Joker

Alessio Tambone, Fabrizio Guerrieri 10 Ottobre 2019 Cinema, Movie e Serie TV

Un regista da commedie di successo, un interprete che più volte ha sfiorato l'Oscar e una colonna sonora puntuale creano un capolavoro unico che accresce la grandezza di un personaggio iconico. Perché nonostante irriti, affascina restando scolpito nella storia del fumetto e del cinema di tutti i tempi.

La recensione di Fabrizio Guerrieri


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1981, Gotham City. Arthur Fleck è un pagliaccio che ambisce a diventare cabarettista come il suo idolo televisivo Murray Franklin. Soffre di un disturbo che gli provoca risate incontrollabili. Vive con la madre Penny e ha un debole per Sophie, la sua vicina di casa. In poco tempo si ritrova senza lavoro e senza assistenza sociale. Inizia così un percorso verso l’inferno in cui perderà ogni punto di riferimento fino a trasformarsi in un folle assassino diventando al contempo un esempio per tutti i reietti che si identificano in lui.

disturbato agg. e s. m. (f. -a) [part. pass. di disturbare]. – 1. agg. Che subisce molestia o disturbi. 2. Affetto da disturbi psichici. (fonte: Treccani)

Il film si apre sul primissimo piano della faccia di Arthur che ride. Sembra che lo stia facendo per un motivo, poi il viso imperterrito dell’assistente sociale davanti a lui fa capire che c’è qualcosa che non va. Abbiamo di fronte un uomo con un problema, che lo porta a infastidire gli altri ma anche ad attirare e stimolare l’ingiustificato sfogo di bulli più o meno cresciuti...

squilibrato agg. e s. m. (f. -a) [part. pass. di squilibrare]. – Che non è o non è più in equilibrio, che non è equilibrato. In partic., riferito a persona in cui è venuto meno il normale equilibrio psichico, o anche morale. (fonte: Treccani)

Arthur vive una realtà difficile ma sembra riuscire a farvi fronte grazie agli incontri di sostegno psicologico (in cui dice "È che non voglio stare più così male"), ad un lavoro anche se precario, a una madre che seppur fragile è un punto di riferimento per lui importante e al pensiero di poter trovare l’amore. Poi davanti a lui tutto si sgretola, un pezzo per volta. La realtà che aveva creato attorno a sé per sopravvivere dignitosamente incontra e si scontra con diverse amare verità e da qui la sua vita devia in maniera incontrollabile.


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Una delle cose che stupisce maggiormente del film è il passato del regista Todd Phillips che non viene affatto da un percorso di film impegnati. Suoi sono infatti i successi commerciali di varie commedie (da Road trip alla trilogia di Una notte da leoni). In un sol colpo è arrivato al Leone d’oro a Venezia con un film in cui a ridere non è mai lo spettatore. La risata qui assume un significato totalmente opposto. Ci sono due piani precisi da prendere in considerazione, quello interno al film e quello che riguarda gli spettatori: nel film si ride spesso, in sala mai. Il disturbo del protagonista (la madre lo chiama Happy) che lo porta a ridere quando è teso gli causa avversità piuttosto che simpatie. Chi ride di lui anche se bonariamente finirà male perché Arthur non distingue più chi gioca con lui rispetto a chi gli ha fatto del male. Ed è qui che avviene la trasformazione. Murray che Arthur stima, gli dà ironicamente un nome da racconta-barzellette. Quando poco dopo lo invita in studio Arthur decide che sarà quello il suo nuovo nome: Joker. Ciò che prima ha preso in odio viene traslato in arma contro il mondo. Esattamente come Bruce Wayne farà alcuni anni dopo prendendo il nome del suo alter ego Batman dalla sua paura più grande: i pipistrelli. La maschera di Joker diventa per Arthur lo schermo dietro cui celarsi per non avere più paura di ciò che lo circonda.


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Uno dei punti di maggior forza del film viene anche dalla colonna sonora realizzata dalla violoncellista Hildur Gudnadottir (che stava contemporaneamente lavorando alla pregevole serie tv Chernobyl). Ogni ingresso musicale supporta perfettamente ciò che avviene. Una scena per tutte è quella di Arthur che inizia una danza macabra nei bagni della stazione, con la macchina da presa che si muove tra i suoi piedi e sulle sue braccia mentre le note che sono nella sua testa avvolgono e invadono letteralmente lo spettatore. Grazie alle musiche l’alienazione si fa largo pian piano in chi guarda, che non può fare a meno di entrare in contatto, anche se non senza fatica, con un personaggio che parte vittima e sceglie di diventare carnefice.


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Ci sono un paio di raffronti interessanti con altrettanti film precedenti.

Il primo è con Re per una notte che è stato uno dei tre film di Scorsese da cui il regista ha tratto ispirazione. Rupert Pupkin (Robert De Niro) sogna di diventare comico, rapisce il suo idolo Jerry Langford (Jerry Lewis) col ricatto di ucciderlo se non lo faranno partecipare al suo show. Ci riesce diventando star per una sola notte e subito dopo finisce in galera. Ma quando esce si gode il successo grazie alla vendita della sua autobiografia. Qualche trauma ma nessun morto. Qui Rupert è diventato Murray. Che incontra Arthur, quasi un nuovo sé stesso, ma il finale è ben altro. E dire che l’intento iniziale di Joker sarebbe stato il suicidio come si evince dalla frase scritta sul taccuino "Spero solo che la mia morte abbia più senso della mia vita". È come se il regista e sceneggiatore ci dicesse che ciò che una volta poteva iniziare male ma avere un lieto fine, di questi tempi, tempi di sempre maggiore intolleranza, approderà a qualcosa di mostruoso e definitivo.


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Il secondo raffronto è col Batman di Tim Burton. In un flashback Bruce Wayne ricorda che è stato Joker a uccidere i suoi genitori quando era ancora un bambino. Indelebile la frase “Hai mai danzato col diavolo nel pallido plenilunio?”. Qui invece l’assassino è un seguace del clown. Il messaggio è chiaro: questo Joker è ancora più potente del precedente perché uccide senza farlo direttamente, esattamente come faceva Charles Manson.

Il Joker di Todd Phillips è un mostro creato dalla società in cui vive. Non si può non odiarlo ma solo dopo essere entrati in empatia con lui. Per questo è un capolavoro potente e inquietante: perché alla fine nessun personaggio può dirsi buono e quindi salvo. Nessuno compreso lo spettatore.

La pagella artistica secondo Fabrizio Guerrieri

Regia 10,0
Sceneggiatura 9,0
Fotografia 9,0
Musiche 10,0
Film 9,0

Joker
drammatico, thriller | USA | 2019 | 123 min

regia Todd Phillips | sceneggiatura Todd Phillips, Scott Silver | fotografia Lawrence Sher | musiche Hildur Guðnadóttir

personaggi | interpreti

Arthur Fleck / Joker | Joaquin Phoenix
Murray Franklin | Robert De Niro
Sophie Dumond | Zazie Beetz
Penny Fleck | Frances Conroy
Thomas Wayne | Brett Cullen
Randall | Glenn Fleshler
ispettore Garrity | Bill Camp
ispettore Burke | Shea Whigham
Gene Ufland | Marc Maron
Alfred Pennyworth | Douglas Hodge
Gary | Leigh Gill
Hoyt Vaughn | Josh Pais
Carl | Brian Tyree Henry
Bruce Wayne | Dante Pereira-Olson

critica | IMDB 9.0 (su 10) | Rotten Tomatoes 7.3 (su 10) | Metacritic 58 (su 100)

incasso $ | 281 MLN (budget 55 MLN)

camera Arri Alexa 65, Alexa LF, Alexa mini, Hasselblad Prime DNA Lenses | formati 35 mm (spherical) (Kodak Vision 2383) - 70 mm (Kodak Vision 2383) - IMAX Digital - D-Cinema 4K - Dolby Vision | aspect ratio 1.85 : 1 | formati audio SDDS - Dolby Atmos - Datasat - Dolby Digital

 

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