Disincanto | parte 3 | la recensione
La serie animata di Netflix creata dall'ideatore dei Simpson e Futurama, fa intraprendere altri viaggi a Bean e soci mostrandoci nuovi personaggi e fantastiche scenografie in una storia che è una grande metafora dei tempi, raccontata attraverso continui mutamenti e contraddizioni
Dopo essere tornata in vita, la Principessa Tiabeanie detta Bean si ritrova nel regno dei Trøg dominato da sua madre, la Regina Dagmar. Bean riesce a tornare nel regno di Dreamland per sventare un complotto: il ministro Odval e l’Arcidruidessa con l’aiuto del mago Sorcerio, stanno infatti macchinando per sostituire, alla guida del regno, Re Zøg con suo figlio Derek, facilmente manipolabile. Ma una volta scoperta, l’Arcidruidessa fugge in motocicletta lasciando però delle tracce che Bean segue assieme ad Elfo. Si ritrovano così a Steamland, una terra steampunk tecnologicamente e industrialmente evoluta. Intanto a Dreamland Re Zøg inizia a impazzire.
Dopo la prima stagione (composta da parte 1 e parte 2), la serie creata da Matt Groening per Netflix giunge alla terza parte. Tornano così le avventure della ribelle principessa Bean e dei suoi compagni d’avventura Elfo e Luci che archetipicamente rappresentano l’angelo e il diavolo sulle opposte spalle della protagonista. Due consiglieri maldestri che la seguono in ogni dove, due amici dai caratteri complementari: da una parte un elfo timido e impacciato ma puro e nobile d’animo, dall’altra uno spirito demoniaco cinico e sornione ma che in fondo a sé trova a volte, suo malgrado, qualcosa di buono. Attorno ai nostri antieroi si sviluppano tutta una serie di intrighi propri di una corte reale. I risvolti shakespeariani non mancano mai. Il fare sconclusionato di Bean si scontra con le responsabilità che toccano a una figura del suo rango. E in questa terza parte qualcosa inizia a materializzarsi inequivocabilmente.
L'andamento di tutta la serie è piuttosto lento ma questo permette di godere a fondo delle scenografie tridimensionali e degli altri dettagli di cui è ricca. E stavolta assistiamo all’ingresso di diversi nuovi personaggi. Il mondo sotterraneo dei Trøg e i suoi collegamenti al palazzo reale costituiscono l’inizio del nuovo capitolo. La Regina Dagmar, madre di Bean, che per anni è mancata nella vita della figlia, diviene la sovrana venerata dagli inquietanti (sebbene alquanto innocui) mostriciattoli dagli occhi neri e le orecchie alla Spock. Il fatto che Dagmar abiti un luogo nelle profondità della terra rappresenta una metafora ardita. Quasi come se la presenza nella mente della ragazza della madre pietrificata non fosse mutata col suo ritorno, assumendo però un valore opposto: da genitrice amata ad antagonista da cui tenersi a distanza.
Si arriva poi a Steamland, un luogo in cui tutto è calcolato e razionalizzato come in Tempi moderni di Chaplin o nel Brazil di Terry Gilliam. E ancora più interessante è il suo Luna Park, particolarmente con l’attrazione dei Freaks, diversi e strani ma tutti a loro modo affascinanti come lo show business pretende. Costretti in gabbie, rappresentano la percezione di Bean della propria vita. Con Mora finisce nel regno delle sirene in cui sembra trovare sé stessa. Ma è solo una parentesi temporanea, che però l’aiuta a prendere maggiore coscienza di chi sia e di cosa desideri veramente. Nel proprio mondo Mora è anche lei una principessa, per cui rappresenta uno specchio per Bean, qualcuno con cui condividere le proprie aspettative e paure senza inibizioni.
Per salvare Dreamland i nostri si recano a Bentwood, il regno del Principe Merkimer, che era stato tramutato in maiale, per richiedere denaro e armi. Al ritorno in patria gli intrighi di corte continuano a moltiplicarsi come in House of cards. Ma in tutto questo dramma non manca mai l’ironia (lo striscione Make Dreamland great again è solo uno dei tanti messaggi dissacranti presenti anche stavolta) che fa da padrona più delle risate che ci si aspetta di farsi in una serie di Groening. Non che non si rida, accade anche quello, ma non è il centro vivido di una storia che vuole raccontare la formazione di una ragazza che non sta diventando semplicemente donna.
Da adolescente che si mischia al popolo nelle bettole e nelle bische, a persona che decide di assumersi responsabilità da regnante il passo è tutt’altro che breve. E ciò che accade nel finale getta l’ennesimo alone di mistero e genera ulteriore attesa verso quella che sarà la quarta parte che vedremo nel 2022. Non sappiamo ancora cosa succederà a Disincanto, di sicuro non durerà quanto i Simpson, appena giunti alla trentunesima stagione, ma la sua visione resta un piccolo evento che una volta iniziato si fatica a lasciar andare. Perché Bean, Elfo, Luci e le loro avventure rappresentano le contraddizioni e i mutamenti, cui tutti noi siamo sottoposti, con la giusta dose di leggerezza e un sano prendersi poco sul serio di cui abbiamo molto più bisogno di quel che pensiamo.
Un consiglio: non saltate le sigle di testa, ognuna è diversa dall’altra perché rappresenta lo stilizzato trailer dell'episodio.
VALUTAZIONI
soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO/BASSO
visione
Intrattenimento 6,5 Qualità 7 Senso 7
dal trailer all’intera serie
Aspettativa 7 Potenziale 8 Risultato 6,5
Disincanto | parte 3 (stagione 2) (Disenchantment)
fantastico, avventura, commedia, drammatico | USA | 15 gen 2021 | 10 ep / 28 min | Netflix
ideatore Matt Groening
critica IMDB 7,6 /10 | Rotten Tomatoes 5,4 /10
aspect ratio 16:9 HD
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