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Discussione: Pietà (2012) film coreano o "europeo"?
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17-09-2012, 14:00 #1
Sospeso
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Pietà (2012) film coreano o "europeo"?
[prego gli amici che discutono nel 3d sul cinema coreano di far confluire qui i commenti ad un film che (credo) merita un 3d tutto suo]
Ultimamente mi ero stancato di KIM KI DUK un regista che sembrava solo voler stupire il suo pubblico con situazioni estreme, senza avere molto altro da dire.
Ecco che nel suo 18.o film il nostro invece decide di inserire oltre ai consueti temi del cinema orientale una forte componente di denuncia sociale, che si concretizza nella descrizione dell'ambiente in cui si svolge la storia. Misere botteghe di piccoli artigiani in squallidi cantinati dove non solo è assente la pur minima idea di sicurezza e tutela del lavoro ma anche luce, spazio e - si presume - perfino l'aria.
Sono i sub-sub fornitori di un sistema industriale che nel suo complesso va ancora molto bene, gente che nelle proprie cantine costruisce pezzi staccati e minuterie metalliche in conto terzi, schiacciata tra l'avidità dei committenti e le vessazioni degli strozzini per non parlare della speculazione edilizia che minaccia di sbatterli fuori. Ed anche, ovviamente, completamente esclusi da qualsiasi traccia di un benessere materiale che nella società coreana in fondo sembra essere abbastanza diffuso.
Scene che più che da film coreano sembrano essere uscite da "Gomorra" e comunque molto vicine all' idea di cinema che molti hanno in Europa. Scene che - oltretutto - sembrano volerci confortare su come in fondo si campi ancora meglio da noi nonostante la nostra crisi piuttosto che in paesi in cui l'economia ed il benessere collettivo sono ancora in crescita.
Altro elemento "occidentale" introdotto è quello del titolo: la pietà, così estranea al cinema (se non alla cultura) orientale tanto che per simboleggiarla occorre prendere a prestito l'icona del rinascimento italiano: la pietà di Michelangelo rappresentata in locandina. Elemento cardine, ma altro non dirò perché anche dire di cosa tratta il film è già spoiler.
Terzo e non meno importante elemento è uno dei pilastri della cultura occidentale contemporanea: essere disonesti, malvagi e crudeli non è una responsabile scelta individuale ma una sorta di destino che si subisce in seguito a traumi, vessazioni, malaeducazione ricevuti nell'età evolutiva. E si può sempre - se non redimersi - almeno prendere coscienza del male che si fa.
(cosa che, almeno in Italia, porta a concludere che sia tu pedofilo, mafioso, distruttore dell'ambiente, ministro corrotto ecc e ti beccano l'eventuale pena dovrà essere finalizzata al tuo recupero sociale. Ma questa è un'altra storia.)
La storia? A sì, c'é anche una storia (a tratti sforzata), una azione (non certo incalzante), un ritmo (a volte stanco), dei personaggi (qualcuno stereotipato), una fotografia (mediamente buia) ed il solito "pacco standard" di violenze e situazioni estreme. Insomma a parte l'aggiunta dei fattori etici e sociali sopra descritti non certo il miglior film del nostro.
Che, comunque, aggiungendo una pennellata qua ed una là ha fatto felice la giuria (e credo farà altrettanto felici anche molti intellettuali europei) e si è portato a casa il premio di Venezia.
Che sia veramente un genio?Ultima modifica di fortyseveninches; 17-09-2012 alle 16:30
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17-09-2012, 19:26 #2
bell'analisi e concordo.
il film, oltre all'amarissima radiografia di un contesto in balia del capitalismo, secondo me pone tutta (o quasi) la sua forza nella figura femminile: sorta di martire estatica che induce al percorso redentorio facendo riacquisire i sentimenti alle persone che oramai li avevano rimossi. ed è anche un personaggio in bilico tra la rabbia della punizione inferta mossa dalla perdita, e il senso di colpa (la pietà) per aver quasi inconsciamente ritrovato “qualcuno”.
sicuramente non tra i migliori di Kim, ma sicuramente un buon film con qualche pennellata, come dici te, da grande autore.
la storia è forzata ma ricordiamo che quello di Ki-duk è cinema di concetto e apologante, quindi qualche passaggio forzato rientra nell'economia del film. non ho trovato azione e ritmo stanchi, anzi, li ho trovati più che congeniali, e dirò di più, se il film fosse durato 20-25 minuti di più sarebbe venuto fuori ancora meglio; avrei approfondito il rapporto madre-figlio così da guadagnarne da un punto di vista prettamente empatico-emotivo.
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