Originariamente scritto da cicognone
La ricca offerta di Las Vegas non si limita ai ventimila prodotti (avete letto bene, si parla proprio di 20.000) in evidenza al Consumer Electronics Show. Da qualche anno le entrate derivanti dall’attività congressuale hanno superato quelle tradizionali del gioco d’azzardo. E’ ovvio che l’offerta di servizi debba tener conto delle esigenze di businessmen e businesswomen di ogni ordine e rango che contribuiscono ai quasi quaranta milioni di visitatori che ogni anno raggiungono la città delle luci. Più volte abbiamo raccontato dei grandi hotels-casinò, vasti come una piccola città, luoghi che non è possibile cogliere nella loro più completa essenza nelle poche ore a disposizione in viaggi di nozze mordi e fuggi (quasi tutti gli italiani che conoscono Las Vegas lo debbono ad una “honeymoon”) e brevi soste nell’ambito di tour forsennati “alla giapponese”. Un turismo superficiale è responsabile dei commenti talvolta non lusinghieri che mi è capitato di sentire a proposito di questa città. In realtà, sgombrato ogni pregiudizio, si apprezza Las Vegas per quello che è, centro urbano concepito per l’entertainment di un pubblico adulto, una Disneyland evoluta che ormai da tempo si è lasciata alle spalle stereotipi di fosca memoria. Oggi Las Vegas è la più importante città congressuale al mondo. La sistemazione alberghiera si offre ad un pubblico quanto mai ampio e diversificato. Dai 40 USD al giorno per una doppia (durante la settimana) al Circus Circus (un po’ squallido, ammettiamo), ai 100/150 USD per una confortevole doppia in un hotel di livello medio alto come il Mirage o il new York-New York, si può salire senza limiti per una della suites di 100/150 metri quadri del Venetian o del Bellagio, strategicamente poste ai piani più elevati, spesso con una reception dedicata, sempre dotate di amenità quali schermi piatti, jacuzzi in soggiorno…e tanti altri gadgets. Ma non basta. Nell’unico luogo al mondo in cui gli alberghi non sono vicini alle attrazioni, ma sono essi stessi l’attrazione, tali “resorts” debbono poter offrire il meglio in quanto a bar, locali, ristoranti, centri estetici, piscine e spettacoli. Se volete togliervi lo sfizio, cercate l’Hotel Bellagio su Google ed entrate nel suo sito. Sterminato e bellissimo. Andate a curiosare nell’offerta gastronomica di una decina di ristoranti che sono fra i più significativi d’america. Dall’internazionale “Le Cirque” al panasiatico “Jasmine”, dalla italiana “Osteria del Circo” ai sentori vagamente mediterranei di “Olives”. Non manca neppure una Steakhouse tradizionale che offre tagli succulenti, alcuni sushi bar avveniristici, lounges più o meno esclusive talvolta con vista incomparabile sullo spettacolo sempre affascinante delle fontane. Per i più curiosi voglio citare il fatto che la sonorizzazione (perfetta) che accompagna il gioco delle fontane è realizzata con un paio di centinaia di monitor Tannoy strategicamente collocati nel vasto spazio di fronte al laghetto, lungo il mitico Las Vegas Boulevard. E questo senza mai uscire dal Bellagio.
Un capitolo a parte lo meritano gli spettacoli di Las Vegas; quattro diverse edizioni del Cinque du Soleil la dicono già lunga; la novità di quest’anno è “Beatles Love”, spettacolare musical sulle immortali canzoni dei Beatles. Al Venetian c’è “The Phantom of the Opera”, in lo spettatore è di fatto posto all’interno della scenografia, con effetti davvero al di sopra delle righe.
Tappa fondamentale del “conventioneer” avveduto è la colazione. Non si affronta una giornata al CES senza poter contare su almeno 800/1000 Calorie, un rito al quale si attende tra le 7 e le 8 del mattino, talvolta prima dell’alba. Al tempo in cui Emidio Frattaroli mi seguiva nei miei appetiti mattutini, riuscivamo quasi a tener testa agli americani più corpulenti distinguendoci (soprattutto lui) nei principali buffet. In tre anni di visite siamo riusciti a compilare una classifica dei buffet per la colazione, confermando il Bellagio al primo posto, seguito dal Paris, dal nuovo Wynn, dal Mirage. Una menzione particolare va alle “Eggs Benedict” preparate al Grand Lux Cafè del Venetian. Con il tempo si cerca di uscire dal circuito degli alberghi, puntando semmai su quei luoghi dove fanno colazione i poliziotti che stanno per prendere servizio, i camionisti, la gente di ogni giorno che cerca solido cibo per tirare avanti una giornata nelle fredde e luminose mattine invernali. Resta al primo posto “Omelette House”, lungo la Maryland, per la realizzazione di omelette (ovviamente) in decine di gustose preparazioni, accompagnate da patate saltate ineffabili (le hash brown potatoes). Second best sulla Sahara Avenue è “The Egg & I”, altro luogo specializzato in uova, un’accoglienza gradevole e solo una piccola attesa per gustare le uova come mai avreste immaginato. Buon caffè, pankcakes perfetti, eggs Benedict in tre diversi stili, omelets di ogni ordine e grado, “huevos rancheros” per gli appetiti più formidabili.
Per la pappa vera, quella della sera, dobbiamo anche qui mostrare il nostro disappunto per quegli sciagurati che riescono a mangiar male nelle loro visite in USA. Anche in questo caso, basta girare per il web e si trovano centinaia di utile segnalazioni, ma esistono pur sempre le guide specializzate come Frommer’s e Zagat, insuperabile quest’ultima per efficacia e concisione nelle segnalazioni.
Il solito “giro del mondo gastronomico in sette giorni” ci ha fatto assaggiare la fragrante cucina tailandese di “Lotus of Siam”, l’ineffabile sushi di “Hamada of Japan”, le fragranze messicane di “Viva Mercado”, capace di produrre un “guacamole” da leccarsi i baffi. Con 25 euro a persona, si assaggia ciò che da noi ancora non esiste, mentre per gustare il meglio della “contemporary american cuisine”, un valido riferimento rimane sempre quello di Rosemary’s (che tra l’altro ha un proprio sito che vi invito a visitare), tempio della buona tavola con un menù degustazione di cinque portate a 60 USD. I luoghi citati non si trovano all’interno di qualche hotel, ma sono collocati al di fuori del circuito turistico più banale e possono offrire un alto rapporto qualità-prezzo.
Altro ghiotto assaggio di questa edizione è “Roy”, la filiale sul continente di un ormai mitico ristorante hawaiano. Roy Yamaguchi ha realizzato una replica del suo locale di Honolulu, bar, lunge e 220 posti, un’affascinante cucina a vista, accogliente e luminoso. Contaminazione “pacific rim” per piatti che offrono tonno appena scottato in salsa piccante di soia e mostarda, salmone grigliato in stile “hibachi”, spiedini di gamberi, costolette di maiale in stile BBQ con salsa Szrchuan, il mitico agnello del Colorado arrostito in stile mongolo con glassa di crema di acero.
(...) siamo tornati a leccarci le dita con le costolette del Memphis Championshi BBQ, anche questo “fuori mano” e quanto mai invitante in gruppo, sempre una gustosa conferma.