300.000 avvocati su 60milioni di cittadini possono definirsi casta?
Mi interesserebbe sapere qual è la percezione che le persone hanno dell'avvocatura. Praticamente tutti la identificano in casta o lobby e non riesco a capacitarmi del perché. Personalmente ritengo il mio settore assolutamente liberalizzato, tanto liberalizzato da non essere qualitativamente in grado di giustificare gli onorari medi che si applicano.
Argomento la mia conclusione sulla base del fatto che:
1) ad oggi la professione è esercitata da quasi 300.000 persone su una popolazione di 60milioni (il numero di avvocati in Italia pareggia quello di tutti i più importanti paesi europei messi insieme);
2) qualunque laureato in giurisprudenza che non riesca a diventare notaio o magistrato opta per l'avvocatura;
3) l'esame non è selettivo, alla fine lo passano tutti;
4) un buon 80/85% degli avvocati in esercizio offre un servizio professionale che a mio avviso è scarso e non giustifica l'onorario richiesto;
5) andare oltre i 300.000 avvocati significherebbe abbassare ulteriormente il livello qualitativo;
6) il cliente non saprà mai se l'avvocato al quale si affida vale i soldi spesi: aumentare il numero ridurrà la percentuale di possibilità di trovare un avvocato che meriti l'onorario;
7) un buon avvocato, secondo me, dopo essere uscito dall'università dovrebbe continuare a studiare seriamente, specializzandosi, per almeno altri 5 anni in modo da entrare a 28/29 anni sul mercato in modo impeccabile.
Per me caste sono: il notariato (anche se professionalmente il notaio medio offre una prestazione di alto livello 5000 su 60milioni sono troppo pochi, ed alcuni onorari non giustificano la semplicità dell'atto rogato: compravendite non complesse e donazioni su tutte); i farmacisti (incommentabile il fatto che un farmacista non figlio di farmacista non possa aprire una farmacia).
La mia visione è probabilmente di parte e certamente sono in errore, per questo vorrei che questa discussione fosse costruttiva ed aperta a qualunque spunto che mi permetta di capire in cosa sbaglio.