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Una volta tornati dal 1963, i membri della Umbrella Academy si ritrovano in una linea temporale diversa, in cui casa loro è abitata da un altro gruppo di ragazzi, la Sparrow Academy, addestrati da Sir Reginald al loro posto, per diventare supereroi migliori. Le due squadre si trovano così a confliggere e gli Umbrella, avendo quasi avuto la peggio sono costretti a ripiegare trovando rifugio presso l’Hotel Obsidian, dove si rendono conto di non essere più in possesso della valigetta che avrebbe potuto far loro cambiare la linea temporale. Ma mentre i due gruppi si fronteggiano, una forza misteriosa minaccia la sopravvivenza del pianeta. È il kugelblitz, una sfera di luce che emana onde che a ogni passaggio cancellano sempre più persone dalla linea temporale, fino alla totale distruzione, una nuova e forse definitiva apocalisse. La terza stagione della serie nata dalla fantasia di Gerard Way (fondatore e frontman dei My Chemical Romance) e Gabriel Bá inizia dove terminava la seconda (qui la nostra recensione), col cliffhanger dei nuovi occupanti la casa in cui gli Umbrella sono cresciuti. Sebbene l’intreccio tenda soprattutto inizialmente a dipingere gli Sparrow come cattivi, la verità è che sono semplicemente alternativi agli Umbrella. Nel senso che nel caso opposto in cui i primi si fossero ritrovati nella realtà dei secondi questi avrebbero probabilmente difeso a spada tratta il proprio nido e le proprie origini, o quantomeno messo in discussione la veridicità delle parole degli ospiti. Magari non tutti, ma alcuni di loro come il massiccio e a volte spaesato Luther o l’istintivo e spesso troppo deciso Diego, eventualmente sobillati e manipolati da Reginald, che in questa nuova versione sembra aver perso lo scettro del potere in favore dei nuovi figli adottivi. I nuovi personaggi ci vengono presentati tutti insieme e senza il giusto approfondimento, tranne che per quello che riguarda i loro poteri. C’è il numero 1 Marcus, forzuto più o meno quanto Luther, la numero 3 Fei, che non avendo il dono della vista si fa guidare da corvi generati da lei stessa che usa anche come arma, il numero 4 Alfonso, dal viso deforme, che quando incassa un colpo l’avversario ne riceve uno uguale e contrario, la numero 5 Sloane, capace di controllare la gravità, la numero 6 Jayme, dotata di ghiandole orali che le permettono di lanciare un veleno lisergico a distanza, il numero 7 Christopher, un cubo che si libra in aria e ha capacità telecinetiche e il numero 2 Ben, presente anche in questa linea temporale ma senza memoria dell’altra, per cui ostile agli ex fratelli. Il modo in cui gli Sparrow operano è in difesa dell’umanità, sono apprezzati mediaticamente e si allenano giornalmente per risultare efficaci ma anche seducenti. Al punto che sembra di essere piombati in The Boys, tante sono le affinità coi supereroi della serie Amazon. Ma anche con tante differenze, a partire dal fatto che i Sup sono tutt’altra cosa in quanto a spessore e spietatezza. Non possiamo salvare tutti. Vince il male minore. In questo terzo capitolo di The Umbrella Academy, la qualità delle immagini non scende neanche un po’, fotografia e scenografie restano originali, dense e affascinanti, generando il solito alone di fantastico e avvolgente. Il problema è la sceneggiatura, lenta, priva di sprazzi di fulgore e d’azione che nelle stagioni precedenti ben si alternavano ai momenti di riflessione più profondi che qui stavolta prendono il sopravvento. Molto è sospeso, si vive nell’attesa che la nuova linea temporale venga risolta in favore di qualcosa di quantomeno accettabile se non riconoscibile. Un’attesa che però, invece di essere riempita dall’avventura, è circondata da sempre maggior confusione. La stagione preferisce concentrarsi sui tentativi di far cambiare idea a persone che ne hanno già una formata e che non intendono spostarla di un millimetro. E per lo spettatore è una grande fatica doverlo accettare in continuazione. Molti argomenti che dosati bene sarebbero risultati apprezzabili, diventano quasi irritanti. Primo fra tutti quello che riguarda le questioni familiari. Tanti annunci, tanta lentezza, poco agire, proprio mentre il mondo sta collassando finendo in pezzi sempre più piccoli. Alcuni personaggi poi, perdono la vita senza una motivazione sufficientemente forte, il che oltre a lasciare l’amaro in bocca, provoca la sgradevole e debole sensazione che in un modo o nell’altro potrebbero tornare presto in vita. Solo quando si avvicina la fine (letteralmente) le cose cambiano e si vorrebbe che la stagione durasse più a lungo. Perfino un passaggio di inaspettata e violenta crudeltà, piuttosto che ripugnante, diventa una boccata d’ossigeno per chi guarda, nettamente stanco di tanta inerzia. Il finale non fa altro che portare verso la nuova stagione, non si azzarda a fornire risposte e lascia tutto in sospeso. Compresa l’ultima scena in cui appare la scritta Yeouido Station, una stazione della metro di Seoul, che lascia intendere che qualcuno stia tornando a casa per ritrovare molto probabilmente sua madre. Lo scopriremo fra circa un anno, quando la quarta stagione potrebbe chiudere la serie, almeno da quello che traspare da alcuni criptici messaggi degli autori. Sperando che si possa tornare ad assistere allo spettacolo che nel 2019 consacrò The Umbrella Academy come la terza serie più vista su Netflix, grazie a una qualità espressiva ed estetica davvero notevole e originale. VALUTAZIONI dal trailer all’intera serie soglia d’attenzione visione The Umbrella Academy | stagione 3 ideatore Steve Blackman (dal fumetto di Gerard Way e Gabriel Bá) personaggi interpreti critica IMDb 7,5 /10 | Rotten Tomatoes critica 7,5 /10 utenti 3,3 /5 | Metacritic critica 72 /100 utenti nd aspect ratio 2 : 1 |
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