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Pagina 1 - Introduzione Dopo 75 anni e svariati sequel e remake, King Kong torna prepotente sul grande schermo, accompagnato questa volta dal regista neozelandese Peter Jackson, padre della storica trilogia de Il Signore degli Anelli. Sazio - o invogliato - dalle 17 statuette vinte dalla trilogia, Jackson ritenta il colpaccio, provando a progettare e dirigere il film dei suoi sogni, un remake kolossal ricco di nuovi record.
207 milioni di dollari. Tanto è costato il film, sforando di ben 57 milioni di dollari il budget previsto dalla Universal. Numeri immensi, come immensi - temporalmente parlando - sono i 180 minuti di film che, come Frodo & Co. hanno insegnato, dovrebbero lievitare nell'edizione DVD (Jackson è stato costretto a tagliare in fase di montaggio molto materiale girato...). E' il film sognato da una vita, nel quale il regista si è messo in gioco completamente, rischiando tutto quello conquistato faticosamente negli anni di realizzazione della saga di Tolkien. Un film che doveva essere realizzato nel 1997, al termine di Sospesi nel tempo (infelice traduzione di The Frighteners), ma che fu spostato dalla Universal per la concomitanze di pellicole simili come Godzilla e Il grande Joe. Scelta, tra l'altro, positiva per Peter Jackson, che per quest'ultimo lavoro è riuscito a strappare un compenso di 20 milioni di dollari più il 20% degli incassi, il compenso più alto mai pagato ad un regista non americano.
Una grande produzione quindi, astutamente consapevole della grande potenza di pubblicità mirata e di rivelazioni distribuite con il conta gocce. Una produzione che ha anche incuriosito per la realizzazione del sito www.kongisking.net, che per tutta la durata della lavorazione del film (inclusa la post-produzione) ha pubblicato video-diari realizzati sul set e negli studi tecnici riguardanti tutti gli aspetti del film. In uno di questi video-diari, Jackson aveva affermato la volontà di realizzare immediatamente dopo il primo episodio di King Kong due sequel. Al centro delle vicende ci doveva essere il figlio di Kong, rimasto su Skull Island. Ambientata dieci anni dopo, in piena Seconda Guerra Mondiale, la storia avrebbe dovuto vedere il trasporto del figlio di Kong nell’Europa occupata dalle truppe hitleriane, con scontri micidiali contro gli esperimenti genetici effettuati dai nazisti. I titoli dovevano essere Son of Kong (distribuito a Giugno 2006) e King Kong – Into the wolf’s lair (distribuito a Dicembre 2006). Era tutto uno scherzo, pubblicato – guarda caso – il 1° Aprile 2005! Pagina 2 - La sceneggiatura e le citazioni Dicevamo del progetto, poi abbandonato, di girare King Kong nel 1996. Lo stesso Peter Jackson ha ammesso che la sceneggiatura scritta in quel periodo è stata praticamente buttata, dopo essersi accorto insieme alle sue due collaboratrici di sempre, Frances Walsh e Philippa Boyens, della pochezza dello scritto realizzato. Inizialmente la protagonista Ann Darrow era figlia di un famoso archeologo e Jack Driscoll il suo assistente. Il padre di Ann veniva ucciso all'inizio del film dai militari indonesiani che cercavano di coprire la scoperta fatta riguardo Skull Island. Per interpretare i personaggi, Jackson aveva pensato a Kate Winslet (con lui in Creature del cielo), George Clooney (Good night, and good luck) e Robert De Niro (Mi presenti i tuoi?).
La nuova sceneggiatura, rispetto all'originale del 1933, cerca di approfondire la psicologia dei personaggi. Specialmente nella parte iniziale, si cerca di presentare i vari protagonisti dando uno spessore psicologico alla trama. Nella parte centrale però tutte le buone intenzioni si perdono, mettendo lo spettatore di fronte a situazioni pensate unicamente per lo spettacolo e per dare sfogo alla capacità dei tecnici della CG. Parte dei lunghi e pesanti 180 minuti dipendono così direttamente dagli sceneggiatori che, consapevoli della prevedibile lunghezza finale del girato, sono stati costretti ad inserire per tutta la durata del film spunti comici - che comunque divertono - ma che spezzano le situazioni di tensione create sullo schermo. Sono inoltre facilmente visibili molte scene e riferimenti al King Kong originale, segno di devozione di Jackson verso quella pellicola. Ecco un paio di esempi.
La scena (assurda) della lotta con gli insetti giganti riprende una vecchia scena del 1933 girata ma non inserita nella versione finale del film perché troppo violenta. O ancora, King Kong che spezza le mascelle dei T-Rex o Ann e Bruce Baxter che provano il copione del film sulla nave. E queste scelte di citazione si sono estese anche alla musica, agli oggetti di scena e ai costumi. Segnaliamo in particolare la scena della presentazione di King Kong nel teatro a New York, nella quale la musica utilizzata e i vestiti dei falsi nativi sono gli stessi dei veri indigeni del film del 1933.
Inoltre la camera a mano utilizzata nel film dal regista Carl Denham è una Bell & Howell 2709, la stessa camera utilizzata per il film originale diretto da Merian C. Cooper ed Ernest B. Schoedsack. Da segnalare infine che la - brutta - battuta finale doveva essere ad appannaggio di Fay Wray, l’attrice canadese che nell’originale del 1933 interpretava Ann Darrow. Purtroppo la morte dell’attrice, avvenuta nell’Agosto del 2004, ha costretto la produzione a cambiare i piani, affidando la battuta al personaggio interpretato da Jack Black. Pagina 3 - La regia e gli attori protagonisti
Nella pagina precedente abbiamo detto che la pesantezza dei 180 minuti è in parte colpa degli sceneggiatori. L'altra parte sinceramente ci sentiamo di attribuirla totalmente a Peter Jackson, regista che costruisce un film troppo lento, con scene troppo stiracchiate che dilatano enormemente il tempo. La scelta poi di poche inquadrature soggettive, ma di una visione del film oggettiva ed estranea ai personaggi, porta a poco attaccamento e alla relativa estraniazione dello spettatore rispetto ai fatti narrati nel film. Come esempio citiamo la corsa interminabile dei protagonisti nel branco dei dinosauri che, a parte la situazione non verosimile - comunque eccessiva - risulta poco felice. Per il resto lunghi travelling, comunque apprezzabili, ed alternanza in fase di montaggio di campi stretti e campi lunghi portano la regia su livelli comunque sufficienti.
Stupenda la prova della protagonista femminile Naomi Watts (The ring, The ring 2) che trasmette grandi sensazioni mediante la sua Ann Darrow. La sfida derivante dalla recitazione solitaria, davanti ad un King Kong inesistente, è stata vinta alla grande, con una prova veramente da Oscar. Da segnalare anche la buona prova dell'attrice nei vari siparietti comici che si susseguono nel corso del film.
Non dispiace - ma ormai non sorprende più - neanche la prova di Adrien Brody, vincitore dell'Oscar e del premio César come miglior attore protagonista per Il pianista. La bravura dell'attore è stata sfruttata anche oltre la recitazione. La sua passione per le macchine e la bravura nel spingere sull'acceleratore hanno infatti convinto Jackson a non utilizzare una controfigura per la scena del taxi che corre per le strade di New York alla fine del film. E' stato lo stesso Brody che ha guidato la macchina, scorrazzando a suo piacimento per il set con quattro cineprese attaccate al taxi. E il risultato è molto spettacolare.
Delude invece Jack Black (L'invidia del mio migliore amico), da noi trovato decisamente fuori ruolo. Ed è una grande delusione, visto che la sceneggiatura lasciava molto spazio per la ricostruzione del suo personaggio. Troppo poco verosimile, troppo finto nella dimostrazione dell'arroganza insita nel suo personaggio. Speriamo che i suoi due prossimi lavori Nacho Libre e Tenacious D in: the pick of destiny (del quale curerà anche sceneggiatura e colonna sonora), entrambi commedie, ci restituiscano lo stesso irresistibile attore visto in School of rock. Pagina 4 - Uno zoom su Kong Grande era l'attesa per Andy Serkis, ex burattinaio di Gollum, che questa volta è passato a tirare i fili di Kong. Ottima la sua interpretazione, con una recitazione ancora una volta solo fisica ma assolutamente positiva. Ecco i miracoli del Performance Capture, che ha consentito all'attore di dare un volto assolutamente realistico al gorilla mediante 132 sensori inseriti sul suo viso ed altri sparsi su tutto il corpo. E questo è stato un lavoro veramente faticoso.
Serkis per studiare il comportamento dei gorilla si è recato in Rwanda al seguito della squadra di Diane Fossey e allo zoo di Londra. Ed è proprio allo zoo che è successo uno degli episodi più “divertenti” della lavorazione di questo film. Serkis - travestito- si trovava all’interno della gabbia dei gorilla, cercando di comprendere il linguaggio del corpo dei bestioni chiusi in gabbia con lui. In una delle tante ore passate in gabbia un grande gorilla maschio ha offerto una delle sue due femmine a Serkis – grande gesto d’onore secondo il codice di questi animali – che naturalmente ha cercato di rifiutare il dono. E il gorilla maschio non l’ha presa troppo bene, esibendosi successivamente in una violenta carica contro l’attore, salvato (dopo qualche livido) dal guardiano dello zoo.
Abbandonando un attimo Serkis, visibile senza trucchi nell'interpretazione di Lumpy il cuoco della Venture, è giusto dare anche un buon riconoscimento ai ragazzi della Weta che hanno gestito in CG l'enorme bestione. La sua realizzazione forse è la cosa più bella di tutto il film: imponenza, affetto e violenza convivono in un Kong assolutamente positivo, ricco di spirito animalesco ma anche del più semplice e nobile sentimento quale è l'amore.Stupenda la violenta realizzazione del combattimento tra Kong e i tre T-Rex, un po' meno la reale fattibilità della stessa. Ma, tutto sommato, si tratta di cinema e non di un documentario del National Geographic... Pagina 5 - La scenografia - I
Davvero grandiose le scenografie, realizzate eccezionalmente con diversi sistemi. Partiamo dalla nave Venture, costruita attorno alla nave Manuia, comprata da Peter Jackson nell'isola di Tonga e trasformata successivamente dai tecnici in un mercantile degli anni '30. Gli esterni della nave sono stati ripresi davanti agli schermi blu nei Wellington Studios. Per le riprese interne invece, i tecnici hanno ricostruito gli spazi angusti e claustrofobici della Venture nel vecchio capannone utilizzato in precedenza dallo stesso Jackson per costruire casa Baggings per Il Signore degli Anelli.
Sempre nei Wellington Studios, davanti a schermi per il bluescreen, è stata ricostruita la New York delle fasi iniziali e finali del film e la misteriosa Skull Island. Gli edifici di New York sono stati realizzati fino ad una certa altezza. In post-produzione sono state quindi realizzate delle estensioni in CG, che comprendevano ben 90.000 costruzioni dettagliate. Una vera immensità. Il Civic Theatre, il più grande cinema della Nuova Zelanda, è stato invece utilizzato per ricreare il teatro della New York del 1933 nel quale King Kong, l’ottava meraviglia del mondo, viene presentato al pubblico per la prima volta.
Al contrario di quanto di possa pensare, il vapore visibile per le strade di New York non è stato frutto di manipolazioni digitali (come inizialmente auspicato da Peter Jackson). In realtà gli scenografi, prima di stendere cemento e catrame per la creazione della città, hanno realizzato un complesso sistema di tubature inserito a 30 centimetri di profondità. Tre mesi di lavoro hanno portato a tre chilometri di tubature che diffondevano il vapore generato da due grandi bollitori mediante tombini e grate dislocate in vari punti nel set. Pagina 6 - La scenografia - II La scenografia è stata resa inoltre ancora più reale dall’elevato numero di comparse reali impegnate in cortei di protesta tipici della Depressione, dalla cura profusa nella realizzazione delle vetrine dei negozi e dalla scelta di utilizzare vere macchine d’epoca accuratamente restaurate.
Le rocce veritiere di Skull Island sono state ottenute mediante la composizione di diversi strati di polistirolo. Inizialmente i vari strati di base sono stati stesi ed alternati a colate di cemento. Successivamente i decoratori hanno cominciato a modellare lo strato esterno di polistirolo, per creare i vari pezzi di roccia che formavano il lastricato dell’isola. Quest’ultimo strato è stato infine trattato con la fiamma ossidrica, per eliminare i bordi duri e spigolosi che altrimenti si sarebbero rotti durante il calpestio. La fase finale di questa lavorazione ha previsto infine un riempimento delle zone vuote con del cemento e l’applicazione di vernice e sabbia. La stessa tecnica è stata utilizzata per la ricostruzione delle pareti verticali. Non pochi i problemi incontrati per la realizzazione degli Helldriver, i biplani utilizzati nella scena sull’Empire State Building. I Curtiss Helldiver sono in realtà aerei da guerra americani dei primi anni ’30, utilizzati tra l’altro anche nel film del 1933. La difficoltà è stata data dal fatto che al momento non esistono più questi aerei, neanche nei musei, e non esistono neanche dei modellini. Gli artisti che hanno ricreato questi aerei si sono così dovuti basare sui disegni originali di fabbrica degli aerei recuperati allo Smithsonian.
Non si possono poi non citare le stupende miniature realizzate dalla Weta Workshop, che sono andate a sostituire i fondali blu filmati durante le scene nella foresta su Skull Island. Veri capolavori di arte manuale che hanno ricreato magiche atmosfere veramente molto realistiche e che ci hanno ricordano l'inimitabilità delle tecniche artistiche manuali. Pagina 7 - Effetti speciali e qualità A/V Come consuetudine, Peter Jackson si è affidato totalmente nelle fasi iniziali del film agli animatic, delle semplici animazioni in CG che descrivono visivamente quello che avverrà sul set, i personaggi coinvolti e la scenografia circostante. La fase di pre-visualizzazione è durata diversi mesi e ha visto lo stesso Jackson presente in molte sessioni, iniziate con l’inserimento dei dati di movimento degli attori fittizi catturate attraverso il motion capture.
Per quanto riguarda gli effetti in CG del film, bisogna sottolineare la superba realizzazione di King Kong e della città di New York. Qualche dubbio l’ha suscitato invece l’integrazione delle riprese reali con quelle realizzate in digitale. Alcune differenze di illuminazione non hanno permesso una reale fusione tre le due scene, con la conseguente presenza predominante degli attori rispetto allo sfondo. Buona infine la resa delle onde che si abbattono sulla Venture. Una parte di queste onde è stata ottenuta in maniera classica, rovesciando enormi serbatoi pieni di acqua sul set (e sui poveri attori). In fase di post-produzione i tecnici hanno aggiunto acqua realizzata in CG per completare la scena.
Buona la qualità video per quasi tutta la durata del film. Nei venti minuti finali abbiamo notato invece numerosi disturbi dovuti alla qualità della copia proiettata peggiorata improvvisamente. Audio in veste surround sempre presente. Versi di animali e sospetti fruscii cercano l'immedesimazione dello spettatore, disturbata però da una normalizzazione delle tracce non sempre perfetta. Una maggiore cura nella gestione dei volumi avrebbe sicuramente giovato maggiormente al reparto audio del film. Un canale LFE invece un po' fiacco. Avremmo gradito qualche verso animale maggiormente tendente verso le basse frequenze. Pagina 8 - La colonna sonora Inizialmente era Howard Shore che si doveva occupare della colonna sonora. Ma, due mesi prima della fine della lavorazione del film, Shore ha lasciato la produzione (il suo lavoro era ultimato) per delle divergenze creative con il regista Peter Jackson, suo grande amico e già “datore di lavoro” per la trilogia de Il Signore degli Anelli (3 Oscar). All’appello è stato quindi chiamato James Newton Howard (Batman begins), che in pochissime settimane ha scritto e registrato la nuova colonna sonora del film. Ma il cammeo di Shore (nella platea del teatro durante la presentazione di King Kong) è rimasto. Dato il tempo avuto a disposizione, la colonna sonora è più che sufficiente. Buona l'alternanza di classici brani strumentali con inflessioni etniche interrotte da incursioni al pianoforte accompagnano tutto il film, senza però riservare novità degne di nota. Lo score di James Newton Howard tra l'altro è candidato alla cinquina finale come Miglior colonna sonora originale per questa edizione degli Oscar. 1. King Kong Pagina 9 - La scheda del film
Titolo: King Kong |
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