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Risultati da 1 a 15 di 22
Discussione: Cina: causa o "effetto" della crisi mondiale?
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22-03-2009, 23:15 #1
Cina: causa o "effetto" della crisi mondiale?
Stavo leggendo il 3d del nuovo lettore oppo bd etc. e si discuteva sulla "nazionalità" di questo produttore molto stimato dagli appassionati: americana o svedese, entrambi forse ma tanto alla fine è made in china...
Un altro utente scriveva che producono in cina per passare "indenni" alla crisi...
Da qui il titolo del 3d: oggi la maggior parte dei produttori in svariati campi assemblano in Cina per abbattere i costi, come non dargli ragione? Stato di diritto: nessuno. Costo del lavoro: proporzionalmente ridicolo. Le nostre mille normative su tutto: neanche l'ombra. Orario di lavoro minimo (ma minimo): 12 ore etc.
Allora: sebbene p.e. nel nostro bel paese supergarantista uno con un mal di testa sta a casa una settimana mentre là li prendono a bastonate, cosa è servita la storia degli ultimi trent'anni se adesso tutti o quasi hanno saltato il fosso?
Ci rendiamo conto che la nostra economia è basata sull'aria fritta, non si produce più in occidente e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti
Che la distribuzione della ricchezza mondiale (fonte il Sole 24ore) è: 96% in mano al 1% della popolazione...
Chissà forse anche per questo che è possibile nel terzo millenio avere una potenza mondiale come la Cina che va avanti a riso... per quanto ancora non si sa (e allora saranno dolori...)VPR CRT Sim2 800 Schermo Adeo Plano 16:9 vellutato 2,67x1,58 ProWhite Videoprocessore DVDO VP-50 Convertitore HDMI Quali TV Sa-03 Ampli AV Onkyo TX-NR905 Blu-Ray Pioneer BDP LX-52 Front Anteriori Sinthesi Palco Light 503 (pavimento due vie e mezzo) Centrale Sinthesi Palco 500C Sorround lat. e post. Focal SR-700V SUB Canton As-85 SC (attivo 150w) Decoder Pace MySky HD Console Nintendo WII Blu-ray collection Iota Hor Home Theater
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23-03-2009, 08:12 #2
Né l'uno e né l'altro.
Sentivo ieri che Tata si prepara a vendere la Nano in India al corrispettivo di 1500 euro e che tra qualche mese la vetturetta dovrebbe sbarcare anche in Europa a circa 5000 euro.
Anche gli operai in Italia vorrebbero guadagnare 500 euro al mese se poi possono comprare a 1/4 gli stessi prodotti/servizi....
Nessuno mi toglie dalla testa che questa crisi è stata in gran parte voluta e pilotata.
Ciao.Ultima modifica di chiaro_scuro; 25-03-2009 alle 08:10
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23-03-2009, 09:56 #3
Il problema rimane lo stesso: se possono produrre un'auto con costi proporzionalmente irrisori è ovvio che anche il prezzo finale rimane particolarmente contenuto.
La Tata produce un'auto che deve essere venduta sul suo mercato interno ad un costo che possa essere accessibile e presumo con una qualità decisamante bassa rispetto ai nostri canoni: con tutto rispetto, per ora, acquistarne una qui (lavoro nel settore automobilistico) è un atto di coraggio!
Non è il nocciolo della questione che vi ho proposto: la Tata è indiana e a casa sua farà quello che vuole o che può, i prodotti che noi compriamo sono di marca europea o americana ma costruiti in Cina ma a prezzi non cinesi ma occidentali...VPR CRT Sim2 800 Schermo Adeo Plano 16:9 vellutato 2,67x1,58 ProWhite Videoprocessore DVDO VP-50 Convertitore HDMI Quali TV Sa-03 Ampli AV Onkyo TX-NR905 Blu-Ray Pioneer BDP LX-52 Front Anteriori Sinthesi Palco Light 503 (pavimento due vie e mezzo) Centrale Sinthesi Palco 500C Sorround lat. e post. Focal SR-700V SUB Canton As-85 SC (attivo 150w) Decoder Pace MySky HD Console Nintendo WII Blu-ray collection Iota Hor Home Theater
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23-03-2009, 11:29 #4
La Cina è una della cause. La Cina condanna a morte diecimila persone ogni anno. La cifra (fino ad oggi un segreto di Stato) compare in un documento di Chen Zhonglin, che non è un dissidente: anzi è un delegato ufficiale della municipalità di Chongqing e uno stimato giurista (è preside della facoltà di legge dell’Università Sud-Orientale cinese). Il documento del professor Chen è una proposta riservata al governo per alleviare la piaga delle esecuzoni capitali.Ogni anno 10 mila persone sono condannate a morte in Cina, «un numero cinque volte maggiore di tutte le esecuzioni che avvengono nel mondo», dice Chen.
Fino ad oggi, Amnesty International valutava le esecuzioni capitali in Cina sulle 5-6 mila l’anno. Il peggio è, aggiunge Chen, che le condanne «vengono immediatamente eseguite», impedendo ogni ricorso legale dei condannati.
C’è il sospetto che i corrotti magistrati municipali eccedano nelle condanne a morte perché sono cointeressati nel tragico ma lucroso business dei trapianti d’organo.
Già perchè in Cina gli organi dei condannati a morte vengono venduti.
Il Partito nel 1983 aumentò da 32 a 73 i delitti che comportano la pena capitale.
Dei nuovi reati capitali, ben 28 sono reati economici, come evasione fiscale, contrabbando e furto, che nei paesi civili sono puniti con lieve detenzione o anche solo con multe. Ad essere condannati sono soprattutto contadini che abbandonano la campagna per cercare lavoro in città. Per questo sono considerati clandestini e perseguitati (altro che i clandestini nostri).
Ma il regime è bravo a nascondere queste cose agli occidentali e cerca di dare un'immagine diversa di sè. La ditta francese di lusso Louis Vuitton ha aperto in Cina dodici negozi in dieci città, e deve agli acquisti dei cinesi ricchi il 17% del suo fatturato. A Shanghai, nel lussuoso quartiere di Jing An, un consorzio di 60 aziende francesi di marchi famosi ha aperto uno scintillante shopping center, il Plaza 66: vanno a ruba il costoso cognac XO e i cosmetici della Lancome, che ha l 20% della quota del mercato dei cosmetici di pregio in Cina.
Le case di moda Karl Lagerfeld e Jean Paul Gaultier vanno a Shanghai a presentare le loro collezioni. La Chanel ha esposto a Shanghai un gioiello in forma di rosa tempestato di 1500 diamanti. Ecco il paradosso: la Cina inonda il mondo di marchi contraffatti, ma compra insaziabilmente i marchi autentici. I vertici del partito e le oligarchie ad esso collegato sfruttano la massa dei cinesi.
Come noto, il primo vantaggio competitivo della Cina consiste nella miseria.
Quella in cui fa vivere i suoi lavoratori, nel fatto che paga gli operai 70 euro al mese (Eric Le Boucher, "Les vulnèrabilités du Dragon", Le Monde, 16 giugno 2005, p. 14.) Nonostante decenni di sviluppo esplosivo, 700 milioni di persone nelle campagne continuano a vivere nella povertà più nera, e spesso interi villaggi sono mantenuti dalle rimesse dei bambini mandati nelle città a lavorare (come schiavi infantili) per molto meno di 70 euro: si mantiene così un ricco serbatoio di bisognosi disposti a qualunque fatica pur di non fare la fame.
A proposito di fame. Durante la rivoluzione culturale cinese molti disperati erano costretti a mangiare feti abortiti. Ma in Cina, c'è il fondato sospetto che i bambini li mangino anche oggi. Lo rivelava, nell'aprile 1995, un'inchiesta del britannico «Telegraph» condotta nella provincia di Shenzen.
Per controllare se erano vere le voci, un reporter cinese di Hong Kong bussò all'ospedale di maternità dello Shenzen e chiese ad una dottoressa se poteva avere un feto da mangiare. Il giorno dopo, la dottoressa gli consegnava «un flaconcino pieno di feti della grandezza di un pollice». «Ce ne sono dieci qui dentro, tutti abortiti stamattina», disse la dottoressa. Freschi freschi. E quanto costano?
«Può prenderli gratis. Siamo un ospedale di Stato, non facciamo pagare. Di solito noi medici li portiamo a casa per mangiarli. Lei non ha l'aria di stare molto bene, perciò li mangi». Lo stesso giornalista del «Telegraph» intervistò una dottoressa della clinica Luo Hu nello Shenzen, tale Zou Qin, che ammise senza esitare di aver mangiato un centinaio di feti nei sei mesi precedenti.
«Sono nutrienti, fanno bene alla pelle ed ai reni».
Aggiunse che era un peccato «sprecarli».
La fornitura di questo cibo è abbondante: nello Shenzen si fanno almeno 7 mila aborti forzati l'anno, milioni in tutta la Cina.
Sicchè nel privato, un feto da consumare costa meno di due euro.
Il dottor Warren Lee, della Hong Kong Nutrition Association, conferma: «Mangiare i feti è una tradizione della medicina cinese, profondamente inserita nel folklore».
In Cina si vendono e consumano comunemente le placente umane, anch'esse ritenute curative: c'è un attivo contrabbando attorno agli ospedali, ogni placenta costa sui 2-3 euro. Naturalmente, il consumo di feti «non è un dettame del partito».
Il dettame del partito è semplicemente che donne che abbiano avuto già un figlio siano forzate ad abortire, anche al nono mese.
Ciò produce una certa abbondanza di questi «ricostituenti», che poi gli ospedali cinesi contrabbandano. Come del resto reni, bulbi oculari, pelle e polmoni dei condannati a morte giustiziati: un grandissimo business della nuova Cina.
Ma non per dettame del partito, si capisce.
Il «Telegraph» parlò con un altro dottore dello Shenzen, Cao Shilin, che negò il commercio.
I feti abortiti, disse, li mandiamo alle fabbriche che li usano per produrre medicinali.
Ovviamente, in fabbrica, la «lavorazione del prodotto» comincia con una bollitura per estrarne le sostanze ritenute curative.
Come si bolle la pelle dei giustiziati per estrarne collagene, che le signore bene occidentali poi si fanno iniettare dal chirurgo plastico per ingrossarsi le labbra ed attenuare le rughe.
Si tratta di collagene, quel materiale biologico che i chirurghi plastici iniettano per spianare le rughe e riempire le labbra.
Quello cinese costa solo il 5% del prezzo a cui è venduto il collagene prodotto in USA e in Europa.
Piccolo particolare: è ricavato dai cadaveri di condannati a morte in Cina.
Lo ha scoperto un investigatore di Hong Kong, che facendosi passare per un uomo d'affari interessato alla «merce» ha contattato una ditta biotech nella provincia di Heilongjiang, nel nord della Cina.
«Sì, estraiamo il collagene dalla pelle di prigionieri che hanno subito l'esecuzione, e di feti abortiti», ha confermato il direttore vendite dell'azienda.
Aggiungendo che il governo ha consigliato di tenere la cosa «riservata», visto «il rumore che questa attività provoca nei paesi occidentali».
Collagene umano Made in Cina è già stato venduto in Gran Bretagna, ha rivelato il quotidiano britannico Guardian, e probabilmente in altri Paesi europei.
Vogliamo continuare?
Dal 1950 esiste in Cina il sistema dei Laogai.
I Laogai sono i campi di concentramento cinesi dove, attualmente, milioni di donne, uomini e bambini sono condannati ai lavori forzati a vantaggio del regime totalitario cinese e di numerose multinazionali che investono o producono in Cina.
I Laogai sono solo un particolare dell'attuale realtà cinese e della «educazione del terrore» , coperta dal «segreto di Stato», che, in Cina, si pratica.
Decine di migliaia di esecuzioni di massa davanti a folle appositamente riunite.
Migliaia di organi espiantati dai condannati a morte e venduti con alti profitti.
Collagene preso dalla pelle dei morti per produrre cosmetici.
Decine di migliaia di aborti forzati (anche se al nono mese di gravidanza) e sterilizzazioni forzate (secondo l'articolo 49 del codice penale cinese).
Persecuzione sistematica contro i credenti di tutte le religioni e abuso della psichiatria a scopo repressivo politico (secondo l'articolo 90 del codice penale cinese).
Numerose organizzazioni umanitarie internazionali, il Comitato dei Diritti Sociali ed Economici delle Nazioni Unite e, recentemente, il Congresso USA, con una maggioranza di 413 voti a 1, hanno condannato il sistema dei Laogai e la continua violazione dei diritti umani in Cina.
Benvenuti nel Laogai, il Gulag cinese. La parola, che significa «riscatto attraverso il lavoro», è il nome collettivo dell'infinita rete di prigioni e campi di concentramento dove i condannati sono costretti al lavoro forzato.
Ma c'è una differenza rispetto al vecchio Gulag sovietico: con il passaggio al capitalismo, i lager cinesi sono stati trasformati in aziende.
Di successo, e grandi esportatrici.
Spesso, i lager cinesi hanno un secondo nome, diciamo così, commerciale.
Così la prigione numero 1 di Pechino appare sul mercato come «Qinghe Magliera Fine» (le detenute vi producono calze di nylon e di cotone per l'estero).
La prigione di Chengde è nota agli operatori del settore come «Calzature in gomma Chengde» ed esporta scarpe per ogni tipo di sport, al ritmo annuo di 18 milioni di paia. La prigione di Cangzhou produce ed esporta apparecchi di misura in Giappone, Gran Bretagna e Corea con il nome di «Officine Meccaniche Cangzhou»: ha un fatturato di quasi 5 milioni di dollari l'anno.
Molti a questo punto si chiederanno perchè noi occidentali tolleriamo tutto questo e facciamo affari con la Cina rendendoci complici anche noi.
Credo per un grosso errore e per opportunismo.
L'errore è stato quello di credere che la produzione a basso costo in Cina avrebbe fornito benessere a noi Occidentali. Invece al nostra crisi attuale nasce in Cina.
L'opportunismo è stato quello di volere sfruttare quella mano d'opera a basso costo per far arricchire i nostri industriali. Abbiamo chiuso gli occhi e finto di non vedere.
Pensate a quello che accadrà con questa crisi che colpirà tutto il sistema cinese.
Il regime diventerà molto più duro e spietato.
continua...Risolvo problemi.
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23-03-2009, 11:29 #5
Al mondo è molto famosa la Laogai Research Foundation
Lu Decheng, uno dei tre coraggiosi giovani che lanciarono gusci d'uova pieni di vernice sul ritratto di Mao Zedong in piazza Tian An Men nel maggio del 1989 é stato ospite in Italia della Laogai Research Foundation Italia Onlus.
Lui sostiene che «La ricchezza appartiene soltanto a una piccola parte della popolazione che vive nelle grandi città.
Almeno l'80% é sfruttata nelle imprese-prigione, nelle campagne o nei LAOGAI»
La Xinhua è un'agenzia ufficiale cinese che ammette che il 20% della popolazione più ricca si accaparra il 50% del reddito totale prodotto, mentre al 20% dei più poveri resta il 4,7% del reddito nazionale.
I dipendenti statali, ad esempio, guadagnano circa 1900 dollari l'anno, ma con un divario da 1 a 7 tra gli stipendi inferiori e quelli superiori.
E 60 milioni di cinesi non superano il reddito annuo di 865 yuan, pari a 100 dollari: un terzo di quel dollaro al giorno che la Banca Mondiale ritiene la soglia di povertà nel Terzo Mondo.
Peggio, altri 30 milioni hanno un reddito ancora inferiore, e non riescono a nutrirsi e a vestirsi nemmeno ai prezzi locali.
In tutto questo la classe politica è la più corrotta al mondo.
Un altro dissidente parla chiaro: è Harry Wu.
E' stato ascoltato anche dalla Camera dei deputai alcuni anni fa.
Questo geologo di 71 anni, è per la Cina quello che Solzenitzyn è stato per la Russia: come il grande russo ha rivelato al mondo l'Arcipelago Gulag, Harry Wu sta rivelando l'universo concentrazionario che il regime di Pechino mantiene ancor oggi: il Laogai, il Gulag cinese.
Laffiamo le sue parole: «Ai tempi di Mao il Laogai aveva almeno 20 milioni di internati. Oggi i detenuti sono tra i 5 e i 6 milioni; almeno nel migliaio di lager che sono riuscito a identificare, ma ne devono esistere altri di cui non ho notizia. In via di sparizione? Nient'affatto, anche per un motivo: i lager sono oggi inseriti nel sistema produttivo cinese. Gli internati lavorano per l'esportazione. Quando non lavorano nelle miniere o a stendere linee ferroviarie, fabbricano merci e beni da export: giocattoli per la Mc Donald's, scarpe per Nike e Puma... Il lavoro forzato, gratuito, arricchisce il regime e le direzioni delle carceri. Per questo il Laogai non viene chiuso»
Harry Wu calcola che la popolazione carceraria si aggiri tra i 4 e i 6 milioni.
«Almeno 50 milioni di persone sono passate nel Laogai», dice: «non c'è persona in Cina che non abbia un parente o un conoscente che c'è stato».
Le prigioni sono divenute fabbriche da export per una deliberata politica del regime. In un documento ufficiale del governo, intitolato «sulle attuali condizioni dell'economia Laogai» (1990) si ammette: «nel nostro paese, l'economia Laogai è una branca dell'economia…la proprietà socialista dei mezzi di produzione sotto controllo del popolo».
Ovviamente, i «lavoratori» dei lager non costano nulla: il massimo della «competitività». Niente salario. I premi di produzione cui possono sperare, se superano le «quote», sono miglioramenti della razione alimentare.
Quanto alle condizioni di lavoro, sono ovviamente peggiori delle peggiori fabbriche cinesi con lavoratori liberi.
Un esempio di fabbrica libera, la Kingmaker della provincia del Guangdong, che produce fra l'altro le scarpe inglesi di marca Clarks: orario di lavoro medio di 81 ore settimanali, nonostante persino le leggi cinesi impongano la settimana di 44 ore.
Paga oraria: 3,375 yuan (34 centesimi di euro, 70 lire).
Le ore straordinarie, che per legge dovrebbero essere compensate il 50% in più, sono pagate meno: 2,5 yuan l'ora, circa 20 centesimi di euro, 40 lire.
Ovviamente, i lavoratori della Kingmaker sono esposti a collanti e coloranti tossici senza alcuna protezione, a parte delle mascherine chirurgiche.
Le gigantesche esportazioni cinesi (198 miliardi d dollari solo quelle verso gli USA) sono per lo più il frutto di lavoratori che guadagnano 40 centesimi l'ora, lavorano 13 ore al giorno, e non hanno né assistenza sanitaria né sussidio di disoccupazione. Quando, per lo più sui 40 anni d'età, cominciano ad avere difficoltà a tenere i ritmi di lavoro, sono licenziati in tronco senza alcuna liquidazione.
Ebbene, nei lager è peggio. Nel campo di lavoro femminile di Xi'an presso Pechino, per completare un ordine di una ditta straniera, le donne detenute hanno dovuto lavorare dalle 5 del mattino alle 3 della notte seguente a fabbricare coniglietti di pezza. Al centro di detenzione di Lanzhou, diecimila detenuti sono stati costretti a pelare i semi di zucca e melone (poi messi in vendita come accompagnamento dell'aperitivo) con le unghie e coi denti, per oltre 10 ore al giorno, e all'aperto: alla fine quasi tutti avevano perso le unghie, molti i denti, e parecchi erano congelati.
Il tutto, come al solito, senza paga.
Ma ancor peggio è nei campi di lavoro estrattivi: nelle miniere di carbone già i lavoratori «liberi» muoiono per esplosioni e crolli con preoccupante frequenza; si può solo immaginare cosa accade (e non viene rivelato) nei lager.
Nella prigione di Tongren, ribattezzata «Mercurio Tongren», i detenuti estraggono il mercurio dal minerale, il cinabro: un metallo altamente tossico, ma per i forzati non sono previste protezioni.
Muoiono come mosche, ma l'azienda ha venduto all'estero il prodotto per quasi due milioni di dollari nel '96.
Per concludere.
WASHINGTON - «Il mondo non può ignorare l’esistenza dei LAOGAI».
Con queste parole l’onorevole Nancy Pelosi, capogruppo del Partito Democratico al Congresso USA, ha aperto la Conferenza Internazionale su «I GULAG E I LAOGAI» che si è svolta a Washington il 4 maggio 2006.
La Conferenza è stata organizzata dalla FONDAZIONE LAOGAI e patrocinata dal Comitato dei Diritti Umani del Congresso USA, dall’Organizzazione «Freedom House» e dal Memoriale Robert F. Kennedy.
L’onorevole Pelosi ha anche ricordato l’approvazione della Risoluzione Wolf, da parte del Congresso USA, con una maggioranza di 413 voti a 1, lo scorso 16 dicembre.
La Risoluzione Wolf denuncia e condanna il sistema repressivo dei LAOGAI.
I LAOGAI sono in Cina i campi di concentramento - almeno mille, oggi - dove sono costretti a lavorare, in condizioni disumane, milioni di uomini, donne e bambini a vantaggio del Partito Comunista Cinese e di numerose multinazionali che investono o producono in Cina. Nel suo intervento, Harry Wu, presidente della FONDAZIONE LAOGAI, ha ricordato al pubblico presente che, mentre i lager nazisti furono chiusi nel 1945 ed i GULAG sovietici sono in disuso dagli anni ‘90, i LAOGAI cinesi sono tuttora operanti.
A questo punto potrei iniziare a parle dei tibetani... ma francamente mi sono stancato. La risposta alla domanda iniziale è sì! La crisi è una della cause della crisi, ma il problema è più grande. Con la Cina non dovremmo intrattenere alcun rapporto commerciale e piuttosto avviare diverse sanzioni internazionali. Chi vuol far affari con loro è un criminale. Il pericolo è che per uscire dalla crisi vogliano trasformare l'Europa in qualcosa di molto simile alla Cina.Risolvo problemi.
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23-03-2009, 11:57 #6
Originariamente scritto da Iota Hor
Ultimamente sono i margini , produrre meno o in altre parti per contenere i costi.
Immaginiamo di parlare con un nostro artigiano che produce mobili e dirgli ... ma perche' ne fai cosi' tanti costruiscine meno perche' riduci i costi.
Noi veniamo considerati produttori "high cost" per cui produzione e conoscenze vanno esportate in zone "low cost".
Noi cerchiamo di comprare il prodotto al minor costo possibile ... ma anche questa e' un arma a doppio taglio perche' il denaro non viene reinvestito in loco.
Di questo passo non si va' da nessuna parte ... IMHO.
CiaoCosa sara' che mi fa' comprare di tutto anche se e' di niente che ho bisogno ?
http://img267.imageshack.us/img267/5056/alisq.jpg
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23-03-2009, 12:02 #7
@ FuoriTempo
1m - discussioni politiche nonché commenti politici in forma diretta o che trattino comunque argomenti che possano essere messi in relazione ad argomenti politici, anche non riguardanti espressamente lo Stato Italiano.
Ciao."Da secoli si sa che occorre eliminare la componente soggettiva per riuscire a stabilire quale sia l'effettiva causa di un effetto, o se l'effetto ci sia davvero stato; solo persone terze e indipendenti, e il mascheramento del trattamento (doppio cieco), possono evitare di restare vittima degli autoinganni della coscienza e dell'inconscio" (E. Cattaneo - Unimi - regola n.7 di 10 sul "Come evitare di farsi ingannare dagli stregoni" - La Repubblica 15/10/2013).
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24-03-2009, 13:36 #8
@ TUTTI
Discussione riaperta.
Rammento che questa discussione tratta la questione Cina da un punto di vista strettamente economico e nel quadro dell'economia mondiale in questi tempi di crisi.
Questioni politiche legate al regime colà vigente sono assolutamente OT nonchè vietate.
Grazie.
Ciao"Da secoli si sa che occorre eliminare la componente soggettiva per riuscire a stabilire quale sia l'effettiva causa di un effetto, o se l'effetto ci sia davvero stato; solo persone terze e indipendenti, e il mascheramento del trattamento (doppio cieco), possono evitare di restare vittima degli autoinganni della coscienza e dell'inconscio" (E. Cattaneo - Unimi - regola n.7 di 10 sul "Come evitare di farsi ingannare dagli stregoni" - La Repubblica 15/10/2013).
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25-03-2009, 15:51 #9
Il mondo occidentale da sempre "sfrutta" le risorse del terzo mondo approfittando di tutti quei meccanismi socio-politici che in determinati paesi, Africa in primis, non hanno mai permesso un reale sviluppo di quei paesi stessi, ma perlomeno la produzione e il volume di lavoro indotto era europea o americana.
Oggi, Cina, India e non solo, garantiscono a modo loro una certa stabilità permettendo alle multinazionali di investire e produrre al di fuori dei confini con enormi vantaggi. Proprio stamattina un cliente mi raccontava che suo nipote (tecnico d'impianti industriali) era appena stato in Gabon (paese che molti di noi, penso, facciamo fatica a localizzare in modo preciso sul mappamondo) per l'avviamento di uno stabilimento dell'Heineken e nei mesi passati era stato in altri paesi per lo stesso motivo per altre società. Riporto le parole del mio cliente: "non puoi avere idea in che condizioni lavorino"...
Ora mi domando questo: se la produzione è destinata al mercato locale le condizioni e i metodi saranno adeguate alle regole e leggi del paese d'origine e non sono di nostro interesse (sotto il punto di vista economico, ovviamente), se però quella produzione è destinata anche al nostro mercato, allora il meccanismo è assolutamente malato e con la Cina sta accadendo esattamente questo.
Quello che si è messo in moto è un sistema che arrecherà danni irreparabili al nostro equilibrio economico e di conseguenza sociale se non vengono presi provvedimenti seri che reincentivano l'industria, soprattutto in momento di crisi nera come questo.
Imho mi spaventa il fatto che chi ha il potere per un cambio di rotta potrebbe essere condizionato da interessi diretti o indiretti (petrolio docet): ai piani alti i soldi arrivano sempre, peccato che si stanno sfaldando le fondamenta.
Se qualcuno avesse una opinione più ottimistica della mia e possibilmente motivata sarei lietissimo di leggerlaVPR CRT Sim2 800 Schermo Adeo Plano 16:9 vellutato 2,67x1,58 ProWhite Videoprocessore DVDO VP-50 Convertitore HDMI Quali TV Sa-03 Ampli AV Onkyo TX-NR905 Blu-Ray Pioneer BDP LX-52 Front Anteriori Sinthesi Palco Light 503 (pavimento due vie e mezzo) Centrale Sinthesi Palco 500C Sorround lat. e post. Focal SR-700V SUB Canton As-85 SC (attivo 150w) Decoder Pace MySky HD Console Nintendo WII Blu-ray collection Iota Hor Home Theater
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25-03-2009, 16:33 #10
Sospeso
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Hanry Ford se non sbaglio e' stato il primo a pagare alti salari ai suoi dipendenti per farli cosi' diventare i primi suoi clienti....le menti geniali dei nostri manager invece hanno deciso di fare il contrario...
Per chi chiedeva ottimismo la risposta è il futuro è nelle nostre mani, nel nostro piccolo...facciamo capire alla gente che pensa di risparmiare comprando cinese che ogni euro "risparmiato" sara' un euro in meno che avremo quando perderemo il lavoro e così via.
Per quanto riguarda la domanda del thread la mia opinione e': Cina causa della crisi mondiale e effetto della mentalita' perversa dell'occidente.Clicca qui: Homer J Simpson Theater ***Novita' 2011*** "LA BATCAVE" VER. 2.0
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25-03-2009, 21:29 #11
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Ormai questo meccanismo perverso e gia ampiamente innescato, sara molto difficile tornare indietro.
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25-03-2009, 23:34 #12
Però la gente non "compra cinese" per risparmiare, il più delle volte compra cinese anche inavvertitamente, acquistando un qualsiasi prodotto, anche non particolarmente economico.
Nel nostro campo, ad esempio, quanti ampli, anche di marca e non di basso livello, sono costruiti in Cina ?
Il discorso andrebbe fatto alle industrie, ma sicuramente risponderebbero: "se posso produrre nel mio Paese agli stessi prezzi non ho problemi a farlo".
Siccome ciò è impossibile siamo di nuovo daccapo.
Ciao"Da secoli si sa che occorre eliminare la componente soggettiva per riuscire a stabilire quale sia l'effettiva causa di un effetto, o se l'effetto ci sia davvero stato; solo persone terze e indipendenti, e il mascheramento del trattamento (doppio cieco), possono evitare di restare vittima degli autoinganni della coscienza e dell'inconscio" (E. Cattaneo - Unimi - regola n.7 di 10 sul "Come evitare di farsi ingannare dagli stregoni" - La Repubblica 15/10/2013).
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26-03-2009, 04:44 #13
Interessante questa discussione, vi seguo e scrivo da Shanghai e il mondo cinese un pochino lo conosco.
Secondo me le colpe della crisi mondiale attuale non dipendono in gran parte dal fatto che la Cina sia la fabbrica del mondo, sicuramente concordo sul fatto che l'aver delocalizzato tutto o quasi ha "impoverito" molti cittadini occidentali, questo si, ma risalire alle cause vere e proprie non è semplice, provo a sintetizzare in qualche punto il mio personale punto di vista.
1) La crisi attuale mi sembra che provenga in gran parte da un uso scellerato della finanza, non dimentichiamoci i mutui subprime che hanno creato un effetto domino sull'economia mondiale.
Inoltre molte persone, specialmente in America ma anche in altri paesi hanno palesemente tenuto un tenore di vita sopra le loro possibilità mi sembra che adesso sia semplicemente arrivato il conto da pagare.
2) Le startegie mondiali delle produzioni sono quasi sempre decise dai leader dei rispettivi settori (i leader di cui parlo quasi mai sono cinesi, almeno per ora), quindi se veramente il problema fosse il fatto che si produce troppo in Cina o altrove, chi tra questi leader si sbatterà (leggasi: sarà disposto a perdere soldi) per riportare in patria le produzioni? Considerando anche che in molti paesi ormai si è persa totalmente la manodopera specializzata per produrre.
3) Sicuramente la globalizzazione ha preso un po' tutti in contro piede, regole ce ne sono poche e quelle che ci sono risultano inefficaci per scarsa voglia di applicarle e per incapacità, basterebbe iniziare a controllare veramente le importazioni sarebbe già un vero passo avanti.
Non dimentichiamoci di dare colpa anche a noi stessi che spesso abbiamo fatto del counsumo una ragione di vita (creandoci una spirale perversa) e che quindi, se non verrà fatto da noi un passo "indietro" non aspettiamoci che lo voglia fare qualcun'altro al posto nostro.
Definirei quindi la Cina al massimo come "il ladro che para il sacco" ma gli artefici del colpo siamo stati noi.Ultima modifica di Luiandrea; 26-03-2009 alle 04:53
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26-03-2009, 08:19 #14
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quoto quello che dici e anche quello che dice Nordata sul fatto che da anni siamo consumatori (termine orribile) troppo inconsapevoli (per esempio potremmo essere finanziatori inconsapevoli di molte speculazioni e abomini con i soldi del nostro conto in banca). Anni fa aveva fatto scalpore il libro "guida al consumo etico" dove si svelavano le malefatte delle grandi multinazionali e si consigliava di evitare certi beni prodotti con lavoro schiavo. Ripeto il coltello dalla parte del manico ce l'abbiamo noi e come diceva Beppe Grillo il nostro vero potere di voto e' quando andiamo a fare la spesa e scegliamo un prodotto o l'altro. Cosi' facendo si possono spostare gli equilibri mondiali....ma bisogna essere in tanti
Ultima modifica di HOMER J SIMPSON; 26-03-2009 alle 08:22
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26-03-2009, 08:19 #15
Si produce in Cina perchè costa meno.
Il problema però non è questo. Il problema è che le nazioni "ricche" impongono certe regole qua e se ne fregano di quello che avviene là (dallo sfruttamento della manodopera allla totale assenza di misure minime di sicurezza del personale e ambientale).
Incominciamo ad obbligare la Cina a rispettare le regole e se non lo fa penalizziamo in modo pesante i loro prodotti.
Perchè questo non si fa? Perchè ogni nazione pensa di essere furba e pensa che se fa le moine con la Cina lei può vendere là mentre chi fa il cattivone no. Morale: siamo egoisti, furbi ma contemporaneamente completamente stupidi.
Voglio vedere se le grandi aziende hanno ancora convenienza a produrre in Cina se anche là sono costretti a rispettare le regole occidentali, e non lo farebbero anche se gli operai continuasse a pagarli 1/5 rispetto ai nostri.
A cosa serve il WTO se poi ci sono queste enormi asimmetrie regolamentari?
Ciao.