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Discussione: Telethon 2007
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14-12-2007, 09:58 #1
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Telethon 2007
Anche quest'anno come ogni anno è partita la maratona Telethon che per raccogliere fondi per la ricerca scientifica contro la distrofia muscolare e altre malattie genetiche e rare, trovate tutte le informazioni qui .
Chiedo anche se possibile allo staff di AV-Magazine, mettere un banner nel sito (magari prossimo anno lo chiedo prima non so se è possibile farlo così velocemente), qui ci sono diversi banner volendo da poter linkare .
Come Stefano ma sopratutto come ragazzo distrofico ringrazio chiunque partecipi un abbraccio
Stefano
P.S. vi scrivo qui di seguito una testimonianza che è stata pubblicata sull'ultimo numero di "Vincere Insieme", la rivista semestrale delle sezioni UILDM piemontesi e valdostane.
"Il 21 marzo del 1987 il sole era tiepido e l’aria frizzantina, mossa da un lieve venticello, trasportava il profumo dei fiori dal giardino sino a me, nella cameretta d’ospedale. Era iniziata la primavera e quello era il giorno più bello della mia vita. Sì, perché quel 21 marzo di vent’anni fa è nato il mio bambino. Certo, Luca ormai è grandicello, ma per me è sempre stato e sarà sempre il mio piccolino. Mi chiamo Angela, ho 45 anni e sono una mamma. Potrei anche aggiungere che faccio altro nella mia vita, ma è così che mi piace presentarmi. Da bambina, come tutte le mie coetanee, guardavo dritto avanti a me, verso il futuro, sognando ad occhi aperti il giorno del mio matrimonio e il momento in cui finalmente avrei formato una famiglia tutta mia, con un marito da amare e che mi amasse e dei bei figli vivaci, scorrazzanti per la casa. Quando poi mi sono sposata, l’emozione era talmente grande che mi sembrava di non riuscire a contenerla, ma non era nulla paragonato a ciò che ho provato nell’attimo in cui quel minuscolo batuffolo, Luca, mi è stato messo tra le braccia per la prima volta. Ho riso... pianto... e l’ho amato subito. Era così adorabile con le sue dita paffute, la pelle rosata e una piccola testolina pelata simile ad una palla da biliardo. Era semplicemente bellissimo, il ritratto della salute. Ma purtroppo la natura non ha sempre in serbo per noi quello che di meglio si può desiderare, ed io e mio marito scoprimmo presto che, per un triste e crudele scherzo del caso, la vita non ci aveva riservato rose e fiori. Fu per puro caso che, ad un so lo anno d’età, fu diagnosticata a Luca la distrofia muscolare di Duchenne. Io sono una persona semplice e in un primo momento non capii le spiegazioni dei me dici che cominciarono a parlarmi di distrofina, degenerazione delle fibre muscolari, gene X e altri termini mai sentiti, ma che purtroppo oggi sono diventati il mio pane quotidiano. Nonostante ciò colsi immediatamente e chiaramente quello che il discorso sottintendeva: la situazione era grave. Ci furono spiegate cause e conseguenze della malattia e quello che avremmo potuto fare, con la precisazione però che non esisteva alcuna cura che avrebbe potuto guarire Luca sottraendolo all’inevitabile. Pensavo che quello sarebbe stato il giorno più brutto della mia vita. E piansi, piansi tutto il giorno fino a quando credetti di non avere più lacrime, ma come smettevo, il pensiero di quello che il mio bambino avrebbe dovuto patire e, di conseguenza, quello che io stessa avrei dovuto sopportare, di quale sarebbe stato il nostro futuro, tornava a tormentarmi gettandomi nella più nera disperazione. Una domanda mi assillava: “Ce la farò a reggere tutto questo? Riuscirò lo stesso ad essere una buona madre?”. Ed anche se potevo solo provare ad immaginare gli scenari che si sarebbero presentati, in realtà non era assolutamente possibile prevedere quello che davvero ci aspettava.
Come ogni malattia degenerativa, la Duchenne è molto lenta e graduale, non ti accorgi dei microscopici cambiamenti che si susseguono giorno dopo giorno, anche se per me, come per qualsiasi madre, la malattia avanza sempre troppo in fretta e riesco a coglierne ogni minima variazione sul volto e nel corpo di mio figlio. Nel corso degli anni ho visto accadere a Luca tutto ciò che i medici avevano predetto: la difficoltà nell’alzarsi da terra, l’impossibilità di correre, saltare e giocare come gli altri bambini, il dolore nel sentire il muscolo tendersi all’inverosimile quando saliva le scale, la fatica nel fare una semplice camminata... Va aggiunto che mentre i suoi muscoli non funzionavano bene, il cervello invece lavorava benissimo. Non ci fu bisogno che gli spiegassimo cosa gli stava succedendo: ci arrivò da solo. Luca osservava il suo corpo e percepiva chiaramente la sua debolezza. Inoltre, con il tempo, imparò a capire quei discorsi degli adulti che prima gli erano oscuri: quelli dei genitori, dei medici, degli amici e dei parenti che lo circondavano, della televisione. Conosceva il suo problema, ma non si spiegava perché fosse successo proprio a lui. Quante volte l’ho visto gridare, piangendo disperato, mentre scagliava lontano qualsiasi oggetto gli capitasse per mano, perché gli era impossibile accettare l’amaro destino che gli era stato assegnato. Come dargli torto? E come aiutarlo? Sapevo di non poterlo guarire, ma nonostante le mie crisi e i miei pianti, che gli ho sempre tenuti ben nascosti, non mi sono mai persa d’animo. Non potevo crollare. Ho fatto per lui quello che una madre fa per il proprio figlio: gli ho dato tutto il mio amore quando si è sentito odiato per la sua sorte, l’ho sostenuto quando si è sentito solo, l’ho consolato quando era triste e addolorato, sono stata volta per volta le sue gambe e le sue braccia, l’ho rincuorato quando non riusciva più a vedere nulla di bello a questo mondo, gli ho concesso di fare tutto quello che era nelle sue possibilità e, quando è stato necessario, l’ho sgridato, rimproverato e gli ho fatto le tipiche prediche che rendono tale una madre.
Fino al suo decimo anno d’età ce la siamo cavata, ma sapevamo che le sue condizioni sarebbero ancora peggiorate e infatti, un giorno, Luca smise di camminare. Così, all’improvviso. Un attimo prima giocava con i suoi amici e quello dopo era fermo, immobile, incapace di fare un passo. Ero a conoscenza del fatto che prima o poi sarebbe successo, ma per quanto ci si prepari, non si è davvero mai pronti per quel momento. Per la seconda volta pensai che quello fosse il giorno più brutto della mia vita e questa volta non sapevo proprio come avrei potuto reggere le difficoltà che ci aspettavano e come avrei potuto insegnare a mio figlio che la vita, per quanto dolorosa, possa essere comunque bella anche su una carrozzina. Dal momento in cui era nato avevo voluto il meglio per lui, ma non gliel’avevo potuto dare. Mi si stringeva il cuore ogni volta che lo vedevo tentare di far qualcosa e poi assistere impotente al suo fallimento. Mi sembrava di non fare abbastanza, avevo una paura folle che Luca non fosse in grado di sopportare gli ulteriori colpi. Tuttavia devo ammettere che lo sottovalutavo: invece di demoralizzarsi, il mio piccolino ha cominciato a lottare dimostrando una passione viscerale per la vita. Non saprò mai se in qualche modo sia stata la mia vicinanza ad avergli trasmesso la forza per andare avanti, o se piuttosto sia stato il suo coraggio a tenermi in piedi accanto a lui, pronta a fare al suo posto tutto quello che non gli è più possibile. Ma so che mentre la malattia progrediva impedendogli di compiere le azioni più elementari, come mangiare, scrivere, soffiarsi il naso, cambiare posizione a letto o tenere in mano gli oggetti, Luca cresceva con i desideri e le esigenze di tutti i suoi coetanei e non ha mai lasciato che la carrozzina gli impedisse il raggiungimento dei suoi obiettivi. Compensa con mille alternative valide le attività che non può compiere, impedisce a se stesso di autocommiserarsi buttandosi a capofitto in tutto ciò che è nelle sue possibilità: se può uscire esce, se può viaggiare viaggia, se può andare da qualche parte ci va, se non può giocare con un pallone tra i piedi gioca con una pallina e una mazza da hockey, se può fare qualcosa, qualsiasi cosa, la fa. A volte penso che non sia un ragazzo normale. Non è la distrofia, ma la sua iperattività a sorprendermi, una qualità difficile da trovare nei suoi coetanei normodotati e che sicuramente non ti aspetteresti da lui. Il suo essere sempre impegnato riempie anche le mie giornate, tanto che spesso non so come riesco a stargli dietro. E’ come se avesse inventato lui il motto “Cogli l’attimo”. Sa che non gli è stato concesso molto tempo e vive ogni giorno come se fosse l’ultimo, come se non ci fosse un domani. Il futuro per lui non esiste, è il presente che conta ed ha insegnato anche a me a non pormi troppe domande su cosa succederà. Parafrasando Vasco Rossi (non a caso uno dei suoi cantanti preferiti) ha scelto di vivere una “Vita spericolata” invece che trascinarsi in un’esistenza vuota e priva di emozioni e così facendo riesce a godersela molto più di tanta gente perennemente infelice, anche se assai più fortunata, che dalla vita ha avuto tutto ciò che si poteva chiedere.
Anch’io ho fatto una scelta. Ho scelto di organizzare le mie giornate in base alle sue, rinunciando ad una vita che fosse solo mia, ho scelto di passare il più delle notti insonne a controllare che il mio piccolo dorma bene, ho scelto di permettergli di fare tutte le esperienze che desidera al prezzo della mia libertà, ho scelto di sopportare sulle mie spalle le sofferenze che non voglio condividere con lui per permettergli di vivere il meglio possibile. Ho fatto tanto per Luca, anche se nessuno me l’ha imposto ed in realtà non ho avuto nemmeno scelta. Quando nasce un figlio, maschio o femmina, sano o malato che sia, una madre sa che sarà disposta a vivere e morire “per” lui, sa che farà tutto “per” lui, ed io non faccio eccezione: lo so dal giorno in cui Luca è venuto al mondo... il giorno più bello della mia vita."
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14-12-2007, 10:15 #2
Se volete un suggerimento fate come la mia famiglia: ogni anno decidiamo di decurtare una somma dai regali di natale e la devolviamo ad associazioni come telethon. Anzichè regalare tre dvd ad esempio, ne regalate due e mettete da parte quello che avete risparmiato. Sommate tutti i soldini con tutti i parenti e vedrete come presto si raggiungono parecchie centinaia di euro.
Oppure fate una bella tombolata e destinate i premi come sopra.
Un piccolo gesto a noi non cambia nulla, ad altre persone può cambiare la vita.