Le Mans '66: la grande sfida | la recensione
Un film potente nelle intenzioni e ispirato nel risultato, grazie alla regia di James Mangold e la recitazione di Matt Damon e soprattutto di un Christian Bale enorme
Dopo il tentativo fallito di acquisire la Ferrari, la Ford decide di sfidarla nelle competizioni automobilistiche allo scopo di diventare nell’immaginario collettivo un marchio vincente. Tramite Lee Iacocca, l’ex pilota Carroll Shelby entra a far parte dell’operazione come progettista affiancato dal pilota Ken Miles. Nasce così la Ford GT40 che sfiderà le rosse di Maranello in diverse gare fino alla memorabile 24 ore di Le Mans del 1966.
Quando si cerca di raccontare una storia vera si parte dai freddi fatti di cronaca per poi approfondire i temi più profondi coi diretti protagonisti o tramite chi li ha conosciuti in vita. In questo film, il regista James Mangold (Logan - The Wolverine) non lascia niente al caso. Dalle ricostruzioni sceniche al carattere dei personaggi, tutto appare reale come se si venisse trasportati cinquant’anni indietro nel tempo. Il ritmo incalzante delle scene in gara si alterna a quello disteso dell’intimità familiare e a quello teso dei rapporti tra i responsabili aziendali, prima tra la casa automobilistica americana e quella italiana e poi all’interno della stessa Ford. La vera sfida infatti si svolge non tanto in pista quanto nella squadra di Henry Ford II (Tracy Letts). Il bisogno di primeggiare di Leo Beebe (Josh Lucas) su Lee Iacocca (Jon Bernthal - The walking dead, The punisher) si scontrerà con la missione ben più alta di Carroll Shelby. E a subirne le conseguenze sarà ogni volta il più puro e per questo sprezzante collaudatore e pilota Ken Miles.
“C’è un momento quando sei a 7000 giri in cui tutto scompare e resta solo una domanda: ‘Chi sei?’”. Matt Damon si cala nei panni di Carroll Shelby, il pilota che deve abbandonare le gare per un problema cardiaco grave e sceglie di restare in campo come imprenditore, e successivamente come costruttore di un sogno impossibile: battere la Ferrari. La sua recitazione alterna la misura alla passione esattamente come il suo personaggio che posto tra due fuochi si trova a dover fare i conti da un lato con i vertici di una delle aziende più grandi del mondo e dall’altro con l’amico testa calda Ken Miles interpretato da Christian Bale. Che è gigantesco. Arrogante con tutti tranne che col figlio e soprattutto con una moglie forte e innamorata (Caitriona Balfe - Outlander), l’unica che riesce davvero a tenergli testa in ogni momento, Miles è genio e sregolatezza, l’umiltà è sostituita dall’azione costante, incessante, instancabile. La sua mimesi è impressionante (solo per avere un’idea estetica basta cercare le foto del vero Miles), l’aderenza unica, come se la persona Bale non fosse mai esistita (c’erano dubbi?), in quel momento c’è solo Ken. Che ci fa divertire, arrabbiare, amare, temere non per lui ma con lui.
La sceneggiatura segue, indaga e approfondisce quello che è successo realmente e ogni drammatizzazione si avverte come genuina e mai fuori luogo. Il Drake Enzo Ferrari (un Remo Girone che si misura alla pari con colleghi hollywoodiani ben più celebri) che rispetta e addirittura ammira l’avversario, riporta alla mente una classe che probabilmente non è più rintracciabile ai giorni nostri. Non mancano i momenti divertenti all’interno della pellicola che anche grazie a questi si lascia attraversare in maniera fluida come se il vero protagonista potesse essere lo spettatore. La macchina da presa sembra volare invisibile tra le pieghe del film e la voglia di rivincita al centro della storia è un motore che non viene mai spento, anche se a volte può sembrare così. Come non verrà mai spenta la GT40 di Ken Miles nel cuore degli appassionati del genere. In quell’anno infatti stabilirono il giro più veloce in gara e il record della pista. E nel 2001 Miles è entrato a far parte della Motorsports Hall of Fame of America.
Il film scorre talmente bene che fa pensare sia stato semplice realizzarlo. Resta la voglia di rivederlo per quel senso di riscatto cui quelle vite sono state legate e per quel bisogno che tutti provano di sentirsi ogni tanto un po’ meno responsabili e un po’ più sognatori. Per scoprire, alla fine, che ne è valsa davvero la pena.
La pagella artistica
Regia | ![]() |
9,0 |
Sceneggiatura | ![]() |
8,0 |
Fotografia | ![]() |
8,0 |
Musiche | ![]() |
8,0 |
Recitazione | ![]() |
9,0 |
Film | ![]() |
8,5 |
Le Mans ’66: la grande sfida (Ford v Ferrari)
drammatico, biografico | USA | 2019 | 152 min
regia James Mangold | sceneggiatura Jez Butterworth, John-Henry Butterworth, Jason Keller | fotografia Phedon Papamichael | musiche Marco Beltrami
personaggi | interpreti
Carroll Shelby | Matt Damon
Ken Miles | Christian Bale
Mollie Miles | Caitriona Balfe
Lee Iacocca | Jon Bernthal
Henry Ford II | Tracy Letts
Bruce McLaren | Benjamin Rigby
Leo Beebe | Josh Lucas
Peter Miles | Noah Jupe
Enzo Ferrari | Remo Girone
Lorenzo Bandini | Francesco Bauco
Roy Lunn | JJ Feild
Dan Gurney | Alex Gurney
Franco Gozzi | Corrado Invernizzi
critica | IMDB 8.3 (su 10) | Rotten Tomatoes 7.75 (su 10) | Metacritic 81 (su 100)
incasso primo weekend $ | 54 MLN
camera Arri Alexa LF, Panavision C-, H- and T-Series Lenses | formato D-Cinema | aspect ratio 2.39 : 1 | formato audio Dolby Atmos
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Commenti (3)
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Fabrizio complimenti, ottima recensione !
Resta la voglia di rivederlo per quel senso di riscatto cui quelle vite sono state legate e per quel bisogno che tutti provano di sentirsi ogni tanto un po' meno responsabili e un po' più sognatori. Per scoprire, alla fine, che ne è valsa davvero la pena.
Stupendo anche il finale.
Non vedo l’ora di godermi questo film -
Spero che l'audio Ita sia un Dts Hd o Dolby True e non il solito DD o Dts castrato..
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Originariamente inviato da: Spytek;5004588Spero che l'audio Ita sia un Dts Hd o Dolby True e non il solito DD o Dts castrato..
E fox purtroppo.. cè il rischio che non abbia ne Dolby Vision, ne Dolby Atmos neppure in inglese, l'ita sarà il solito Dts half-rate 768kbs lossy o Dolby Digital lossy (forse Plus) nel caso anche Fox passase all'Atmos per l'inglese, come fece Disney.