Pirateria digitale in forte crescita in Italia
Secondo Confindustria Cultura Italia il fenomeno della pirateria digitale è in continua crescita nel nostro Paese e avrebbe raggiunto un valore pari a 1,4 miliardi di Euro. La contraffazione digitale rischia di distruggere un intero comparto industriale
L’industria culturale risulta essere una delle più colpite dal mercato del "falso" del nostro Paese, secondo le stime contenute nella ricerca realizzata dal Censis per conto del Ministero dello Sviluppo Economico. Il mercato del falso è inoltre in forte espansione nelle reti dove rischia di mettere in crisi il nascente mercato dei contenuti digitali, dalla musica, ai film, agli e-book, ai videogiochi e TV. Oggi, e con un trend esponenziale, assistiamo alla proliferazione di piattaforme transfrontaliere con server all’estero che incassano risorse attraverso i banner pubblicitari, sfruttando la disponibilità di opere dell’ingegno illecitamente caricate. Si tratta di siti off-shore che non collaborano in quanto nati col preciso scopo di diffondere abusivamente contenuti protetti senza autorizzazione. Ogni giorno film, fiction, libri, musica, giornali, riviste, videogiochi e quant’altro vengono saccheggiati sulle reti digitali senza scatenare il benché minimo interesse dei media e delle Istituzioni preposte. E desta estrema preoccupazione il fatto che non si riesca a porre un argine ai primi dieci siti illegali (per numeri di accesso), piattaforme che da sole coprono il 90% circa del problema “pirateria/contraffazione” su internet. Inoltre, la curva di crescita del mercato del falso è in continua ascesa, con un aumento della domanda da parte dei consumatori, indifferenti al fatto di compiere un atto profondamente illecito.
I numeri parlano chiaro: sul fronte dell’audiovisivo l’allarme arriva dai dati dell’ultima ricerca IPSOS secondo cui l’incidenza della pirateria in Italia è del 37% con danni all’intero comparto audiovisivo stimati intorno ai 500 milioni di Euro l’anno. In merito al mercato musicale, secondo uno studio elaborato da Tera Consultants, l’impatto della pirateria nel settore discografico è pari a 300 milioni di Euro di mancato fatturato generati per il 90% dalle varie forme di distribuzione e condivisione illegali su internet. Per quanto riguarda il nascente mercato degli e-book, si osserva come la messa a disposizione in "formato pirata" di un libro avviene pochissimi giorni dopo la pubblicazione del contenuto legale, e questo rende chiaramente indispensabile l’allestimento di misure atte a prevenire e contrastare il fenomeno. Più in generale l’industria creativa soffre una contrazione in termini di posti di lavori, pari ad oltre 22 mila unità solo in Italia, con una perdita stimata di 1,4 miliardi di Euro.
"In assenza di cambiamenti significativi delle politiche pubbliche – sottolinea Marco Polillo di Confindustria Cultura Italia – e considerata la crescita delle perdite legate alla pirateria su base annua, nel 2013 prevediamo di lasciare sul campo, tra impatti diretti e indiretti, qualche migliaio di persone e diverse centinaia di milioni di Euro di perdite di fatturato. Questo si traduce in un depauperamento della filiera, con decine di aziende che sono a rischio sopravvivenza. Il Governo e l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – conclude – traggano le dovute conseguenze su un fenomeno che, al di là dello strumentale dibattito sulla rete libera, ha già messo in ginocchio un’eccellenza del nostro Paese: la cultura e la creatività italiana, che sono il cuore del Made in Italy".
Cara Confindustria Cultura Italia, tutto giusto e assolutamente deprecabile, ma cosa stanno facendo gli attori dell'industria che rappresentate per rispondere al fenomeno? Non basta chiedere interventi alle istituzioni per risolvere il problema, bensì dovrebbe essere l'industria in primis a muoversi per cambiare radicalmente le proprie politiche commerciali. Perché non esistono ancora piattaforme di streaming a forfait mensile in stile Netflix? Perché non esistono ancora piattaforme di streaming musicale a forfait mensile anche in qualità CD (vedi FLAC e simili in stile Qobuz)? Perché un film in acquisto download costa quanto se non di più di un Blu-ray in molti centri commerciali o siti di e-commerce? Perché i videogiochi in download costano ancora così tanto? Perché non esistono politiche di armonizzazione globali delle uscite dei film e serie TV? Perché non vengono resi disponibili i film e serie TV in download con tracce audio originali? Perché non fare pressioni sulle istituzioni (questo sì) per accelerare la diffusione capillare della banda larga, in modo da consentire a tutti di accedere ai servizi in streaming a prezzi giusti? Perché grandi nomi dell'industria dell'elettronica di consumo vendono senza il minimo ostacolo dispositivi in grado di riprodurre proprio quei formati utilizzati dai protagonisti della contraffazione digitale? Non genera indotto anche quello? Infine, siamo davvero sicuri che la creatività e la cultura italiana siano messi in crisi dal fenomeno della pirateria? Le motivazioni di questo trend di impoverimento, onestamente, non sono da imputare ad altri fattori?
Fonte: Associazione Italiana Editori
Commenti (161)
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Originariamente inviato da: Onslaught;3701299@robertocastorina
nessuna sentenza ha forza di legge in Italia
Nemmeno quelle della Corte Suprema di Cassazione a Sessioni Unite? Dubito che una normale corte rischi di pronunciarsi in modo non uniforme... -
Comunque io il mio pensiero l'ho già scritto anche troppe volte, per cui adesso mi taccio
con la convinzione che prima o poi qualcosa cambierà.... Non diamo per scontato che questo qualcosa sarà necessariamente perseguire chi scarica illegalmente... Attenzione, non li sto giustificando! Anzi, ma la strada per cambiare questo fenomeno culturale non potrà mai provenire né da una legge e né tantomeno da punizioni sempre più severe.
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Niente esame, ma dato che sei tu che citi le sentenze come supporto alle tue argomentazioni...
quello del Consiglio Costituzionale dello scorso anno... una del TAR del Lazio sempre dello scorso anno
PS: quale sarebbe questa del Consiglio Costituzionale?
Edit: Se ti riferisci a questa http://www.key4biz.it/News/2012/07/...ata_211877.html anche li non vedo in cosa offra supporto al tuo argomento circa le misure anticopia.
Edit2: hai editato il post rimuovendo la domanda Mi stai facendo un esame? -
Io non supporto proprio nulla, ho espresso il mio pensiero sulla base di una legge contorta e contraddittoria in merito.
La sentenza del Consiglio Costituzionale alla quale mi riferisco l'ho trovata online interessandomi al rappresentante sindacale che ho citato pocanzi...
P.S.: si ho editato perchémi sono accorto che non avevi quotato me. Scrivo con lo smartphone e quindi non ho la visione ben chiara. -
Nota che nel secondo caso si parla di Francia, non di Italia
Concordo con te comunque sul fatto che il non poter esercitare il diritto alla copia privata e alla copia di riserva (1:1 o digital format-shifting che si volgia) di un DVD o BD è una seccatura!
Speriamo che i vari ordinamenti nazionali ne prendano atto e pongano rimedio. -
Va beh, o non si vuol capire ciò che intendo oppure non sono in grado di spiegarmi io stesso. Comunque nessun problema, come già scritto credo che, dopo così tanti post sull'argomento, io sia stato sufficientemente prolisso su ciò che penso...
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Originariamente inviato da: robertocastorina;3701324Oggi una Sentenza di quel tipo non finirebbe nella stessa maniera
Ma neanche ieri, è quello il punto: non è cambiato niente e in Italia, comunque sia, ogni sentenza fa storia a sé, quello che ha stabilito un giudice a Milano è totalmente ininfluente in qualsiasi altro procedimento.
Ad ogni modo l'equo compenso è purtroppo una direttiva europea, come ti ha già detto mmanfrin, qui purtroppo l'Italia può fare poco (si può cambiare qualcosa a livello di recepimento, ma il succo deve esserci).
Quello che si potrebbe fare, come già vorrebbe l'Europa, è applicarlo su un numero minore di dispositivi, però non credo abbia molto a che fare col caso in esame (difficile che possano escludere supporti ottici vergini e soprattutto gli hard disk).
@mmanfrin
No, nemmeno quelle: hanno molto peso, ma nulla vieta di decidere altrimenti, stante la mancanza di norme che attribuiscano il valore di legge nei fatti (ed infatti mi pare che in qualche caso sia anche accaduto).
In pratica il valore giurisprudenziale è molto alto e quasi sicuramente se ne terrà conto, ma nulla vieta di fare altrimenti.
In un Paese common law, invece, sarebbe proprio impossibile non prendere in considerazione il precedente.
Ad ogni modo lascerei perdere al Corte di Cassazione a sezioni riunite, perché qui proprio non rileva: non mi risulta si sia mai espressa in merito. -
Non so se stiamo parlando della stessa legge ma il decreto sull'equo compenso è italiano, emanato il 15 gennaio del 2010.
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Concordo, ma dato che era stato paventato che le leggi attuali si sarebbero potute sciogliore come neve al sole in caso di ricorsi fino alla Corte Costituzionale
... ho pensato che in effetti in caso un numero rilevante di corti minori si esprimesse sulla questione in una certa direzione, forse la Corte di Cassazione avrebbe potuto emettere un parere di peso.
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Originariamente inviato da: robertocastorina;3701417Non so se stiamo parlando della stessa legge ma il decreto sull'equo compenso è italiano, emanato il 15 gennaio del 2010.
La sentenza del Consiglio Costituzionale che stavi citando è relativa all'oridnamento francese, non italiano!?