Preamplificatore realmente sempre necessario?
Vado subito al punto: con sorgenti moderne quali lettori CD/SACD, DAC e lettori digitali vari che forniscono tranquillamente un segnale abbastanza potente da pilotare un finale e hanno un controllo volume di buona qualità (Es. quelli che lavorano direttamente su DAC a 32bit come l'ESS9018) un preamplificatore analogico ha ancora senso?
La mia non é una domanda retorica, sono sinceramente interessato alla questione e alle motivazioni tecniche alla base.
Perché spesso ho letto le solite trite e ritrite frasi sul genere "Suono più pieno con il pre" "Suono più analitico senza pre" "Suono più dinamico con il pre" "Il buffer nel pre migliora la dinamica" e poi l'immancabile "Con il pre suono più musicale" ecc. che mi dicono poco.
Nella mia recente esperienza, nella catena in firma c'era un pre Accuphase C-275v.
Ora, quello che apportava al suono (nel senso di cambiamenti in meglio/peggio) era a mio parere:
- veramente minimo,
- di almeno un ordine di grandezza inferiore a variabili molto più importanti quali ad esempio la risposta dell'ambiente,
- poteva essere tranquillamente annullato con un tocco di equalizzazione attiva.
In pratica buffamente (rispetto a quanto ho sempre letto) la gamma alta era *leggermente* più presente. Punto. Null'altro di tangibilmente differente.
Ah sì, c'era un *leggerissimo* rumore di fondo che si poteva sentire mettendo l'orecchio in pratica dentro all'altoparlante medio delle 801. Senza il pre non si sente nulla. Ma dal punto di ascolto la differenza é inudibile.
Quindi il mio discorso é: a parte la funzione di switch di sorgenti analogiche, a parte il volume analogico (con pregi e difetti del caso) veramente un pre porta qualcosa di positivo?
E se sì, perché, tecnicamente parlando?
Accuphase sostiene (in un'intervista) che i suoi lettori e DAC non "possono" pilotare un finale, che non é l'ideale.
Il pre secondo loro ci vuole (senza scendere in dettagli tecnici).
Ma Accuphase vende anche pre, e li vende a caro prezzo, quindi... :D