Zerocalcare da il meglio di sé per questo suo debutto su Netflix (sarà anche il suo debutto sulla scena internazionale?).
Nel consueto stile l'autore racconta in prima persona una storia emotivamente "forte" al cui tema centrale arriva piano piano, come per pudore, divagando tra ricordi e osservazioni di vita quotidiana tanto godibili quanto non immediatamente attinenti a ciò cui si vuole andare a parare.
La sensibilità e la profondità ricordano il Nanni Moretti di Caro Diario, in una narrazione che si sviluppa con il linguaggio ed i riferimenti della cultura pop, con una capacità di emozionare con i sentimenti degna dei migliori anime giapponesi.
Raccomandatissima a chiunque ami le opere "riflessive" sulla natura e sui sentimenti umani, da vedere tutta d' un fiato (del resto la durata complessiva è quella di un normale film).
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La polemica sul linguaggio da parte di certi "intellettuali" mi fa venire in mente che la prima casa romana di Pasolini era a Rebibbia (se n'é parlato in Tv in questi giorni), chissà a quante poche centinaia di metri dalla casa dove qualche anno dopo sarebbe nato e cresciuto Zerocalcare.
Il romanesco scritto da Pasolini piace perché è "rotondo", popolaresco, ha un fondo di bonarietà. Quello di Zerocalcare non ha niente di popolaresco, è uno slang giovanile, il parlare quasi a bocca chiusa dei suoi personaggi ne denota la sfiducia nel mondo che li circonda, come se con quelli al di fuori del proprio mondo non valesse la pena di comunicare.
E poi il mondo di Zerocalcare è innanzitutto generazionale (i vecchi, se in scena, comunque non ne fanno parte) e vuole essere a suo modo "globale", sicuramente somiglia ai giovani delle periferie francesi o americane più di quanto non somigli a quel mondo che Pasolini ha immaginato nei suoi libri e che forse in quei termini non è mai esistito.
Basta finalmente con la romanità buonista di Sordi e lo sberleffo ai romani "veri" dell' oriundo senese Verdone!
La verità? I romani riescono ad essere sferzanti, "cattivi", menefreghisti dei sentimenti altrui, la lingua romana si presta allo sberleffo, allo scherzo "cattivo" come questo:
Attenzione: linguaggio volgare