Godzilla
Il celebre kaiju giapponese torna sul grande schermo con un reboot da non sottovalutare. Deciso omaggio alla pellicola originale del 1954, il film si basa su un'impatto video decisamente esemplare. Ecco il giudizio di AV Magazine
Commento al film
In occasione del 60° anniversario il "Re dei Mostri" torna sul grande schermo. Il celebre kaiju conquista nuovamente la ribalta internazionale con un reboot condiviso in produzione tra Stati Uniti e Giappone.
La pellicola torna decisamente alle origini, cancellando con un potente colpo di coda l'irrispettoso pop-corn movie del 1998 diretto da Roland Emmerich (e anche una serie di kaiju eiga nipponici di dubbia fattura). Il punto nevralgico della storia è l'equilibrio tra uomo e natura, con l'arroganza del primo che pensa di avere sotto controllo la seconda, e l'utilizzo dell'energia nucleare come fonte di sostentamento o distruzione. Una vicenda che attinge a piene mani all'originale del 1954 diretto da Ishiro Honda, ampliata i tragici intrecci derivati da quello che l'uomo e la natura hanno combinato in questi ulteriori sessant'anni.
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Il primo impatto con questo nuovo Godzilla è quindi di sceneggiatura. Non ci sono scontri e lotte violente dall'inizio alla fine. Per capirci, Godzilla appare per la prima volta dopo 60 minuti dei circa 120 di durata totale. Si discute delle colpe dell'uomo, di incidenti nucleari, di insabbiamenti governativi e - soprattutto - si cerca di dare un'impronta veritiera alla pellicola, come se non si trattasse di una storia sci-fi (ottimi in questo senso i titoli di apertura).
Una scelta ben precisa, voluta dalla produzione e dall'emergente regista Gareth Edwards, un talento che ha conquistato buona parte del mondo con l'ottimo titolo del cinema indipendente Monsters, una pellicola integrata con effetti speciali realizzati con il solo computer portatile del cineasta. Poche evoluzioni da luna park con le macchine da presa (anche virtuali) e un discreto quantitativo di scene girate con camera a spalla a simulare proprio un avvenimento reale e la diretta documentazione visiva di quello che accade sul set.
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Insistiamo proprio su questo aspetto, perché è una delle tre cose che ci ha colpito: la sensazione di assistere a un "semplice" film live action, ammaliati inoltre da una fotografia suggestiva dell'ottimo Seamus McGarvey ottenuta in alcuni passaggi con l'utilizzo di una vecchia lente anamorfica Serie C del 1970 montata su una innovativa macchina da presa digitale Arri Alexa.
La seconda cosa che ci ha colpito sono chiaramente gli effetti speciali, e arriviamo alla seconda parte del film. Nel precedente Monsters Edwards doveva lasciare all'immaginazione dello spettatore l'incursione degli elementi ultraterreni della pellicola, più per limiti tecnico-economici che per libere scelte registiche.
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Sappiamo però che la storia degli effetti visivi è piena di film - capolavori del cinema - che si sono dovuti adattare a scelte non prettamente artistiche, come è pur vero che la sola evocazione ha fatto la fortuna di film come Lo squalo e Jurassic Park (solo per citarne due a caso).
Anche in questo Godzilla abbiamo trovato un costante utilizzo di questa tecnica, anche se quando il regista decide di mostrare senza filtri, fumo o chiaroscuri i mostri non ha remore e sbalordisce lo spettatore per la bontà del composto digitale.
Il tutto è supportato da una colonna sonora eccellente scritta da Alexandre Desplat. Il compositore francese in passato aveva già dimostrato di riuscire a padroneggiare diversi stili musicali. Pensiamo alle sue recenti diverse composizioni del toccante Philomena o del particolare Argo.
Questa nuova colonna sonora è parte integrante della pellicola, sempre presente nel fotogramma, con oltre cento musicisti della Hollywood Studio Orchestra, un doppio numero di ottoni e corni - e si sente - sostenuti dalla riconoscibile timbrica dei tamburi giapponesi e dalla sottile energia dei violini elettronici.
Godzilla ha però anche qualche difetto. Effetti visivi quasi perfetti, sporcati da alcuni elementi di contorno poco veritieri (a memoria una serie di tralicci distrutti durante la pellicola). Ma soprattutto una sceneggiatura che, se da un lato predomina diverse sezioni del film con l'effetto positivo sopracitato, dall'altro offre il fianco a dialoghi a volte penosi e privi di mordente.
A questo aggiungiamo anche una recitazione altalenante (buoni quasi tutti gli attori, il protagonista Aaron Taylor-Johnson è da rivedere) e un montaggio spesso impreciso, specialmente negli attacchi delle clip.
Consigliamo comunque vivamente la visione del film in sala, decidendo di assegnare come voto finale un sette, media tra un otto decisamente pieno per la parte sonoro/visiva (regia+effetti+soundtrack) e un sei risicato per tutto il resto.