
Stranger Things | s4 v1 | la recensione
Stagione 4 Volume 1 | I primi sette episodi della quarta stagione della serie dei Duffer Brothers, ambientata nei favolosi anni ’80, confermano la qualità già espressa nei capitoli precedenti, tra citazioni, canzoni che tornano alla memoria e suggestioni audiovisive di rara densità
Primavera 1986, nove mesi dopo la tragica avventura nel centro commerciale in cui ha trovato la morte Billy, fratello di Max, ed è scomparso Hopper. Il quale si è salvato finendo però ai lavori forzati in Kamchatka. La famiglia Byers (la madre Joyce e i figli Will e Jonathan) si è trasferita in California insieme a Undici (che ora viene chiamata Jane) che, rimasta senza la protezione di Hopper e senza poteri, fa fatica ad ambientarsi nella nuova scuola nonostante il suo spirito positivo e finisce preda di alcuni bulli capeggiati dalla bella e cinica Angela. Quando Mike va a trovarla, invece che trovare un po’ di pace, la ragazza finisce per mettersi nei guai e per uscirne viene contattata da Owens che le propone di collaborare per il bene del mondo intero. Quando Joyce scopre che Hopper è vivo, si fa aiutare da Murray nelle ricerche che li condurranno fino in Russia. Intanto a Hawkins iniziano ad accadere eventi inspiegabili che seminano morte e terrore. Ne restano coinvolti Dustin, Lucas, Max, Steve, Robin e Nancy insieme a Eddie Munson, l’eccentrico presidente del gruppo nerd Hellfire Club, che diventa il perfetto capro espiatorio per la polizia locale. Ma la verità è da cercare ancora una volta nel Sottosopra in cui una nuova creatura, Vecna, rischia di far stragi ovunque. Ancora una volta, solo le indagini dei ragazzi potranno portare a comprendere l’origine dell’oscura e sovrannaturale minaccia.
La quarta stagione della serie dei Duffer Brothers parte con un flashback del 1979, nell’istituto in cui veniva tenuta Undici e gli altri ragazzi dotati che sotto la guida di Martin Brenner sviluppavano i loro poteri cinetici. Una scena di cui si poteva intuire la violenza e la potenza in vari passaggi dei trailer che hanno anticipato l’uscita del nuovo capitolo negli ultimi mesi, solleticando a più riprese il desiderio dei fan. Desiderio finalmente appagato e che fino al settimo episodio che chiude la prima parte non delude neanche un po’.
Aveva trovato la forza in un suo ricordo passato. Un ricordo di tristezza ma anche di rabbia.
Undici è diventata Jane, una ragazza comune (cioè senza gli abituali poteri) che nonostante una nuova vita fatta di una normalità da adolescenti è del tutto fuori posto. Fino a quando quello che si può annoverare tra i suoi peggiori incubi non torna a farle visita, inaspettato e potente come un pugno nello stomaco. C’è una differenza netta tra Jane e Undici. La prima è insicura ma desiderosa di felicità, l’altra è spaventata e ansiosa ma molto più forte o se non altro determinata. Viene da chiedersi se non sia meglio per lei il tormento piuttosto che la serenità, se non le si addica soltanto un destino segnato da un passato in cui è stata studiata come un animale da laboratorio. E le risposte, anche se non definitive, stavolta iniziano ad arrivare, sotto forma di flashback sanguinosi, densi di sensi di colpa e di riaffermazione personale.
Il modo in cui il resto dei personaggi vengono mossi dalla sceneggiatura calibrata al millimetro, non come marionette ma come esseri pensanti, agenti e imprevedibili è come sempre impeccabile, evocativa, profonda e leggera al tempo stesso, in un mix esplosivo che sollecita tutte le sensazioni possibili. Una ricchezza rara che Stranger Things continua a mostrare senza indecisioni o sbavature. I ragazzi vengono divisi in piccoli gruppi, tutti alla ricerca di salvezza per sé stessi e per gli altri, per cui anche se separati continuano a funzionare come i moschettieri, uno per tutti e tutti per uno. Undici non è la sola a vivere nell’incertezza, anche Will dopo le disavventure della prima stagione sembra non aver ancora trovato una, è il caso di dirlo, dimensione propria anche se la sua condizione è decisamente migliorata. Con lui si muovono Argyle, un nuovo arrivato divertente, sconclusionato e decisamente fuori dagli schemi, Mike, il cui carattere spregiudicato lo porta ad avere problemi di comunicazione con Jane, anche a causa di un (eccessivo?) bisogno di verità, e Jonathan, a sua volta in crisi con Nancy verso la quale soffre di un complesso di inferiorità che rischia di deflagrare. Quest’ultima, da cui prende forma la seconda squadra, sta intraprendendo la carriera di giornalista e indaga sulla prima inspiegabile scomparsa insieme al collega Fred. A lei si uniscono Robin, all’apparenza superficiale ma il cui serratissimo monologo come opera di convincimento risulterà fondamentale (oltre che quasi da antologia), Max, intrattabile e, in seguito alla morte del fratello, confusa e ancor più sulla difensiva, e soprattutto lo sciupafemmine Steve, ex di Nancy, con la quale l’attrazione potrebbe non essersi placata del tutto. Il nerdissimo e spesso determinante Dustin, il neo campione Lucas e la piccola ma perfida Erica completano il team. L’ultimo gruppo è formato da Joyce e Murray che con l’aiuto del misterioso Enzo cercheranno di liberare Hopper dal giogo russo in maniera a tratti rocambolesca e bizzarra ma anche estrosa.
– Cos’è internet?
– Non ci pensare. Cambierà solo il mondo.
C’è anche una visita da Suzie la cui casa sembra ispirata dalla serie Una serie di sfortunati eventi o Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali di Burton (e c’è anche un piccolo regista horror in erba che potrebbe benissimo essere il piccolo Tim). Il suo mondo è ancora più interessante di come avremmo potuto immaginarlo dopo averla vista alle prese con Dustin, da lei costretto a cantare NeverEnding Story davanti agli altri pena l’interruzione della sua collaborazione. Un microuniverso variopinto e anticonformista in cui ognuno è diverso e originale, compresa lei che viene descritta come una perfetta Willelmina Gates, una che sa da che parte sarebbe andata la tecnologia e con essa il mondo intero.
Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si prende mai la cura di osservare.
Tra le varie new entry ne spiccano tre. Quella di Peter (che cita Sherlock Holmes), una figura diafana, quasi un fantasma che solo Undici può vedere, che si accosta a lei per sollevarla dalle sue paure e indirizzarla per il meglio, uno col quale sente di poter stringere un’amicizia perché ogni cosa che le dice si rivela vera. Quella di Eddie Munson, folle e irriverente, ma gentile e decisamente rock, che diventa facile preda dei sospetti di polizia e paesani uniti contro il mostro da crocifiggere. E quella di Robert Englund nei panni di Victor Creel, personaggio il cui indimenticabile passato rappresenta un tormento mai placato, chiave di volta per comprendere almeno in parte l’origine e la natura dei terribili eventi.
La colonna sonora è come sempre magnifica, da Tarzan Boy dei Baltimora a Psycho Killer dei Talking Heads, passando per Running Up That Hill di Kate Bush balzata al primo posto su iTunes, quando alla sua uscita nel 1985 non riuscì a superare il trentesimo posto della chart di Billboard. Un successo ancora superiore a quello di The NeverEnding Story di Limahl che dopo la scorsa stagione aveva avuto un incremento di ascolti e visualizzazioni dell’800%. Un potere quello di Stranger Things alla Re Mida, simile a quello di Quentin Tarantino che negli anni ha riportato al successo tanti attori, uno per tutti il David Carradine di Kill Bill.
Anche questa volta, la serie scava in una quantità spropositata di opere ludiche, musicali e cinematografiche, con citazioni a più non posso. Il cammino lungo il corridoio che porta le ragazze da Victor Creel riferita a Il silenzio degli innocenti, Creel che parla di incubi, cioè nightmares, e il modus operandi di Vecna che sembra ispirato da quello di Freddy Krueger, la piccola Undici che ricorda fortemente Drew Barrymore in Fenomeni paranormali incontrollabili, mentre la Undici del presente in acqua con cuffia e tuta bianca appare come l’Agatha di Samantha Morton in Minority Report, i test di Brenner simili a quelli di Peter Venkman in Ghostbusters, il frappè addosso a Jane che è come il sangue in testa a Carrie nell’omonimo film (in Italia, Carrie - Lo sguardo di Satana con protagonista Sissy Spacek) tratto da Stephen King, la citazione di Mordor con la frase “La contea sta bruciando” riferita a Il Signore degli Anelli (l’opera letteraria ovviamente, la trilogia cinematografica è iniziata nel 2001). E questi sono solo alcuni dei riferimenti che costellano la stagione.
Lo vedi anche tu vero?
Tutti i pericoli (spesso evitabilissimi) vengono sistematicamente incontro ai ragazzi e loro ci si lanciano dentro come falene nel fuoco. Il bello sta nel provare a capire in che modo ne usciranno. I collegamenti con la realtà rappresentano il tema centrale, così com’è stato fin dall’inizio. Il modo per salvarsi è uscire dall’incubo in un modo o nell’altro, trovando la porta giusta, la tessera finale del puzzle. Le continue suggestioni stilistiche, recitative e di sceneggiatura accanto a un montaggio meticoloso ed evocativo impreziosiscono anche stavolta la gran quantità delle scene, che assumono una densità sempre più potente. I bagliori rossi che illuminano e colorano il grigio del Sottosopra sono come cuori pulsanti che alimentano le varie paure dei personaggi. L’orrore della solitudine raccontata attraverso flashback che inizialmente traboccano di felicità per poi diventare sempre più spaventosi si accostano a vari paralleli come quello dei bulli che sono e generano a loro volta i mostri. Diversi accadimenti presi singolarmente e senza la giusta sospensione dell’incredulità potrebbero apparire persino ridicoli. Ma la grandezza della serie sta nel mescolarli con dovizia ed efficacia fino a rendere verosimile un’ottima fiaba horror. Ora non mancano che gli ultimi due episodi della stagione, la cui durata complessiva sarà di circa quattro ore e che arriveranno il primo di luglio, per completare il quadro generale che ha messo da parte alcune linee importanti per l’intreccio. Che fin qui conferma una qualità notevole, piena e sorprendente.
VALUTAZIONI
dal trailer all’intera serie
Aspettativa 8,5 Potenziale 9,5
soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO
visione
Intrattenimento 9 Senso 8 Qualità 9,5
Giudizio Complessivo 8,9
Stranger Things | stagione 4 volume 1
fantastico, horror, drammatico, commedia, avventura | USA | 27 mag 2022 | 7 ep / 78 min | Netflix
ideatori The Duffer Brothers (Matt e Ross Duffer)
personaggi interpreti
Undici / Jane Ives Millie Bobby Brown
Jim Hopper David Harbour
Joyce Byers Winona Ryder
Murray Bauman Brett Gelman
Dustin Henderson Gaten Matarazzo
Maxine "Max" Mayfield Sadie Sink
Lucas Sinclair Caleb McLaughlin
Nancy Wheeler Natalia Dyer
Robin Buckley Maya Hawke
Steve Harrington Joe Keery
Michael "Mike" Wheeler Finn Wolfhard
William "Will" Byers Noah Schnapp
Jonathan Byers Charlie Heaton
Argyle Eduardo Franco
Karen Wheeler Cara Buono
Martin Brenner Matthew Modine
Sam Owens Paul Reiser
Erica Sinclair Priah Ferguson
Eddie Munson Joseph Quinn
Crissy Cunningham Grace Van Dien
Jason Carver Mason Dye
Fred Benson Logan Riley Bruner
Tenente Sullivan Sherman Augusutus
Dmitri Antonov / Enzo Tom Wlaschiha
Victor Creel Robert Englund
Peter Ballard / Henry Creel / Uno / Vecna Jamie Campbell Bower
Billy Hargrove Dacre Montgomery
critica IMDb 8,8 /10 | Rotten Tomatoes critica 7,8 /10 utenti 4,6 /5 | Metacritic nd
camera Arri Alexa LF, Arri Alexa Mini
aspect ratio 2 : 1
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ST sempre carina, ma certe linee narrative sono insopportabili, i protagonisti sembrano avere 35 anni e vanno ancora a scuola, le puntate sono lunghissime senza alcuna ragione, e spesso noiose.
Il voto mio sarebbe un 7
Ho provato le stesse sensazioni della prima serie anche se l'incedere di quest'ultima è decisamente più incalzante.
I nuovi innesti sono decisamente all'altezza degli altri, tutti azzeccati, nessuno fuori posto.
Ho apprezzato tantissimo Better call Saul, anche più della serie da cui è stato tratto, ma sono due cose nettamente diverse e comtemporaneamente entrambe di grande valore artistico.
Consideriamo solo che Better Call Saul (sesta stagione) è stata valutata 9. Ed è tipo una delle migliori serie del XXI secolo.
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