Testo preso su internet
Michele Spinolo ha scritto:
si, la cinghia è nuova.
Ma come giradischi è valido?
Alcuni anni fa, nel 1992, decisi che era giunto il momento di acquistare un giradischi digitale. Era ora! Penserà qualcuno, ma fino a quel momento non avevo sentito la necessità di affiancare alla sorgente analogica in mio possesso (per la cronaca, un THORENS TD-104 con una STANTON 681 EEE) una sorgente digitale. Il materiale in nero vinile si trovava ancora, con difficoltà, ma non era scomparso del tutto in Italia.
Fin qui è la classica storia di tutti coloro che si sono trovati a cavallo tra l'analogico e il digitale. Qui inizia l'eterna diatriba tra "analogisti" e "digitalisti". Oggi, all'inizio del terzo millennio, il digitale deve ancora fare un po' di strada per arrivare alla pienezza e alla completezza della riproduzione analogica, i presupposti sembra che ci siano ma non convincono tutti.
Il DVD Audio e il Super Audio CD sono i formati digitali che dovranno affiancare (poi ereditare e sostituire, forse) il CD nel difficile onere di restituire alle nostre orecchie la realtà della Musica in tutta la sua interezza. L'analogico per contro è lungi dall'essere morto; le aziende costruttrici di giradischi, bracci, testine, cavi e tutto quello che ruota intorno al vinile, presentano novità ogni anno. La THORENS, tanto per fare un esempio, dopo un lungo periodo di crisi, si è ripresa e sta tornando agli antichi splendori. Il mercato del vinile comunque è un mercato di nicchia e forse è meglio così. In questa sede, però, il confronto verte non sulle strategie di mercato o sulle politiche commerciali delle aziende del settore, bensì sulla qualità del supporto su cui è incisa la musica, e sulle capacità del lettore (sia esso analogico o digitale) a "tirar fuori" tutto il messaggio musicale.
La mia personale esperienza mi ha insegnato che, nel mondo della riproduzione musicale, i miracoli non riesce a farli nessuno. In tanti anni ho provato molti lettori digitali, dai più economici a quelli costosissimi oltre ogni misura. Ogni volta che ho potuto, ho confrontato registrazioni digitali (CD) alle equivalenti registrazioni analogiche (LP), ricavandone sempre la medesima impressione: il CD, allo stato attuale delle cose, è musicalmente inferiore all'analogico.
Per ottenere una resa di qualità elevata da un lettore CD bisogna investire cifre considerevoli. Aziende come ACCUPHASE, WADIA DIGITAL, PROCEED, e poche altre, sono in grado di realizzare macchine allo stato dell'arte, ma il collo di bottiglia risulta poi il supporto: non in grado di immagazzinare una quantità di dati sufficiente tale da soddisfare l'estrema raffinatezza del nostro apparato uditivo.
Nell'analogico un giradischi ben progettato, accoppiato con un braccio adeguato ed una testina di qualità (a patto che il tutto sia ben regolato e tarato, ma questo è un altro discorso), unito a dischi di pregevole fattura, riesce ad ottenere prestazioni decisamente interessanti e con investimenti inferiori.
Nella catena che parte dall'evento musicale e arriva alle nostre orecchie il segnale musicale attraversa una serie di fasi, microfoni, registratori, incisori, cavi, e chi più ne ha più ne metta, ogni passaggio provoca un'inevitabile, piccolo degrado del segnale. Alle nostre orecchie arriverà un messaggio musicale che assomiglia a quello d'origine, ma che in realtà è un surrogato dell'evento stesso (anche perché gli strumenti musicali, le voci e gli ambienti in cui si esibiscono gli artisti non sono certo presenti nel nostro salotto, sembra una banalità, ma provate a rifletterci sopra).
Nella riproduzione digitale il messaggio viene convertito in uno stream di dati numerico per essere inciso sul supporto, e poi riconvertito in segnale analogico per essere amplificato e inviato ai diffusori. Questa conversione, e successiva riconversione, opera una scrematura sia della risposta in frequenza che delle armoniche di ordine più elevato (quelle che il convertitore non riesce a riconoscere e quindi a tradurre), tutto ciò si traduce in un appiattimento del messaggio musicale e nella sensazione di una freddezza che è propria della riproduzione digitale.
La riproduzione analogica invece, non prevede alcuna codifica in altro formato. La qualità finale dipende solo dall'accuratezza con la quale vengono effettuati i vari passaggi. Il messaggio musicale, con tutte le limitazioni del sistema, arriva ai diffusori più ricco di armoniche, più corposo e più caldo. In altre parole, più naturale.
Sono poche le macchine digitali che mi hanno impressionato in termini di dettaglio, trasparenza, calore e dinamica, una di queste è l'ACCUPHASE DP-55, una sberla da quasi dieci milioni (non tanti, confrontati con altri mostri presenti sul mercato), difficile chiedere di più nel campo del digitale. Un campione per coinvolgimento emozionale, dotato di una capacità di ricreare la scena sonora proprio davanti all'ascoltatore, perfettamente identificabile nello spazio, con tutti gli strumenti al loro posto. Un esempio per tutti di come debba suonare un giraCD.
Ho confrontato poi questo gioiello con un giradischi VPI HW-19 Junior (due milioni e mezzo) con un braccio AUDIOQUEST AQ PT-5 con qualche annetto alle spalle (un milione e mezzo, circa) e testina BENZ MC H2O (due milioni e mezzo), il duello è stato chiarificatore: il suono che il giradischi è capace di esprimere è più trasparente, caldo, godibile e dettagliato. L'evento è li, di fronte a te, riesci a riconoscere dove sono gli strumenti, a vedere i movimenti delle labbra e sentire le pressioni sulle corde dei pianoforti.
Ho ritrovato queste differenze anche in macchine più umili; nel mio impianto, per esempio, convivono un giraCD TEAC VRDS-7 e un giradischi PRO-JECT 6.1 con una BENZ MC-SILVER. Sono entrambe macchine ai vertici della loro categoria e di prezzo molto simile. Il TEAC ha un'ottima meccanica e una impostazione timbrica volta alla trasparenza e all'equilibrio tonale; il PRO-JECT e un giradischi dell'ultima generazione, molto dinamico e con un buon braccio, ben assecondato dalla BENZ (una moving coil ad alta uscita). Anche qui ho rilevato le stesse differenze di impostazione e di comportamento: dettagliato e dinamico il giraCD, altrettanto valido ma meno stancante all'ascolto e perciò più godibile il giradischi.
Quali allora le conclusioni?
Chiaramente non si può certo ignorare il problema della reperibilità del software analogico, in quest'ottica il confronto è impietoso. Rimane solo la delusione sull'abbandono dell'analogico da parte delle grandi etichette, un supporto che ha ancora molto da dire, se gli dessero la possibilità di parlare.