Il super impianto di Claudio Ottaviano ai raggi X
Tutti dovrebbero arricchire il proprio bagaglio culturale facendo due cose: andare a sentire la musica dal vivo ed ascoltare degli impianti dalle grandi prestazioni musicali. Un allenamento, insomma, per accrescere le proprie capacità di giudizio.
L’impianto di Claudio Ottaviano. Possiamo notare i due diffusori, la libreria al centro, e le elettroniche sia di segnale che di potenza.
- click per ingrandire -
Dopo e durante i circa quaranta anni di misure e di ascolti da me effettuati su buona parte dei diffusori in produzione nel mondo ho maturato la convinzione che quando una misura non mostra le potenziali capacità di un impianto occorre ammettere, obtorto collo, che quella particolare tecnica esplora soltanto una parte, piccola o grande che sia, della fisica e del fenomeno della riproduzione sonora. Da una ventina di anni questa convinzione è andata rafforzandosi visto il continuo confronto tra le nuove misure con gli ascolti, ed avendo a disposizione un impianto versatile ed un ambiente di ottimo livello.
Un Giovanni D’esposito attentissimo ascolta la resa musicale dell’impianto di Claudio,
ponendo al confronto quelle del suo.
I due sistemi, grazie alle osservazioni di Claudio ed alle modifiche suggerite,
sono molto simili come prestazione sonora.
- click per ingrandire -
Sono andato per la seconda volta a casa di Claudio Ottaviano, accompagnato dal fido Giovanni D’esposito, per ascoltare, questa volta con i miei CD, il suo incredibile impianto, assemblato senza fretta in ben nove anni di studio e dedizione. Ai tempi dei forum, all’insegna del “uno vale uno” ognuno ha potuto esprimere la sua opinione, strampalata o meno, circa il suono di tutto quello che costituisce un accessorio dell’impianto di riproduzione, dai cavi ai supporti del diffusore, dagli altoparlanti ai componenti del filtro crossover. Ognuno ha descritto l’accessorio in suo possesso come il centro del mondo e del proprio impianto, scrivendo post tanto definitivi quanto granitici. Si è sparsa in qualche modo la convinzione che il cavo particolare o la tale resistenza costruita in una notte di luna piena potesse regalare un ascolto perfetto a prescindere dal resto dell’impianto e dall’ambiente della sala di ascolto. Personalmente ho viceversa sempre sostenuto che un particolare altoparlante, un cavo, un condensatore o una induttanza possono cambiare il suono solo su un impianto (ed un ambiente) già vicino alla perfezione. Ecco, nella mia ottica l’impianto di Claudio rappresenta esattamente questo, un sistema vicino, vicinissimo, alla perfezione ove ogni più piccola variazione risulta facilmente udibile.
Claudio ci spiega il suo diffusore con la modestia e la semplicità tipica di chi non aspira al Nobel per la fisica.
- click per ingrandire -
Chi è Claudio Ottaviano
Il giovane Ottaviano ha iniziato, come molti audiofili, dalla radio a valvole, un regalo del padre, esperto in costruzioni elettroniche. Dai 12 anni in poi affamato di musica jazz, raramente passata sulle reti nazionali, ha cercato sempre sulle emittenti straniere questo tipo di musica. Il primo balzo in avanti è avvenuto ancora grazie al padre, che costruì un radio-giradischi dotato di un diffusore mono a tre vie, con tanto di 38 cm, midrange e tweeter. A 20 anni si trasferisce a Torino ove lavora assiduamente come fotografo pubblicitario per marchi di notevole caratura. Torna a 27 anni a Napoli, sua città di origine, ed apre uno studio fotografico sempre orientato alla pubblicità di multinazionali. A 34 anni ha il suo secondo “upgrade” con l’acquisto di un vero impianto hi-fi, composto dall’immancabile AR 3A, accompagnata dall’integrato Marantz 1120 e da un giradischi Transcriptor. Un po’ deluso dall’accoppiata Marantz- AR per l’erogazione di corrente che l’AR richiedeva al povero Marantz, acquista una IMF TLS 80 che troneggia ancora nel salotto della sua abitazione. Si tratta del terzo balzo in avanti, in termini di estensione e qualità. Ma qui comincia la storia che andremo a raccontarvi. Claudio, tra ascolto di musica dal vivo e quello di musica riprodotta affina incredibilmente il suo palato audiofilo e decide di costruire una versione della IMF leggermente diversa da quella originale. Claudio, è meglio comunque ribadirlo, non vende e non ha nulla da vendere ma rappresenta quello che personalmente definisco “un appassionato curioso” con delle capacità di analisi fuori dal comune.
Il diffusore si ispira alla IMF TLS 80 con lo stesso woofer, il KEF B139 sistemato nella linea di trasmissione, due Kef B 110 A per la gamma mediobassa,
un midrange alto della JBL,il modello LE5-2, due tweeter Celestion HF 2000 ed un supertweeter, sempre della Celestion, il modello HF 1300
- click per ingrandire -
Il diffusore
Pur rimanendo fedele alla configurazione di base del diffusore a linea di trasmissione e dopo un corso di elettrotecnica di base durato ben sei mesi, Claudio si sente pronto ad affrontare le modifiche che aveva in testa. Costruì così una seconda coppia delle IMF, con la linea di trasmissione, pur costante nelle caratteristiche fondamentali, che venne ridisegnata internamente, con delle partizioni differenti così da ottenere il basso che aveva in mente.
La “bocca di uscita” della linea di trasmissione modificata da Claudio.
Appare unica e di dimensioni maggiori rispetto alla IMF
- click per ingrandire -
Ottenuto un basso esteso ma molto smorzato si passa alla gamma mediobassa, quella che secondo me rappresenta sempre la parte più critica in un progetto di diffusore superiore al due vie. Per il midwoofer allo storico Kef B 110 A viene aggiunto un secondo B 100 per completare la gamma mediobassa, sia a livello di risposta che di impatto. Fu introdotto inoltre al di sotto del tweeter Celestion, un midrange alto, il JBL LE5-2 che lavora in un volume autonomo di pochi litri.
Alcuni componenti del diffusore. Si nota come uno dei due tweeter HF 2000 risulti fortemente disassato e spostato in avanti.
- click per ingrandire -
Anche i tweeter Celestion divennero due, del modello HF 2000, mentre il supertweeter, il Celestion HF 1300 rimase uno soltanto. Le frequenze di incrocio ovviamente cambiarono con l’inserzione dei nuovi altoparlanti. Il woofer B 139 venne utilmente incrociato più in basso rispetto alla IMF originale, a circa 250 Hz mentre i due B 110 partivano da 250 ed arrivavano a 1200 Hz pur con una leggera attenuazione all’estremo alto per meglio legare col JBL. Quest’ultimo, dopo molte prove trovò una sua configurazione stabile da 1200 Hz fino a 7 kHz, una frequenza che potrebbe sembrare alta ma sulla quale Claudio non accetta discussioni. I due tweeter, pur se leggermente disassati, raccolgono le frequenze oltre i 7 kHz fino a 13 kHz, ove viene lasciato libero di emettere l’unico supertweeter Celestion.
In un mobile separato posto al di sopra del diffusore sono stati sistemati il Kef B 110 A ed il medioalto JBL LE 5
- click per ingrandire -
Come possiamo vedere dalle foto venne realizzato un piccolo cabinet esterno che ospita il mid-alto JBL ed uno dei due Kef B110 A. Il filtro crossover è totalmente passivo, con rami di basso ordine elettrico, attentamente calibrati soltanto sulla prestazione acustica, con le misure, che comunque Claudio ritiene necessarie, effettuate soltanto dopo la messa a punto acustica. Così dovrebbe essere sempre, senza che le misure siano elette a sole ed uniche garanti della potenziale qualità audio.
Uno dei due amplificatori di potenza scelti da Claudio dopo una lunga ed estenuante ricerca del miglior suono,
il due telai Aloia ST 200. Notate i poderosi cavi di potenza collegati al Jeff Rowland che stava suonando in quel momento.
- click per ingrandire -
Il resto dell’impianto
Se il diffusore è di altissimo livello non è che il resto dell’impianto sia stato trascurato. Come dicevo all’inizio è solo avendo componenti di eccellenza che si può valutare ogni minima variazione. Le elettroniche di potenza che troneggiano nel suo ambiente di ascolto sono due, frutto di una selezione durissima e prolungata: un amplificatore di Bartolomeo Aloia ST 200 ed un Jeff Rowland Model 5. Pur accordando la mia preferenza al finale italiano, in virtù di una notevole trasparenza in gamma media, posso dire, come vedremo, che anche il Jeff Rowland fornisce una prestazione da primato musicale. La musica liquida è trattata dal software Amarra de Luxe. I supporti solidi passano invece per una meccanica Proceed e successivamente per un convertitore Hermes. L’interfaccia usb è costituita da un Sing XR SU 1. Il notevole distributore di alimentazione è stato autocostruito mentre i cavi di segnale, quelli poderosi di potenza e di alimentazione sono stati costruiti con pazienza da Claudio, che fa ricorso alle materie prime migliori che oggi è possibile reperire sul globo.
L’altro amplificatore, il Jeff Rowland Model 5, unico ad aver superato la selezione dei modelli vicini, come prestazione musicale, all’ST 200 del Bart nazionale.
- click per ingrandire -
L’ambiente di ascolto è costituito da una sala di dimensioni non grandi, con i diffusori sistemati sulla parete lunga ed una libreria posta tra i due diffusori ed addossata ovviamente alla parete. La simmetria acustica dei quadranti frontali è notevole, con la scena ferma che non sbanda a nessuna delle frequenze udibili. Per quanto poco appariscente ed all’apparenza poco trattata acusticamente, posso ammettere che con segnali assolutamente monofonici lo stage centrale non si muove nemmeno a cannonate. La neutralità di questo ambiente garantisce la stabilità della scena acustica ricreata, mentre i ridotti e costanti tempi di decadimento permettono ai due diffusori di esprimersi col giusto e naturale apporto degli armonici emessi degli strumenti naturali.
Anche i cavi di segnale hanno subito diversi upgrade fino ad arrivare alle prestazioni odierne
- click per ingrandire -
La sessione di ascolto
Ho ascoltato questo impianto due volte e non escludo in futuro di fare altre immersioni attente nella sala di Claudio, sempre gentile ed ospitale. Dopo il primo ascolto posso provare la prestazione totale col Jeff Rowland, annotando piccole differenze rispetto al finale di Aloia concentrate, come ho detto, in gamma media. Non si tratta di sbilanciamenti timbrici, sia chiaro, ma di piccole caratterizzazioni leggermente diverse. La seduta si è svolta nella massima libertà possibile, con Claudio seduto “a latere” che non ha mai parlato, non ha fatto alcun commento per non condizionare assolutamente il giudizio di chi ascolta. Ha iniziato sin da subito dei brani per pianoforte, tanto per partire direttamente all’attacco. Il piano si dipinge sulla parete di fondo ed anche oltre, a dispetto dei fonici che ficcano i microfoni all’interno del pianoforte. L’equilibrio timbrico è semplicemente naturale, con grande pulizia dei “piano” ed una buona dinamica sui “forte”. L’ascolto delle note a bassissimo livello mi fa pensare alla bontà dell’articulation test che effettuo sui diffusori e mi lascia quasi immaginare il grafico che verrebbe fuori da una improbabile misura. La sensazione di trovarmi davanti ad un diffusore eccellente deriva proprio dalla naturalezza e dal contemporaneo contrasto di tutti i livelli possibili, ove sembra che nessuna informazione, ma proprio nessuna, venga persa. Quando tutto è equilibrato e ben bilanciato ecco che la quantità di informazioni è già da sola in grado di definre uno stage corretto, sia in larghezza che in profondità. Appena ho la possibilità di passare all’ascolto dei miei CD so di avere una traccia per ogni caratteristica musicale che voglio valutare. Le voci maschili sono piene, perfettamente localizzabili sia come quota che come posizione. La pulizia del diffusore mi regala delle voci femminili altrettanto pulite ma leggermente più calde, esattamente come deve essere, almeno con le mie tracce. Visto che mi trovo lanciato in questa resa pulita passo al coro misto, che si disegna di fronte a me con una buona separazione tra le varie componenti vocali ed una localizzazione delle sorgenti e dei piani sonori incredibile. Mentre ascolto mi vengono in mente quegli ingegneri con poca esperienza d’ascolto che perdono ore preziose della loro vita per ottenere risposte drittissime, trascurando il fatto che in mezzo alle voci spesso c’è la frequenza di incrocio, con la risposta drittissima che immancabilmente le svilisce e le appiattisce. Con Giovanni D’esposito, appassionato attento dal buon orecchio musicale, decidiamo di passare alla musica jazz.
Il notevole preamplificatore Jeff Rowland Coherence One MKII
- click per ingrandire -
I piatti della batteria mi meravigliano per la loro lucidità non invadente e la localizzazione precisa, mentre il sassofono mostra tutte, ma proprio tutte, le armoniche caratteristiche di questo strumento, risultando a volte fastidioso, proprio come è nella realtà. Sul sax e sulla resa dei piatti della batteria si risolve con naturalezza l’annoso problema delle altissime frequenze, non effettate, non calanti, ma semplicemente equilibrate, sia all’ambiente di ascolto che nella resa della prospettiva. Un sistema equilibrato, senza esagerazioni localizzate risulta digeribile all’ascolto con estrema facilità. I cavi per il digitale che Claudio costruisce rappresentano un altro elemento che fa la differenza, avendo io avuto la possibilità di comparare due tipi di cavo. Uno dei due era semplicemente appena più cupo, mentre l’altro, quello di Claudio, suonava lucido e pulito. La differenza era abbastanza facile da percepire, trovandomi, come ho detto, di fronte ad un sistema impianto-ambiente fatto veramente bene. Il basso della linea di trasmissione ex IMF riesce a coniugare molto bene l’estensione con lo smorzamento, una qualità troppo spesso frustrata o dalla quantità che supplisce la qualità o dall’estensione a tutti i costi. La legatura con il mediobasso risulta così praticamente invisibile da notare e risulta una delle qualità che fanno di questo un diffusore eccezionale.
Un po’ stanchi alla fine della lunga seduta di ascolto. Da sinistra ecco l’avvocato Fabio Marinelli, il Claudio ed infine a destra…il vostro redattore.
- click per ingrandire -
In conclusione
Posso dire che secondo il mio parere la visione dello sviluppo del diffusore di Claudio è quella che, tempo impiegato a parte, sinceramente preferisco. Non abbiamo ascoltato pressioni tanto esagerate quanto inutili, e né tanto meno porzioni di frequenza al di fuori della norma ma abbiamo ascoltato musica su un sistema assolutamente ben equilibrato ed ottimamente bilanciato in ogni suo componente. Alcuni accessori all’apparenza poco importanti, come le spine e le prese dell’alimentazione sono state curate al massimo, così come i cavi di potenza e quelli più sottili da intercettare e capire come i cavi di alimentazione e quelli di segnale. Questi non costituiscono certamente il cuore dell’impianto, ma va sottolineato, e l’impianto di Claudio ne costituisce una dimostrazione disarmante, che è possibile ascoltare delle differenze abbastanza ben udibili se e solo se l’impianto è di caratteristiche sonore molto elevate. In buona sostanza se non si fosse capito risulta del tutto inutile acquistare condensatori, cavi o connettori dal prezzo elevato e poi sistemarli sulla linea di segnale di un tweeter o di un woofer da 20 euro.
Commenti (6)
-
Mi piacciono questi articoli di vita vissuta, anche se provo un po' di nostalgia per un mondo, quegli degli audiofili di una una volta, che forse non esiste più.
Sull'impianto non mi esprimo, non avendolo ascoltato, anche se avrei qualche commento su diffusori ed ambiente.
In fin dei conti come suona un impianto non è davvero importante, quello che conta è la passione e il tempo che si è speso nel costruirlo intorno ai propri gusti. -
Per chi volesse approfondire:
https://amzn.to/4fI9PxR
Io l’ho preso ed è una lettura piacevole, nonostante gli “eccessi” di molti dei partecipanti. -
claudio
è possibile ascoltare delle differenze abbastanza ben udibili se e solo se l’impianto è di caratteristiche sonore molto elevate
il realta', per la fisica, è possibile ascoltare delle differenze abbastanza ben udibili se e solo se l’impianto ha delle tare non da poco.
Solitamente questo e' dato da ampli poco performanti, spesso a valvole.
Pertanto, visto che il jeff non mi pare certo sfortunello, evidentemente abbiamo dei problemoni mica da ridere a livello casse.
Oppure, come i cavi di alimentazione, si chiama troppo spumantino, visto che a monte di qual cavo ci sono centinaia, se non migliaia, di metri di cavo, disgiuntori, bobine di lettura, shunt, contatti (non certo placcati oro!)...
Divertente, ma decisamente poco serio -
@pipperon
Quindi un ampli a valvole sarebbe “poco performante” in quanto tale? In che senso? -
@fedezappa
Per una serie di ragioni un ampli a valvole costa 3X a parita' di varie robe, o se preferisci un ampli solido puo' essere nettamente superiore in molte caratteristiche a parita' di prezzo gia' di base.
Aggiungi la fregatura grossa della curva di premagnetizzazzione.... -
Come svantaggi, io vedo solo maggior difficoltà di pilotaggio per quanto riguarda la sezione finale e, sempre per questa, la necessità di maggior aerazione e l’eventuale possibilità di regolare il bias, se non autoregolante.
Per il resto, parlando di suono, non ci sono differenze, può suonare meglio un valvolare o un transistor e quindi essere preferibile uno o l’altro a seconda dei diffusori e suoni ricercati. Motivo per il quale, con l’alta efficienza, moltissimi appassionati utilizzano i valvolari. Mi è capitato in un paio di occasioni di ascoltare dei transistor abbinati ad altoparlanti a tromba e ad alta efficienzae mi stavano sanguinando le orecchie per gli acuti pungenti.
Se poi parliamo di pre, dire che un pre a transistor è 3 volte meglio (ecc.), la trovo una motivazione inconsistente e priva di dati oggettivi a supporto (oltre che dovuta a esperienze fuorvianti sul campo). Io dico invece che un pre a valvole ben progettato suona alla grande in svariati impianti. Molti vengono progettati a livello elettrico (bassa impedenza di uscita, guadagno e sensibilità normali) proprio per non incorrere in idiosincrasie coi finali, esattamente ciò che farebbe un pre a transistor.
C’è anche un discorso di costi, è ovvio che una piccola azienda artigianale che produce valvolari fa più fatica ad essere concorrenziale di una grossa industria che produce ampli a transistor, ma ciò non vuol dire che gli ampli a transistor valgano 3 volte tanto.