seguito a un passato che lo ha privato delle motivazioni per continuare il suo lavoro con l’arguzia e le inarrivabili qualità deduttive con cui è noto. Quello che si delinea è una sorta di post Doyle in cui i due paladini diventano quasi completamente negativi e dunque poco più che inutili. La scelta è sbagliata per due motivi. Uno: togliere spessore a ciò che di fatto è la radice da cui si attinge svilisce anche tutto il resto. Due: si rende in questo modo evidente l’estrema semplicità, che diventa così banalità, nel traslare l’attenzione verso i nuovi arrivati, apparente unico scopo dell’intera operazione.
L’altro problema di fondo risiede nella sceneggiatura. Nella prima metà della stagione, vengono esaminati e risolti diversi casi investigativi - alcuni anche affascinanti sebbene un po’ troppo virati a favore dell’horror piuttosto che restare fedeli al giallo - uno per episodio. Questo fa sì che non si dia il giusto spazio all’approfondimento di ognuno perché parallelamente scorre lo sviluppo della trama orizzontale. Che nella seconda parte diviene centrale, lasciando però per strada il tema principale prendendone il posto. Ma le due cose avrebbero potuto marciare insieme, dando più spazio e accuratezza alle indagini e maggior spessore alle storie dei protagonisti. Diversi elementi vengono poi sparsi inizialmente per venire successivamente dispersi e abbandonati. La figura di Mycroft, fratello di Sherlock, è solo uno degli esempi in merito. Inoltre, quasi tutti i colpevoli hanno subito ingiustizie, vittime di un sopruso precedente, in cerca di una giusta vendetta, ma gli Irregolari piuttosto che aiutarli, andando magari contro la legge iniqua, li mettono all’angolo.
I meccanismi messi in piedi dalla scrittura del soggetto non sono affatto male. I ragazzi che cercano di capire il loro senso nel mondo, una madre che ha compiuto una scelta troppo traumatica per essere compresa e condivisa, il riscatto sociale e morale, sia di chi è nato sconfitto che di chi non ha potuto vivere libero, la scoperta dell’amore e le complicazioni che genera, la forza dell’amicizia che rende tutti importanti se non fondamentali, sono temi interessanti e articolati. Ma non vengono supportati da sviluppi coerenti e decisi a favore di una complessità necessaria per dare senso alle scelte, a volte difficili, dei personaggi. Il cui cercarsi, incastrarsi, perdersi e ritrovarsi donano sì colore e passione, privi però di una risoluzione sufficientemente chiara e unita, togliendo molto al potenziale che la storia avrebbe potuto esprimere.
La serie è attualmente salda nella Top 10 italiana e si colloca molto in alto anche in quelle del resto del mondo, confermando l’interesse verso l’idea di base. Una seconda stagione non è ancora stata programmata ma dovrebbe trovare posto facilmente tra le scelte future di Netflix, sperando in un deciso cambio di rotta e una cura che l’immaginario di Sherlock Holmes merita, come già accaduto (anche se solo parzialmente) in Enola Holmes e (totalmente) nella serie Sherlock con Benedict Cumberbatch e Martin Freeman, oltre che nei due film diretti da Guy Ritchie con Robert Downey Jr. che vedranno un terzo episodio alla fine del 2021.
VALUTAZIONI
soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO/BASSO
visione
Intrattenimento 6 Senso 4,5 Qualità 7
dal trailer all’intera serie
Aspettativa 6,5 Potenziale 7,5
Risultato 5,8
Gli irregolari di Baker Street | stagione 1 (The Irregulars)
thriller, horror, drammatico, fantasy | UK | 2 apr 2021 | 8 ep / 53 min | Netflix
ideatore Tom Bidwell
personaggi interpreti
Bea Thaddea Graham
Jessica “Jessie” Darci Shaw
Billy Jojo Macari
Spike McKell David
Leopold Harrison Osterfield
Sherlock Holmes Henry Lloyd-Hughes
John Watson Royce Pierreson
l’Uomo di Lino Clarke Peters
Alice Eileen O'Higgins
Daimler Edward Hogg
Mycroft Holmes Jonjo O'Neill
Patricia Coleman-Jones Olivia Grant
ispettore Lestrade Aidan McArdle
critica IMDB 5,5 /10 | Rotten Tomatoes 6,4 /10 | Metacritic 60 /100
aspect ratio 16 : 9
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Commenti (6)
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sono in pieno accordo con il recensore.
mancano proprio quegli aspetti che avrebbero potuto elevare la serie ad un livello superiore.
il target di pubblico è quello dei pari età dei protagonisti, quello adulto non lo vedo troppo pertinente. -
La sto guardando e la vedo in modo diverso. Per me se non ci si fossilizza sulla coppia Sherlock-Watson porta un po’ di ventata fresca e mostra come il lavoro di gruppo sappia far raggiungere gli obiettivi senza far emergere un unico protagonista. La figura di Holmes viene ridimensionata proprio perché fondamentalmente in antitesi al gruppo e viene anche messo in risalto il suo lato narcisista...
Continuo a vederla in lingua originale e a volte i dialoghi sono molto serrati e veloci, per il resto devo dire che mi sta piacendo. -
Ero in dubbio se vederla e la recensione mi stava facendo passare la voglia, il tuo commento ellebiser invece mi ha fatto tornare uno spiraglio di curiosità! Grazie
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Poi farai sapere...
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Io l'ho finito di vedere ieri, complice la giornata di pioggia ed ancora la zona rossa della provincia.
Non mi è affatto spiaciuto, anche perché NON mi aspettavo qualcoasa su Sherlock Holmes per come già trattato in TV o nei film, ma appunto una storia parallela affine a questo contesto.
Si vede che è più pensato per un pubblco di giovani che di appassionati reali del libro di Sir Conan Doyle, ma non ne fa mistero, ed anche i colpi di scena sono quasi tutti telefonati alla grande. Insomma, niente di nuovo sotto al sole, ma non l'ho trovato pessimo, anzi, c'è stata la voglia di arrivare in fondo anche se appunto non c'erano cose così stravolgenti.
Nel pattume medio delle produzioni Netflix devo dire che si distingue in un certo qual modo.
Senza farsi aspettative da kolossal, una chance gliela concederei senza problemi. -
Finita poco fa e devo dire che non mi è affatto dispiaciuta, una volta cominciato ad accettare con Enola Holmes il fatto di usare in piccola parte o quasi affatto i personaggi originali si riesce secondo me ad apprezzare meglio questa serie, che di fatto pone Sherlock e Watson in una fase successiva a quella dei casi risolti e delle storie a cui siamo abituati, il che mi porta a dissentire anche con la recensione di avmagazine che avrebbe voluto qualcosa di più affine mentre qui come dice il titolo la storia è su altri personaggi, che però di fatto sono collegati ai due più famosi. Posso essere d’accordo che qua e là ci sia un po’ di adolescenziale o che i personaggi potessero essere maggiormente sfruttati, ma comunque resta una storia piuttosto ben strutturata e che mantiene interessati, con un buon mix tra thriller horror e questioni affettive