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Pagina 1 - Si comincia con la fine. Ma non una fine qualsiasi! La fine del mondo, dell’uomo o meglio della vita nell’universo ("Siamo soli, perché la vita è soltanto sulla Terra"). Le sequenze rallentate al confine tra arte ed esasperazione generano quel brivido sottile che risale la schiena… D’un tratto ti accorgi che la poltrona sulla quale sei seduto è appoggiata su una fune sospesa nel nulla. Vorresti mettere fine a quell’ansia, quel disagio ma ormai sei ipnotizzato dalle note del Tristano e Isotta di Wagner che accompagnano le fotografie terribili e meravigliose della fine del mondo. Dovresti lasciare la sala per sfuggire a quella tensione emotiva ma non puoi perché la melancolia di Lars Von Trier ti ha già preso… E siamo solo al prologo! Il regista decide di suddividere il film in capitoli (una delle tante analogie con Antichrist) intitolati coi nomi delle due protagoniste femminili, due sorelle profondamente diverse ma unite fino all'epilogo. Il primo capitolo si concentra sulla figura di Justine (Kirsten Dunst), una donna depressa che fatica a trovare il senso nei rituali della vita a cui gli altri al contrario attribuiscono estrema importanza. Nemmeno la cerimonia del suo matrimonio riesce a colmare quel vuoto sentimentale che non le permette di trovar pace. Il secondo capitolo descrive meglio la figura di Claire (Charlotte Gainsbourg), una donna normale (quindi secondo l’accezione di Trier legata ai vuoti rituali della realtà) disposta a dedicarsi completamente alla sorella in difficoltà. I finti sorrisi e lo sguardo vuoto ma profondo di Justine sono perfetti e non è un caso che la favolosa Kirsten Dunst ha portato a casa il premio per la miglior interpretazione femminile al 64° Festival di Cannes. Charlotte Gainsbourg non è da meno ma ci risulta difficile guardarla e non pensare a She di Antichrist. Lars Von Trier traduce in immagini il mondo introspettivo: l’enorme malinconia che affligge Justine ed il suo necessario desiderio di autodistruzione si materializzano nell’enorme pianeta. Lo stato di Justine diventa visibile allo spettatore che verrà continuamente coinvolto dal senso di instabilità della protagonista: la telecamera tenuta a mano non è mai ferma e l’inquadratura "barcolla" sempre, anche nelle scene del matrimonio. La distruzione della Terra diventa una sorta di liberazione da quell’agitazione provocata da quel continuo desiderio di verità mai appagato… E come il regista danese afferma: "In un certo senso il film ha un lieto fine". Gli effetti speciali sono pochi ma di buona fattura e si concentrano nel prologo e nei minuti finali (la collisione cosmica non è il tema principale della pellicola): non vogliamo rivelare troppo, ma vi assicuriamo che il finale vi distruggerà! La Terra è cattiva, non dobbiamo addolorarci per lei… Nessuno sentirà la mancanza.
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