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Pagina 1 - Introduzione È sicuramente uno dei film più attesi della stagione cinematografica. A distanza di due anni dalla conclusione della trilogia di Batman, un tempo costante tra un suo film e l'altro, Christopher Nolan torna nei cinema di tutto il mondo con Interstellar, sci-fi che vede la Terra al limite del collasso. A causa di uno sfruttamento agricolo esagerato, il nostro pianeta è ridotto a un ammasso di terra arida, sferzato sistematicamente da violente tempeste di sabbia che impediscono qualsiasi coltivazione che non sia grano. - click per ingrandire - L'umanità è così impegnata a trovare una via di fuga, nonostante gli sforzi dei tanti agricoltori. L'opportunità sembra arrivare quando alcune turbolenze nei pressi di Saturno indicano un wormhole, un condotto spazio-temporale che potrebbe consentire all'uomo di raggiungere una nuova galassia. Sarà compito di alcuni coraggiosi esploratori percorrere questa strada celeste, cercando un nuovo pianeta adatto alla vita dell'umanità. - click per ingrandire - Nelle prossime pagine riportiamo l'analisi artistica del film e numerose considerazioni tecniche, frutto delle riprese in IMAX volute da Nolan. Spiegazioni e suggerimenti di visione, oltre a recensioni di alcune attese proiezioni alle quali abbiamo assistito. Buona lettura. Pagina 2 - Commento al film Siamo entrati in sala con la convizione che avremmo assistito a un capolavoro. Siamo usciti con la consapevolezza di aver visto un buon film. Ecco il nostro giudizio. Immediato, secco, senza giri di parole. Un giudizio utile a chi cerca informazioni concise sulla pellicola, una risposta alla fatidica domanda: "Tutto questo rumore. Ma è almeno un buon film?". Si, è un buon film. - click per ingrandire - È chiaro però che è necessaria anche un'articolazione della risposta. Interstellar non è un film d'azione, nel senso più 'movimentato' del termine. È sopratutto un film introspettivo, che parla della storia di un padre e dei suoi figli, del senso del dovere e del sacrificio. Si parla di queste cose, spostando l'ambientazione dalla Terra allo spazio. Sostanzialmente è un film drammatico, con almeno tre sequenze estremamente toccanti e affascinanti. L'umanità ha sempre vissuto gettando il proprio destino oltre i limiti del conosciuto: l'esplorazione dell'ignoto è stata nei secoli il motore che ha mosso interi popoli, intere nazioni e interessi alla scoperta di quello che c'è dopo il proprio confine. - click per ingrandire - Al centro di Interstellar ci sono quindi gli uomini, le loro scelte e le loro ambizioni. Una scelta confermata anche dalle inquadrature, ricche di primi piani che esaltano l'astronauta/attore rispetto all'ambiente/scenografia, con una massiccia presenza di camera a mano, una soluzione di fatto nuova per Nolan. È chiaro che a tratti il film è visivamente spettacolare, in particolare in alcune sequenze iniziali, in tutti i passaggi legati al wormhole e nelle scelte registiche nel finale. Ma la spina dorsale della pellicola è soprattutto la storia. Bella scoperta, direte voi. Si, contiamo su una mano pellicole sci-fi con un numero così elevato di dialoghi, storie e forti personaggi, pellicole che non sfruttano principalmente le atmosfere, le visioni poco convenzionali di un film ambientato nello spazio. Se fissate un punto avrete da un lato Interstellar e dall'altro, simmetrico, Gravity, una pellicola che invece annullava in qualche modo la storia e i personaggi - nei limiti del concesso - per puntare decisamente sulla spettacolarità visiva (e tecnica). - click per ingrandire - E purtroppo il problema di Interstellar sta proprio qui: quello nero non è il solo buco presente nella pellicola. I fratelli Nolan si lasciano dietro numerosi quesiti nello script, domande troppo importanti per poter restare senza risposta. Oltre a una serie di dialoghi e soluzioni che indirizzano forzatamente il film verso la conclusione, lasciando più di un dubbio oltre che un numero abbastanza elevato di incongruenze narrative o fisiche. La coerenza e la verosimiglianza in un film sono da sempre al centro del dibattito cinematografico. C'è chi ne fa un vessillo, chi chiude volentieri un occhio a fronte di un'esperienza artistica. Ecco, a Interstellar manca quella marcata magnificenza visiva che avrebbe fatto da contraltare ai tanti dubbi di sceneggiatura. Si è puntato quasi solo sullo script. E torniamo al punto - negativo - di partenza. Da manuale comunque le interpretazioni del sempre più bravo Matthew McConaughey, impegnato nel difficile ruolo di Cooper, e della giovane ma promettente Mackenzie Foy, Renesmee in The Twilight Saga: Breaking Dawn, che in Interstellar è Murph, la giovane figlia del protagonista principale. - click per ingrandire - Di ottimo livello anche il resto del cast. Jessica Chastain (la Murph cresciuta), il tenebroso Casey Affleck (Tom, l'altro figlio del protagonista) e Michael Caine, giunto alla sesta collaborazione con Nolan. Un gradino sotto la co-protagonista Anne Hathaway, una brava attrice che però continuiamo a ritenere leggermente sopravvalutata. In chiusura di commento, per offrire un quadro completo dei difetti del film, segnaliamo più di un dubbio nel montaggio di Lee Smith, storico collaboratore di Nolan (due nomination all'Oscar per The Dark Knight e Master and Commander), e nella fotografia di Hoyte Van Hoytema. Quest'ultimo è alla prima collaborazione con Nolan, dopo le buone prove fornite in pellicole come Lei, La talpa e The Fighter. Segno secondo noi che alla fine più di un qualcosa nel film non ha funzionato nel modo corretto. Incrociamo le dita, con la consapevolezza che questi ultimi due cineasti si occuperanno rispettivamente del montaggio e della fotografia dell'imminente Bond 24, con Van Hoytema che di fatto sostituirà l'incredibile Roger Deakins. Speriamo bene... Prima di procedere con l'analisi nel dettaglio di alcuni aspetti della pellicola, ricordiamo che nel 2006 Steven Spielberg era in trattativa per dirigere il film, basato sempre sulla sceneggiatura di Jonathan Nolan. Solo in seguito al suo rifiuto, la pellicola è passata nelle mani di Christopher Nolan, che ha rimesso mano allo script insieme al fratello. Siamo però a conoscenza di qualche dettaglio interessante dell'Interstellar di Spielberg. L'unico pianeta oltre alla Terra doveva essere quello di ghiaccio. In più Cooper avrebbe dovuto trovare su quel pianeta un campo abbandonato con bandiera cinese, segno di una precedente colonizzazione del luogo operata 30 anni prima da un equipaggio di 4 uomini e 15 robot. Sempre all'interno dello stesso campo inoltre, gli americani avrebbero dovuto trovare un laboratorio contenente un macchinario in grado di invertire la gravità all'interno della stanza una volta acceso. Oltre che una serie di altri buchi neri sfruttati dai cinesi per i loro spostamenti. Alessio Tambone La pagella secondo Alessio Tambone (proiezione 4K presso Showville Bari)
Pagina 3 - Costruire lo spazio Kip Thorne. È lui l'uomo dietro la scienza di Interstellar. Fisico teorico, ha fornito la base scientifica che ha supportato lo script, ma non solo. È diventato anche produttore esecutivo della pellicola e soprattutto ha collaborato attivamente con regista e reparto effetti speciali per portare sullo schermo gli importanti concetti fisici alla base del film. - click per ingrandire - Per chi fosse interessato, segnaliamo tra l'altro il libro The Science of Interstellar, scritto dallo stesso Kip Thorne proprio per raccontare la lavorazione del film dal suo esclusivo punto di vista. Libro messo in commercio a partire dal 7 novembre, in contemporanea con l'uscita della pellicola. - click per ingrandire - Thorne ha passato diverso tempo a Londra, presso la sede della Double Negative, lavorando con il supervisore agli efetti visivi Paul Franklin per portare sullo schermo le sue esclusive teorie gravitazionali - ancora dibattute - che ipotizzano gli effetti della gravità sulla luce attorno al buco nero e il (possibile?) viaggio attraberso un wormhole. - click per ingrandire - Gli effetti e le soluzioni visive adottate sono da non perdere, ispirate all'incredibile astrofotografia proveniente dagli archivi del Royal Observatory del Regno Unito e alle immagini in alta definizione provenienti dal telescopio spaziale Hubble. La Double Negative ha inoltre utilizzato la sterminata banca dati della NASA, contenente l'incredibile cifra di 2,5 milioni di stelle, per riprodurre un universo reale da utilizzare come fondale nelle scene ambientate nello spazio. Pagina 4 - La fattoria e le tempeste Come detto, una parte importante del film è ambientata sulla Terra, nel cuore dell'America, con piccole comunità di agricoltori che si dedicano alla coltivazione del grano. L'ambiente è però sterile, poco rigoglioso, sferzato da tempeste di polvere che soffocano ogni forma di vita. La produzione ha girato queste sequenze in Canada, nella regione di Okotoks, poco a sud della nota città di Calgary. Una zona che non offre di norma le giuste condizioni ambientali per la coltivazione del frumento me che avrebbe disegnato il giusto fondale per il film, poco rigoglioso, adatto ad un pianeta ormai sterile. - click per ingrandire - In contatto con il Dipartimento dell'Agricoltura del Canada, impegnati a studiare le condizioni climatiche, i modelli di crescita e le informazioni logistiche, i realizzatori e lo scenografo Nathan Crowley hanno raggiunto la piccola città di Longview per prendere accordi con l'allevatore Rick Sears, proprietario di una vasta tenuta adatta allo scopo, che ha accettato di farsi costruire una lunga strada fino alla location, con una coltivazione di 500 acri di terra tutti destinati al grano. Nei sei mesi stimati per la crescita delle piante, su Calgary si sono abbattute inondazioni e freddo gelido, mettendo a rischio la scommessa fatta dalla produzione. Nelle poche settimane precedenti l'arrivo dell'unità principale, il tempo è però migliorato, fornendo il giusto calore per la crescita di un campo di grano in linea con la trama della pellicola. - click per ingrandire - Altro aspetto interessante delle riprese sulla Terra sono chiaramente le tempeste di polvere. In questo caso la produzione si è ipirata al Dust Bowl, l'incredibile serie di tempeste di sabbia che si sono abbattute sugli Stati Uniti e il Canada tra il 1931 e il 1939. Tempeste causate da tecniche agricole errate e da mancanza di rotazione delle colture. Una ribellione della natura raccontata in un documentario della PBS curato da Ken Burns, una produzione seriale televisiva che ha colpito Nolan tanto da spingerlo a inserire in Interstellar alcuni elementi del documentario, a sottolineare che i disastri ecologici alla base del film possono accadere realmente. Anzi, sono già accaduti. Conscio che un effetto realistico non poteva essere ottenuto con effetti digitali, il regista si è rivolto al coordinatore degli effetti speciali Scott Fisher, che per simulare le tempeste ha utilizzato il C-90, un materiale biodegradabile non tossico formato da particelle di cartone. La leggerezza del materiale scelto ha permesso di creare un consistenze effetto fumogeno innalzando la polvere con degli enormi ventilatori, chiaramente dopo aver protetto le costose macchine IMAX con alcuni rivestimenti plastici appositamente realizzati. Il drone di sorveglianza indiano inseguito da Cooper è stato invece progettato dallo stesso scenografo Crowley, realizzato come oggetto di scena dalle elevate dimensioni, non funzionante, ma anche come drone radiocomandato in scala 1/3 con un'apertura alare di circa 4 metri e mezzo, manovrato dal pilota professionista di modellini R/C Larry Jolly. Per dare la caccia al drone il protagonista Cooper guida un nuovo modello di pick-up Dodge del 2014, invecchiato per l'occasione dal reparto artistico. Vista la pericolosità della scena, i realizzatori hanno montato un roll bar sul tetto del fuoristrada, con una postazione completa di comandi del veicolo utilizzata da un pilota stunt. Gli attori si sono così potuti concentrare sulla scena, trasportati all'interno del pick-up attraverso una fitta piantagione di grano, con una visuale pari a zero. Piccola curiosità: tra le camere attaccate al fuoristrada c'era anche una non proprio leggera mdp IMAX. Pagina 5 - Le tute spaziali, CASE e TARS Ricercate le tute spaziali create dalla costumista Mary Zophres, una sintesi delle gloriose tute d'argento del programma Mercury e di quelle rigonfiate, più recenti, utilizzate ad esempio nella missione Apollo. I caschi sono invece ispirati a quelli del programma Gemini, il secondo compiuto dalla NASA per preparare il viaggio sulla Luna. Al loro interno era previsto un sistema audio che facilitava la comunicazione tra gli attori e il regista, oltre che tra gli attori stessi sul set. Le loro registrazioni sono state inoltre utilizzate successivamente in fase di montaggio. - click per ingrandire - Vista la grande quantità di riprese con attori vestiti con le tute spaziali, la produzione ha deciso di orientarsi su costumi perfettamente funzionanti, realizzati con la collaborazione della società SPCS, specializzata nell'applicazione di attrezzature a particolari tessuti. Il costume, estremamente pesante, ha costretto la Zophres a integrare un sistema di raffreddamento con dei tubi di acqua fredda, utilizzato per evitare il surriscaldamento corporeo degli attori. Una soluzione ispirata al vero sistema utilizzato dagli astronauti. Inoltre all'interno di uno zainetto sono stati posti alcuni ventilatori, con lo scopo di raffreddare l'interno della tuta e prevenire l'appannamento dei vetri. Il peso finale della tuta oscillava tra i 13 e i 15 chili. - click per ingrandire - CASE e TARS. Non sono i nomi di due nuove tasse che dovremo pagare dal prossimo anno, ma i nominativi assegnati al quinto e sesto membro dell'equipaggio, due macchine militari con evoluta intelligenza artificiale imbarcate con il compito di assistere gli umani e sollevare il morale alla truppa. Interessante la scelta di non utilizzare alcuna caratteristica antropomorfica, ideando uno stile minimalista e decisamente accattivante, evidentemente resistente con la possibilità di continuare a lavorare in qualsiasi condizione. Entrambe le macchine sono state mosse sul set da Bill Irwin attraverso un sofisticato impianto meccanico. Durante la fase di progettazione, Nolan e lo scenografo Crowley hanno cominciato a dare forma alle due macchine utilizzando dei bastoncini da ghiacciolo incollati tra loro. Sviluppando il sistema attraverso l'utilizzo di calamite e varie combinazioni, si è arrivati alla scelta della bella plancia robusta finale, alta 1 metro e mezzo, agganciata magneticamente su tre punti attraverso un perno centrale, in grado di assumere diverse conformazioni attraverso le 64 divisioni geometriche realizzate. Pagina 6 - La Ranger, la Lander, l'Endurance e i fondali Ancora Nolan e Crowley si sono occupati della progettazione delle tre navicelle utilizzate nel film, con l'ambizione di creare qualcosa di tecnologicamente avanzato ma allo stesso tempo facilmente riconoscibile. Il materiale analizzato, fonte d'ispirazione per i due cineasti, prevedeva numerose ore di documentari IMAX sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), sopralluoghi sul complesso dello SpaceX (l'azienda statunitense che con i lanciatori Falcon ha inaugurato il trasporto spaziale privato) e lo studio della navetta spaziale Endeavour, oggi conservata al California Science Center. - click per ingrandire - La prima a nascere è stata la Ranger. La navetta è stata precedentemente progettata e stampata in 3D, mentre un team di scultori ha successivamente apportato ulteriori piccoli dettagli al telaio, ai motori e al carrello di atterraggio sotto la diretta supervisione del regista. Opposta alla Ranger, veloce e sinuosa, la Lander era invece massiccia e adatta al lavoro sporco. Crowley l'ha definita come "un pesante aereo cargo russo". Adibita al trasporto di carichi tra la navicella madre e la superficie, è dotata di una cabina di pilotaggio molto stretta, necessaria per far posto al carico, con i sedili degli astronauti che riuscivano a ruotare di 360°. Sia la Ranger che la Lander avevano due compiti diversi, ma entrambe si adattavano alla navicella madre, l'Endurance, progettata partendo da alcuni blocchi acrilici combinati in diversi modi, fino ad arrivare alla riconoscibile forma geometrica circolare formata da 12 moduli. L'Endurance appare infatti come una grande ruota segmentata, con un deciso mozzo centrale, capace di girare cinque volte al minuto per generare il necessario 1G di gravità attraverso la forza centripeta. - click per ingrandire - Ognuno dei 12 moduli, collegati tra loro attraverso un pavimento ricurvo continuo, aveva uno scopo ben preciso: quattro erano i motori, quattro contenevano le zone per l'equipaggio (ambiente vivibile, cabina di pilotaggio, criogenia, laboratorio medico) e le ultime quattro venivano utilizzate per l'atterraggio e l'installazione sulla superficie di un pianeta. I modelli finali delle due navicelle, costruite da Crowley insieme a un team di artigiani altamente qualificato, erano costituiti da acciaio e polistirolo, con la Ranger e la Lander lunghe rispettivamente 14 e 15 metri. Parti delle navecelle sono state trasportate nei teatri di posa presso gli Studios Sony e montati su Waldo, un giunto cardanico a sei assi collegato a un sistema di controllo che permetteva all'operatore di manipolare il movimento con un altissimo grado di stabilità e precisione. Un sistema talmente flessibile e robusto allo stesso tempo, che ha consentito a Nolan di montare una telecamera IMAX anche all'interno delle navicelle, utilizzando invece camere più piccole montate sui caschi e sui corpi degli attori. L'intero sistema, creato a grandezza naturale - anche se in sezione - e mosso attraverso Waldo ha consentito al regista di evitare l'utilizzo di green screen, piazzando invece sullo sfondo delle incisioni raffiguranti lo spazio e delle piastre per la diffusione della luce, oltre a veri modelli di razzi per la simulazione di bagliori e artefatti particolari. - click per ingrandire - Le "miniature" finali prevedevano diverse soluzioni in larga scala, compresa una in scala 1/15 del modulo circolare dell'Endurance lungo ben 7 metri e un modello pirotecnico di una porzione di navicella costruito in scala 1/5. Tra i modelli più grandi citiamo invece un segmento dell'Endurance, lungo ben 60 metri, appoggiato su un giunto cardanico di 150 metri montato su tre punte di snodo, in grado di inclinare la struttura di 180 gradi per simulare le sequenze del volo spaziale. All'esterno di questo modello, uno schermo gigante con due proiettori allineati e coordinati creava una singola immagine, riflettendo all'interno della navicella le luci che illuminavano l'ambiente e i volti degli attori. Immagini sincronizzate con lo scorrere del tempo nel ciak, proiettate anche attraverso l'ausilio di più proiettori sostenuti da carrelli elevatori per un peso complessivo di più di 500 chili. Pagina 7 - I nuovi pianeti Nolan aveva già visitato l'Islanda per girare alcune sequenze di Batman begins. Chiaro pensare nuovamente all'isola europea per ambientare le scene sul pianeta ghiacciato. - click per ingrandire - Nolan e Crowley hanno così raggiunto l'Islanda prima di tutto per controllare se un ghiacciaio che ricordavano avrebbe potuto garantire il set per le fredde scene previste dalla pellicola. Hanno così scoperto che il ghiacciaio Vatnajökull era stato colpito da recenti eruzioni vulcaniche, trasformandosi da luogo bianco e magico a una distesa di grigio marmorizzato, surreale e cupo. La location adatta per lo scopo. Ancora l'Islanda ha inoltre fornito lo scenario naturale per le scene ambientate nel pianeta con l'acqua. In particolare la produzione ha girato presso la laguna Brunasandur, un'apparentemente infinita distesa di acque basse senza litorale visibile in varie direzioni. La troupe ha comunque dovuto costruire una strada lunga 15 km per allestire il campo base in una zona non visibile durante le riprese. - click per ingrandire - Le navicelle da utilizzare sul set, per un peso di circa 4,5 tonnellate ciascuna, sono state smontate subito dopo la catena di montaggio, imballate nei container e spedite nella stiva di un jet 747 cargo verso l'aeroporto di Reykjavik, quindi caricate su camion, portate a destinazione e montate in tende giganti. Da segnalare che durante le riprese una forte tempesta si è abbattuta sulla zona, sradicando addirittura delle strade. La produzione si è così blindata in hotel, tranne Nolan e Crowley, preoccupati della tenuta del set allestito. Dopo un avventuroso sopralluogo, le cronache locali parlano di un regista impaziente che non gradiva la troupe chiusa in albergo, con lo slittamento della programmazione prevista. Le stesse cronache parlano di un regista che ha costretto la troupe a girare alcune scene nel parcheggio dell'albergo. Pagina 8 - Il sonoro di Interstellar Alla quinta collaborazione con Nolan, il compositore Hans Zimmer ha curato la bellissima colonna sonora della pellicola. L'insolito strumento portante dell'intero score è l'organo. Una scelta che ha di fatto spettacolarizzato le immagini, richiamando nello stesso momento l'elemento umano necessario al suo funzionamento. Niente strumenti digitali quindi: l'uomo è al centro della pellicola, l'uomo è impegnato in prima persona nelle sessioni di registrazione a Temple Church, una chiesa attiva del XII° secolo nel cuore di Londra, che ha ospitato per l'occasione i musicisti di fama mondiale scelti da Zimmer, con strumenti meccanici spesso secolari. - click per ingrandire - Ecco quindi che nel sostegno all'organo riconosciamo fiati, ottoni, pianoforte e archi, con i loro riconoscibili timbri che danno vita allo score - ben 45 sessioni di registrazione sottoposte a Nolan - e al tema portante della pellicola. Tema che in alcuni passaggi ci ha ricordato qualche lavoro di Vangelis con un tempo rallentato. È stata una sensazione ripetuta in diversi passaggi. Potremo essere più precisi dopo un nuovo ascolto dello score, visto che la colonna sonora non è ancora disponibile nei negozi ma si dovrà attendere il 18 novembre. - click per ingrandire - Bello il contrasto tra gli ambienti claustrofobici delle navicelle e l'immediata e assoluta assenza di suono nello spazio. Un effetto ormai sdoganato per film ricercati ambientati oltre l'atmosfera terrestre. Uno dei passaggi vocali della colonna sonora è intitolato Day one ed è stata la prima composizione di Zimmer realizzata per il film. Una melodia creata al pianoforte dopo che il compositore aveva ricevuto da Nolan una busta contenente un foglio scritto a mano che descriveva una scena tra un padre e suo figlio. Niente spazio, niente viaggi interstellari. Una composizione fatta al buio, ascoltata e accettata da Nolan, che solo in seguito ha raccontato al compositore la trama completa della pellicola. Pagina 9 - Il negativo 35mm e IMAX 65mm
- click per ingrandire - Mai come in questo film, la campagna di comunicazione ha posto l'accento sulla particolare produzione che ha utilizzato camere a pellicola e negativi da 35mm a 4 perforazioni e 65mm a 15 perforazioni, questi ultimi - evidentemente - per esaltare la qualità d'immagine di un film che si annunciava come un capolavoro. Per questo motivo, prima di approfondire il giudizio sulla qualità d'immagine, è bene fare qualche premessa di tipo tecnico per spiegare quali sono le caratteristiche delle varie pellicole, con particolare attenzione alla risoluzione. - click per ingrandire - La quasi totalità delle pellicole cinematografiche ancora in produzione può essere divisa in 4 grandi gruppi a seconda della loro larghezza lungo l'asse che congiunge le due perforazioni ai due lati opposti del film. Abbiamo quindi negativi da 8mm, 16mm, 35mm e 65mm. All'interno di ogni singolo gruppo possono esserci diverse declinazioni, anche con grandi differenze di struttura (come tra il 16mm classico e il Super16 che ha le perforazioni solo da un lato) oppure con differenze legate soltanto al modo di sfruttare l'area del negativo impressionabile. Per il negativo 35mm esistono varie modalità di utilizzo e quella che sfrutta l'area maggiore è sicuramente la pellicola Super35, con un'area per le immagini che vale circa 460 mm quadrati. Per il negativo 65mm esistono principalmente due varianti: quella con scorrimento verticale a 5 perforazioni (area di circa 1.200 mmq) e quella con scorrimento orizzontale a 15 perforazioni (area di circa 3.700 mmq), con notevoli differenze sia per area sfruttabile che per rapporto d'aspetto. - click per ingrandire - Alcuni dei migliori negativi sono disponibili sia in 35mm che in 65mm in modo che la risoluzione sia una funzione solo dell'area impressionabile dalle immagini. Il negativo ha una risoluzione che dipende fortemente dalla sua sensibilità. Minore è la sensibilità della pellicola, minori sono le dimensioni della grana, maggiore è la risoluzione. Quelle che vedete sono alcune delle specifiche di una delle migliori pellicole esistenti per quanto riguarda la risoluzione: si tratta del negativo 35mm EASTMAN EXR 50D 5245. Le specifiche (le trovate a questo link) parlano chiaro, con un MTF 30 che è compreso tra le 60 e le 160 linee per millimetro a seconda della componente cromatica analizzata. - click per ingrandire - Tra gli studi sulla risoluzione della pellicola effettuati negli anni passati, quello probabilmente più famoso è quello del dottor Hans Kiening, che ha lavorato al dipartimento ricerca e sviluppo di ARRI sin dal 1996. Uno degli esperimenti consisteva nell'analizzare proprio questa stessa pellicola Kodak, con sensibilità di appena 50 ASA e utilizzando un obiettivo da 85mm con apertura 2,8:1. Il risultato è stato di circa 160 linee per millimetro che, moltiplicate per la larghezza del negativo 35mm, possiamo arrotondare ad un valore di risoluzione pari a 4,15K nel caso del formato Super35 e 8,7K nel caso del 65mm a 5 perforazioni. All'interno del documento ARRI sono riportati proprio questi valori a pagina 11.
- click per ingrandire - Tutto questo, è bene precisarlo, vale per pellicola con sensibilità di 50 ASA. Per le pellicole più sensibili, tipicamente con 200ASA e 500ASA (quelle più utilizzate anche da Nolan in tutti i suoi lavori), le dimensioni dei granuli aumentano e la risoluzione scende inevitabilmente. In ogni modo, se prendiamo per buona questa risoluzione massima, estendendo il valore di 4K alla larghezza netta del negativo 65mm a 15 perforazioni (pari a 70mm) arriviamo al valore teorico massimo di poco superiore a 11K, sempre per pellicole con sensibilità di 50ASA. - click per ingrandire - Si tratta, lo ripeto, di valori teorici massimi che nella realtà sono praticamente irraggiungibili poiché basta scegliere una lente con elevata apertura (scelta tipica per registrare scene con poca luce e/o con profondità di campo micrometriche) perché la risoluzione generale si abbassi notevolmente. Inoltre, con i tempi di otturazione standard, il dettaglio delle immagini in movimento (anche lento) scende moltissimo, anche per colpa dei minimi movimenti della macchina da presa che per Interstellar viene usata a spalla. E fino qui siamo solo al negativo che è nella camera di ripresa. Per arrivare allo schermo la strada è ancora piuttosto lunga. Emidio Frattaroli Pagina 10 - Dalla post produzione alla proiezione
- click per ingrandire - Nel mondo del cinema di qualche anno fa, quando ancora non esisteva il digitale, il girato doveva comunque essere controllato, montato, modificato, in alcuni casi venivano aggiunti gli effetti speciali e infine c'era la correzione colore. E tutto questo non si faceva sul negativo. Per tutte le fasi della post produzione, dopo lo sviluppo del negativo, venivano stampate subito le copie IP di seconda generazione; dalla seconda generazione veniva stampato un internegativo. Infine - quando andava bene - dall'IN veniva stampato direttamente il positivo che andava in proiezione, quindi la quarta generazione. Ed è naturale che ad ogni generazione, alcune delle caratteristiche come la risoluzione e il rapporto di contrasto, scendevano ad ogni copia. Nell'immagine qui in alto potete vedere cosa accade NELLE MIGLIORI CONDIZIONI alla risoluzione orizzontale e verticale passando dalla prima alla quarta generazione. Questo, devo sottolinearlo, è l'analisi con scansione 10K della pellicola di copie effettuate con attenzione e con materiali di elevata qualità. Nella stragrande maggioranza dei casi, le copie in pellicola che vengono distribuite alle sale per la proiezione vengono fatte spesso in velocità ed economia e i risultati possono essere ben peggiori, con differenze anche tra diversi rulli dello stesso film. - click per ingrandire - Siamo quindi arrivati al "positivo" 35mm che va in proiezione ma a questo bisogna sottrarre tutto quello che c'è tra la pellicola e gli occhi degli spettatori: il proiettore 35mm, le ottiche standard (con notevoli differenze a sceonda del "tiro" delle ottiche e della qualità delle stesse), l'eventuale aggiuntivo anamorfico, la finestra di proiezione e la superficie dello schermo. In generale è possibile affermare che la risoluzione di una proiezione di un positivo 35mm di quarta generazione, difficilmente è in grado di superare una risoluzione orizzontale di 1,5K e questo con i migliori obiettivi, i migliori proiettori in pellicola, le migliori finestre di proiezione con cristalli antiriflesso e con lampade a bassa potenza, senza considerare altri elementi come la stabilità del quadro. Con lanterne ad elevata potenza (si può arrivare fino a 10.000 watt per un singolo proiettore), il notevole flusso luminoso genera calore e potrebbe modificare nel tempo (anche durante il tempo di una singola proiezione) la planarità della pellicola, con immaginabili effetti sulla messa a fuoco che dovrebbe essere ricontrollata durante la proiezione. In condizioni normali, la risoluzione orizzontale del positivo 35mm si avvicina molto di più ad una risoluzione equivalente a 1K che a 1,5K. - click per ingrandire - Prima ancora dell'introduzione dei proiettori digitali (i primi ad arrivare avevano una risoluzione di 1280x1024 pixel) , il flusso di lavoro nella post produzione cinematografica è stato rivoluzionato dalle tecnologie digitali: il negativo viene subito scansionato nel dominio digitale, fino a risoluzione 11K, più spesso a risoluzione 2K o 4K. Questo sistema, (per Interstellar hanno usato scansioni a risoluzione 8K), ha consentito enormi vantaggi, non solo nella velocità delle varie fasi della post produzione e nella qualità degli effetti speciali e della correzione colore, ma anche nel preservare il più possibile i vari parametri dell'immagine come la risoluzione e il rapporto di contrasto. In pratica il film rimane nel dominio digitale durante tutte le fasi della post produzione. Per interstellar in realtà c'è qualche differenza nell'ultima fase relativa alla correzione colore ma ne parleremo più avanti. In ogni modo, alla fine della post-produzione, viene preparato un master digitale da cui si procede alla stampa delle varie copie in pellicola. - click per ingrandire - Avete capito benissimo: sono anni che anche le copie in 35mm che arrivano in sala derivano da master digitali, stampe anche con risoluzione inferiore a 2K. E lo andiamo ripetendo da molti anni. In ogni modo, questo tipo di flusso di lavoro con il negativo digitale (Digital Intermediate, abbreviato in DI) trova la sua massima espressione proprio nell'ultimo anello della catena che è diventato digitale, grazie alla disponibilità in sala dei proiettori digitali fino a risoluzione 4K: non si stampa più la pellicola ma si esporta il master direttamente, in formato digitale, fino a risoluzione 4K, con 12 bit per componente cromatica e spazio colore DCI. Non solo: grazie alle tecnologie digitali di videoproiezione è possibile compensare la deriva luminosa e di colore del decadimento delle lampade, cosa che era impossibile con i proiettori a pellicola con lanterna. Inoltre, mentre la pellicola subisce un progressivo processo di degradamento ogni volta che viene proiettata, il file digitale è imperturbabile ad ogni passaggio. Emidio Frattaroli Pagina 11 - Risoluzione e formati di Interstellar
- click per ingrandire - Per quanto riguarda la distribuzione in sala, il film viene presentato contemporaneamente in cinque diversi formati. Potrei sbagliarmi ma credo che questa situazione non abbia precedenti nella storia della distribuzione cinematografica. Un terzo del montaggio finale proviene dalle scene girate con negativo 65mm a 15 perforazioni e con rapporto d'aspetto in 1,43:1. Il resto del film è stato girato con pellicola Super35 e con aggiuntivo anamorfico. Ripetendo quello che abbiamo già evidenziato nel focus della scorsa settimana, i formati disponibili per Interstellar sono cinque e li abbiamo riassunti in questa tabella con una simulazione atta a confrontare le differenze tra i vari rapporti d'aspetto sia per il girato in 35mm, sia per quello in 65mm. Quale delle distribuzioni scegliere? In Italia le alternative per visionare il film con il rapporto d'aspetto più vicino ai desiderata del regista è in tre sale: la sala Energia all'Arcadia di Melzo che presenta la copia in 70mm a 5 perforazioni e le due sale IMAX Digital a Sesto San Giovanni e Pioltello. Come seconda scelta vi consigliamo una sala con proiettore digitale a risoluzione 4K. Abbiamo già chiesto a Warner l'elenco completo delle sale 4K, esattamente come al solito, ma stavolta sembra esserci qualche problema di comunicazione. Appena avremo informazioni le pubblicheremo immediatamente. - click per ingrandire - Nei tanti test che abbiamo condotto io ed Edoardo Ercoli in alcune delle più belle screenig room del globo terracqueo, partendo da Teramo e arrivando negli anni fino a Hollywood, da quando sono arrivati i proiettori full HD la proiezione digitale 2K ha SEMPRE superato quella in pellicola 35mm sotto TUTTI i punti di vista. Con l'arrivo dei proiettori 4K il vantaggio è diventato ancora più elevato. Se volessimo circoscrivere l'analisi solo alla risoluzione, sono davvero rari i casi in cui una proiezione in 35mm ha superato quella di un proiettore HD-ready. Vi basti ricordare che già nell'ormai lontano 2005, al nostro primo Top Audio & Video Show con AV Magazine, organizzammo una comparativa tra pellicola e digitale in collaborazione con Warner e projectiondesig. La sfida era sul trailer di Batman Begins: il 35mm sfidava il file digitale (compresso) riprodotto da un PC collegato ad un proiettore DLP projectiondesign con singolo DMD, ruota colore e risoluzione nativa di 1280x720 punti. Già allora la qualità d'immagine della catena digitale a 1,2K superava spesso quella della pellicola. Non sempre ma molto spesso, a causa della bassa qualità delle stampe. L'unico problema del digitale è che con basse risoluzioni e spettatori troppo vicini allo schermo, i pixel diventano ben visibili. Al contrario, con la pellicola c'è comunque una compattezza praticamente infinita, anche se poi il contenuto di informazioni ad alta frequenza non c'è. Con i proiettori 4K questo problema non c'è più. Tornando a Interstellar, visto che si tratta di un film moderno, anche con effetti visivi, viene da sè che il montaggio e gli effetti visivi siano stati prodotti nel dominio digitale, utilizzando hardware e software. Non ce lo vedo Lee Smith, che ha già lavorato alla trilogia di Batman con Nolan, al "taglia e incolla" con forbici e nastro... E infatti, come ho già detto poco sopra, anche i negativi di Interstellar sono stati scansionati a risoluzione 8K. E il fatto che siano stati scansionati in 8K, non vuol dire che tutto il resto del workflow sia rimasto a risoluzione 8K. Anzi, è altamente probabile che ci sia stato un downscaling a risoluzione inferiore, probabilmente in 4K, ed è anche possibile (ma improbabile) che si sia scesi a 2K esattamente come nel caso della post produzione di Oblivion. A supporto di questa ipotesi ci sarebbe il fatto che differenze tra il DCP del trailer in 4K o in 2K non sembrano esserci in termini di risoluzione. Il condizionale comunque è d'obbligo. - click per ingrandire - In questo caso però un confronto tra pellicola e digitale non è possibile a causa del workflow scelto dalla produzione di Interstellar. In pratica, dopo le ultime fasi della post produzione, dal master digitale NON è stata effettuata una color correction definitiva e NON si è creato subito il DCP a risoluzione 4K. In realtà, dalle informazioni in nostro possesso e dalle evidenze nelle proiezioni a cui abbiamo assistito nelle sale cinematografiche di riferimento che abbiamo utilizzato, sembra sia stato stampata una utleriore pellicola 70mm e poi solo quest'ultima, a sua volta, sia stata di nuovo scansionata. E solo da questa ulteriore scansione sia stata preparata la copia per la distribuzione digitale... Questa particolarità viene spiegata dalla produzione con la volontà di effettuare una color correction finale del tutto analogica, cosa che poteva essere effettuata - secondo loro - solo con procedimenti chimici e ottici, quindi solo con il vecchio procedimento in pellicola. Viene da sè che il master digitale per il DCP 4K in distribuzione nelle sale digitali sia in qualche modo tarpato rispetto alla distribuzione su pellicole positive 70mm, sia che si tratti di quelle a 5 perforazioni oppure a 15 perforazioni.
Io non credo a questa spiegazione. Poiché con le tecnologie, gli strumenti, la risoluzione e la potenza di calcolo oggi a disposizione, non c'è nulla del mondo del cinema in pellicola che non si possa replicare o far meglio nel dominio digitale. Anzi: alcune cose sono per forza di cose in digitale anche in Interstellar, come buona parte degli effetti speciali che sono pensati e realizzati al computer e trasferiti nel film rimanendo nel dominio digitale. Ed è IMPOSSIBILE pensare che con le attuali soluzioni per il color grading, in cui si lavora fino a 16 bit per componente cromatica e fino a risoluzione 8K, non si potesse ottenere un risultato migliore del procedimento fotochimico. In altre parole, secondo me tutto questo è stato fortemente voluto da IMAX per tornare ad avere un piccolo e aleatorio vantaggio sulle migliori sale digitali NON IMAX. Perché è proprio questo il problema. Se la produzione di Interstellar fosse stata maniacale in tutti i vari aspetti della produzione (e sappiamo che non è stato così), se la post-produzione di Interstellar fosse stata completamente digitale e il DCP fosse stato creato direttamente, la qualità della proiezione 4K nelle migliori sale digitali avrebbe probabilmente battuto quella della migliore sala IMAX con proiettore 70mm a 15 perforazioni. Se poi Nolan avesse scelto di girare in digitale, magari con la nuova camera digitale 6,5K di ARRI... Emidio Frattaroli Pagina 12 - Il giudizio di Emidio Frattaroli
Dopo l'anteprima per la stampa a Roma, in una delle sale del multisala Moderno, con grande schermo silver e sistema audio a dir poco generoso, ho potuto osservare il film per la seconda volta in una sala che uso sempre più spesso come riferimento: si tratta della sala n. 9 al Multiplex delle Stelle, con proiettore Sony SRX-R515P con tecnologia SXRD a risoluzione 4K, obiettivo a tiro medio , configurazione a 6 lampade da 450W, schermo microforato bianco da 12 metri di base e sistema di riproduzione audio con diffusori JBL. Ho scelto come al solito una posizione centralissima in quarta fila, a circa 10 metri di distanza, con il quadro che entrava appena all'interno delle lenti dei miei occhiali. Una sala che, grazie alla disponibilità dell'entusiasta proprietario, dovrei poter misurare molto presto. Sono arrivato alla visione di Interstellar dopo aver evitato per mesi tutte le notizie e i gossip, evitando accuratamente di visionare qualsiasi tipo di trailer o featurette e riuscendo ad evitare anche le locandine. Prima della visione del film ho cercato e analizzato soltanto le informazioni di tipo tecnico sui vari formati che prevedeva la distribuzione e di cui ho già parlato in questo articolo. Adoro la fantascienza sono andato a Roma, all'anteprima stampa, con la speranza di poter visionare un capolavoro, sia dal punto di vista artistico che tecnico.
Ho visto un buon film dal punto di vista artistico e un film altalenante dal punto di vista tecnico. Un film che è riuscito a sorprendermi e ad emozionarmi ma che è riuscito anche a farmi arrabbiare in più di una occasione, sia per la sceneggiatura che per la qualità d'immagine. Ho diviso idealmente il film in quattro parti. Dopo una prima parte molto bella, ambientata sulla Terra, si viene letteralmente catapultati nella seconda parte in cui si arriva al viaggio interstellare, con una bellissima sequenza che si fonde con il conto alla rovescia e dove la mente è già piena di interrogativi e in piena sintonia con l'equipaggio dell'Endurance. Durante la terza parte, in cui si passa anche all'azione e a bellissimi momenti di tensione, alcuni dei temi classici della fantascienza e della fisica sono esposti con semplicità ed efficacia, non solo nel racconto ma anche nella ricostruzione visiva. Altri decisamente meno, come le interazioni con con l'orizzonte degli eventi dei buchi neri e più direttamente con i buchi neri stessi. Ma si tratta comunque di forzature che daranno fastidio solo ad una piccolissima parte del pubblico che conosce elementi di fisica quantistica e relativistica. Ed io purtroppo faccio parte proprio di questa minoranza.
Fino a questo punto i due terzi del film sono così belli ed emozionanti da passar sopra sia alle poche incongruenze nella consecutio degli eventi, sia alle forzature sulla fisica e sulla relatività, con il tempo che è letteralmente voltato. Eppure, proprio nel momento di massima tensione, si arriva ad un punto di non ritorno che farà cadere dalla poltrona tutti i nerd appassionati di astrofisica e relatività di cui sopra. Una soluzione a quanto pare indispensabile, sui cui si basa tutto il film e che non ho apprezzato proprio per niente, come la parte finale del film, sicuramente ben costruita per emozionare. Eppure, nonostante quello che succede dai due terzi in avanti, continuo ad apprezzare il film di Nolan sotto numerosi aspetti. Non ultima la scenografia dal sapore antico, con efetti speciali che in molti casi ho trovato esaltanti, e una colonna sonora molto potente e che ho apprezzato moltissimo, nonostante sia uscito dalla sala senza ricordare una sola nota.
Quello che invece non ho apprezzato e che mi ha fatto letteralmente arrabbiare, sin dalla prima proiezione a Roma, è la qualità d'immagine che ho trovato a tratti mediocre e solo in alcuni punti più che dignitosa. Devo ancora vedere la proiezione in 70mm a 5 perforazioni all'Arcadia di Melzo ma non credo che ci sia spazio per i miracoli. La visione del DCP a risoluzione 4K con un proiettore che ad oggi è accreditato del miglior rapporto di contrasto nativo sul mercato non lascia scampo. L'inizio del film è inqiuetante poiché si viene accolti dalla grana, inquadrature sotto-esposte con "neri" che mangiano buona parte dell'area dell'immagine e con risoluzione e dettaglio che semplicemente non ci sono per buona parte del film. Non solo. Ho potuto riconoscere in più di una occasione errori di messa a fuoco molto evidenti anche a risoluzione 2K, all'interno di sequenze importanti e piuttosto lunghe, con inquadrature molto strette.
Non credo neanche di essere riuscito a riconoscere le scene girate in 65mm rispetto a quelle acquisite con pellicola 35mm. Se dovessi fare un piccolo paragone, penso all'ottima qualità del film Edge of Tomorrow, girato con pellicola 35mm e con post-produzione a risoluzione 2K, ma con dettaglio e pulizia superiori a Interstellar. So già che in molti diranno che è una scelta stilistica di Nolan quella di non esagerare con risoluzione e dettaglio. E allora, a tutti questi profondi conoscitori delle scelte stilistiche di Mr. Nolan faccio una semplice domanda: se dettaglio e risoluzione per questo film erano un problema, perché Nolan non ha scelto il formato Super16? Non sarà mica che IMAX stia investendo - giustamente - parecchi soldini, tanti da convincere anche quel geniaccio di Tarantino?
N.B. tutte le immagini in questa pagina sono gli originali a risoluzione 4K prelevati dal trailer, selezionati tra quelli senza effetto "mosso" (ho inserito l'immagine qui in alto, proprio con il "mosso" determinato dai movimenti della macchina da presa che NON è su cavalletto ma a spalla proprio per evidenziare che quello poco più in alto è stato selezionato tra quelli più stabili, come per tutti gli altri) e che ho semplicemente decodificato dal formato JPEG2000 senza alcun filtro, senza modificare lo spazio colore (rimasto all'originale XYZ) e lasciando inalterata la curva del gamma, il tutto senza applicare nessun tipo di maschera di contrasto. Cliccando sulle immagini potrete evidenziare un particolare a risoluzione pixel-to-pixel di 1200x800 punti. Per vedere queste immagini senza il ridimensionamento del lite-box, cliccare con il pulsante destro del mouse e aprire in altra scheda o in altra finestra. Al di là dei colori e della curva del gamma, avrete comunque elementi per apprezzare risoluzione, dettaglio e rumore. La pagella secondo Emidio Frattaroli (proiezione 4K presso Multiplex delle Stelle)
Pagina 13 - Interstellar all'Arcadia di Melzo
70 mm o 4K, due supporti così diversi con cui visionare la spettacolare opera di Nolan che, a prescindere (mi si perdoni la presunzione), immagino sarebbe tanto piaciuta al compianto maestro Stanley Kubrick e che ameranno coloro che hanno amato il recente “Gravity”. Una diversità per cui i fortunati che si trovano di fronte alla scelta dei due formati non dovrebbero esitare a viverli entrambi, e in Italia questo è possibile solo presso la multisala Arcadia a Melzo (Mi). Arcadia: Sala Acqua ed Energia - click per ingrandire - La visione della pellicola 70 mm, nostalgie a parte, ha contribuito a mio avviso a caricare ulteriormente l'enfasi visiva del racconto, in particolare nella prima parte della storia, quella sulla Terra, con una palpabile grana a sottolineare lo stato di affanno del pianeta, a rendere ancora più 'pesanti' le violente tempeste di sabbia con cui l'umanità è costretta quotidianamente a misurarsi. Una diversità che ha ulteriormente elevato la drammaticità degli eventi in molti dei momenti chiave per le sconosciute e remote lande dei pianeti che gli astronauti visitano.
A sx. le scatole contenenti la versione 70mm - click per ingrandire - Il senso di profondità di campo e il grado di dettaglio degli elementi in secondo piano risultano certo più contenuti nei passaggi più bui, complici le scelte fotografiche del cinematographer Hoyte Van Hoytema (“Lei”, “La talpa” e il prossimo James Bond) con luci basse da rendere a tratti difficile l'acquisizione del quadro completo, come quando Cooper (Matthew McConaughey) chiude la finestra della camera della figlia Murph (Mackenzie Foy) mentre la tempesta di sabbia è ancora in corso e a malapena si intravede la libreria in background. L'asfissiante elemento privo di luce che è l'interno immaginato del buco nero è pietra di paragone tra digitale e analogico, neri che non sono sembrati così diversi e che hanno saputo trasmettere tutto l'orrore della caduta in una voragine a cui nemmeno la luce è in grado di sfuggire.
A sx. il proiettore Cinemeccanica 70mm - click per ingrandire - La visione presso la sala Energia di Arcadia a Melzo è stata un evento per l'eccezionalità artistica dell'opera, della sua presentazione in 70 mm e proprio per questo per la possibilità di poter visionare il film in analogico sullo schermo Perlux da 500 metri quadri attraverso il formato risultante dalla produzione 35 mm (103 min) e 65 mm IMAX nativo (66 minuti). Al termine di tale proiezione siamo corsi presso la sala di Arcadia dove risiede da qualche anno il proiettore Sony 4K CineAlta SRX-R320 e abbiamo visionato nuovamente l'ultima ora del film. La grana era totalmente scomparsa dall'immagine e con essa il lieve flickering tipico di una proiezione analogica (nel caso della nostra proiezione 70 mm il passaggio da un rullo all'altro aveva provocato anche qualche brevissimo vuoto audio). Una differenza non da poco e un risultato complessivo nettamente diverso relativamente alla pasta delle immagini, il digitale ha contribuito a creare una diversa atmosfera del racconto attraverso la solidità e un più elevato senso di tridimensionalità, un'immagine più tecnologica e fredda, colori più brillanti, ma non meno luminosa o chiara rispetto a quella in sala Energia, giocoforza anche le inferiori dimensioni dello schermo. Un risultato artisticamente diverso grazie/a causa del quale lo spettatore non può non uscirne condizionato e diversamente emozionato. A coloro che desiderano visionare il film presso Arcadia ricordiamo che, oltre al proiettore Sony CineAlta 4K, in alcune giornate in sala Energia è possibile assistere allo spettacolo analogico 70 mm e 4K grazie al proiettore Christie DLP. Un ringraziamento particolare a Laura Fumagalli, Marketing Manager di Arcadia. CineMan La pagella secondo CineMan (doppia proiezione Arcadia di Melzo)
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