nordata ha scritto:
Quello che però mi interessa è questo: OK, scopro da che parte sta la fase, informazione che so ben determinante ai fini dei risultati finali, ma sulle spine dei vari ampli et similia non è indicato quale verso della spina inserire nel foro in cui è presente la stessa, o mi è sfuggita tale indicazione oppure sui filtri di cui stiamo trattando è indicato il verso di inserzione ? Se è così OK.
La presa IEC posteriore dei BlackNoise segue la codifica standard per neutro e fase (guardando la presa da pannello da dietro, con il vertice del triangolo formato dai tre contatti rivolto verso il basso, la fase è il contatto di destra) quest'ultima corrisponde poi alla lettera "D" sulle prese di uscita dei filtri stessi.
Sulle spine dei cavi in dotazione ai vari apparati infatti non è di solito segnato nulla, ma basta cercare con un tester la corrispondenza tra il contatto di fase della IEC (come sopra, solo che nel caso della IEC "volante" è quello di sinistra) e uno dei due pin della spina, italiana o Schuko che sia. Nei nostri cavi la fase è già segnata.
Io usavo il metodo, sicuramente più barbaro ed antiquato, del controllo equipotenziale tra apparecchi vari, come avevo accennato nel mio primo post, non so però se è la stessa cosa e se si ottengono gli stessi effetti.
Più o meno. Con questo sistema trovi la situazione che minimizza le correnti disperse tra gli apparati (e quindi i ronzii, in sostanza, come effetto macroscopico), e va benissimo; ma non necessariamente rappresenta la minima dispersione di ogni singolo apparecchio quanto piuttosto un equilibrio d'insieme. Intendo dire che i voltaggi dispersi tra i vari apparecchi si bilanciano, ma possono bilanciarsi anche senza che nessuno di essi lavori per se stesso con la dispersione minima.
Un'alternativa più completa (e rognosa) è trovare la posizione della spina elettrica per la quale c'è il voltaggio più basso tra telaio e terra, questo per ogni singolo apparecchio, scollegato da tutto il resto; poi, se tutti hanno seguito lo standard del cablaggio (anche internamente!) ricollegando tutto quanto c'è equipotenziale tra gli apparecchi ed è finita lì.
Per pura informazione, visto che mi si è detto, più volte, di provare: ho effettivamente tradotto in pratica voli di fantasia che molte volte mi venivano richiesti al volo durante allestimenti di qualche studio o simili, piccole realizzazioni od anche cose abbastanza complesse, lo trovavo divertente e creativo nonchè uno stimolo continuo.
Non è la stessa cosa. Risolvere un problema pratico con un atto creativo è divertentissimo e stimolante, ma inizia e finisce in tempi brevi, si attua in un ambito MOLTO ristretto e può permettersi di usare oggetti e mezzi che magari sono disponibili e/o sono "di recupero" o comunque vanno bene per una volta sola.
Tradurre un'idea in un prodotto che SI CONFRONTA con tutti gli altri prodotti frutto delle idee degli altri, in un ambito MOLTO PIU' VASTO, per tempi molto più lunghi, realizzato IN SERIE con materiali di facile (presente e futura) reperibilità e di costo ragionevole che però devono riuscire a creare una propria fisionomia originale... che devono anche rispondere ai requisiti di legge... devo continuare?
Sono due cose MOLTO, MOLTO, MOLTO DIVERSE.
Il "progettino" l'ho pensato lì per lì mentre leggevo il post, non credo che per ora sia il caso di disegnarlo ed inserirlo sul Forum, magari farò prima qualche simulazione al computer, un po' di prove pratiche, lo terrò in funzionamento un centinaio di ore per vedere come si comporta sotto carico, poi chi sa ?
Ma non era "una cosa di 30 secondi"??
Ciao,
Roberto Amato