High End Munich 2022: Burmester
Un irrinunciabile classico di High End Munich è la sala Burmester, un marchio tedesco presente sul mercato da 45 anni, distribuito in Italia da Tecnofuturo e con una forte proiezione internazionale; oggi Burmester proporre una gamma completa di speaker ed elettroniche ben identificabili e di fascia elevata
Un grande, anzi irrinunciabile classico dell'HEM è la sala Burmester. Parliamo di un marchio tedesco presente sul mercato da 45 anni, con una forte presa sul mercato interno e una altrettanto notevole proiezione internazionale che negli anni ha espanso la sua produzione fino a riuscire a proporre una gamma completa di speaker ed elettroniche, queste ultime spesso caratterizzate da eleganti finiture specchiate che le rendono identificabili a colpo d'occhio.
Quest'anno, oltre ad una grande sala laterale, Burmester occupava anche un vasto stand centrale dell'Atrium in cui erano esposti i suoi bei prodotti in forma statica. Dopo averne ammirato il design, teutonico nelle linee ma indubbiamente dotato di personalità, e toccato con mano le pregiate finiture (davvero grandiosi anche solo a livello costruttivo i finali mono signature line 159!) ne ho tratto l'ennesima conferma della consueta solidità ed ho deciso di prenotare una visita alla loro listening room per l'ultimo giorno della manifestazione, essendo gli orari fino al termine della giornata ormai tutti occupati.
Domenica mattina ho quindi fatto ingresso nella loro saletta, il cui trattamento acustico anche di primo acchito appariva subito accurato ed esteso. Sul pavimento del boot era stata sovrapposta una folta moquette, mentre lateralmente e posteriormente erano stati intensivamente posizionati pannelli piuttosto alti a forma di stele.
Il mediatore tecnologico tedesco del marchio tedesco naturalmente esponeva in tedesco, riservandosi però alla fine di fare un résumé in inglese; coda che purtroppo poi dimenticherà del tutto, avendo forse prestato poca attenzione alle tante mani alzate ad inizio sessione dei non nativi germanofoni presenti in sala. Quindi, vi prego di perdonare qualche possibile imprecisione.
Con qualche ditata di troppo sulle rilucenti macchine specchiate, erano in dimostrazione degli autentici pezzi di bravura: un giradischi Reference Line 175, un music center Reference Line 111, due finali Reference Line 218, un Power Conditioner 948 e una coppia di altoparlanti Reference Line BC150.
Il giravinili 175 Reference Line (43.990 euro) è la massima espressione tecnologica del marchio in questo tipo di macchina. È dotato di un braccio da 9 pollici montato su giunto cardanico con tubo in carbonio-alluminio. Il giradischi, dal peso di 61 chilogrammi, incorpora al suo interno il preamplificatore phono 100 (dal costo di 18.990 euro), ha un'impedenza di ingresso selezionabile tra 4.7 kΩ, 1.0 kΩ, 470 Ω, 330 Ω, 220 Ω, 100 Ω e offre un gain ad 1 kHz di 70 dB.
Anche il Music Center 111 appartiene alla Reference Line ed anch'esso è il top di gamma del brand in questa tipologia di apparecchi (42.990 euro). La denominazione in realtà maschera una network machine multipurpose, poiché oltre ad essere per l'appunto un music server (compatibile con TIDAL e Qobuz) è anche un CD player, un CD ripper, un DAC e un preamplificatore analogico. Con un gran bel design e questa duttilità si presta d'imperio ad occupare il ruolo di cuore pulsante del set che si andrà a costruire.
I due finali Reference Line 218 si ispirano circuitalmente ai top di gamma 159. Hanno un telecomando di accensione e spegnimento, sono finali stereo trasformabili in configurazione mono. Lo stadio di ingresso è a tecnologia proprietaria X-Amp in Classe A, sono costruiti con un percorso del segnale completamente accoppiato in corrente continua senza la presenza di condensatori nel percorso del segnale e garantiscono un elevato dumping factor. La potenza e caratteristiche tecniche più precise per il momento non vengono dichiarate.
In una mostra come questa, dove la stessa fornitura di corrente elettrica viene condivisa con molti altri espositori, era stata probabilmente una buona idea inserire nel set il Power Conditioner 948 (7.990 euro).
Gli speaker BC150 della Reference Line sono dei bass reflex a 3 vie alti 1,43 metri, con una tenuta di potenza di 400 Watt (DIN), una sensibilità di 88.5 dB, una impedenza nominale di 3 Ohm (attenzione al finale, quindi!) e vengono offerti ad un prezzo alla coppia di 109.000 euro. Sono stati costruiti con una specifica attenzione posta su materiali che garantissero rigidità strutturale e capacità di smorzare ogni possibile risonanza. Sono dotati di due tweeter Air-Motion-Transformer (AMT), l'anteriore mutuato dalle top di gamma della Signature Line BC350 e adattato all'uso che se ne intendeva fare in questa configurazione, il posteriore - regolabile - atto a donare profondità spaziale al soundstage. Oltre al midrange frontale da 18 cm, la cassa è dotata di woofer laterale da ben 32 cm, anch'esso mutuato dalle flagship.
Nel guardare l'impianto, l'elegante binomio grigio chiaro opaco/superfici a specchio la faceva da padrone, perpetrando il nuovo grande classico estetico creato nel tempo dal marchio che si unisce alla neutralità dei neri assoluti di certi prodotti Braun e ai bianchi assoluti dei primi prodotti Apple.
Le danze si aprivano con Birds, di Fils-Aime' Dominique, tratto da Nameless: davvero una partenza a razzo! Il set sfoderava subito una notevole e calda estensione in basso, al contempo emettendo una voce quanto mai definita e limpida e tratteggiando una scena ferma, solida. Dal punto di ascolto si apprezzava in particolare il vantaggio dovuto al felice posizionamento del pannello emittente frontale posto ad una altezza che di fatto pareggiava quella delle orecchie degli ascoltatori seduti.
Seguiva Temple Caves di Mickey Hart, anche qui percussioni in grande spolvero e un gran bel sentire. Anche in seconda fila si ricreava una grande scena e il brano risvegliava tonalità profonde. Le percussioni mostravano una notevole definizione sonora.
È curioso come funzioni l'animo umano. Chi ha un po' fretta (lo so, in queste occasioni non se ne dovrebbe avere) si lamenta per il fatto di dover ascoltare tutto il brano "per rispetto artistico verso l'autore". Ma per la prima volta in vita mia gli excerpt di questo azzeccato programma sonoro mi sono risultati quasi troppo brevi. Appena mi iniziavo a cullare mentalmente, zac, il brano veniva interrotto con un fade out... Incontentabile.
Facevano seguito What More di Swindle (feat. Greentea Peng), voce femminile con accompagnamento sintetico, poi il solito Walking on the moon di Yuri Honing Trio tratto da Star Tracks.
L'orchestra veniva introdotta con Dmitri Shostakovich no. 9 in E-flat, opera 70 (1945): I. Allegro, Eliahu Inbal & Wiener Symphoniker per Denon. Un brano che si presta molto ad una demo per il carattere sonico particolarmente brioso e movimentato, le tante interiezioni sonore dei vari comparti dell'orchestra e l'edizione, particolarmente ben incisa. I fiati venivano resi in modo meraviglioso, il triangolo manteneva il suo squillante suono argentino, la resa dinamica generale risultava eccellente.
Si tornava alla musica contemporanea e a quell'autentico capolavoro artistico e sonoro che è Liberty di Annette Askvik. Voce tirata a lucido, particolarmente in rilievo, accompagnata dalla nota, profonda gamma bassa. Anche il sassofono e gli archi venivano resi in modo molto convincente. Eravamo come rimasti tutti imbambolati dalla liricità del brano, ammirati per la perfetta sinergia sonica che si era realizzata con questo impianto.
Si terminava con un vinile, l'iconico Bobby McFerryn del Don't worry, be happy, che ci ha dato una scossa di ottimismo. Incisione datata, ma quanto mai adatta per concludere la felice sessione d'ascolto.
Sono insomma passati eoni dall'epic fail del 2016... Ci è molto piaciuto specchiarci nella tua musica suadente ma sempre tirata a lucido: bentornata, Burmester!
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Commenti (1)
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Veramente è distribuito in Italia da un pò da Tecnofuturo:
https://tecnofuturo.it/burmester-di...ficiale-italia/