ROMA (24 giugno) - All’Aquila è stata una fortissima scossa muta, senza quel terribile boato che il 6 aprile scorso ha preannunciato la tragedia. A Roma è stata una vibrazione leggera che, seppur lieve, è stata avvertita da molti. Per tutti è stato un tuffo all’indietro e per gli abruzzesi soprattutto una triste realtà che si è palesata dinanzi ai propri occhi: lo sciame sismico non è ancora finito. Proprio così. Anche se la scossa di due notti fa era «senza voce», è subito apparso chiaro che la sua intensità non era uguale a quella delle piccole vibrazioni a cui gli abruzzesi convivono da diverse settimane. E’ stata una scossa di magnitudo 4,5, seguita ieri da scosse di magnitudo pari a 3,8, 3,5 e 3,1. Anche se sembrano aver colto di sorpresa in molti, gli scienziati non sembrano affatto stupiti.
«Sapevamo che lo sciame sismico non sarebbe finito in tempi brevi», dice Paolo Messina, ricercatore dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio nazionale delle Ricerche (Igag-Cnr). «Anche se queste ultime scosse sono state più intense rispetto a quelle registrate nei giorni scorsi – sottolinea l’esperto - tutto rientra nel normale progredire dell’assestamento delle faglie». Non è infatti escluso, anzi è probabile che ci saranno altre scosse di magnitudo pressoché simile per altri mesi.
«Scientificamente - dice Alberto Michelini, ricercatore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) - c’era d’aspettarselo che lo sciame sismico si manifestasse con scosse di magnitudo più elevate. Probabilmente ce ne saranno altre, come è successo in passato».
Ma non è la sola magnitudo o l’assenza del “boato” a rendere queste ultime scosse diverse da quella terribile del 6 aprile e da quelle più piccole registrate nelle ultime settimane. La faglia interessata, infatti, sarebbe un’altra. «L’ipocentro - spiega Michelini - è più a Nord rispetto alla scossa più forte di aprile. E’ vicino ai comuni di Barete, Capitignano e Pizzoli». Anche la profondità non è uguale. «Queste ultime scosse – spiega Messina – sono avvenute a 14 chilometri e 200 metri di profondità, circa 4 chilometri in più rispetto a quella del 6 aprile». Faglia diversa, più profonda, e magnitudo leggermente più elevata di quella delle scosse di assestamento precedenti.
«Il forte terremoto - dice Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv - che dà origine allo sciame sismico provoca un forte disequilibrio e di conseguenza alcune faglie possono arrivare più facilmente alla rottura». Quindi nella zona della faglia che si è aperta il 6 aprile scorso possono essersi attivate altre faglie, piccole o grandi. Questo può dar luogo a due scenari diversi. Il primo è che queste scosse più intense allungheranno i tempi di assestamento del suolo e quindi ci vorranno alcuni mesi per ritornare a sopportare scosse più lievi. Il secondo, meno confortante, è che una seconda faglia dia luogo a un altro sciame sismico. «E’ una possibilità, ma non è detto che sia probabile. Non è infatti possibile prevedere l’inizio di un terremoto, così come non è possibile prevederne la fine», conclude Messina.