Da consumatori.it
Riguarda soltanto i privati consumatori la nuova e più favorevole garanzia sui prodotti introdotta dal decreto legislativo n. 24/2002, pubblicato sul supplemento ordinario n. 40/L alla Gazzetta Ufficiale dell’8 marzo scorso.
La nuova disciplina, che entrerà in vigore dal 23 marzo 2002, consiste infatti in un "innesto" nel Codice civile, di seguito all’articolo 1519, mentre per i professionisti e le aziende continuerà a valere la vecchia disciplina definita dagli articoli 1490 e seguenti. Per i consumatori le novità sono diverse.
La nuova disciplina, che non si applica all’energia elettrica, all’acqua e al gas di erogazione, vale anche per i beni usati, ma "limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale della cosa". Ciò esclude, per esempio, un’automobile con una frizione difettosa o qualsiasi altro difetto che si presume dovuto all’uso.
Vale anche per i contratti d’opera, per esempio quando il consumatore fa rifare il pavimento di casa, purché ci sia consegna di materiale.
Non si considerano prodotti difettosi quelli "conformi alla descrizione fatta dal venditore" o alle "dichiarazioni pubbliche" fatte dal produttore tramite pubblicità o etichettatura. Bisognerà stare quindi molto attenti ai libretti o fogli di accompagnamento, ai depliant, alle etichette, eccetera: se, per esempio, si compra un’utilitaria che fa solo 5 kilometri con un litro di benzina o una lavatrice che produce un rumore da 80 decibel, non c’è niente da fare se ciò sta scritto da qualche parte.
Se il difetto compare entro 6 mesi dall’acquisto, si presume originario e il consumatore non deve provare che è originario. Ciò è un grande vantaggio rispetto alla precedente disciplina.
In caso di difetto il consumatore può scegliere tra:
riparazione del prodotto
sostituzione del prodotto
rimborso di una parte del prezzo pagato
rimborso totale del prezzo.
Tuttavia questa scelta è soggetta a dei limiti. Non si può chiedere la sostituzione dell’auto se il difetto dipende da un pezzo sostituibile, per il quale, in ogni caso, il consumatore non deve pagare niente. Si può chiedere la sostituzione del prodotto soltanto se il difetto è grave o se la riparazione arreca "notevole inconveniente al consumatore". Più precisamente, il diritto alla sostituzione scatta quando:
il difetto, anche se riparato, svaluta il prodotto;
la riparazione non è possibile;
la riparazione o le riparazioni si protraggono a lungo, ovvero oltre "un congruo termine", determinando notevoli inconvenienti al consumatore.
Questo congruo termine è generico e non definito, per cui è importante che il consumatore si attivi e, se la riparazione va per le lunghe, spedisca un telegramma o una raccomandata facendo presenti i notevoli inconvenienti (se esistono) e dando un termine ultimo per la consegna del prodotto riparato a dovere.
Se, nonostante ciò, il venditore non provvede alla riparazione o alla sostituzione, il consumatore ha diritto al rimborso del prezzo.
Il difetto va denunciato dal consumatore (tramite telegramma o raccomandata AR) entro 2 mesi dalla scoperta. Il termine è perentorio, quindi la denuncia non deve essere solo verbale o telefonica, altrimenti il venditore può sostenere che non è stata fatta e il consumatore decade da ogni diritto. A parte il termine di 2 mesi per la denuncia, la nuova garanzia è valida per 25 mesi e il venditore non può far firmare al consumatore una carta o una clausola con la quale vi rinuncia. Ciò significa anche che, almeno per gli acquisti più impegnativi, il consumatore deve conservare lo scontrino, la fattura o la ricevuta fiscale per 25 mesi.
In ogni caso, si può offrire al consumatore una garanzia in più, chiamata "garanzia convenzionale", che oltre ai diritti della garanzia legale prevede ulteriori diritti e vantaggi.
Infine responsabile del difetto è sempre il venditore, non il fabbricante.
E ancora:
LA SOSTITUZIONE DEL PRODOTTO DIFETTOSO
La nuova garanzia europea introdotta dal decreto legislativo n. 24/2002 farà probabilmente aumentare i prezzi degli elettrodomestici, che sono i prodotti sui quali si riversa il maggior numero dei reclami dei consumatori per guasti, malfunzionamenti e anomalie varie.
La grande distribuzione ha già chiesto un accordo con produttori e fornitori per gestire le probabili e numerose richieste di sostituzione del prodotto, che è il nuovo diritto del consumatore previsto dalla legge.
Si calcola che le richieste di sostituzione raggiungeranno il 10% del venduto e ciò non potrà non influire sui prezzi anche perché, qualora il consumatore optasse per la riparazione del prodotto difettoso, anziché la sostituzione, non potranno essergli addebitate spese, come finora normalmente si faceva, quindi per le aziende aumenteranno anche i costi dei centri di assistenza.
Inoltre la nuova garanzia europea ha introdotto una tutela più ampia del consumatore che va al di là del difetto del prodotto e riguarda più in generale la "non conformità" al contratto o alla descrizione fatta dal venditore o alle prestazioni promesse.
Pertanto anche un’automobile perfettamente funzionante che va a 155 chilometri all’ora anziché i 160 promessi potrebbe rientrare nel diritto di sostituzione.
L'Associazione nazionale industrie elettriche (ANIE) ha già ipotizzato la predisposizione di un "disciplinare" concordato fra produttori e venditori per indicare cosa e quando debba essere sostituito o riparato.
Infatti, sul diritto di sostituzione in caso di non conformità del prodotto il testo legislativo è un po’ evasivo. Stabilisce che "il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all'altro". Quindi, se il difetto è facilmente riparabile con una spesa ragionevole per il venditore in rapporto al prezzo del bene, il consumatore non può chiedere la sostituzione, se "eccessivamente onerosa". Viceversa, allo stesso venditore può convenire la sostituzione di un prodotto di scarso valore come un rasoio elettrico, se la riparazione è più onerosa.
Il confine fra i due rimedi, osserva in proposito l'Unione Nazionale Consumatori, è piuttosto incerto, variando tra difetto e difetto e tra prodotto e prodotto e alimenterà le controversie fra consumatori e venditori, anche perché in molti casi la valutazione è soggettiva. Si pensi ad un consumatore che si accorge di una macchia di ruggine su un'auto o su un frigorifero appena acquistato: non si accontenterà di una riparazione, sia per l’estetica del prodotto sia perché penserà che è stato fabbricato male e che il difetto potrà ripresentarsi altrove.
E' inevitabile che le varie categorie di produttori e venditori predispongano un "disciplinare" per regolare almeno i casi più generali, anche perché c’è un secondo problema sul quale il testo legislativo è ugualmente evasivo. Un'altra norma stabilisce infatti che le riparazioni devono essere effettuate "entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene". Come si vede, si parla di riparazioni al plurale.
Quante ne deve sopportare il consumatore, se la prima non va a buon fine? La legge tace su questo punto e, di nuovo, tale silenzio alimenterà le controversie.
Dopo l'entrata in vigore della nuova garanzia europea introdotta dal decreto legislativo n. 24/2002, sono già sorte numerose controversie fra consumatori e negozianti su una questione piuttosto spinosa: se, cioè, in caso di prodotto difettoso il consumatore abbia diritto, a sua insindacabile scelta, al rimborso del prezzo o alla sostituzione del prodotto, senza che il negoziante possa opporsi alla scelta fatta. E' chiaro che quest'ultimo preferisce la sostituzione del prodotto, che gli consente di conservare il guadagno per poi rivalersi sul produttore o fornitore.
Le controversie avvengono specialmente nel settore dell'abbigliamento, ove è problematica una riparazione del prodotto difettoso, anche perché non esistono centri di assistenza come per le auto o gli elettrodomestici.
Va ricordato, comunque, che la scelta del consumatore non è insindacabile, essendo soggetta a dei limiti. La legge concede innanzitutto al consumatore una prima opzione o alternativa: può chiedere la riparazione o la sostituzione, in entrambi i casi senza spese. Se però il difetto è lieve e facilmente riparabile in modo tale da ripristinare la completa integrità del prodotto e con una spesa decisamente inferiore al prezzo pagato, il consumatore non può chiedere la sostituzione, a meno che la riparazione non comporti "notevoli inconvenienti per il consumatore" oppure non sia effettuata "entro un congruo termine… tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene". Bisognerà quindi verificare caso per caso tali circostanze.
Solo successivamente la legge prevede, come ulteriore alternativa, il diritto del consumatore al rimborso del prezzo, ma alle seguenti condizioni:
la riparazione e la sostituzione sono impossibili;
il venditore non ha provveduto alla riparazione (o alla sostituzione) entro "un congruo termine";
la riparazione o la sostituzione hanno arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
Dalla formulazione legislativa appare quindi abbastanza chiara la scala dei diritti del consumatore all’atto della denuncia del difetto, più esattamente della "non conformità" del prodotto:
deve accettare la riparazione se il difetto è lieve, se è poco costosa e se rende il prodotto completamente "conforme";
deve accettare la sostituzione se la riparazione è impossibile o troppo costosa, oppure se non è fatta entro un congruo termine, oppure, infine, se arreca notevoli inconvenienti;
può chiedere il rimborso del prezzo soltanto quando i precedenti rimedi non sono possibili o non vanno a buon fine. In alternativa, può chiedere anche, a sua scelta, un parziale rimborso del prezzo, anzi la legge stabilisce il diritto al solo rimborso parziale del prezzo quando il difetto è di lieve entità e "non è stato possibile o è eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione".
Infine va ricordato che, qualora ricorrano le condizioni per il rimborso totale del prezzo, il consumatore non è affatto obbligato ad accettare un "buono" di pari valore per comprare un'altra cosa nello stesso negozio, pratica piuttosto diffusa nei negozi di abbigliamento. La legge ha stabilito che, nel caso, si tratta di "scioglimento del contratto" di compravendita, mentre l'offerta di un "buono" configura una nuova proposta contrattuale del negoziante che il consumatore è libero di accettare o rifiutare.