Ale10 ha detto:
Hai ragione Ettore.
Pero' in fondo ognuno di noi si fa' l'idea che vuole di quanto succede.
Questo perche' siamo fortunatamente liberi di pensare.
Ladi Diana e' morta in un incidente? L'aero Itavia a Ustica e' esploso da solo?
La legge puo' dire quello che vuole, noi ci facciamo la nostra idea!
Perche' se anche la juve fosse assolta da tutto per vizio di forma, molti di noi un'idea di come funzionava il tutto se l'e' gia' fatta.
Se il doping del 97 non e' reato perche' quei farmaci ancora non erano della lista dei proibiti benissimo, io pero' mi faccio un'idea del perche' quella juve correva il doppio delle altre squadre.
Per legge i bilanci drogati del Milan e della mia Inter non sono punibili, io mi sono fatto l'idea che quei finti scambi alla pari per avere plusvalenze fasulle (helveg-guly-pirlo-simic e ora si continua con favalli etc.) sono assolutamente da condannare e ho del rancore per queste societa' anche se non sono punibili.
Continuiamo con inesattezze, il problema è che il tuo senso di ingiustizia popolare si basa si fondamenta sbagliate, come dimostra cio' che dici anche sul "processo doping".
La voce di un interista fuori dal coro:
tratto da "Il Foglio" di oggi:
Sono interista, pur se napoletano, per ragioni ideali. Perché la mia squadra si chiama Internazionale, e nacque da una costola internazionalista dell’allora autarchico Milan: un nome così scandaloso che il fascismo ce lo cambiò in Ambrosiana. Sono interista, pur se napoletano, perché il tifoso non è un servo della gleba che appartiene al territorio in cui è nato, non è un’anima morta. Ho scelto di essere interista, non ci sono nato (anche se una filastrocca dell’infanzia che cominciava con "Sartiburgnichfacchetti" ha avuto una certa rilevanza nella scelta). Uno così, dunque, uno come me, non può far prevalere l’essere sociale interista sulla propria coscienza. E la coscienza mi dice che questo scudetto è figlio di una pseudo- giustizia che giustizia non è. Dunque è ingiusto. Il processo da cui scaturisce ha infatti utilizzato strumenti investigativi che sono preclusi alla giustizia sportiva. Si basa su intercettazioni telefoniche che la giustizia sportiva non può disporre, e che in sede di giustizia sportiva non si possono dunque contestare. E’ perciò una sentenza a furor di popolo, basata sulle trascrizioni pubblicate sui giornali e i docu- drama inscenati dalle tv (anche se mitigata da un indultino finale che non si nega a nessuno, figurarsi a Berlusconi). E a me le sentenze a furor di popolo non piacciono, figurarsi gli scudetti. Devo aggiungere una ragione estetica e una ragione tecnica. Avendo visto la gran parte delle partite dell’Inter del passato campionato; avendo visto gli scontri diretti tra Inter e Juve, e pure gli scontri diretti tra Milan e Inter, so nel profondo del mio cuore che quello scudetto l’Inter non lo ha meritato sul campo, e che almeno in quegli scontri diretti non c’era telefonata di Moggi che potesse modificare la realtà. E la realtà era che l’Inter valeva di meno delle due squadre che le sono finite davanti. Ricorda la gioiosa macchina da guerra Ma anche se dovessi abdicare ai miei convincimenti ideali e ragionare in puri termini di interesse di tifoso, questo scudetto mi preoccuperebbe. Insomma, a me l’Inter di Moratti ricorda la gioiosa macchina da guerra di Occhetto. Proprio come una sinistra che per meriti propri non ce la faceva da cinquant’anni, l’Inter non ce la faceva da diciassette, che nel mondo del calcio sono un’eternità quanto la prima Repubblica lo era nel campo della politica. Come la sinistra di Occhetto non ce l’avrebbe fatta mai senza tangentopoli, l’Inter di Moratti non ce l’avrebbe fatta mai senza calciopoli. Come la sinistra di Occhetto, è stata proiettata da un’inchiesta giudiziaria ai vertici del campionato, gli viene cucito uno scudetto preventivo sulle maglie, parte favorita in un campo dove sono stati sbaragliati, o azzoppati, tutti i concorrenti. Ma, come accadde alla gioiosa macchina da guerra di Occhetto, finirà sconfitta a sorpresa dalle forze della storia, perché le inchieste giudiziarie non cambiano la storia, e nemmeno la riscrivono, e i vuoti in natura si colmano, e se non sarà la Juve a ricordarci quest’anno come si vincono gli scudetti ci penserà qualcun altro, magari da meno otto. In compenso, a noi resterà il gemellaggio col Chiapas, una tifosa che partecipa alle primarie del centrosinistra, un presidente in preda all’enfasi moralistica manco fosse Di Pietro, e un allenatore che nella notte dei petardi contro Dida inveiva contro l’arbitro invece che contro i petardi, così come Occhetto inveiva contro la guerra del Golfo invece che contro Saddam. Per battere Berlusconi, la storia ce lo insegna, ci vuole ben altro che un’inchiesta (Antonio Polito (ex direttore de "Il Riformista" ora senatore dell'Ulivo. NdSimo))