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Pagina 1 - Introduzione L’eccentrico regista americano Terrence Malick torna al cinema dopo sette anni di silenzio. L’avevamo lasciato a Los Angeles nel 1998 con due nomination personali per La sottile linea rossa come Miglior regia e Miglior sceneggiatura non originale, vinte poi rispettivamente da Spielberg con Salvate il soldato Ryan e Bill Condon con Demoni e Dei. Abbiamo iniziato l'articolo ricordando l’anticonformismo di Malick, approdato al cinema negli anni ’70 con La rabbia giovane (1973) e I giorni del cielo (1978). Una carriera iniziata sotto i buoni auspici della critica ed interrotta immediatamente da venti anni di lontananza dalla macchina da presa, con un esilio solitario e volontario a Parigi. Fino al 1998 e alla trasposizione cinematografica del romanzo The thin red line di James Jones.
Questa volta Malick ci dipinge – ed il verbo scelto non è casuale – la storia di Pocahontas, giovane nativa dell’America del 1600 schiacciata dalle diversità culturali del suo popolo rispetto ai conquistatori di Sua Maestà in cerca di nuovi paradisi. E’ infatti un amore innaturale – per gli altri – quello che nasce tra la giovane ragazza ed il capitano John Smith, un ardito soldato dell’esercito inglese appena sbarcato su quelle terre per fondare la città di Jamestown. Romeo e Giulietta quindi non bloccati dalle famiglie ma dalle rispettive società di appartenenza, dalle culture, dalle diversità insite in due mondi chiaramente discordanti nella concezione del denaro, della proprietà privata, della Natura Madre... Pagina 2 - La sceneggiatura Terrence Malick ha curato in prima persona l’adattamento del soggetto e la relativa sceneggiatura, ma prima di iniziare a girare il film è andato a spulciare nei suoi archivi. La sceneggiatura era infatti pronta dal 1970, dagli anni in cui il giovane Malick scriveva e riscriveva sceneggiature ed adattamenti, spesso non accreditato (Yellow 33 di Jack Nicholson) in attesa di terminare gli studi all’AFI (American Film Institute).
Positiva senza dubbio la scelta di raccontare la storia con gli occhi e le labbra di Pocahontas. Noi Europei ci troviamo così a scoprire - o riscoprire - un mondo pieno di contraddizioni, di rigidezza nei canoni e, perché no, di tanta feccia "occidentale". Una delle scene più belle scritte è senza dubbio quella che vede Pocahontas costretta ad indossare l’orrendo paralizzante bustino del mondo civilizzato. La stessa cosa capitava a Rose (Kate Winslet) in Titanic. Ma nel film di James Cameron la protagonista era consapevole della sua situazione di costrizione e tentava l’evasione estrema con il suicidio. In questo caso la giovane indiana, abituata a correre attraverso la natura e a viverla, si ritrova bloccata in un mondo a lei completamente estraneo. Per amore.
Meno felice invece, anche se l’idea era davvero buona, la scelta di usare lunghi voice-off per descrivere le sensazioni dei protagonisti. Concetti troppo lunghi, appesantiti dalla sfumatura “filosofica” delle considerazioni. Voice-off che acquistano ancora più pesantezza grazie al fatto che il film è essenzialmente un’opera visiva, che dipinge (ecco il verbo!) le immagini sullo schermo senza usare le parole. Ma quando buona parte del parlato è affidato a voci fuori campo, allora la situazione corre il rischio di diventare ingestibile. E questa volta è diventata ingestibile. Pagina 3 - La regia e il montaggio Grande pasticcio quello combinato dietro la macchina da presa ed in fase di montaggio. Malick predilige per quasi tutta la durata del film la steadycam, esibendo numerose carrellate a seguire e a precedere, alternate con alcune riprese di soggettive. Ma è una steadycam utilizzata in malo modo, quasi i movimenti fossero improvvisati sul set a seconda della recitazione degli attori (e alla fine i tecnici hanno confessato che effettivamente era così). Spesso la macchina da presa resta indietro rispetto alla scena, occlusa da figure e oggetti che non permettono una chiara comprensione di quello che sta avvenendo oltre l’obiettivo.
E’ risaputo che Malick ama mettere piede nelle sale di montaggio dei suoi film. La sottile linea rossa: grazie ai tagli di montaggio Mickey Rourke e Bill Pullman sono praticamente scomparsi dalla pellicola, il lavoro di John Travolta è stato ridotto ad un cammeo ed Adrien Brody ha visto scomparire tutte le sue battute, compresse in un unico – intenso – primo piano. Anche in questo caso Malick ci mette lo zampino, collaborando attivamente al raccapricciante montaggio effettuato. Ben tre i montatori invischiati oltre a Malick: Richard Chew (che ha iniziato la carriera di montatore con l’Oscar per Guerre Stellari), Hank Corwin (La leggenda di Bagger Vance) e Saar Klein (The Bourne identity, La sottile linea rossa).
Un montaggio assolutamente senza senso, esageratamente non lineare, che ripresenta immagini non pertinenti e che prende tempo o scappa dietro la colonna sonora, con l’intenzione di creare la magica atmosfera che deriva dall’intreccio di video e audio. Come se non bastasse, diverse scene sono raccordate da alcuni secondi di nero, concettualmente inutili, nei quali non si vede assolutamente niente e non si immagina niente. Pagina 4 - Attori protagonisti e doppiaggio italiano Folgorante la prova della quindicenne Q’Orianka Kilcher nei panni della giovane Pocahontas. Questa promettente attrice, al primo vero debutto cinematografico (in precedenza ha solo partecipato come comparsa in Il Grinch di Ron Howard) è riuscita a ricostruire una Pocahontas meravigliosa, confusa tra fanciullezza, tradizione e amore. E’ stata davvero una delle più belle recitazioni viste negli ultimi tempi.
Q’orianka Kilcher era stata presentata al direttore del casting Rene Haynes per un altro film. Uno degli assistenti dell’ufficio di Rene ha notato la fotografia di Q’orianka e ha subito immaginato per lei il cast di New World. Al provino poi, l'irresistibile bellezza e bravura della Kilcher hanno eliminato qualsiasi dubbio sulla scrittura di un attore senza esperienza. “Abbiamo esaminato meravigliose attrici adulte, idonee a interpretare una Pocahontas più grande, e attrici più giovani con lo spirito e la leggerezza adatta per la parte, ma è stato molto difficile trovare qualcuno che fosse la giusta via di mezzo” ha confessato la produttrice Green. “Abbiamo cercato per mesi in tutti gli Stati Uniti e in Canada; quindi abbiamo esteso la ricerca a livello internazionale.
La prova della Kilcher è stata però rovinata da un doppiaggio ai limiti dello scandalo, che dimostra l’evidente poca attenzione che i tecnici responsabili hanno posto in questa fase del lavoro. In alcuni casi ci è venuta in mente (purtroppo è vero...) l’Adriana di un noto spot di un gestore di telefonia mobile italiano, che con le sue “Quattro stelline, quattro paperelle...” ha rovinato più di un paio di cene...
Colin Farrell è invece la solita certezza. Alexander, In linea con l’assassino.. Tante le prove memorabili dell’attore irlandese, che in quanto a mancanza di espressività ha deciso evidentemente di seguire il suo illustre collega Ben Affleck. Dignità e compostezza distinguono le prove di Christian Bale (Batman begins) e Christopher Plummer (partnerperfetto.com), che interpretano rispettivamente John Rolfe ed il capitano Christopher Newport. Pagina 5 - La scenografia Come scenografo Malick ha chiamato Jack Fisk, già suo collaboratore nei tre film precedenti, che ha svolto un ottimo lavoro nel tentativo di integrazione del set con l'ambiente naturale.
“Terry è uno dei pochi registi che non guarda i disegni”, dice Fisk di Malick. “Lui dice: ‘Qualsiasi cosa costruite, ricordate che intendiamo girarvi all’interno come se stessimo facendo un documentario’. Terry ama girare quasi come se fosse un luogo vero perciò più è completo, più è utilizzabile. Non gli piace l’idea di usare solo una parte di set, ama avere a disposizione un’intera struttura. E poiché non vuole illuminare artificialmente le scene, cambia direzione a seconda del sole; quindi abbiamo dovuto creare un ambiente in cui potersi muovere a seconda delle sue esigenze. Terry ama le cose reali, ed è stato divertente costruire i set seguendo questa direttiva”. Per cercare una completa aderenza storica la produzione ha ingaggiato diversi studiosi dell’epoca, che hanno lavorato in sinergia con lo scenografo suggerendo la modalità di ricostruzione del Nuovo Mondo: dr. William Kelso (Direttore di Archeologia del Jamestown Recovery Project); Professor Frederic Gleach (autore del libro Powhatan’s World and Colonial Virginia); Danielle Moretti-Langholtz (membro del Virginia Council on Indians); Blair Rudes (Professore Associato di Linguistica all’Università del Nord Carolina, che ha tradotto i brani di lingua Algonquian, e ha insegnato la lingua per gli attori).
Uno dei compiti principali di questi consulenti è stato quello di fornire le giuste direttive ai tecnici per la costruzione delle tre navi (la Susan Constant, la Godspeed e la Discovery) utilizzate nel film. Fortunatamente per le tasche della produzione, queste navi non sono state completamente ricostruite, ma adattate su tre navi che si trovavano nel Museo di Storia della Colonia di Jamestown. Navi generalmente esposte al pubblico. Pagina 6 - Le navi “Se dovessimo costruire queste navi, costerebbero due milioni di dollari ciascuna”, spiega Trish Hofmann, produttore esecutivo del film. “Avere tre navi nel giro di cinque miglia dalla nostra location principale è stato un sogno divenuto realtà. Abbiamo dovuto prendere accordi molto precisi con la Jamestown-Yorktown Foundation, che gestisce il museo di Jamestown in cui le navi sono esposte. E’ stato abbastanza difficile perché la colonia costituisce un’attrazione turistica molto popolare e le navi sono il suo punto di forza. Ma la fondazione è stata molto gentile con noi e ci ha consentito di ancorare Godspeed, un’imbarcazione bellissima, proprio vicino a James Fort, durante la maggior parte delle nostre riprese in Virginia … E’ stato perfetto perché dalla nostra ricerca risultava che gli inglesi lasciavano sempre indietro una nave. Volevamo trattare queste navi come tre star”.
Naturalmente le navi non sono state utilizzate direttamente, ma hanno dovuto
subire un attento processo di trasformazione che ha consentito di poterle
utilizzare tranquillamente durante le riprese. Il desiderio di utilizzare vere navi ha portato però a problemi di natura giuridica e marittima. Una scena del film prevedeva infatti la presenza in contemporanea delle tre navi che risalivano il James River. Cosa impossibile, dato che il contratto stipulato con la fondazione prevedeva la presenza di almeno una nave al Jamestowne Settlement per non rovinare l’attrazione turistica del luogo.
“Anche se avessimo avuto tutte e tre le navi per quell’unico giorno, non saremmo stati in grado di metterle sul Fiume Chickahominy perché la Susan Constant pescava troppo in profondità per quel fiume” racconta Trish Hoffman. “Perciò abbiamo dovuto cercare un’altra nave che in quella ripresa sostituisse la Susan Constant!” Fortunatamente la produzione ha trovato una buona sostituta a New York: una riproduzione della Half Moon (ben 25 metri di lunghezza), la nave che Henry Hudson utilizzò per esplorare il fiume Hudson nel 1609. Altro accordo stipulato quindi, questa volta con il capitano della nave Chip Reynolds, che ha navigato con la nave fino alle rive di Chickahominy dove, dopo un lavoro di invecchiamento estetico e cromatico, la nuova star era pronta per le riprese. Pagina 7 - La natura e il forte Nella realizzazione di un film in esterni una delle difficoltà maggiori per la produzione è la scelta delle location. In questo caso poi il problema era notevolmente ampliato dal ruolo centrale che la natura, assolutamente inviolata, doveva rivestire nella pellicola. Inizialmente la produzione aveva pensato ai luoghi remoti e ancora incontaminati delle grandi foreste canadesi. Su questo la produttrice Green ha affermato: “Pensavamo che dopo tutti questi secoli non ci fosse negli Stati Uniti un solo posto intoccato, che risultasse autentico come i luoghi del 1607. [...] Ci siamo orientati verso località remote e disabitate, abbiamo cercato nelle oscure regioni canadesi in cui vi sono ancora foreste e fiumi incontaminati.”
“Ma lo scenografo Jack Fisk, che vive in Virginia, ha ritenuto opportuno esaminare prima di tutto i luoghi originali. Perciò Terry, Jack ed io siamo andati a visitare James Fort e il vicino Jamestown Settlement. Poi abbiamo noleggiato una barca e abbiamo risalito il fiume Chickahominy per avere un’idea del paesaggio: ci ha colpito vedere che molte distese non erano così colonizzate come si poteva pensare. A un certo punto, dopo una curva del fiume, abbiamo notato una grande casa di pescatori su cui era affisso un cartello con su scritto ‘In vendita’.” E così è stato. I luoghi originali hanno fornito in questo modo uno sfondo naturale che sarebbe stato difficile ricreare artificialmente, che sicuramente ha giovato, e non poco, all’autenticità della pellicola.
La voglia di autenticità è stata riposta anche nel lavoro di realizzazione del forte che gli inglesi costruiscono una volta sbarcati. Anche in questo caso la scelta di materiali assolutamente naturali ha portato da un lato un buon impatto visivo della scenografia costruita, ma dall'altro grandi difficoltà di gestione del materiale e dei tempi lavorativi. Il solo muro perimetrale ha richiesto ben trenta giorni di lavoro, mentre le dodici strutture chiuse ricreate all'interno hanno visto la troupe della scenografia lavorare per altri novanta giorni. “Volevo che il forte fosse fatto con i materiali del luogo, con l’argilla, con i muri a cannicciata ricoperti di fango (materiali di costruzione piuttosto comuni) per dargli l’aspetto giusto” ha spiegato lo scenografo Fisk. “Ma a differenza dei coloni, ci siamo fatti consegnare il legno con i camion, abbiamo usato le seghe elettriche e carrelli idraulici per sollevare le assi. I coloni dovevano tagliare i tronchi manualmente, fino fino a 5 metri da terra, inserire le palizzate in profondità nel terreno, scavare i canali per inserirci i tronchi e quindi rimuovere tutte le foglie e i rami. Doveva essere uno sforzo sovrumano nel 1607”. Pagina 8 - I costumi Ideazione e gestione del dipartimento dei costumi sono stati affidati alla stilista Jacqueline West (La leggenda degli uomini straordinari) con il preciso obiettivo anche in questo caso di attinenza storica sui modelli e sui materiali utilizzati. La difficoltà maggiore è stata quella dell'abbigliamento dei nativi.
“Tutto quello che usavano era ovviamente naturale e abbiamo pensato che non sarebbe stato realistico, nonché offensivo dal punto di vista spirituale, ricorrere all’utilizzo di materiali artificiali, prodotti in massa” ha dichiarato la stilista. “Abbiamo iniziato a ordinare pelli e pellicce ma solo di ciò che già esisteva. Ovviamente, nessun animale è stato ucciso appositamente per noi.” Un tocco di estrema realtà è stato inoltre fornito dal Capo Indiano Due Aquile Verdi della tribù Patawomeck della Virginia, che ha fornito numerose piume di tacchino, corna di cervo ed altri materiali tipici dell’abbigliamento indiano. Il resto delle decorazioni è stato ottenuto invece con cuciture a mano di conchiglie e perle, da sempre accessori presenti in popoli che vivono a contatto con l’acqua. “Avevamo 15 costruttori, uno per le maschere, uno per i copricapo, due per i gioielli, e un meraviglioso creatore di pellame, tutti del posto”.
L’altra sfida invece prevedeva l’abbigliamento del versante inglese, che la
West ha affrontato chiamando la sua collaboratrice Suzi TurnbulI (Killing
me softly - Uccidimi dolcemente). “Suzi ha svolto ricerche in
Inghilterra, mentre io mi occupavo degli Stati Uniti e poi abbiamo unito il
tutto” ha precisato la West. “Il periodo di Re Giacomo I non è spesso
rappresentato al cinema. Dopo uno scambio di miei disegni approvati da Terry,
Suzi si è messa alla ricerca nei vari magazzini di costumi di scena in Europa,
fra cui l’Inghilterra, la Spagna, la Francia e l’Italia, per trovare i costumi
del film. Ha quindi collaborato con noi due artisti specializzati
nell’invecchiamento degli abiti, per farli sembrare logori e consunti. Abbiamo
cucito tantissime camice inglesi e bretelle.” Pagina 9 - Effetti speciali, fotografia e qualità A/V Singolare l'apporto delle effetti speciali realizzati in CG. La società Intelligent Creatures Inc. è stata contattata per la realizzazione di un solo obiettivo: un pappagallo ormai estinto che la produzione voleva ad ogni costo all'interno della pellicola. Tralasciando la possibilità, a volte utilizzata in altri film, di camuffare altri animali disponibili, si è preferito realizzare un pappagallo completamente digitale che in fase di post-produzione è stato aggiunto alle scene girate.
La scelta di girare senza l'ausilio di luci artificiali, se ben sfruttata, può dar luogo ad una fotografia veramente affascinante. In questo caso il risultato è quasi perfetto. Il direttore della fotografia Emmanuel Lubezki (Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi) sfrutta a dovere la libertà concessa dal regista Malick, colorando la pellicola in modo particolare grazie alla presenza di boschi e capanne, che hanno permesso una gestione delle ombre abbastanza particolare. Qualche volta però la situazione è scappata di mano e le zone d'ombra o la forza del controluce hanno richiesto uno sforzo particolare nella comprensione della scena.
L'assenza di fari e cavi disseminati sul set ha certamente aiutato gli attori nell'immedesimazione sulla scena, dato che gli unici elementi estranei erano unicamente gli addetti alla macchina da presa e i microfonisti. Questo però ha richiesto un lavoro abbastanza impegnativo in fase di montaggio, con un'evidente modifica di contrasto e luminosità che non ha giovato particolarmente alla pellicola. Se il nero è abbastanza pulito, non hanno convinto particolarmente invece le alte luci, con un blooming spesso evidente che ha abbassato la qualità video della pellicola. Sul fronte audio segnaliamo un buon uso dei surround nella ricostruzione audio delle scene nella foresta, con i versi di vari animali che si alternano tra i vari canali. Avremmo gradito una normalizzazione dei volumi migliore per evitare la fastidiosa sensazione dell'inutile predominanza di un suono rispetto al resto dell'ambiente. Durante l'ascolto abbiamo inoltre notate un fronte anteriore un po' troppo aperto, che tende a sfruttare maggiormente i canali laterali rispetto al centrale. Pagina 10 - La colonna sonora La soundtrack è stata affidata a James Horner, che si perde in uno score non incisivo e per niente memorabile. Il compositore californiano, vincitore di due Oscar grazie a Titanic, punta decisamente sul tema centrale del film, un lungo crescendo orchestrale che parte bene me che si perde nella ricerca del momento culminante, praticamente inesistente. Il cd comprende tredici tracce per un durata complessiva di circa ottanta minuti. Da segnalare l'ultima traccia Listen to the Wind accompagnata dall'angelica voce della giovanissima neozelandese Hayley Westenra. 1. The New World Pagina 11 - La scheda del film Titolo: The new world - Il nuovo mondo |
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