Girmi
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Re: Re: Pag. 11
Alcuni concetti base:
1) un sistema per esprime le capacità visiva dell'occhio umano si basa sui cosidetti "cerchi di confusione".
Per cerchio di confusione si intende un cerchio così piccolo da essere confuso con un punto, cioè non si vede più il nero/bianco/nero della circonferenza e interno, ma si vedrà un punto grigio scuro.
In pratica un cerchio di diametro più piccolo o uguale a 0,25 mm visto da ca. 25-30cm, non verrà più visto come una linea nera che disegna la circonferza ed il centro vuoto, ma, appunto come un punto.
Questo serve per capire quale livello di dettaglio può leggere l'occhio umano, andare oltre è inutile, come per le frequenze oltre i 20 KHz, inudibili dall'uomo.
2) la stampa chimica è una stampa a "tono continuo", cioè ogni singolo pixel colorato dell'immagine viene riprodotto con un punto dello stesso colore sulla stampa.
In una stampa tono continuo, una risoluzione dell'immagine di 300 dpi permettere di avere una distanza tra i punti talmente piccola (ca. 0,085 mm) da non renderli più distintiguibili singolarmente alla normale distanza di visione (con la foto in mano), il risultato è una "continuità" dei toni dell'immagine (3 punti contigui avranno una distanza di ca. 0,25 mm = cerchio di confusione).
Quindi usare immagini oltre i 300 dpi diventa inutile (tranne i casi di ingrandimenti, ovvio).
Ovviamente con gli opportuni calcoli si può ridurre la risoluzione a seconda delle esigenze di visione.
Se devo stampare un 70x100 che sicuramente verrà visto da più di un metro di distanza, basteranno cerchi di confusione grandi ca. 1mm, quindi una risoluzione dell'immagine di 100 dpi sarà sufficente.
Lo stesso principio vale per le stampanti a sublimazione che pur usando gli inchiostri colorati base (3 o 4, CMY o CMYK), questi vengono scaldati fino a "sublimare" (cioè trasformati da solidi a gassosi) per miscelarsi nei condotti e creare il colore richiesto sulla stampa.
3 ) Nella stampa litografica (così come nelle inkjet o laser) si usano i 4 inchiostri nei colori base Ciano, Magenta, Giallo, Nero.
Non potendo usare le tonalità intermedie, questi vengono riprodotti in punti talmente piccoli da ricadere al di sotto dei famosi cerchi di confusione.
Variando la densità dei punti colorati e sovrapponendo i 4 colori, si ottiene un effetto che a una certa distanza (quella di normale lettura) grazie ai "cerchi di confusione) dà la sensazione di una stampa a tono continuo.
La risoluzione dei dispositivi per la stampa litografica è di 2400 dpi o superiore. A questa risoluzione la cosidetta "rosetta di stampa" (cioè la matrice minima di punti dei 4 inchiostri) ha un diametro inferiore ai famigerati "cerchi".
A questa risoluzione di stampa "reale" si usano immagini a 300 dpi perchè un singolo pixel dell'immagine corrisponde alla dimensione della "rosetta".
Per capire meglio puoi guardare con un lentino fotografico una qualunque pagina di una rivista.
Come esempio ho fatto una simulazione in Photoshop di una retinatura di stampa (in realtà in stampa i punti sono solitamente tondi e non quadrati come i pixel dell'immagine che ho simulato)
A questa grandezza le due immagini sono viste come a tono continuo:

Ingrandendole si vede la differenza fra il tono continuo ed il retinato (clicca l'immagine)

Ancora più evidente:

Quindi la conclusione sarebbe quella di usare sempre immagini da 300 dpi per avere la massima qualità.
Giusto in parte, perchè in realtà le attuali stampanti inkjet (tranne rarissimi e costosissimi casi) non arrivano ad una risoluzione "reale " di 2400 dpi, ma molto più frequentemente si fermano, se va bene, a 1200 dpi e con qualche escamotage (tipo microstep) moltiplicano virtualmente la risoluzione verticale (quella del senso di trascinamento del foglio).
In queste condizioni immagini a 300 dpi non verrebbero sfruttate in tutto il loro dettaglio, quindi è possibile ridurne la risoluzione ad un multiplo di 8 della risoluzione hardware massima della stampante (su una 1200x1200 basterebbero 150 dpi).
Ma per dare un pò di materiale in più da elaborare alle soluzioni software dei driver o agli escamotage di stampa, si può aumentare un po' la risoluzione.
Per questo motivo solitamente si indica una risoluzione di 200/225 dpi max, come adatta alla stampa inkjet.
Andare oltre è quasi sempre inutile, ma come avrai capito dipende dalla stampante, quando queste arriverranno a risoluzioni "lito", la distinzione non avrà più senso.
Spero di essere stato chiaro, in caso contrario dimmelo.
Ciao.
Ci provo, ma non è una cosa semplice.fabio3 ha scritto:
Ho letto quest'articolo che mi ha aiutato a capire qualcosa circa la risoluzione necessaria per ottenere i vari formati di stampa.
Ma nulla si dice della differenza tra stampa chimica e digitale.
Illuminami !!!!!
Alcuni concetti base:
1) un sistema per esprime le capacità visiva dell'occhio umano si basa sui cosidetti "cerchi di confusione".
Per cerchio di confusione si intende un cerchio così piccolo da essere confuso con un punto, cioè non si vede più il nero/bianco/nero della circonferenza e interno, ma si vedrà un punto grigio scuro.
In pratica un cerchio di diametro più piccolo o uguale a 0,25 mm visto da ca. 25-30cm, non verrà più visto come una linea nera che disegna la circonferza ed il centro vuoto, ma, appunto come un punto.
Questo serve per capire quale livello di dettaglio può leggere l'occhio umano, andare oltre è inutile, come per le frequenze oltre i 20 KHz, inudibili dall'uomo.
2) la stampa chimica è una stampa a "tono continuo", cioè ogni singolo pixel colorato dell'immagine viene riprodotto con un punto dello stesso colore sulla stampa.
In una stampa tono continuo, una risoluzione dell'immagine di 300 dpi permettere di avere una distanza tra i punti talmente piccola (ca. 0,085 mm) da non renderli più distintiguibili singolarmente alla normale distanza di visione (con la foto in mano), il risultato è una "continuità" dei toni dell'immagine (3 punti contigui avranno una distanza di ca. 0,25 mm = cerchio di confusione).
Quindi usare immagini oltre i 300 dpi diventa inutile (tranne i casi di ingrandimenti, ovvio).
Ovviamente con gli opportuni calcoli si può ridurre la risoluzione a seconda delle esigenze di visione.
Se devo stampare un 70x100 che sicuramente verrà visto da più di un metro di distanza, basteranno cerchi di confusione grandi ca. 1mm, quindi una risoluzione dell'immagine di 100 dpi sarà sufficente.
Lo stesso principio vale per le stampanti a sublimazione che pur usando gli inchiostri colorati base (3 o 4, CMY o CMYK), questi vengono scaldati fino a "sublimare" (cioè trasformati da solidi a gassosi) per miscelarsi nei condotti e creare il colore richiesto sulla stampa.
3 ) Nella stampa litografica (così come nelle inkjet o laser) si usano i 4 inchiostri nei colori base Ciano, Magenta, Giallo, Nero.
Non potendo usare le tonalità intermedie, questi vengono riprodotti in punti talmente piccoli da ricadere al di sotto dei famosi cerchi di confusione.
Variando la densità dei punti colorati e sovrapponendo i 4 colori, si ottiene un effetto che a una certa distanza (quella di normale lettura) grazie ai "cerchi di confusione) dà la sensazione di una stampa a tono continuo.
La risoluzione dei dispositivi per la stampa litografica è di 2400 dpi o superiore. A questa risoluzione la cosidetta "rosetta di stampa" (cioè la matrice minima di punti dei 4 inchiostri) ha un diametro inferiore ai famigerati "cerchi".
A questa risoluzione di stampa "reale" si usano immagini a 300 dpi perchè un singolo pixel dell'immagine corrisponde alla dimensione della "rosetta".
Per capire meglio puoi guardare con un lentino fotografico una qualunque pagina di una rivista.
Come esempio ho fatto una simulazione in Photoshop di una retinatura di stampa (in realtà in stampa i punti sono solitamente tondi e non quadrati come i pixel dell'immagine che ho simulato)
A questa grandezza le due immagini sono viste come a tono continuo:

Ingrandendole si vede la differenza fra il tono continuo ed il retinato (clicca l'immagine)

Ancora più evidente:

Quindi la conclusione sarebbe quella di usare sempre immagini da 300 dpi per avere la massima qualità.
Giusto in parte, perchè in realtà le attuali stampanti inkjet (tranne rarissimi e costosissimi casi) non arrivano ad una risoluzione "reale " di 2400 dpi, ma molto più frequentemente si fermano, se va bene, a 1200 dpi e con qualche escamotage (tipo microstep) moltiplicano virtualmente la risoluzione verticale (quella del senso di trascinamento del foglio).
In queste condizioni immagini a 300 dpi non verrebbero sfruttate in tutto il loro dettaglio, quindi è possibile ridurne la risoluzione ad un multiplo di 8 della risoluzione hardware massima della stampante (su una 1200x1200 basterebbero 150 dpi).
Ma per dare un pò di materiale in più da elaborare alle soluzioni software dei driver o agli escamotage di stampa, si può aumentare un po' la risoluzione.
Per questo motivo solitamente si indica una risoluzione di 200/225 dpi max, come adatta alla stampa inkjet.
Andare oltre è quasi sempre inutile, ma come avrai capito dipende dalla stampante, quando queste arriverranno a risoluzioni "lito", la distinzione non avrà più senso.
Spero di essere stato chiaro, in caso contrario dimmelo.
Ciao.
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