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  1. #1
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    Recensione Giradischi VPI HR-X (I parte)


    VPI HR-X: The Sound of Silence.

    Ho scritto questa recensione per Epidauro dietro sollecito di Lino e mi è stato chiesto da due utenti di postarla anche qui onde consentirne la visione anche a coloro i quali non hanno accesso al forum "review" di Epidauro.

    Ho cercato di essere il più descrittivo possibile e scevro da considerazioni soggettive indotte (nel limite delle mie capacità di eloquio) senza peraltro limitare l’entusiasmo che ha accompagnato tutte le fasi di set-up di questo splendido giradischi.
    Ovviamente le considerazioni finali sono strettamente personali.

    Cominciamo dall’origine: non credo che per gli audiofili più appassionati ci sia alcun bisogno di presentare Harry Weisfeld, fondatore, insieme alla moglie Sheila della nota casa Americana VPI. Bene l’ultimo nato per quanto attiene alla fascia TOP è certamente il modello Hot Road X, evoluzione degli osannati Hot Road dei tempi passati.

    Il giradischi viene fornito di serie con il braccio JMW 12.6 ma può anche essere ordinato con una base per bracci differenti. E’ peraltro possibile (o almeno lo era fino a qualche mese fa) ordinare un modello “special” con il plinth completamente in alluminio anziché a sandwich acrilico - alluminio – acrilico.

    Partiamo dalla dotazione dei tre cartoni costituenti la spedizione, uno per il motore + flywheel, uno per l’SDS ed uno per tutto il resto.

    In dotazione con l’SDS – Synchronous Drive System - viene fornito uno strobo disc ed un pratico manuale di utilizzo mentre la dotazione di accessori del giradischi è particolarmente copiosa:

    1. Viteria di serraggio testina comprensiva di rondelle in alluminio amagnetico e di rondelle in silicone trasparente;
    2. Bilancina di precisione Shure2;
    3. Barretta per il controllo visivo dell’azimuth (aka HTA);
    4. Cacciaviti “torx” da 6 e da 8 per il controllo del braccio;
    5. Dima a singolo “null point” per l’installazione della testina
    6. Bottiglietta di olio lubrificante

    L’installazione del giradischi (per inciso, è splendido, costruzione eccellente, imponenza ed autorità, per inciso devo ancora togliere la copertura in carta gommata) è sufficientemente semplice sebbene richieda un apprezzabile grado di precisione e manualità onde evitare di inficiare il lavoro che segue.

    Per prima ho dovuto preparare una superficie perfettamente piana (usare una livella allo scopo è d’obbligo, meglio se circolare) e, soprattutto di dimensioni ragguardevoli (70 cm x 55 cm sono consigliati) visto che il plinth di questo mostro misura 650 x 495 x 254 (Larghezza x Profondità x Altezza). Se poi volete utilizzare il mastodontico Cober della VPI (che poggia sul piano anziché sul giradischi), allora abbondate pure; io ho risolto con l’eccellente cover di Gingko.

    Una volta approntata la superficie, posso procedere ad appoggiare il plinth nudo sul piano.

    Il plinth è costituito da 3 strati di acrilico – alluminio – acrilico, accoppiati tramite strati sottilissimi di silicone sigillante General Electric onde ottenere un adeguato fattore di smorzamento. Lo strato di alluminio centrale viene anche utilizzato quale massa per la base del braccio ed il risultato complessivo è estremamente gradevole alla vista oltre che molto funzionale per lo smorzamento.



    Faccio quindi cadere una goccia di olio (fornito) sulla palla incastrata nello spindle di 7,62 cm imprigionato al telaio e due gocce nel condotto del piatto in acrilico che andremo a poggiare dolcemente sul perno. Il piatto è fatto interamente di acrilico, pesa circa 5,5 Kg ed ha il diametro paria a quello di un LP.



    A causa delle strettissime tolleranze in gioco visto che parliamo di 12,7 microns sulla accoppiata spindle/piatto e di circa il doppio sulla tolleranza verticale del piatto in movimento, il piatto scenderà sullo spindle MOLTO lentamente e l’arrivo a fine corsa sarà confortato da un leggero click.

    Al fine di procedere al primo allineamento in bolla del giradischi, installo la testina sul braccio alla men peggio e lo poggio provvisoriamente sul suo perno pivot onde simulare il peso reale in funzionamento. A questo punto i pesi sono gli stessi che saranno in gioco durante l’ascolto e posso procedere a “livellare” il piatto.

    La costruzione dell’HR-X prevede due ordini di interventi possibili: il primo sulle sospensioni vere e proprie ed il secondo sull’altezza dei piedini che le contengono.
    In soldini, il giradischi poggia ai quattro angoli su altrettante sospensioni ad aria visibili nell’immagine e contenute all’interno di un corpo anch’esso regolabile.
    Al di sotto dei piedini giacciono cinque minuscole sferette di alluminio che disaccoppiano ulteriormente il piatto dal suo supporto.



    Sfortunatamente la dotazione degli accessori non annovera una pompa a mano che consenta di mettere a pressione i serbatoi delle sospensioni e la cosa è oltremodo fastidiosa sia per il livello della macchina (quanto poteva incidere nel prezzo complessivo una pompetta?) sia in quanto, alla prova pratica, si comprende che non è sufficiente una normale pompa da bicicletta ma quantomeno una semi-professionale avente un meccanismo a scatto che “sollevi” il pistoncino della valvola prima di estrarre la pompa e non contemporaneamente, pena la perdita di aria dai serbatoi.

    Per quanto mi riguarda, mi sono attrezzato con un serbatoio di aria compressa portatile che ho tarato in uscita a 20 p.s.i. (pressione raccomandata da Vpi) ed ho quindi proceduto a gonfiare le quattro sospensioni tramite la classica pistola da pneumatici.

    Ho quindi posizionato sullo spindle centrale del piatto la mia livella digitale (Cartridge Man) ed ho quindi regolato ulteriormente i piedini per raggiungere il perfetto equilibrio come desumibile dalla foto; in realtà, essendo il piano su cui poggia il giradischi già in perfetta bolla, è stato sufficiente operare su di un singolo piedino (ovviamente quello sottostante il braccio) per compensare il peso del braccio e rettificare l’installazione dei 0,2 gradi indicati.





    A questo punto, con il giradischi perfettamente in bolla, gli ho affiancato il motore, o meglio, lo chassis contenente due motori sincroni a corrente alternata da 300 rpm.

    I due motori fanno girare a 250 rpm una flywheel di circa 6,3 Kg (anch’essa su inverted bearing) ottenendo la rotazione del piatto per mezzo di una cinghia in Nitrile con accuratezza nell’ordine dei 20 microns e con una inerzia 62 volte superiore a quella di un patto dal peso doppio.

    Ho quindi collegato il motore all’SDS tramite il cavo in dotazione e quest’ultimo alla rete elettrica.

    Mi sono quindi dedicato alle diverse tarature per l’installazione del braccio e della testina.

    To be continued in Part II...

  2. #2
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    Recensione Giradischi VPI HR-X (II parte)

    Il braccio ha la base premontata e quindi non richiede alcuna installazione.

    Deriva essenzialmente dal 12.5 del quale rappresenta una evoluzione con minore peso ed altri miglioramenti sul controllo del VTA; il nome JMW (Johnatan M. Weisfeld) è dedicato al figlio dei Weisfeld, morto prematuramente in un incidente.

    Il braccio è esteticamente molto bello, presenta una massa effettiva di 10,2 grammi ed una lunghezza di 317 mm. Gli accoppiamenti ideali sono con testine dal peso compreso tra 8 e 12 grammi e cedevolezza tra 12 e 20 onde rimanere in un range di frequenza complessiva adeguato.

    Il braccio inoltre offre una soluzione estremamente semplice e flessibile per l’utilizzo di diverse testine: al prezzo di circa 1.000 dollari, infatti è possibile acquistare un “wand” separato su cui installare una differente testina; questo tubo di ricambio è completo di cavo e connettore Lemo quadripolare per l’interfacciamento al giradischi così che, quando avete voglia di ascoltare una testina differente, vi basterà togliere il braccio attuale “sollevandolo” dal suo pivot previo scollegamento del connettore lemo e poggiarvi l’altro avendo cura di riposizionare il VTA come vedremo oltre.


    La prima cosa che ho fatto è stata quella di installare la testina (Dynavector DRT XV-1s) grossolanamente; ho quindi messo su un disco dello spessore che utilizzo più frequentemente, ho settato accuratamente il VTF facendo scorrere il peso posizionato sul retro ed ho calcolato l’altezza della testina in condizione di “uso”.



    Ho quindi sostituito la testina con degli spessori che ne simulassero l’altezza e che, tramite una estensione in avanti, mi consentissero di individuare più facilmente il VTA come da figura.



    Il meccanismo di controllo del VTA dell’HR-X o meglio del JMW 12.6 è molto flessibile e finanche eccessivo per accuratezza: la regolazione è consentita su una scala a passi di 76 microns !!!

    Una volta regolato il VTA ho bloccato le due viti del braccio ed ho reinstallato al testina.

    Ho quindi posizionato una barretta per il controllo dell’azimut sulla testina ed ho aggiunto una livella di precisione badando bene a compensare in termini di VTF il maggiore peso dovuto ai due oggetti.





    To be continued....Part III

  3. #3
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    Recensione Giradischi VPI HR-X (III parte)

    Ottenuto un risultato soddisfacente ho settato nuovamente il VTF, questa volta servendomi della bilancina di precisione e dell’adattatore fornito dai tools di Wally.



    E’ molto importante che il VTF venga settato ponendo lo stilo “ALLO STESSO LIVELLO” del disco che si andrà a suonare, altrimenti i valori saranno enormemente sballati.
    Ho fatto un tentativo a tal proposito ed il VTF tarato a 2.20 g raggiungeva i 2.60 se misurato direttamente sulla bilancina anziché sul supporto in acrilico.

    Ho quindi settato la testina al valore più alto suggerito dal produttore (2,20g.). La foto seguente è in itinere:



    To be continued...PART IV

  4. #4
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    Recensione Giradischi VPI HR-X (IV parte)


    Per scelta progettuale VPI il braccio non è dotato di alcun meccanismo di damping, principalmente a causa della introduzione del periphery clamp di cui oltre; non è neppure previsto alcuno strumento di controllo dell’antiskating se non una empirica rotazione del cavetto che collega il braccio alla base.

    Regolato il VTF ed il VTA, ho installato il protractor fornito in dotazione per regolare l’overhang e l’allineamento e, non contento per il limite dell’unico null point alla base del protractor VPI, ho utilizzato anche altre due dime per il controllo con i due null points.





    A questo proposito è necessario fare una precisazione.
    L'HRX che mi è stato fornito aveva una "spindle to pivot distance" di 301 cm mentre quella corretta per il 12.6 sarebbe di 302.1.
    Probabilmente il trasporto ha ristretto leggermente questo valore che ho provveduto a ripristinare allentando il supporto ad L onde avere un corretto "presupposto" per l'utilizzo delle dime.

    Successivamente tratterò della questione “antiskating” in una sezione a parte.

    Per il momento è sufficiente dire che la mancanza di un meccanismo di damping del braccio è dovuta alla scelta di utilizzare il famoso “Clamp periferico”.

    Trattasi di un anello in acciaio inossidabile che si centra sul piatto ed ha un duplice utilizzo:
    1. Come semplice volano può essere lasciato poggiato sul bordo del piatto in acrilico (leggermente più basso rispetto alla superficie del disco) in modo da non doverlo togliere e mettere ad ogni disco. In questa maniera, spostando la massa sul bordo esterno del piatto, si ottiene la stessa inerzia e stabilità di velocità di un piatto complessivamente MOLTO più leggero.

    2. Può essere utilizzato come clamp vero e proprio e poggiato sul disco del quale coprirà il bordo più esterno simulando una pompa di aspirazione senza i difetti di ingombro e funzionamento della soluzione pneumatica.

    Il CLAMP centrale assolve la funzione di “semplice” peso e di per se, consente la riproduzione senza problemi anche di dischi alquanto ricurvi. Non bisogna lasciarsi influenzare dalla filettatura dello spindle che risale all’utilizzo di clamp filettati in epoca antecedente l’introduzione del clamp perimetrale.

    Orbene, installato tutto quello che potevo installare ho acceso l’SDS e quindi l’interruttore del motore; la prima sensazione è stata di disagio e di stupore per avere sentito uno stridere di gomma per frazioni di secondi; ho ripetuto l’accensione ed ho potuto verificare che l’avvio è così “POTENTE” da fare tremare e slittare la cinghia dei due motori (a fase invertita per minimizzare le vibrazioni) per qualche attimo. Dopo di che tutto torna nella norma.

    Ho quindi preso il mio disco test Strobo Clearaudio con la sua luce a 300Hz ed ho provveduto a settare la velocità di rotazione; trattandosi di motori sincroni, la velocità di rotazione viene stabilita dalla frequenza che viene inviata agli stessi; ho trovato il mio equilibrio a 60.25 Hz e 84 volts per i 33.33.

    Una volta correttamente regolato il tutto, trepidante, setto lo Steelhead e 50pF di capacità per canale - ottenuti sottraendo dal valore di carico previsto per la testina, il valore di capacità del cavo phono compreso quello interno al braccio - e 50 Ohm di carico per la testina (a proposito, non dannatevi perché solo lo steelhead consente queste regolazioni custom a volo ).



    Seleziono il guadagno minimo disponibile 50 dB (diamine, ho due finali mono da 150 watts l’uno e tanto di pre per pilotarli) e metto su Vinylessentials, non tanto per il controllo di fase sul quale avevo ampie garanzie (ho una attenzione maniacale quando faccio queste cose) quanto per il favoloso test del tracciamento: orbene la combinazione HR-X - JMW 12.6 – Dynavector DRT XV-1s mi fa superare agevolmente gli 80 microns !! Agendo leggermente sul VTF raggiungo anche i 90 ma non voglio esagerare .

    Con un cross talk nell’ordine dei 25db - ed una frequenza di risonanza del sistema misurata intorno ai 10 Hz, mi accingo quindi al primo ascolto: metto su una edizione limitata di “Pickering Pefrection” registrato con tecnica DMM alla Teldec di Berlino e rimango perplesso; non è il tipico suono VPI, quello al quale mi ero abituato col 19 e con gli altri VPI delle “passate” stagioni.

    Il segnale che esce da quel “coso” non è più caldo e ma è trasparente, analitico, “radiografico”. Cavolo, ho oltre 45 valvole nel mio sistema e lo sento estremamente silenzioso. Devo alzare notevolmente il volume per avvertire il vituperato soffio.

    La dinamica non è certamente quella riscontrabile in cinghia di analoghe “aspettative” e l’utilizzo del clamp periferico farebbe ricredere anche i più dubbiosi; provo a toglierlo completamente e, dopo le dovute regolazioni, mi ritrovo a sentirne la necessità.

    Bando ai superlativi, il basso si estende come nessun giradischi aveva osato nel mio sistema, la precisione del contrasto mi mostra le percussioni come non le avevo mai ascoltate né con l’Orbe, né con i precedenti.

    L’impatto e l’attacco degli strumenti non è quello tipico di questa filosofia progettuale ma abbandona il tipico approccio “vellutato” per lasciare spazio a quello che altri definiscono “the sound of silence”. Il fuoco e la separazione dei canali vengono subito fuori appena metto su “Flamenco Fever” di Felipe De La Rosa, un DD davvero eccellente; la fatica di ascolto va a farsi benedire lasciando il posto ad una stabilità della immagine davvero incoraggiante.

    La grazia della DRT si sposa benissimo con la leggerezza del JMW tanto da indurmi a ritenere la prima una delle cause di cotanto piacere; prendo quindi a volo il wand con la colibrì e swappo i due mentre il disco ancora gira; che dire, subito vengono fuori le caratteristiche della top vdh, maggiore estensione agli estremi alti e superiore analiticità, magari a scapito di un medio meno corposo e di un basso più ovattato: mi convinco sempre più che mai come con questo giradischi riesca a poter individuare analiticamente le caratteristiche delle singole testine.

    Rimango affascinato, per il momento, e mi riprometto di estendere gli ascolti.
    Saluti
    Luca


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