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Sette anni dopo la fine di Rehoboam, William si reca come CEO di Delos dal proprietario di una sostanziosa banca dati, contenuta presso la diga di Hoover, per acquisirla ma ottiene il rifiuto di quest’ultimo. Christina, una donna identica nelle sembianze a Dolores, lavora come creatrice di storie per videogames presso l'Olympiad Entertainment a New York. La donna riceve spesso le telefonate di un uomo misterioso che la accusa ingiustamente di atti terribili. La sua coinquilina Maya le combina appuntamenti al buio che risultano sempre deludenti, fino a quando non incontra un uomo che le sembra di conoscere da sempre. Maeve sfugge a un agguato presso la baita di montagna in cui si è rintanata da tempo e si mette sulle tracce dei mandanti. Caleb ha una moglie, Uwade e una giovane figlia, Frankie, con cui cerca di superare i traumi causati dalla guerra che ha dovuto affrontare. La copia di Dolores nel corpo di Charlotte trama per sostituire i pezzi grossi della politica con repliche esatte per ottenere il controllo definitivo sugli esseri umani. Insieme a Stubbs, Bernard tornato dal Sublime mette in atto un piano per salvare l’umanità e sulla sua strada incontra una ragazza molto determinata che fa parte della resistenza. I vari percorsi si incroceranno e combatteranno sui due diversi fronti per la salvezza oppure il controllo totale della razza umana fino alla sua eventuale distruzione definitiva. Il quarto capitolo della serie creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy parte decisamente bene. Il primo episodio, proprio come nella stagione precedente, (qui trovate la recensione della terza stagione) regala ottime suggestioni con la violenta presa di posizione di William verso chi ha un enorme patrimonio di informazioni, delle proporzioni di quello creato dalla Delos, una premessa che sarà il filo conduttore degli otto episodi. Ancora una volta i temi sono disparati sebbene tendano tutti verso la stessa direzione: lo scontro tra gli esseri umani e gli androidi, i primi che hanno creato i secondi che per un errore informatico hanno sviluppato una coscienza e iniziano ad agire con estrema violenza per legittima difesa. Anche stavolta la serie risulta esteticamente indiscutibile (a partire dalla colonna sonora di cui fanno parte le versioni strumentali di vari brani tra cui Enter Sandman dei Metallica e A perfect day di Lou Reed), sia visivamente che per la ricercatezza e composizione dei dialoghi. Almeno all’inizio, perché dopo un po’ tutto torna ad essere ancora troppo verboso. Il che mina profondamente un prodotto dalle potenzialità molto alte che sembra non voler mai decollare davvero. A volte le cose che ci sembrano più reali sono solo storie. Completamente opposto è invece il personaggio di Bernard che si muove come il Neo di Matrix, cercando di portare le dinamiche verso l’unica direzione che può impedire la catastrofe. L’interazione con la ragazza della resistenza è una delle cose migliori della stagione per l’equilibrio che instaura tra sinergia e comprensione reciproca. Caleb (Aaron Paul) stavolta si divide fra tre (in realtà quattro) donne, tutte importanti, chi per lui stesso e la sua tenuta psicologica, chi per il genere umano. È principalmente attraverso lui che viene affrontato il delicato tema filiale che compie un ulteriore approfondimento dal forte impatto emotivo. Maeve da attrazione diventa una sorta di guida attraverso i déjà vu scritti da programmatori senza fantasia del nuovo parco a tema nei ruggenti anni venti che non viene però vissuto a dovere. Manca infatti l’approfondimento di quella parte ludica da arena colosseica sul cui campo si poteva giocare e consumare il grosso della vendetta e che al contrario genera un’atmosfera sempre più desolante. Siamo il riflesso delle persone che ci hanno creato. C’è qualcosa che pervade la serie, sempre di più, un senso di freddezza che si estende anche agli umani, un distacco sia dalla realtà che dai sentimenti. Che in questo modo, quando si manifestano, perdono di verosimiglianza, a discapito anche di quel libero arbitrio che quando prova a fare capolino perde in partenza perché non trova terreno fertile. Inoltre l'incrociarsi delle varie storie, molto diverse tra loro, non risulta una ricchezza ma pura confusione a causa della mancanza di un amalgama abbastanza efficiente. Le musiche, onnipresenti e a volte addirittura cacofoniche, sembrano voler sopperire alla mancanza di una storia dalla forte e sicura tenuta, piuttosto che armonizzare l’impianto. La loro invadenza pesa sull’intreccio invece che alleggerirne l’ingente carico. Neanche questa quarta stagione colpisce come avrebbe potuto, si fa fatica a seguirla nonostante, nel complesso, sembri migliore della precedente, ma comunque ancora non al livello della prima. Sebbene nel finale si torni proprio a quell’idea embrionale che aveva suscitato la curiosità dei più. Fortunatamente è stato confermato che la prossima sarà l’ultima stagione. Sperando che concentri le ultime forze per un finale degno di una serie che prometteva molto ma si è smarrita dietro a troppi concetti piuttosto che sviluppare azioni in grado di appassionare davvero. E l’eliminazione dal cast di uno come Anthony Hopkins (così come l’uscita di scena di Vincent Cassel nei panni di Serac) non ha certo aiutato, nonostante sia rimasto Ed Harris che però come unico grande vecchio decisamente non è bastato a reggere tanto spessore. VALUTAZIONI dal trailer all’intera serie soglia d’attenzione visione Westworld - Dove tutto è concesso | stagione 4: La scelta (Westworld: The Choice) ideatori Jonathan Nolan e Lisa Joy personaggi interpreti critica IMDb 8,1 /10 | Rotten Tomatoes critica 5,7 /10 utenti 3,2 /5 | Metacritic critica 64 /100 utenti nd |
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