Kraftwerk e Yello in Dolby Atmos
Nel gelo di un mercato piuttosto asfittico, qualche tiepida fiammella riscalda le nostre speranze di 'riscatto', ad iniziare dal formato multicanale Dolby Atmos che arriva con prepotenza anche nella musica elettronica di qualità
Kraftwerk e conclusioni
Per i Kraftwerk la musica cambia e non poco. Iniziamo col dire che questo marchio di Dusseldorf evoca nei più grandicelli i tempi gloriosi delle prime musiche elettroniche, dei sintetizzatori Moog model D, di un periodo musicale dove sperimentazione tecnologica e una geniale avanguardia sonora finirono col segnare l’epoca. Il gruppo nasce più di mezzo secolo fa e, come immaginabile, la formazione ha subìto molte trasformazioni anche solo in ragione dell’amplissimo arco temporale abbracciato, con Ralf Hütter e Florian Schneider (presente nella compagine per 38 anni, fino al 2010, poi deceduto nel 2020 a 73 anni) come capisaldi. I componenti negli anni varieranno non poco e non è facile raccapezzarsi nel complesso puzzle di sostituzioni momentanee o più definitive.
Gli acquirenti di questa edizione BR3D+DVD potranno godere di un bel concerto di 77 minuti proposto in Dolby Atmos 7.1 48KHz (la risoluzione in bit non viene dichiarata), con surround 3D per cuffia (a quanto pare proposto in uno speciale mix idoneo a cuffie standard) e, come detto, volendo anche video 3D.
Non è una incisione Pure Audio ma un 'classico' Blu-ray Disc del concerto, come selezione di esibizioni eseguite in molte prestigiose location: 3-D Der Katalog (circa 28€, attenzione che “Der Katalog” è anche altro, la scelta dei titoli non è felicissima, a mio avviso), contiene un Blu-ray Disc 3D NTSC e un DVD che faranno la felicità degli appassionati dell’epoca. La musicalità, seppur rimodernata, è artisticamente molto vicina all'originale, mentre le scenografie, gli abiti e le strutture del palcoscenico sembrano volutamente richiamare il film Tron della Walt Disney. C'è anche una grafica a video 'scalettata', composta da singoli pixelloni che richiama quella semplicissima dei primi videogiochi Pong e Space invaders. Il suono complessivo richiama quello orginario. Anche qui la scena muta considerevolmente rispetto a quella udibile con un sistema privo di speaker "alti": ad esempio il sax acquisice una dimensione più pervasiva e meno univocamente localizzabile. Il fatto certo è che in questo caso l’amore per i tempi andati e il tentativo di riviviscenza di un’epoca ormai passata sono del tutto chiari ed anzi orgogliosamente ricercati e dichiarati.
Il lungo tour dei Kraftwerk ha toccato il Museo di Arte Moderna di New York, il Kunstammlung di Düsseldorf, la Tate Modern di Londra, l’Akasaka Blitz di Tokyo, l’Opera House di Sidney, la Walt Disney Concert Hall di Los Angeles, il Burgtheater di Vienna, la Fondazione Louis Vuitton di Parigi, la Neuenationalgalerie di Berlino, il Paradiso di Amsterdam, la Konzerthaus di Copenhagen, la Norske Opera Oslo e il Museo Guggenheim di Bilbao, luoghi leggendari e piuttosto raramente prestati all’esecuzione di concerti, i cui soli nomi evocano nelle nostre menti location prestigiose per quanto contenuto ma anche per l’originale design dell’involucro esterno (Frank Owen Gehry vi dice nulla?).
Certo non si può parlare di spettacolarizzazione all’americana, in quanto i filmati (con qualche richiamo alle scritte fumettistiche tipiche della pop art di Roy Lichtenstein), una studiata, statica motilità dei musicisti quasi robocoppiani presenti in pelle ed ossa dietro alle tastiere e sintetici visualizzati sullo schermo e l’adozione di una grafica volutamente retrò, non concorrono a creare uno scenario che stupisce, piuttosto che ammalia e avvolge, provando a farci fare un salto nel passato e a reimmergerci in quella antica cocooniana piscina virtuale.
La qualità della registrazione è particolarmente convincente, anche se non lambisce gli estremi di gamma, ma gli otto lunghi brani offrono una esauriente carrellata che ben illustra tutta la gloriosa storia del gruppo e nei più grandi farà anche venire qualche brivido per il tempo passato. Anche in questo caso, la natura sintetica degli strumenti consente di alzare il volume a volontà, ma con meno pericolo per i cestelli dei woofer (per chi usa driver dinamici) rispetto al blu-ray di cui sopra. La lingua dei termini utilizzati è per lo più il tedesco, anche se per un brano “numerato” ad un certo punto si sceglie di usare anche il lessico italiano: una specie di inaspettato cammeo sonoro!
Se volete ascoltare degli excerpts in anteprima per capire se il genere musicale vi sconfinfera o se più semplicemente prediligete il formato in streaming o liquido, faccio presente che Point di Yello è disponibile anche su Amazon, Apple Music, Deezer, Napster, Spotify e Qobuz; Tidal propone le versioni stereo Master e multicanale Dolby Atmos. Anche 3-D (Der Katalog) di Kraftwerk è disponibile su Amazon, Apple Music, Deezer, Napster, Spotify e Qobuz, mentre Tidal propone la versione stereo Master. Devo ammettere di essermi un po’ emozionato, quando ho visualizzato sullo schermo che lo streaming di Point offerto da Tidal era in formato Dolby Atmos, ma proprio le versioni qualitative offerte hanno fatto emergere un piccolo giallo in quanto mentre (lecitamente, per risparmiare banda) il Dolby Atmos viene veicolato nel formato lossy Dolby Digital Plus 11.1 48 kHz (che pure, teoricamente, consentirebbe un aumento del bitrate del Dolby Digital fino a quasi 10 volte, dai 640 kbps ai 6,144 mbps), al contrario quello stereo Master lossless risulta somministrato in PCM a 24 bit e raggiunge la vetta dei 96 khz, vale a dire una frequenza di campionamento (sempre che non si tratti di un semplice upsampling) addirittura più estesa di quella contenuta nel supporto fisico.
Dopo un ascolto eseguito con il mio impianto (che adottava come fonti una nVidia Shield Pro per lo streaming e un Oppo UDP-205 per i dischi ottici), che già mi aveva impressionato, quello svolto con l’impianto romano di Gruppo Garman (a proposito, grazie, Fulvio!) mi ha dato il colpo di grazia, poiché ha confermato che la strada tracciata dall’Atmos è ormai divenuta una via senza ritorno. Mentre entrambi i dischetti apparivano pienamente godibili anche senza i canali Atmos, non si può non riconoscere che la dimensione dell’altezza dona all’ascolto la famosa sensazione di immersività, alla quale poi diventa davvero difficile rinunciare. L’ascolto con e senza Atmos risulta infatti impietosamente far pendere la bilancia per l’inclusione, con voci e strumenti che raggiungono le nostre orecchie in modo diverso e più coinvolgente. Non nego che dopo aver ascoltato numerosi impianti con speaker Atmos ho avvertito il sentore che anche gli altoparlanti “alti” dovrebbero essere adeguatamente dimensionati e amplificati, perché mi è sembrato di percepire un lieve spostamento tonale complessivo dell’impianto verso la gamma medio alta: si tratta però - come precisato - solo di una impressione, che andrà poi verificata e tecnicamente corroborata.
Dolby Atmos ha messo un piede anche nella musica elettronica di qualità: dunque, agli amanti del genere ma anche ai semplici curiosi in cerca di nuovi paesaggi sonori, auguro buon ascolto e buona visione!
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Commenti (2)
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Nell'articolo si fa menzione all'utilizzo di Nvidia Shield Pro per lo streaming di Tidal in Dolby Atmos. Volevo solo capire se era corretto, perché sto cercando una soluzione per streaming hi-res e anche atmos e questa potrebbe essere perfetta per me.
Anche per poter ascoltare in anteprima il lavor degli Yello per decidere se acquistare. -
Per testare lo streming da Tidal ho utilizzato, come detto nell'articolo, una nVidia Shield Pro che lo trasmetteva in passtrough ad un prepro Acurus ACT-4 che ho in prova, che effettuava la decodifica e tutto ha funzionato a perfezione. L'immagine che conferma lo streaming in qualità Atmos è esattamente quella proiettata a schermo generata dall'app Atmos installata sulla nVidia Shield Pro.
Se però intendi approfondire l'argomento, intanto ti segnalo la specifica discussione che ho aperto circa cinque mesi fa: https://www.avmagazine.it/forum/128...erra-il-primato
Grazie per l'interesse, ciao, Fabio.