Martin Logan Electromotion ESL
Le Electromotion EML di Martin Logan sono diffusori elettrostatici ibridi, con pannello radiante da 0,19 mq per le frequenze medio alte, woofer da 20 cm per lo spettro più basso, sono disponibili anche in configurazione home theater e hanno un rapporto qualità prezzo che ha dell'incredibile
La prova d'ascolto
Al primo ascolto le nostre si mettono in evidenza per il tono luminoso e la raffinata precisione della gamma medio-alta, un’emissione complessiva che solo ai più distratti potrebbe far venire in mente qualche minidiffusore di rango (non c'è bisogno di fare nomi). Non è così semplice. Più che parlare del suono tipico di certi mini alto di gamma, bisognerebbe segnalare la mancanza di rigonfiamenti e risonanze che in vario modo caratterizzano quasi tutti i sistemi con driver dinamici. In effetti i diffusori tradizionali capaci di apparire realmente “ariosi” nei confronti della scena sonora si contano sulle dita di una mano. Mi viene in mente Wilson Audio e Magico, tanto per restare sul fronte americano, ma siamo davvero su costi importanti. Qualcosa anche di italiano (pur con qualche dubbio su alcuni blasonatissimi che ultimamente ci hanno un poco deluso), non possiamo negarlo, ma sempre a livello non confrontabile con la classe di prezzo di queste ESL.
Le “piccole” Martin Logan riescono ad offrire agli strumenti acustici tutta la rifinitura armonica di cui hanno bisogno, l'introspezione felice e priva di nasalità in gamma media e il corpo necessario nella resa dei toni intorno alla fondamentale. Il risultato è il “corpo” vigoroso ed autentico dell’emissione sonora di ciascuno strumento, all'apparenza più “leggero” rispetto ai sistemi dinamici, ma ad un ascolto prolungato decisamente più convincente. E' un tessuto asciutto, talvolta teso e nervoso, ma con la giusta amplificazione (niente di particolarmente costoso visto che risultano un carico non troppo complesso) riesce a dare il senso di piena comprensione del testo musicale, anche con le partiture più complesse. Definitivamente sotto controllo quel senso di “gommosità” nell’interno del medio-basso che talvolta affligge i sistemi dinamici, mentre la gamma media è capace di una risoluzione che sembra ricordare alcune cuffie di grande prestigio.
L’emissione strumentale appare emanare da un’ampia finestra d’ascolto, un senso di naturale raffigurazione delle sorgenti sonore che risulta naturale anche in virtù di un'apprezzabile dimensione “verticale”. Con i dischi bene incisi il fronte sonoro è bene esteso, “alto” quanto basta, con una resa molto accattivante sia dei piccoli gruppi strumentali che di una ampia orchestra sinfonica. Sin dai primi ascolti (sto facendo una scorpacciata di importanti CD dai vasti cataloghi Decca, Deutsche Grammophon, Channel, Reference Recordings, Linn...sin qui può bastare) si avverte la fluidità della transizione tra driver planare e woofer. Quasi mi viene da pensare che la presenza del woofer non si avverta per nulla, se non per il fatto che quelle percussioni in gamma bassa ed i toni profondi dell'organo o della prima ottava del pianoforte non sarebbero possibili con un pannello di queste dimensioni.
Ma cosa accade con le voci? Ammetto il mio favore per il genere strumentale e sinfonico, ma la correttezza del repertorio vocale resta basilare. E' un po' come l'esame di Diritto Privato per chi volesse laurearsi in giurisprudenza. Lascio perdere le vocine melliflue di impostazione audiophile che tanto nascono amplificate e sembrano fatte apposta per far suonare bene anche gli armadi a muro di mia nonna. Ascolto semmai lo Schubert dei Lieder, con la voce di Fischer-Dieskau accompagnata dal pianoforte di Brendel (Philips). Qui appare appena “sgrassata” al confronto con sistemi dinamici di grandi dimensioni, ma forse anche più realistica e certamente capace di indicare senza incertezze e senza “effetto” le sottili sfumature di tono e di “sentimento” che rendono questo repertorio tanto importante per i veri musicofili. Una testimonianza di primo livello dell'arte di questo grande interprete recentemente scomparso.
Tra i tanti dischi ascoltati in queste settimane segnalo la Nona di Dvorak in un'energica interpretazione femminile (Allsop, Naxos). L'introduzione orchestrale entra nel vivo con efficacia nel fortissimo sui timpani, mentre si apprezza l’entrata dolce del primo tema sul flauto, quindi sugli archi poi, sino a giungere al fortissimo degli ottoni, fluidi e robusti. Con gli strumenti originali anche il sottile gioco timbrico di Handel con la sua “Watermusic” (Hyperion) viene ricreato in ambiente senza alcun imbarazzo e voglio notare il senso di naturale presenza dei corni naturali, il timbro ben reso anche nelle armoniche più alte.
Agli amanti del jazz consiglio l'ascolto di un classico come l'album “Voyage”, in cui il sax tenore di Stan Getz risulta naturalmente pastoso nella prima ottava, con tempi d’attacco fulminei che offrono un bel respiro alle spazzole della batteria, piacevolmente distaccate dal fondale di un'ampia scena sonora. Convincente anche qualche passaggio di vinili e come poter mancare il fascino di una storica incisione Decca degli anni d'oro come il doppio LP con il “Lago dei Cigni” di Tchaikovsky nella direzione di Ansermet a capo dell'orchestra della Suisse Romande. E' un bel disco da dimostrazione per la bellezza di questa pagina pregna di temi facili e accattivanti affidati ad una ricca orchestrazione. Il master originale del 1959 coglie in pieno il dettaglio di ogni parte, offrendo un’immagine d’insieme naturale e dinamica. Perfettamente messa a fuoco risultano le diverse sezioni orchestrali, anche nelle parti più delicate, in cui il ruolo dei singoli è circondato da un naturale senso di aria.