MaFro Custom: 6 vie di riferimento assoluto

G.P. Matarazzo 04 Marzo 2024 Diffusori

Multiamplificazione con DSP, 4.920 watt a disposizione ed estensione in frequenza da 19 Hz fino alla banda ultrasonica progettato e realizzato da Giampiero Majandi. Quanto basta per partire da Avellino con un freddo glaciale e salire fino alla provincia di Frosinone dal mio vecchio amico Marcello Dalmazia...


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Insomma è deciso: giovedì mattina alle 10 sarò a Boville, piccolo paesino arroccato su un cocuzzolo di montagna, a vedere ed ascoltare l’impianto majandiano. L’accoglienza è quella solita di Marcello, aperta, leale e spumeggiante. Senza indugi andiamo nella sala di ascolto, un ambiente non grande, ben caldo, con l’impianto posizionato in diagonale e tutte le elettroniche sistemate tra i due diffusori principali, due bestioni verniciati in rosso che troneggiano minacciosi, coadiuvati da due subwoofer che utilizzano due 18 pollici dall’aspetto ancora più rosso e minaccioso. Dopo i convenevoli eccomi pronto ad ascoltare i diffusori di Maja, con l’amico Capozzi che fatica a riprendersi dopo lo spettacolo delle elettroniche già calde e pronte “a fare fuoco”.


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E fuoco sia. Contrariamente all’aspetto aggressivo il suono che viene fuori dai diffusori è gentile, ben articolato e soprattutto possente, come un felino che si appresta a saltare senza sforzo su dinamiche maggiori. Personalmente non amo le pressioni esagerate, motivo per il quale richiedo ed ottengo i due telecomandi, quello del lettore CD e quello che controlla il volume di ascolto, che agisce sul DAC. Dopo qualche brano di acclimatamento mi sembra di notare un leggero scollamento sulla voce femminile e grazie alla riserva dei miei CD dedicati al posizionamento ruoto di pochissimo il diffusore di destra verso il punto di ascolto. Diciamo di circa 5 gradi. Continuo ad ascoltare musica fino a che noto, con un certo compiacimento, che senza accorgermene mi sono sganciato dalla fredda analisi ed inizio a rilassarmi, sotto l’incessante offerta di tracce notevoli dell’amico Marcello. Ma ormai è ora di pranzo, ed andiamo a mangiare, visto che Majandi ha telefonato per annunciare un sostanzioso ritardo.


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Pranzo incredibile, ottimo ed abbondante. Rientriamo in saletta. Ci ho pensato per metà pranzo: vado vicino ai diffusori e con l’aiuto degli altri due stringo i due diffusori di una decina di centimetri per lato. Ottengo uno stage sonoro incredibilmente più largo e definito, con una profondità della scena corretta ed i piani sonori scolpiti e ben definiti. Un impianto con i due quadranti anteriori acusticamente molto simili consente già una discreta profondità dello stage, ma presenta un inconveniente abbastanza comune, ovvero quello di riprodurre tutta la scena e la componente monofonica centrale verso il fondo, con le voci schiacciate sull’orchestra. Ed è in quel momento che un progettista accorto deve fare la differenza.


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Nello spostare i diffusori mi accorgo dei supporti elastici posti alla base del non leggerissimo cabinet, che distanziano il diffusore di un paio di centimetri da una pedana molto larga attorno ad ogni singolo diffusore con probabili funzioni di un ulteriore disaccoppiamento dal suolo. I quattro supporti di gomma non sono particolarmente morbidi ma certamente con una cedevolezza attentamente calibrata da Gianpiero. Ma passiamo alla descrizione del sistema partendo, ovviamente dai due diffusori.


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Come ho detto si tratta di un sei vie costituito da due subwoofer in cassa chiusa di dimensioni non eccessive ma dotati di due 18 pollici Voce Italiana Speakers. I due sub, anch’essi verniciati in rosso, sono realizzati ovviamente in due cabinet separati, col primo posto appena dietro al diffusore di sinistra ma più centrato ed un secondo sistemato alle spalle del punto di ascolto, pilotato ovviamente con qualche frazione di watt. Hanno il pregio dei subwoofer di classe, ovvero quello di emettere pressione soltanto quando lo spettro sonoro lo richiede. I due riproducono l’intervallo che va dall’infrasuono fino al “taglio in alto” a circa 45 Hz per incrociare con il “satellite”.


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Qui possiamo contare su due woofer Faitalpro da 10 pollici, anch’essi in cassa chiusa, che partono da 45 Hz e salgono fino a circa 190 Hz per poi cedere il gioco al bel midwoofer di Voce Italiana Speakers da otto pollici che partendo dall’incrocio con i due woofer sale fino a circa 500 Hz ove si confronta col medio da 6,5 pollici. La notevole linearità dei driver della gamma media, sempre di Voce Italiana, raccoglie il testimone a 500 Hz e termina il suo lavoro a circa 3000 Hz, una frequenza dannatamente critica per un incrocio, che deve essere calibrato con estrema attenzione per ottenere piegature della risposta corrette sia in ampiezza che in fase acustica.


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Qui si vede “il manico” del progettista e la sua corretta visione del fenomeno sonoro abbastanza slegato dalla pura teoria dei filtri, quella che tiene conto soltanto dei numeri e non degli ascolti. Nel manuale del “bravo progettista” non ci sono riferimenti in merito, ma l’esperienza e le sedute di ascolto possono condurre a risultati come in questo caso sorprendenti. Il poter disporre di un DSP dedicato aiuta certamente e rende molto veloci le variazioni del filtro crossover, ma l’effettiva frequenza di incrocio acustico, le successive misure e le sedute di ascolto ti dicono realmente quando il lavoro è finito. La gamma delle alte frequenze, da 3000 Hz fino a circa 10 kHz è affidata ad un driver a compressione da 1,4 pollici a cui è anteposta una corta guida d’onda esponenziale disegnata e costruita da Majandi. Infine il tweeter. Si tratta di un driver a compressione da 0,7 pollici caricato da una guida d’onda a diffrazione, capace, misure alla mano, di una dispersione di 180° a ben 24 kHz.


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Come per la guida d’onda del mid alto anche questa è stata realizzata con una semplice stampante 3D dallo stesso progettista. Ora chi ha letto qualche mio articolo di test sui diffusori sa che i driver a compressione non riscuotono le mie simpatie a causa di svariati fattori che poco hanno a che vedere con la tecnica pura ma che riguardano solo le impressioni di ascolto. Vi faccio notare che tranne i due woofer da 10 pollici i trasduttori sono disassati simmetricamente rispetto alla dimensione della larghezza del pannello frontale. Questo disegno è stato previsto per ridistribuire le diffrazioni dei bordi, che sono a spigolo vivo. Si tratta di una soluzione naturale quando si vuole attenuare la riflessione che si ha sul pannello frontale che ha una un brusco salto di emissione dello stesso. Soluzione elegante e funzionale.


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Il resto dell’impianto

Ovviamente a monte di un diffusore di questo tipo ci deve essere un signor impianto, a partire dalla sorgente. Marcello sulla sorgente è stato categorico: il lettore CD infatti è e sarà sempre un Marantz 94 MKII, appena datato e che non legge i DVD ma fa il suo lavoro in maniera eccellente con i CD, appesantito nella struttura meccanica con un inserto ricavato dal pieno. E’ stata utilizzata l’uscita digitale, saltando quindi il convertitore interno ed affidando la sequenza dei bit ad un moderno DAC Velvet Topping 70 ES.


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Quest’ultimo consegna il segnale a due unità FIR 408 DSP che consentono di definire con precisione millimetrica le frequenze di incrocio, le pendenze scelte per ottenere l’inviluppo acustico desiderato, il fondamentale controllo dello smorzamento ed i delay per tarare finemente le fasi acustiche. Molti “esperti” ritengono che il taglio in frequenza sia l’unico parametro determinante in un filtro attivo e che l’altoparlante vedendo che si usa un crossover elettronico oppure un DSP si spaventi e si adatti ad emettere esattamente fino a quella frequenza di incrocio. Non viene mai specificato quanto valga il Q (fattore di merito) dei singoli filtri e quale sia l’effettivo taglio acustico dell’altoparlante sotto filtro. Il progettista di questo sistema conosce molto bene queste tematiche e sa perfettamente come gestire il crossover elettronico assieme ai fattori di merito, i delay ed è stato ovviamente capace di effettuare un incrocio “ragionato”. Ha scelto cioè delle frequenze di incrocio precise tra le numerose frequenze papabili per collegare l’emissione di due altoparlanti. I due DSP passano il segnale processato alle sei elettroniche di potenza. I subwoofer vengono mossi da moduli Power soft da 1.400 watt, i due woofer da 10 pollici in serie tra loro e il mid-basso da 8 pollici sono amplificati da moduli Powersoft da 400 watt.


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Queste elettroniche sono state montate in un solo contenitore con varie piccole finezze circuitali messe a punto nel tempo dal progettista che li usa da molto tempo e quindi ne conosce molto bene pregi e difetti. Il medio da 6,5" è pilotato da un finale Perreaux Audiant P 100 che lavora in classe A fino a 35 watt, a cui è stato modificato il contenitore con un inserto ricavato dal pieno fissato direttamente allo stadio finale che consente una temperatura da classe AB ad un finale che lavora invece in classe A.


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I due amplificatori per la gamma alta e quella altissima sono valvolari, costruiti da un vecchio esperto di valvole: Gesidio Capoccia. Si tratta di un ibrido valvole più mosfet che pilota il medioalto, capace di 110+110 watt gentili e dolci. Il secondo ampli da 50+50 watt utilizza soltanto valvole e pilota i due tweeter. Tutto l’impianto viene alimentato da un rigeneratore di tensione di rete PS Audio PS5 capace di tenere a bada almeno tre impianti di questo tipo. Notevole il suo lavoro, con una uscita a 50 Hz che praticamente non ha armoniche. Vi ricordo che la tensione di rete di mamma Enel ci viene venduta con una distorsione massima del 3% e che il suo spettro armonico si estende ben oltre i 100 kHz.


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Sì, ma come suona?

Abbiamo esplorato in lungo ed in largo l’impianto allestito da Dalmazia & Majandi e dopo qualche leggerissimo intervento del sottoscritto abbiamo dovuto ammettere che la seduta di messa a punto era miseramente già finita. Complice un certo tempo a disposizione e l’assenza sia di Majandi che di Traversa ci siamo concessi, io e Nicola, una generosa seduta di ascolto, sia con le tracce che mi sono portato da Avellino, che con quella sterminata riserva di brani di Marcello. Ovviamente ho iniziato con i miei CD test, che utilizzo da decenni e che hanno suonato in impianti dal costo e/o dalle prestazioni stratosferiche.


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Inizio ovviamente dalle prestazioni base, ovvero dal bilanciamento timbrico, primo ma irrinunciabile gradino della prestazione ad alta fedeltà. I bassi profondi sono granitici, col brivido da basse frequenze presente solo quando nelle tracce ci sono davvero le basse frequenze e non le mediobasse che suppliscono con la quantità alla qualità. Il mediobasso costituisce un tutt’uno col basso in un incrocio, 10 verso 8 pollici, praticamente inaudibile. Io, da malfidato, mi sono alzato e sono andato a mettere l’orecchio vicino al driver da 8 pollici che sembrava riprodurre anche le basse. Invece stava facendo il suo lavoro…e basta! Se è vero che un diffusore eccellente si giudica sulle voci posso dire di aver trovato massima soddisfazione nel sistema che, ora che ci penso, non ha un nome specifico pur essendo stato disegnato espressamente per Marcello, in arte Mafro. Voce di donna chiara, definita con una leggerissima perdita di articolazione ai bassissimi livelli, ma proprio a voler essere ipercritici.


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Nel coro di Montefiore all’Aso, mio cavallo di battaglia per la riproduzione delle voci miste, è possibile distinguere chiaramente la quota delle voci maschili più alte una spanna di quelle femminili, con una disposizione degli esecutori che definirei millimetrica e con un rispetto notevole dei piani sonori, una caratteristica non facile da estrarre sulla carta e sullo schermo dei calcoli al simulatore. Le alte e le altissime scolpiscono le armoniche degli strumenti a corda ed a fiato. Ammetto candidamente di essermi accostato all’ascolto in qualche modo prevenuto e quasi sicuro di sentire le solite frequenze altissime taglienti, poco dettagliate e variabili nella timbrica in base al livello di ascolto. Niente di tutto questo è accaduto, con la musica jazz che fruiva densa di informazioni anche ai bassissimi livelli, ai medi livelli ed a quelli inutilmente esagerati. Si tratta di una prestazione eccellente che, lo ammetto senza remore particolari, mi ha piacevolmente sorpreso anche se rimane una costante ed invidiabile caratteristica dei diffusori disegnati da Gianpiero Majandi. L’articolazione è buona e ciò contribuisce notevolmente al senso di ambienza ed al rispetto dei piani sonori. Nemmeno in questa caratteristica ci sono variazioni degne di nota al variare del livello di pressione emessa.


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La gamma mediobassa e bassa si fanno notare non tanto per l’articolazione che a queste frequenze non risulta significativa, quanto per la capacità di smorzamento elevata che lascia venire fuori chiaramente i dettagli di frequenze più alte, proprie della gamma media e di quella alta, l’ideale per la misura dell’Articulation Test. La dinamica è veramente notevole, con tutto il sistema che reagisce in maniera decisa e veloce alle variazioni di livello improvvise nelle tracce suggerite dal Cicogna nazionale. Scena: ne ho già parlato ma non smetto di stupirmi per le dimensioni dello stage nelle tracce della grande orchestra, con i singoli esecutori distanziati il giusto senza che intervenga mai il famoso effetto “Colosseo” o un qualsiasi inutile rimpicciolimento. E posso verificarlo quasi immediatamente, con la traccia di chitarra classica registrata proprio nel mio vecchio laboratorio. La scelta di diversi brani che considero decisamente critici mi conferma la precisione dei vari piani sonori, sia con la traccia del coro di Montefiore che con quella della cantante posta almeno tre metri e mezzo avanti ai due violoncelli. Una volta tanto la cantante appare totalmente svincolata dagli strumenti a corda che sono in qualche modo aiutati da una sorta di riverbero naturale dell’ambiente di registrazione.


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In conclusione

Posso dire di aver speso utilmente una giornata con l’analisi e l’ascolto di un impianto di gran livello, avendo spaziato dalla musica classica per grande orchestra alle voci femminili e maschili più suadenti fino ai Dire Straits e successivamente alla musica ad alta dinamica dei dischi Cicognani che come sapete sono da svariati anni in mio “momentaneo” possesso. Il sistema non si è spostato di un millimetro dalle sue prestazioni, senza mai comprimere od alterare timbrica e scena, con dei picchi molto elevati che avrebbero fatto impallidire sistemi dalle prestazioni considerate al top della produzione odierna. Non c’è un merito particolare, e non ci poteva essere, dovuto qualche componente dell’impianto, magari costosissimo, che sconvolge la prestazione generale ma solo un eccellente equilibrio tra le parti, finalizzato ad una prestazione globale, senza preferenze ed eccezioni. Mentre sto scrivendo queste note mi vengono in mente almeno altri due sistemi di riproduzione molto custom che andrò a visitare e sui quali vi riferirò quanto prima.   

 

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