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Nel 2025 Corea del Nord e Corea del Sud si uniscono nell’Area Economica Congiunta, generando una nuova valuta comune. Una ex soldatessa in cerca di fortuna si trasferisce così da Pyongyang a Seoul ma tra varie difficoltà si trova costretta a lavorare come escort. I continui abusi dei suoi aguzzini la porteranno a farli fuori diventando così una pericolosa ricercata dedita alle rapine agli strozzini. Un anno dopo, ridotta allo stremo, a un passo dal suicidio, viene fermata da un uomo che la invita a far parte di un elaborato piano per una rapina da 4000 miliardi di won (3 miliardi di euro). La ragazza prende il nome di Tokyo mentre l’uomo, che si fa chiamare Il Professore, recluta altri membri, ognuno con una mansione precisa, funzionale alla riuscita del colpo: Berlino, che ha scontato 25 anni di detenzione presso una prigione della Corea del Nord, Rio, il più giovane, membro di una famiglia benestante, ex studente di medicina diventato hacker, Mosca, più volte detenuto, che in seguito all’abbandono della moglie ha cresciuto da solo il figlio Denver, lottatore clandestino, anche lui nel gruppo, Nairobi, abile truffatrice, e i fratelli Helsinki e Oslo, ex membri di una banda criminale. La voce fuori campo di Tokyo guida anche questa versione asiatica di La casa di carta, la cui serie madre spagnola ha infranto ogni record in patria ma soprattutto nel resto del mondo. Record che la rivisitazione coreana non raggiungerà, sia per limiti qualitativi, sia per il fatto che è un remake uscito troppo a ridosso del termine della precedente, nata nel 2017 e conclusa nel 2021. La maggior parte delle scelte compiute qui, sono necessarie per somigliare alla serie creata da Álex Pina, ma alcune risultano buone (come la sigla di apertura), altre meno. A partire dalle scenografie dell’interno della zecca e della base operativa della polizia che sono pressoché identiche, ammantando tutto di una patina di finzione tutt’altro che necessaria. E poi ci sono le differenze, come il fatto che questa è ambientata in un futuro possibile in cui le due Coree si uniscono. L’analisi sociologico-economica è certamente il principale punto di forza della versione coreana. La questione della riunificazione (progetto realmente in atto, iniziato ufficialmente nel 2000 ad opera degli allora due presidenti Kim Dae-Jung della Corea del Sud e Kim Jong-Il, padre di Kim Jong-Un, della Corea del Nord) viene affrontata in modo specifico e crudelmente disilluso all’inizio, e poi in alcuni cenni dei personaggi circa il fatto di non potersi fidare gli uni degli altri. Il potere economico del sud ha innescato una serie di eventi a catena che ha portato i ricchi a diventare più potenti a discapito di una classe medio-bassa sempre più impoverita e ingannata. L’idea funziona e, portata avanti, potrebbe far breccia in chi quell’unione dovrà affrontarla prima o poi, e come in un prodotto fantascientifico, si ritrova a misurarsi con le conseguenze che quella sorta di utopia potrebbe trovare nella realtà. Il fatto che i personaggi abbiano gli stessi alias degli originali non è un errore, come non lo è che i singoli caratteri ricalchino quelli che conosciamo. Il problema sta nel fatto che l’intreccio non si sposta abbastanza, non generando così alcuna meraviglia, principale motore di un genere simile. Chi ha visto La casa de papel (quasi certamente tutti quelli che intendono o hanno inteso guardare questa) sa già per esempio che rapporto c’è tra il Professore e Berlino (oltre al destino di quest’ultimo), una delle chiavi di volta di tutta la storia, almeno per i risvolti interiori, affettivi. Per quello che riguarda l’ispettrice di polizia, il Professore la frequenta già da qualche tempo, una differenza all’apparenza poco incisiva, ma che in realtà vira sia il passato che ciò che accadrà, verso destini se non opposti, comunque diversamente decodificati. Il che è già una bella ricchezza in termini di distacco dalla serie spagnola. O almeno così si spera. I caratteri della gran parte dei personaggi differiscono solo per cultura, passionale e spregiudicata quella latina, ordinata e razionale quella asiatica. Tokyo risente maggiormente di questa distanza. La versione di Úrsula Corberó è portata verso limiti che la rendono spesso perfino fastidiosa, anche se indiscutibilmente affascinante. Quella di Jeon Jong-seo è una Tokyo molto più forte e carismatica, anche perché prima di diventare una ladra è stata una militare e questo contrasto quasi paradossale sfocia in diversi momenti in approfondimenti calzanti e intriganti. Il suo essere ferma e fedele al Professore è più centrato, risolto e risolutivo. È chiaro che La casa de papel, nonostante qualche cenno di critica sociale, non fosse altro che puro intrattenimento, peraltro con diverse incongruenze, perdonabili e non, ma con l’enorme capacità di avvincere lo spettatore fino all’ultimo fotogramma. L’effetto in questo caso è smorzato perché inevitabilmente anticipato. Il fatto che non ci siano differenze sostanziali con la versione spagnola, indebolisce l’impianto che così sa molto di già visto. I pochi che hanno seguito o seguiranno la serie coreana senza conoscere la spagnola, probabilmente resteranno ben più convinti di quello cui stanno assistendo. Perché il modo in cui questa è stata costruita non è affatto male. Qualitativamente parte in maniera discreta, per poi calare dopo il pilot, fino a risalire gradualmente in favore di buone immagini e un montaggio più deciso e compiuto nel finale. Non ci sono ancora voci circa una cancellazione o un seguito, ma la Top 10 di Netflix non è stata finora particolarmente favorevole a La casa di carta: Corea. Come già detto, c’era da aspettarselo visto che l’originale è finita l’anno scorso e che questa non potesse comunque eguagliarne le sorti in alcun modo. E questo nonostante la Corea del Sud abbia sfornato negli ultimi tempi prodotti di altissima qualità (Squid Game è solo l’ultimo) che hanno trovato l’attenzione di un numero sempre maggiore di spettatori che si sono avvicinati a una cultura molto distante dalla propria con grande semplicità grazie all’efficacia di un linguaggio e di un’estetica ricercati e al contempo immediati. VALUTAZIONI dal trailer all’intera serie soglia d’attenzione visione La casa di carta: Corea | stagione 1 (Jong-i-ui jip: Gongdonggyeongjegu-yeok) regia Kim Hong-sun sceneggiatura Ryu Yong-jae dal soggetto originale di Álex Pina personaggi interpreti critica IMDb stagione 5,2 /10 singoli episodi 6,2 /10 | Rotten Tomatoes critica 6,6 /10 utenti 2,9 /5 | Metacritic critica 56 /100 utenti nd |
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